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Autore: TheShippinator    08/03/2015    1 recensioni
Alla Dalton Academy succedono cose strane, o per lo meno così dice Jeff Sterling. Nessuno sembra prenderlo sul serio tranne un nuovo arrivato, Kurt Hummel, che sembra invece molto interessato a quello che il ragazzo racconta. Nonostante le apparenze, Kurt sembra nascondere una vita segreta della quale non vuole parlare, ma nella quale Blaine Anderson, suo compagno di stanza, si ritrova catapultato senza alcuna scelta.
• Attenzione: Più avanti si tratteranno argomenti molto delicati, che comunque non coinvolgeranno i protagonisti in prima persona. •
• Klaine - Thadastian con possibile futura Huntbastian perchè Sebastian è senza pudore - Accenni Niff •
Fanfiction in corso, il Rating potrebbe cambiare e diventare rosso: vado dove mi porta la fic!
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt, Sebastian/Thad
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Grazie a tutti! Grazie di cuore per le visualizzazioni, per le recensioni e, accidenti a voi, per chi ha inserito la ff tra le preferite/ricordate/seguite. Mi avete stupita, non sapete quanto!! Non me l'aspettavo minimamente! Bando alle ciance, vi lascio al secondo capitolo! Mi scuso per averlo postato così tardi, ma come sapete... non so quando arriveranno i capitoli >___<

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Blaine era stato attento a non rompere la striscia di sale grosso che Kurt aveva disegnato davanti alla porta della loro stanza. Era stato attento anche a non guardarlo troppo, anche se si era accorto che lui non faceva altro che sorridergli incoraggiante ogni volta che catturava il suo sguardo.

Non era certo di stargli simpatico. Probabilmente, faceva così solo per mantenere un buon rapporto tra loro due. Quale rapporto, poi, si conoscevano a malapena da un giorno e tutto quello che aveva fatto era stato dargli ordini… Non fare questo, non fare quello… portami a vedere il bagno…

«Di qua. Ti ci avrei dovuto accompagnare comunque, prima o dopo…» disse Blaine, indicandogli la porta con un cenno del capo.

Erano le undici e, tecnicamente, il coprifuoco era già scattato. Kurt aveva insistito per farsi accompagnare a quell’ora ed aveva detto che, se li avessero beccati, avrebbe finto un attacco di mal di stomaco, così non sarebbero finiti in punizione.

Si era portato dietro la borsa, che pendeva dalla sua spalla destra. Sembravano due stupidi: in pigiama, in ciabatte e con quella borsa. Chi si porta la borsa al bagno, a parte le ragazze che hanno il ciclo?

«Immagino di sì. In effetti devo fare pipì…» commentò semplicemente Kurt, lanciandogli un’occhiata, mentre entravano, ed analizzando, per la precisione, il suo collo. Sembrò soddisfatto, probabilmente perché parte del cordoncino della collana che gli aveva dato era visibile dal bordo della maglietta.

Senza aggiungere molto altro, Kurt lasciò cadere la borsa per terra, vicino ad uno degli orinatoi, e cominciò a trafficare con la parte davanti dei pantaloni del pigiama.

«In condizioni normali, ti avrei chiesto di andartene. Dovrei… restare nel personaggio, sai?» disse tranquillamente, mentre l’inconfondibile suono di lui che faceva pipì cominciava a propagarsi nel bagno silenzioso, facendo compagnia alla lieve eco della sua voce. Blaine gli diede le spalle, vagamente imbarazzato.

«Quindi non ti chiami veramente Kurt Hummel e tutto il resto?» domandò Blaine, sollevando lo sguardo al soffitto e posandolo sul lampadario.

«No, quello è vero. Tutto è vero. Solo, il vero Kurt Hummel non è poi così timido e delicato com’è meglio che tutti credano che io sia. D’altronde…» continuò, tirando l’acqua e dirigendosi al rubinetto, per lavarsi le mani. «… dividiamo la stanza, e non posso permettermi di mantenere la copertura nel luogo in cui devo essere certo di poter stare al sicuro. Non vale la pena di rischiare solo per non farti sapere che so fare… cose che generalmente i ragazzi della mia età non fanno.»

