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Autore: TheShippinator    15/02/2015    3 recensioni
Alla Dalton Academy succedono cose strane, o per lo meno così dice Jeff Sterling. Nessuno sembra prenderlo sul serio tranne un nuovo arrivato, Kurt Hummel, che sembra invece molto interessato a quello che il ragazzo racconta. Nonostante le apparenze, Kurt sembra nascondere una vita segreta della quale non vuole parlare, ma nella quale Blaine Anderson, suo compagno di stanza, si ritrova catapultato senza alcuna scelta.
• Attenzione: Più avanti si tratteranno argomenti molto delicati, che comunque non coinvolgeranno i protagonisti in prima persona. •
• Klaine - Thadastian con possibile futura Huntbastian perchè Sebastian è senza pudore - Accenni Niff •
Fanfiction in corso, il Rating potrebbe cambiare e diventare rosso: vado dove mi porta la fic!
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt, Sebastian/Thad
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Carissimi! Carissime! Quanto tempo! Avevo voglia di postare. Avevo voglia di farvi sapere che cosa passa per la mia testa. Questa fanfiction sarebbe dovuta appartenere al Glee Big Bang, ma non l'ho ancora conclusa e a causa della rottura del computer, ai tempi, ho dovuto metterla da parte e ritirarmi. Comunque faccio i miei complimenti all'organizzazione del Big Bang e vi invito a leggere le fanfiction pubblicate e scritte da numerosi autori ed autrici che meritano davvero tutte le visualizzazioni che riescono ad ottenere! 
Intanto, voglio avvisare tutti voi che in futuro, in questa fanfiction, verranno trattati lievemente i temi dell'abuso su minore. Non ci saranno descrizioni, non ci saranno discorsi espliciti, non ci saranno scene, solo è una parte della storia che non posso eliminare, quindi ve lo comunico da subito. Nulla, però, interesserà in prima persona i protagonisti. Non direttamente, ovvio.
Come avrete letto, cliccando sul titolo di questa ff, beh... avete davanti un Cross-over. Un Cross-over con SUPERNATURAL. Okay, LO SO. Glee e Spn??? Eppure, non ci posso fare niente, quand'ho iniziato a guardare Supernatural la mia testa ha deciso che dovevo immaginarmi i Klaine in quel frangente e... beh, vedrete, non vi anticipo nulla! Certo, potete leggere anche se non guardate Supernatural! Chi lo guarda, sarà solo più avvantaggiato nella risoluzione autonoma del caso ù__ù
Vi ringrazio di aver scelto di cominciare questo nuovo viaggio con me e vi chiedo di avere pazienza perchè non so quando aggiornerò >___<
Vi amo tutti <3 Buona lettura!



***


Le lezioni erano ricominciate da poco più di un mese, alla Dalton Academy, e tutto sembrava procedere nella normalità.

Come ogni anno c’erano stati un paio di nuovi professori, le matricole si perdevano per i corridoi sfarzosi ed i club riempivano le bacheche con i volantini per convincere gli studenti ad iscriversi.

Blaine non era intenzionato ad unirsi ad un altro club: il Glee gli bastava ed avanzava. Tutto il suo tempo libero, quello che non dedicava allo studio e ai compiti, veniva impiegato nelle prove con i Warblers, il nome del loro gruppo di Canto Corale Coreografato.

La sua vita scorreva tranquilla. Genitori un po’ apprensivi, ancora confusi dalle dichiarazioni riguardo alla sua sessualità, un fratello un po’ troppo sicuro e pieno di sé, ma che per lo meno non sembrava impressionato dalla sua più che convinta attrazione per lo stesso sesso, ed amici veri. Pochi, ma veri. Nonostante la pacatezza di quelle prime settimane, era già successo qualcosa che aveva fatto correre voci, lì alla Dalton. Perfino il giornalino scolastico ne aveva ampiamente discusso.

A Jeff questo ancora bruciava e Blaine lo sapeva, così tutti i Warblers, di comune accordo, avevano deciso di evitare di parlare di ciò che gli era successo.

