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Autore: Word_shaker    08/03/2015    2 recensioni
«Bill?» chiese uno dei due con la testa che ciondolava ora da un lato, ora dall’altro.
«Sì, George?» chiese il ragazzo, ricolmo di premura.
«Quindi gli zii sono in cielo, adesso?» i due lo fissarono. Era il più grande fra i fratelli, quindi, automaticamente, per Fred e George, lui sapeva tutto.
«Sennò, dove sono?» chiese Fred con una punta di preoccupazione.
«Sono certo che siano in cielo, come dite voi» al che, Bill sorrise e li riportò dentro.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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3 gennaio 1980Ottery St Catchpole era un posto tranquillissimo e molto innevato, pieno di piccoli maghi che scorrazzavano per i prati in cerca di qualcuno da torturare con quella massa bianca che rallegrava tutti.
Molly Weasley stava tessendo un maglione molto pesante; il pancione cresceva sempre di più e presto il piccolo Ronald si sarebbe aggiunto agli abitanti di casa Weasley restringendo lo spazio in ogni stanza, ma allargando il cuore di tutti quanti.
Bill si stava esercitando a scrivere correttamente da un paio di giorni a questa parte, e non usciva dalla sua camera finché non aveva copiato almeno un libro per intero. Percy passava le giornate in camera sua a cercare di spostare oggetti senza l’uso delle mani, mentre invece, in quel periodo, Charlie, Fred e George giocavano con la neve. Molly si divertiva molto a guardarli dalla finestra mentre uno di loro, ogni tanto, gridava con fierezza: «Guarda, mamma! Guarda che cosa ho fatto!». La guerra era presente, ma sembrava remota dai cuori e dalle menti dei coniugi mentre guardavano i capelli rossi dei loro figli volare in mezzo a tutto quel candore. Ma si sbagliavano. Quel tempo felice che cercavano di dilatare a dismisura sarebbe terminato in una questione di attimi, attimi che tutti avrebbero voluto che fossero infiniti.
Verso mezzogiorno, infatti, arrivò ad Arthur un Gufo da parte del Ministero che recitava:
Egregio Signor Weasley,
ci preme informarLa che i signori Gideon e Fabian Prewett, suoi cognati e, pertanto, parenti, sono scomparsi questa mattina nell’Atrio del Ministero, assassinati da un gruppo di cinque Mangiamorte. Purtroppo quattro sono riusciti a scappare, ma l’artefice dell’anatema che li ha tolti a questo mondo, Antonin Dolohov, è stato catturato e spedito ad Azkaban in questo preciso momento. Le concediamo tre giorni di ferie retribuite per vivere il Suo lutto come meglio crede. 
Il Ministro della Magia ed i suoi rappresentanti Le porgono le loro più sentite condoglianze. 

Arthur aveva cominciato a leggere ad alta voce, pensando stupidamente che fosse una promozione. Non osò guardare sua moglie: le poche rughe che il suo viso aveva accolto con l’età si erano unite in un’espressione di profondo dolore. Quando ebbe il coraggio di rivolgerle un’occhiata, vide che stava singhiozzando in ginocchio, il pancione che la separava dal pavimento. 
«Se stamattina fossi stato in servizio, sarei morto anch’io.» osservò ad alta voce il signor Weasley, sentendosi il cervello come risucchiato da quella notizia.
Quando Fred e George capirono che qualcosa non andava, rientrarono alla Tana, sporchi di fango e bagnati per colpa della neve, tenendo per mano il fratello maggiore, e quando Charlie lesse la lettera a voce alta, i gemelli si guardarono vacuamente. Non avevano neanche due anni, ma avevano il vizio di parlare tantissimo, specialmente se si trattava di frasi inopportune; avrebbero perso questo vizio con il tempo, fortunatamente.
«Mamma, se piangi, Ronald nascerà prima!» esclamò Fred tutto premuroso.
«Sì, perché scivolerà con tutte quelle lacrime e te lo troverai fuori dal pancione!» gli fece eco George con uno sguardo preoccupato tutto riservato a Molly.
«Che state dicendo?» chiese Charlie con un piccolo sorriso intenerito, ma poi, vista la drammaticità del momento, assunse un’espressione più seriosa.
«Come pensi che nascano i bambini?» chiese Fred.
«Quando piangi ed urli troppo, poi escono per forza!» disse George.
Dopo aver raccontato la verità sugli zii ai bambini, furono spediti da Arthur a raccontare l’accaduto a Percy e Bill, mentre il signor Weasley cercava di non far disperare la moglie.
«Molly, andiamo: sei incinta, stai poco bene, devi tirarti su» ma la signora Weasley non fece altro che scuotere la testa e singhiozzare più forte: «Io li ho sgridati, Arthur! Le ultime parole che ho rivolto ai miei fratelli erano urla!».
Lui la ammonì con lo sguardo: «Tesoro, non fare la sciocca. Sapevano che li amavi e l’hanno saputo fino alla fine. Ora organizziamo un funerale come si deve e scriviamo a Silente.».
Bill, Fred, George, Charlie e Percy rimasero nella camera di quest’ultimo per quasi tutto il giorno. Verso sera, quando i Weasley ricevettero Silente in persona, i bambini si decisero a scendere al piano di sotto e a salutare cortesemente il professore. Quella fu la cena più silenziosa a cui i Weasley avessero mai partecipato. Perfino Fred e George, che non avevano smesso di parlare neanche per un secondo con Percy da quando erano stati mandati al piano di sopra, stavano zitti. 