Blaine si voltò verso di lui e restò a fissarlo interrogativo. Kurt gli lanciò un ghigno compiaciuto, sollevando il sopracciglio quasi con sfida, quindi tornò a recuperare la borsa.

«Non fare nulla, non toccare nulla a meno che non te lo dica io e non lasciare questa stanza, sempre a meno che non te lo dica io. Se succede qualcosa e ti dico di andare, tu vai, corri fino in camera e ti chiudi dentro. Fai entrare solo me. Va bene? Niente professori, niente infermeria, diretto in camera e in silenzio finché non arrivo.» disse Kurt, guardandolo con sguardo serio, quasi apprensivo.

Blaine annuì, senza parole. Cosa si poteva dire a qualcuno che non faceva altro che darti ordini, che ti diceva di non fare cose, che ti faceva sentire… in pericolo? E il grosso problema non era che sembrava pericoloso… era che faceva sembrare pericoloso tutto il resto. Il mondo esterno sembrava essere una minaccia e l’unico luogo sicuro era quel buco di stanza che adesso era costretto a dividere con lui.

«Okay. Avvisami, se vedi qualcosa di strano.» aggiunse e, stranamente, questa volta Blaine non percepì le sue parole come un ordine, quanto più come una richiesta.

«Che tipo di… strano?» domandò Blaine allora, sollevando le spalle, incerto.

«Qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa non ti sembri normale.» rispose Kurt, ricambiando la scrollata ed estraendo dalla borsa un piccolo oggetto metallico rettangolare. Non era molto grande e, nonostante avesse tutta l’aria di essere stato costruito in casa, sembrava che l’avessero toccato le mani di un professionista.

Kurt armeggiò con un paio di piccole manopole e pulsanti, quindi l’aggeggio prese vita. Iniziò subito a fischiare piano, anche se l’intensità di quel suono cresceva e si abbassava ad intervalli imprevedibili.

Il ragazzo cominciò a camminare lungo la stanza, puntando la piccola antenna dell’apparecchio verso i rubinetti.

Come se qualcosa l’avesse punta, la macchina iniziò all’improvviso ad emettere un fischio lungo e prolungato. Kurt si allontanò e quella si calmò, anche se non fece silenzio nemmeno per un secondo. Quando il ragazzo puntò la sua antenna verso il lampadario, quello emise nuovamente quel fischio lungo e prolungato.

«Accidenti, bello mio, devi essere in giro da un bel po’…» borbottò Kurt, sempre molto serio, tenendo gli occhi fissi sulla macchinetta.

Dopo aver controllato anche i cubicoli, che però non diedero alcun segno di allarmare quell’aggeggio, Kurt lo spense e lo infilò in borsa.

«L’amico di Sterling ha detto che i rubinetti si sono aperti da soli, vero?» chiese Kurt, e, nonostante stesse esaminando i lavandini, era chiaro che ce l’avesse con Blaine. Blaine che se ne stava lì in piedi ed inutile, a ballare il ballo del mattone da solo.

«Ehm… sì, così dice Jeff.» rispose Blaine, sollevando un po’ le braccia e lasciandole ricadere lungo i fianchi.

A quel suono, Kurt si voltò e l’osservò.

«Tu non gli credi?» domandò, inclinando di poco il capo.

«Beh…» sospirò Blaine, a disagio. «Io voglio bene a Jeff, davvero… È uno dei miei migliori amici. Devi ammettere, però, che quella storia è pazzesca. Insomma, può davvero succedere qualcosa di simile? Cos’è, il bagno adesso è infestato dai fantasmi?»

Blaine si lasciò andare ad una mezza risata carica di tensione, aspettando che Kurt negasse le sue parole, magari che gli desse anche dello stupido, ma non lo fece. Rimase solo immobile, a guardarlo, sollevando piano le sopracciglia in un’espressione eloquente.

«Sei serio…?» domandò Blaine, mentre la risata gli moriva in gola ed il sorriso gli si congelava sulla faccia, perché era impossibile che fosse serio, dai, lo stava prendendo in giro. Era tutto uno scherzo.

Kurt non gli rispose, semplicemente spostò lo sguardo verso il lampadario. Sembrava allarmato.