Anche se era più di una settimana che nessuno nominava l’accaduto, lui poteva vedere che era ancora teso, seduto al posto davanti al suo, in seconda fila. Si guardava attorno, con discrezione, sorridendo a chi lo salutava, ma senza effettivamente intrattenere alcuna conversazione con chi non facesse parte del Glee Club. Loro lo trattavano normalmente. Loro non gli lanciavano quelle occhiate strane, non bisbigliavano e non lo indicavano con un piccolo cenno del capo, quasi lui non fosse in grado di vederli spettegolare.

Jeff Sterling non era un cattivo ragazzo, non lo era mai stato. Era una delle persone più simpatiche e gentili che Blaine avesse mai incontrato, un amico leale e sempre pronto a mandare al diavolo qualche regola, per un po’ di sano divertimento. Ogni tanto, quando era particolarmente ispirato, scendeva nelle cucine e s’intortava le inservienti ed i cuochi, per convincerli a lasciarlo cucinare qualche dolce o dei biscotti. Gli piaceva la pasticceria e gli addetti ai pasti l’avevano, ormai, preso in simpatia. Qualche volta, dava loro una mano anche a preparare la cena per tutti.

Nessuno gli voleva male, ma da quando aveva raccontato quello che gli era successo, in quel bagno… no, Blaine non voleva pensarci.

Sospirò e gli sorrise, muovendo piano la mano nella direzione di Jeff, provando a distrarlo. Il ragazzo si riscosse e spostò gli occhi da un gruppo di compagni in fondo all’aula, per posarli sul volto dell’amico.

«Scusa, mi ero incantato…» disse, abbozzando un sorriso.

«Già, me ne sono accorto…» rispose Blaine, girandosi a sua volta e lanciando un’occhiataccia a quei ragazzi. «Lasciali perdere, Jeff. Se lo dimenticheranno presto.»

Jeff annuì e guardò verso la cattedra, quando la professoressa si schiarì la gola.

Di fianco a lei, in piedi, c’era un ragazzo che prima Blaine non aveva notato. Sorrideva, ma era chiaramente un sorriso di circostanza. Era alto, magro, ma dall’aspetto tonico. Portava la divisa della Dalton, indossata con cura e precisione, e sembrava non trovarsi per nulla a disagio in quegli abiti che, molto spesso, un adolescente non era abituato a portare nella vita di tutti i giorni. Gli occhi erano di un azzurro abbagliante, indagatori. Sembravano scrutare tutto e tutti, in fretta, quasi cercassero qualcuno in particolare. Si posarono anche su di lui, per poco più di qualche secondo, prima di spostarsi verso Jeff… e da lì non si mossero più.

Blaine vide il ragazzo tendersi sulla sedia; probabilmente stava guardando da un’altra parte, per provare ad evitare quegli occhi che lo fissavano.

«Vi prego di dare il benvenuto a Kurt Hummel, ragazzi. Si è trasferito solo ora alla Dalton e questo è il suo primo giorno. Hummel, vuoi dirci qualcosa di te?» domandò la professoressa, dopo la breve introduzione, voltandosi speranzosa verso il ragazzo.

Lui spostò lo sguardo da Jeff e lo posò sulla docente, rivolgendole un timido sorriso, prima di fare un piccolo passo di lato e mettersi al suo posto, mentre lei arretrava e si appoggiava alla cattedra.

«Mi chiamo Kurt Hummel e vengo da Lima.»

La sua voce era alta e cristallina, pulita. Nonostante sembrasse troppo fragile per poter essere udita, aveva un che di fermo e risoluto: trasudava determinazione da ogni parola.

«Mio padre è un meccanico, mia madre è morta quando avevo otto anni. Prima frequentavo il Liceo McKinley, ma ho deciso di trasferirmi qui per motivi personali. Spero… di non aver fatto la scelta sbagliata.» concluse, annuendo lievemente e voltandosi verso la professoressa.

Lei gli sorrise e batté le mani un paio di volte, imitata da qualcuno dei loro compagni.