Il giorno dopo, nella cappella più vicina, vennero allestite due bare identiche, con dentro due persone altrettanto identiche. Gli occhi erano chiusi, le labbra, invece, erano ormai violacee: sorridevano. I loro sorrisi sembravano fiori spuntati dall’asfalto. La loro pelle era più candida della neve con cui i loro nipoti avevano giocato il giorno prima. 
Arthur e Molly si abbracciavano in preda alle lacrime, mentre contemplavano i due corpi ancora intatti, le bacchette dei due strette fra le mani che non si sarebbero mosse mai più. 
«Non riesco ancora a distinguerli. Sono morti e non riesco ancora a distinguerli» pronunciò la sorella nel tono più sconsolato che si fosse mai sentito. 
Percy osservava la scena freddamente, mentre Charlie era in preda alle lacrime e Bill cercava di non piangere; spalmati sulle sue spalle, in braccio a lui, c’erano Fred e George, che con una smorfia malinconica tamburellavano le manine sul petto del fratello.
«Non li conoscevamo molto bene. Non venivano a trovarci spesso.» disse George per rompere il silenzio.
«Sì, ma ci hanno sempre fatto i regali a Natale e le loro cartoline cantavano sempre» aggiunse Fred, come se quei gesti appurassero definitivamente il fatto che avessero degli zii buoni.
«In effetti hanno fatto tanti viaggi… Mamma diceva sempre che somigliate tanto a loro» sussurrò Bill più per distrarsi che per intavolare una vera e propria conversazione con i fratellini.


Dopo un po’, Arthur si avvicinò al figlio maggiore e gli chiese: «Vuoi che tenga Fred e George?».
«No, sto bene» tagliò corto lui con non poca angoscia «tu torna da mamma».
«Non capisco perché si sconvolgano tutti così tanto» cominciò a dire Percy «la morte fa parte della vita».
Charlie, che aveva finalmente smesso di piangere, rispose al fratello con la voce tremolante: «Percy, sono morti e tutti volevano un mondo di bene agli zii. E non sono morti così, senza motivo: sono stati uccisi. E’ normale provare dolore e paura». Non c’era rabbia nella sua voce, quanto incomprensione per la rigidità e l’insensibilità del fratello.
«Be’, quando io sarò Ministro, nessuno morirà per colpa di Voi-Sapete-Chi» concluse Percy; Bill stava per aprire bocca e zittirlo, ma poi Fred disse: «Sai che sei proprio una testa di cacca, Percy?».
 Inutile dire che George attizzò il fuoco di Fred aggiungendo: «Hai anche il cuore di cacca!».
E poi, all’unisono, conclusero con: «Anzi, sei tutto di cacca!».
Inutile precisare che nessuno ebbe la forza di dissentire. 
Quando le bare vennero chiuse, Bill portò i gemelli fuori dalla cappella per non far sentire ai piccoli le urla di dolore della madre e della nonna, e così li fece sedere su una panchina innevata. 
«Bill?» chiese uno dei due con la testa che ciondolava ora da un lato, ora dall’altro.
«Sì, George?» chiese il ragazzo, ricolmo di premura.
«Quindi gli zii sono in cielo, adesso?» i due lo fissarono. Era il più grande fra i fratelli, quindi, automaticamente, per Fred e George, lui sapeva tutto. 
«Sennò, dove sono?» chiese Fred con una punta di preoccupazione.
«Sono certo che siano in cielo, come dite voi» al che, Bill sorrise e li riportò dentro.


La cerimonia funebre fu tenuta da un mago piccolo e così pieno di rughe che sembrava che dovesse sbriciolarsi da un momento all’altro. Dato che nessuno dei familiari aveva la forza per parlare, fu il mago rugoso a tessere le lodi di Gideon e Fabian. Dopo un’ora, le bare vennero trascinate fuori ricolme di fiori ed un lento corteo cominciò.
Molly era scappata vicino ad Arthur, che era alla testa del corteo e teneva una delle due bare sollevate con la bacchetta; nel vedere quel gesto, i gemelli, che erano sempre in braccio a Bill, saltarono giù e corsero dalla mamma, preoccupati e tristi, nonostante il freddo.
Nevicava piano, ed il vento trascinava la neve con sé; tutta la gente che usciva dalla cappella dovette strizzare gli occhi per poter guardare bene a quale direzione puntasse il corteo. Il freddo era tagliente, il cielo grigio e l’odore delle centinaia di fiori sparse tutte intorno alla chiesetta in memoria dei gemelli Prewett si innalzava con la neve, nauseante ed imponente.
Quella scena sembrava un quadro impressionista, eppure il dolore era molto più che un’impressione. L’unica cosa di cui tutti erano certi era che Voldemort non avrebbe vinto. Non stavolta.

   
 
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