Blaine lo imitò e le vide: le luci stavano tremando lievemente. Si strinse le mani attorno al corpo. Non sapeva se era per il freddo che l’aveva colpito improvvisamente, o se era per tutta quella storia, ma aveva i brividi.

«La temperatura si è abbassata. Dobbiamo andare. Ora.» disse Kurt, autoritario. Raccolse la borsa da terra e se la lanciò sulla spalla, dirigendosi alla porta.

Blaine non si mosse, gli occhi fissi sul lampadario che aveva iniziato lievemente ad oscillare, mentre le luci iniziavano a spegnersi ed accendersi con maggiore intensità.

«Blaine! Andiamo, adesso!» esclamò Kurt ad alta voce, allungando una mano ed afferrandolo per la manica del pigiama.

Il ragazzo si riscosse, muovendo finalmente le gambe ed iniziando ad uscire dal bagno. Di sicuro, non l’avrebbe più usato. Mai più. Non quello.

Camminarono in fretta, quasi corsero, fino a raggiungere la loro stanza. Kurt spalancò la porta e lo spinse dentro. Blaine si sentì inciampare sui propri piedi ed anche contro qualcosa di duro e granuloso.

«Oh, ma andiamo, proprio adesso dovevi romperla?!» esclamò Kurt, spingendolo ancora più forte e seguendolo.

Non si preoccupò nemmeno di chiudere la porta: cadde subito in ginocchio, affrettandosi a radunare il sale che Blaine aveva spostato per sbaglio, di modo da ricostruire la riga davanti all’ingresso. Solo allora, allungò una mano per afferrare la maniglia della porta e chiuderla per bene.

Blaine l’osservò, in piedi in mezzo alla stanza con ancora le dita congelate.

«Che succede? Che cosa stava succedendo e perché ti sei comportato… così?» domandò, lasciandosi cadere sul proprio letto e restando lì seduto, immobile.

«Succede che abbiamo ficcato un po’ troppo il naso e che non era il caso che restassimo lì ulteriormente. Mi sono comportato così perché ci tengo alla mia vita e vorrei che durasse ancora per molti, molti anni, grazie mille.» rispose Kurt, sorridendogli sarcastico, quindi frugò nella tracolla e ne estrasse il cellulare.

Senza degnare Blaine di un altro sguardo, armeggiò con i tasti e lo portò all’orecchio.

Rimasero entrambi in silenzio per diversi secondi, prima che una voce meccanica ed attutita accarezzasse l’udito di Blaine.

«Ciao, papà. Sì, l’ho fatto…» disse Kurt, sedendosi sul letto e levandosi le ciabatte. «Il rilevatore fischiava peggio di una locomotiva… No, ho controllato solo il bagno, per ora.»

La sua espressione si fece lievemente corrucciata e lui si lasciò andare contro il materasso, sollevando una delle mani verso l’alto, per poi farla ricadere al suo fianco.

«Dammi tregua, sono qui solo da poche ore! Non posso essere amico di tutti in un giorno! Per cominciare, il ragazzo mi odia. A quanto pare è ancora traumatizzato. Fortunatamente, il suo fidanzato, amico, o quello che è, mi ha raccontato tutto nei dettagli. Non c’è alcun dubbio, l’EMF l’ha confermato.» spiegò Kurt.

Blaine non smise di osservarlo. Parlava al telefono tenendo gli occhi chiusi e, ogni tanto, sollevava la mano libera e la muoveva, gesticolando, passandosela sugli occhi o tra i capelli.

«Proverò a portare il rilevatore anche in camera sua, appena riuscirò ad entrarci… Tu però devi farmi un favore. Fai qualche ricerca, ora che siamo certi di quale sia il problema. Non ho un computer, qui, a parte penso… aspetta un attimo.» disse, quindi si voltò verso Blaine ed aprì gli occhi. «La scuola ha dei computer che possono essere usati dagli studenti?»

Blaine sbatté le palpebre un paio di volte, prima di annuire. Kurt fece un cenno di ringraziamento, quindi provò a tornare a badare al cellulare.

«Però…» iniziò Blaine, e Kurt s’interruppe di nuovo. « … internet è controllato. Ci sono diversi siti bloccati e c’è chi si occupa di controllare che le uniche ricerche svolte con i computer scolastici siano di merito accademico. Potresti sfruttare il wi-fi, se avessi un portatile, però…»

Kurt scosse il capo.