«Molto bene, grazie Hummel. Scegli un posto e siediti. Ah, Anderson, Hummel è stato assegnato alla camera 206, quindi mi aspetto che, al termine delle lezioni, gli farai da guida.» concluse l’insegnante, sollevando le sopracciglia ed osservandolo con sguardo eloquente. Blaine annuì e si voltò, per sorridere al nuovo compagno, che stava attraversando la classe proprio lungo lo spazio presente tra la sua fila e quella alla sua destra. Blaine si aspettava di vederlo ricambiare e sedersi al banco vuoto di fianco a Jeff, ma quello non degnò né lui né l’altro di uno sguardo e puntò dritto in fondo alla classe.

Blaine scrollò le spalle e tornò a badare alla lezione, anche se, per tutto il tempo, si sentì stranamente osservato.

Riuscì a malapena a svolgere le tre equazioni che la professoressa aveva richiesto loro di risolvere, entro la fine dell’ora, e quando ebbero finito di correggere tutti gli errori furono liberi di andare. Sembrava passata una settimana intera, altro che sessanta minuti.

«Hai inglese, adesso?» domandò Jeff, infilando la testa sotto alla tracolla della sua borsa.

«No, chimica. Inglese ce l’ho alla terza ora.» spiegò Blaine, dando un’occhiata all’orario. Era nuovo, dopotutto, e ancora non l’aveva memorizzato.

«Oh… allora ci vediamo a pranzo. Non abbiamo altre lezioni insieme, oggi.» mormorò Jeff, facendo un controllo incrociato con il suo.

«Già… e ricordati che abbiamo le prove del Glee, oggi pomeriggio.» aggiunse Blaine, mentre Jeff alzava gli occhi al cielo, sorridendo, ed annuiva.

Blaine rise tra sé e sé e si voltò, intenzionato a cercare uno smarrito Kurt con lo sguardo, per potergli fare da Cicerone. Lo smarrito Kurt, però, non era più in fondo alla classe e, a dire la verità, non era nemmeno così tanto smarrito. Se ne stava in piedi, in silenzio, proprio dietro di lui. Non appena si voltò, lo vide sorridere calorosamente.

«Ho anch’io chimica, adesso. Ma ho anche storia alla terza ora.» disse il ragazzo, con quella voce pulita che subito aveva fatto pensare a Blaine che probabilmente sarebbe stata perfetta sopra alle giuste note.

Il ragazzo diede di nuovo un’occhiata al proprio orario e a quello di Jeff, prima che l’altro lo ritirasse in fretta in borsa.

«Uhm… io non ho storia alla terza ora, ma Jeff sì… Magari posso accompagnarti lì dopo chimica.» propose Blaine e Jeff gli lanciò un’occhiataccia, ma non disse nulla.

«Sarebbe davvero gentile, da parte tua.» esclamò Kurt, cominciando a camminare verso l’uscita della classe, seguito da Blaine e Jeff.

Si separarono alla prima scalinata e Blaine e Kurt continuarono fino al laboratorio di chimica, dove Kurt fece la conoscenza di Sebastian.

Sebastian Smythe era un piccolo, sarcastico, tronfio figlio di puttana, ma era un figlio di puttana piuttosto simpatico. A Blaine andava abbastanza a genio, anche se mal sopportava il suo flirtare continuo ed insistente.

Era figlio di un Procuratore dello Stato, quindi faceva più o meno tutto quello che voleva. Si era trasferito alla Dalton all’inizio dell’anno precedente ed era entrato nei Warblers quasi fin da subito, incantando quasi tutti con le sue doti canore, nonostante il suo pessimo caratteraccio. Il suo passatempo preferito era cercare di convincere Thad Harwood, uno dei membri del Consiglio dei Warblers, ad andare a letto con lui. Inutile dire che Thad aveva sviluppato una vasta gamma di rispostacce che gli rifilava periodicamente.

Blaine era convinto che in realtà, a Thad, Sebastian piacesse parecchio, ma che semplicemente non aveva intenzione di cedere finché l’altro non avrebbe iniziato a comportarsi più come un ragazzo e meno come un coglione.