«No, niente portatile… Figuriamoci se non dovevano controllare tutti i loro piccoli soldatini… Dividiamoci i compiti. Io faccio ricerche d’archivio, la scuola sarà piena zeppa di vecchi annuari e documenti scolastici. Tu cerca nei necrologi e nei vecchi giornali online. Si lo so che sai fare il tuo lavoro, stavo solo mettendo le cose in chiaro. Papà, non ti arrabbiare, ricordati che non ti fa bene al cuore. Stai mangiando secondo la dieta che ti ho lasciato? Guarda che se torno e vedo che ci sono schifezze nella dispensa mi arrabbio, davvero.»

Blaine non riuscì a trattenere un sorriso. D’improvviso, quel Kurt Hummel timido e allegro che aveva conosciuto quella mattina non gli sembrava poi un personaggio così improbabile. Se il serio ragazzo in cui quel Kurt si era trasformato, poteva diventare un premuroso figlio preoccupato per la salute del padre, perché non avrebbe potuto essere anche quel dolce ragazzino?

«Va bene… sì, starò attento. Non preoccuparti, le ho portate.» disse Kurt, con un sospiro, tirandosi a sedere ed aprendo la valigia con un calcio.

Blaine trasalì, alla vista del suo contenuto. Tra i vestiti ed i prodotti per il corpo, facevano bella mostra di loro una doppietta, una pistola e quelli che sembravano due contenitori per proiettili.

«Porca vacca, quella è una pistola!» esclamò Blaine, alzandosi in piedi e poi arrampicandosi di nuovo sul proprio letto. Si trascinò verso il cuscino, osservando la valigia con gli occhi spalancati, alternando lo sguardo da quella a Kurt.

«Eh? No, è il mio compagno di stanza… Anderson, per favore, abbassa la voce! Sì, lo so che avevamo chiesto una singola, ma a quanto pare non esistono camere singole, qui. Non importa, non gli da fastidio il resto, ma ovviamente ha dato di matto adesso che ho tirato fuori l’artiglieria… No, non voglio. Papà, no. Ci penso io. Vai a dormire. Ti voglio bene… sì. Sì… Sì, papà. Sì! Notte.»

Kurt schiacciò un pulsante e mise da parte il cellulare, quindi sollevò lo sguardo verso il compagno di stanza. Blaine se ne stava ancora rannicchiato sul letto mezzo disfatto, con il cuore che batteva a mille e gli occhi spalancati fissi su Kurt. Il ragazzo infilò una mano nella borsa, estraendone una terza pistola. Blaine non riuscì a trattenere un gemito, quando la vide.

Per tutto il tempo, quel ragazzo aveva avuto una pistola con sé? Alle lezioni e anche quand’erano in bagno da soli?

«No, no… Non voglio farti del male, davvero. Non voglio fare del male a nessuno. In effetti, sono qui proprio per il contrario. Io voglio aiutarvi, voglio aiutare Jeff. Queste sono armi vere, sì, ma puoi stare tranquillo: le maneggio da quando ho dieci anni e sono un tiratore eccellente.» disse Kurt, sorridendo vagamente, per poi dare un colpo in un modo particolare al calcio della pistola, facendo cadere il caricatore, che afferrò al volo con l’altra mano. «Se ti può far stare più tranquillo….»

Blaine si rilassò un po’, ma non smise di guardarlo con sospetto.

«Metà di quei proiettili sono caricati a sale. Sono praticamente innocui per le persone. Oddio, fanno abbastanza male, se si viene colpiti, ma generalmente non è nulla di grave. I proiettili veri non li armo mai, a meno di non avere la certezza che mi servano. Anche questa…» spiegò Kurt, agitando la pistola dal calcio vuoto. «… era caricata a sale.»

«Okay, fermo. Stop.» lo interruppe Blaine, chiudendo gli occhi e portandosi le mani al viso. «Credo… che siano troppe informazioni, tutte per un giorno solo. Arrivi dal nulla questa mattina, fai un sacco di domande su Jeff, chiedi di entrare nel nostro Club, ma quasi rompi un braccio a Sebastian. Poi… poi la camera e il sale davanti alla porta e l’acqua e… il pugnale sotto al cuscino e tutta quella cazzata in bagno. Adesso la telefonata con tuo padre, che è una delle telefonate più strane che io abbia mai ascoltato, te lo assicuro. Per finire, non solo possiedi un coltello, ma anche anche due pistole e un fucile!»

Blaine s’interruppe, per prendere fiato. Kurt lo fissava intensamente, attendendo con pazienza che Blaine continuasse. Sembrava capire che aveva bisogno di sfogarsi.

«Io… non so che cosa sta succedendo, non so chi sei e non so che cosa ci fai con quelle. Non voglio nemmeno saperne niente, okay? Domani andiamo in Segreteria e cambi stanza. O la cambio io. Non mi interessa, non voglio risultare complice di un pazzo adolescente assassino che introduce illegalmente armi in una scuola. Lo sai che è un reato gravissimo?? No, mi dispiace. Non voglio saperne nulla.» esclamò Blaine, quasi tutto d’un fiato, in fretta, finendo ansimante con le braccia abbandonate lungo i fianchi e le ginocchia ancora strette al petto.

«No, questo è impossibile, non posso lasciartelo fare. Sono disposto a spiegarti tutto, ma non possiamo cambiare stanza. Sai troppe cose, adesso, e non posso permettermi che troppe persone sappiano di tutto questo, qui dentro.» disse Kurt con tono risoluto.

«Non puoi impedirmelo.» ribatté Blaine, a denti stretti, ma con una vaga incertezza.

«Posso eccome, ma preferirei non farlo. Anderson, mi stai simpatico, okay? In verità, mi dispiacerebbe se cambiassimo stanza, perché dovrei toglierti quell’amuleto e non mi va a genio questa idea.»

Blaine scosse il capo in fretta, mormorando tra sé e sé.

«Tu possiedi… delle armi. Tu sei pericoloso.» insistette Blaine.

«Non per te. Ti dico, con assoluta certezza, che questa stanza e la mia compagnia sono le due cose che ti garantiscono la più grande sicurezza che questa scuola possa offrirti. Ti prometto che mai e poi mai io ti farò del male. Tu, però, dovrai aiutarmi. C’è qualcosa che sta succedendo, qui, e l’hai visto anche tu. Se vuoi posso spiegarti, ma non mi crederai. Non subito.» disse Kurt, osservandolo con sguardo speranzoso.

«No, non… non voglio saperne niente. Voglio solo dormire… E… posso…?»

Non sapeva come dirlo, in effetti. Come chiedere a qualcuno di consegnare delle armi che, per altro, non sai nemmeno usare, perché hai paura che ti ammazzi durante il sonno?

«Vuoi che ti dia le munizioni e il mio coltello? Non mi servono delle armi per farti male, se voglio farlo. Non ti succederà nulla, non stasera. C’è il sale davanti alla porta e da lì, qualunque cosa ci sia lì fuori, non può passare.»

Blaine rimase a fissarlo serio per qualche secondo.

Chiunque pensasse che una manciata di sale fosse in grado di fermare una qualunque minaccia, non poteva essere del tutto sano di mente. Nonostante ciò, però, Blaine leggeva della sincerità nei suoi occhi. C’era poco da fare, nonostante gli facesse paura, non riusciva a costringersi a credere che gli stesse mentendo al solo scopo di fargli del male.

Annuì piano, quindi s’infilò sotto le coperte, tenendo sempre d’occhio Kurt.

«Non riuscirò comunque a dormire, stanotte.» disse Blaine, mentre l’altro sorrideva lievemente e lo imitava infilandosi sotto alle coperte, dopo aver spostato gli oggetti che aveva sparso sul letto e spento le luci.

«Per l’ansia che io mi alzi e ti tagli la gola? Pensi che sia matto? Non voglio sporcare il mio coltello, sai quanto ci si mette a pulirlo?» esclamò Kurt nel buio, con un evidente tono sarcastico.

Blaine non riuscì a trattenere un mezzo sorriso, anche se mentalmente si prese a pugni.

Nonostante le prospettive tutt’altro che rosee, comunque, alla fine Blaine cadde in un sonno abbastanza profondo e si risvegliò la mattina dopo, in perfetto orario.

Le sue speranze che si fosse tutto trattato di un sogno si fecero vane non appena, voltata la testa verso il letto di Kurt, vide l’altro già vestito e seduto sul materasso, intento a riempire la sua doppietta di proiettili.

«Buongiorno!» esclamò Kurt in tono allegro, agitando il fucile traballante in segno di saluto.

Blaine sospirò e si coprì di nuovo la testa con le lenzuola.

 

Kurt affondò i denti nella fetta di mela che aveva appena tagliato, osservando in silenzio i compagni di tavolo. Sembrava che essere il compagno di stanza di Blaine gli aprisse le porte dei Warblers anche non facendone ancora parte. Era con loro che aveva trascorso la pausa pranzo, anche se Jeff aveva avuto cura di sedersi dalla parte opposta del tavolo. Blaine, l’aveva seguito in fretta, approfittandone per allontanarsi un po’ da quel ragazzo così particolare. Continuavano a lanciargli strane occhiate e Kurt, oltre che sentirsi solo, stava anche provando un bel po’ di risentimento nei confronti dell’altro. Non aveva previsto che Blaine avrebbe potuto spifferare tutti i fatti suoi agli amici canterini.

Diede un altro feroce morso alla mela e masticò con rabbia, cercando di evitare di uscire dal personaggio.

«Che ti avrà fatto di male quella mela, per meritare di essere mangiata in quel modo?» domandò una voce conosciuta e Kurt si girò verso destra.

Sebastian stava sedendosi vicino a lui, trascinando sul tavolo un piccolo piattino contenente un budino al caramello.

Kurt non rispose, restò ad osservare i movimenti dell’altro. Sembrava tranquillo e sorrideva. Senza scomporsi troppo, prese il cucchiaino e staccò una piccola porzione di budino, che poi avvicinò alla bocca.

Lo mangiò lentamente, assaporandolo, senza nemmeno spostare lo sguardo dall’altro.

«Non vuoi dirmelo, eh?» disse alla fine, sollevando un sopracciglio.

«Perché mi stai parlando?» domandò alla fine Kurt, appoggiando la mela nel piatto ed osservandolo incuriosito.

«Perché non dovrei?» chiese Sebastian, facendo spallucce.

«Perché ti ho quasi rotto un braccio?» rispose sarcasticamente Kurt, imitando il suo gesto e sollevando le spalle a sua volta.

Sebastian fece una smorfia annoiata, piegando gli angoli delle labbra all’ingiù e facendo sporgere il labbro inferiore.

«Tecnicamente, in effetti, stavo toccando le tue cose senza il tuo permesso. Non vale un braccio rotto, ma un avvertimento sì. Ed è quello che ho ricevuto, no?» chiese Sebastian, prendendo un’altra porzione di budino, lasciandosela scivolare tra le labbra in maniera lasciva.

Kurt scosse lievemente il capo, quasi divertito dalle sue parole.

«E poi, mi sembrava che, nonostante la tua presenza a questo tavolo, tu stessi mangiando da solo…» aggiunse Sebastian, infilandosi di nuovo il cucchiaino in bocca e lasciandolo lì a penzolare tra le labbra, succhiandolo distrattamente. «Mi ricordo cosa vuol dire essere nuovo. La differenza tra me e te è che mio padre fa un lavoro importante e tutti vogliono essere miei “amici”.»

Sollevò le mani, tenendo il cucchiaino stretto tra i denti, quindi le chiuse a pugno eccetto che per indice e medio. Le mosse piano, mimando delle virgolette all’inizio ed alla fine dell’ultima parola.

«In realtà, ovviamente, non interessa quasi a nessuno di conoscere Sebastian. Vogliono tutti essere amici del figlio del Procuratore Smythe…» borbottò Sebastian e Kurt rimase in silenzio, ascoltandolo sfogarsi. «Non è che m’interessasse davvero tutta questa cosa del Canto Corale Coreografato, sai? Ma sono in cima alla catena alimentare, qui alla Dalton, quindi dovevo entrarci. Ho scoperto solo dopo che erano anche brave persone. Amici, come Anderson, Sterling, Duvall… Thad… Non dirglielo, però.»

«Non dirmi cosa?»

Kurt e Sebastian si voltarono verso la voce che aveva interrotto il monologo di Smythe.

Thad era lì in piedi dietro di loro, la cartella di cuoio appesa ad una spalla ed un sopracciglio sollevato. Lo sguardo, interrogativo, si posò prima su Kurt e poi su Sebastian, restando fisso su di lui.

«Che gli sto raccontando di tutte le cose sconce che ci siamo fatti quando siamo rimasti soli in infermeria!» esclamò allegramente Sebastian mascherando lo sprazzo di spontaneità, che aveva avuto con Kurt in quei pochi e veloci minuti, utilizzando le sue migliori armi: la faccia tosta ed il flirt.

«Abbassa la voce, qualcuno potrebbe sentire!» esclamò a sua volta Thad, arrossendo un pochino e colpendo lievemente la nuca di Sebastian con un piccolo schiaffo.

«Lo diceva anche ieri sera.» affermò Sebastian, facendo l’occhiolino a Kurt, che non riuscì a trattenersi dal sollevare un angolo delle labbra in un mezzo sorriso.

«Sebastian, se continui così…» azzardò Thad, aggrottando le sopracciglia, ma venne interrotto in fretta dall’altro.

«Diceva anche questo, prima di “mi farai veni-”…»

Questa volta lo schiaffo sulla nuca di Sebastian fu decisamente più forte, tanto da costringere il ragazzo a portarsi una mano alla testa e massaggiarla imbronciato.

«Sono venuto qui per parlare con Hummel, Smythe, quindi adesso stai zitto.» disse Thad con voce ferma, voltandosi lentamente verso Kurt. «Io e gli altri membri del Consiglio dei Warblers abbiamo parlato e siamo giunti alla conclusione che ti è ancora concesso svolgere il provino per entrare a far parte del nostro Glee Club… a meno che ovviamente Smythe non si opponga, in qual caso mi dispiace, ma non potrai farne parte.»

Kurt non poté evitare di notare come un angolino delle labbra di Thad era andato a sollevarsi lievemente, non appena aveva pronunciato le ultime parole. Probabilmente era convinto che l’altro avrebbe protestato e sfruttato la sua influenza per impedire ad Hummel di tentare di far parte del club.

«Nessun problema, per me. Puoi fare l’audizione.» disse però Sebastian, quasi subito, facendo scomparire del tutto il sorriso dal volto di Thad.

Harwood strinse le labbra, guardando da Smythe a Hummel, soffermandosi poi su quest’ultimo.

«Molto bene, allora. Preparati, tra una settimana -e quindi sabato pomeriggio- potrai fare il provino.» concluse velocemente, dando loro le spalle ed affrettandosi a lasciare la mensa.

«Credo che tu gli piaccia parecchio.» disse semplicemente Kurt, aprendo la bocca per la prima volta da quando Sebastian aveva iniziato a parlare di sé stesso.

Smythe scrollò le spalle, spazzolando velocemente i resti del suo budino.

«Ovvio. A tutti piace Sebastian Smythe.» commentò brevemente l’altro, senza tradirsi e mantenendo un tono di voce neutro.

«Intendo dire che… credo che tu gli piaccia parecchio.» ripeté Kurt, abbozzando un sorriso ed afferrando la mela posata sul suo piatto. Ne mancava una parte, che lui aveva precedentemente tagliato con il coltello. Senza preoccuparsene, se la portò alla bocca e la morse, tenendola stretta tra i denti mentre, con le mani ora libere, si affrettava a recuperare la tracolla e sistemarsi il blazer. Quando ebbe finito, portò la destra al frutto e lo afferrò di nuovo, lasciando nella polpa l’impronta di un morso, con un sonoro schiocco.

«Vado in Biblioteca, devo mettermi in pari con il programma. Ci vediamo.» salutò semplicemente Kurt, continuando a tenere la mela stretta tra le dita, ma passandosi prima il polso e poi la lingua sotto al labbro inferiore, dove un po’ di succo era colato.

Sebastian si limitò ad annuire e ad analizzare il movimento del didietro di Kurt mentre quello seguiva l’esempio di Thad e si allontanava.

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