La prima cosa che fece Sebastian, una volta conosciuto Kurt, infatti, fu provarci. Vista la noiosa lezione che stavano per tenere, per alleggerire un po’ l’atmosfera seria del laboratorio, pensò che probabilmente sarebbe stato efficace l’utilizzo di qualche parolina detta in quella lingua che lui parlava come fosse stata la propria, avendo vissuto a Parigi gran parte della sua vita: il francese.

Kurt lo stupì rispondendogli a tono, con almeno cinque espressioni diverse che Blaine non conosceva e che lasciarono Sebastian a bocca aperta.

Di lì a quarantacinque minuti, Blaine poté affermare che probabilmente Kurt era appena diventato il nuovo miglior amico di Sebastian, per lo meno agli occhi di Smythe.

In effetti, Kurt sembrava piacere davvero a tutti. A pranzo, scoprì che durante storia aveva dato una mano a Jeff a comprendere alcune manovre politiche piuttosto complicate e che quindi si era guadagnato anche la sua simpatia.

Ben presto, Kurt Hummel divenne il solo argomento di conversazione del loro anno, ma era chiaro che a lui interessasse prevalentemente una ed una sola persona.

«Allora, Jeff… ho sentito delle voci su di te…» azzardò ad un certo punto, durante il pranzo. Fu abbastanza discreto, in effetti. Si era seduto di fianco al ragazzo e, approfittando del fatto che tutti stavano parlando dell’ultimo allenamento di lacrosse, aveva dato di gomito a Jeff e cercato d’intavolare una nuova conversazione. Blaine, che se ne stava di fronte a lui, gli lanciò uno sguardo imbronciato, molto simile a quello che aveva appena assunto l’amico stesso.

«E sei anche appena arrivato… girano in fretta, eh?» ribatté Jeff, mettendo giù la forchetta ed infilzando il cartone del latte al cioccolato con la sua cannuccia. Nessuno poteva togliere il latte al cioccolato a Jeff, nonostante la sua età. Le inservienti lo sapevano bene, visto che gliene mettevano un cartoncino sul vassoio ad ogni pasto, anche se non era propriamente permesso. Dopotutto, lo consideravano quasi uno di famiglia.

«Sembra di sì… mi hanno incuriosito e volevo sapere che cos’era successo veramente. Insomma, c’è chi dice che tu in realtà sia morto e che quello che ho davanti non sia altro che un cyborg.» azzardò Kurt, sollevando un sopracciglio.

Jeff fece una risata amara, scuotendo il capo.

«Addirittura? Non sanno proprio più cosa inventarsi… Senti, io… non ne voglio parlare…» borbottò Jeff, portando la cannuccia alla bocca e deglutendo.

«La temperatura si è abbassata? Hai avvertito la sensazione di essere osservato? Oppure ci sono stati strani fenomeni, come le luci che si accendevano e si spegnevano o…?»

Kurt non poté concludere la sua domanda perché Jeff sbatté forte il pugno sul tavolo, facendo sussultare Kurt, Blaine e Nick Duval, il suo migliore amico, seduto vicino a lui. Sul resto della tavolata cadde istantaneamente il silenzio.

«Ho detto che non ne voglio parlare, okay? Scusatemi.» ripeté a voce più alta, decisamente irritato, afferrando il suo cartoncino di latte ed alzandosi in piedi. Si appoggiò in fretta la tracolla sulla spalla, quindi si diresse fuori dalla mensa, scomparendo nei corridoi.

Kurt non provò nemmeno ad alzarsi e ad inseguirlo, così come non lo fece nessun altro. Adesso Jeff aveva bisogno di restare da solo.

«A Jeff non piace parlarne. Non avresti dovuto insistere. So che sei nuovo e non potevi saperlo, ma… adesso lo sai. È successo solo pochi giorni fa.» spiegò Blaine, sporgendosi in avanti, sul tavolo, per poter parlare a bassa voce, ma essere comunque udito dall’altro.

«Volevo solo… sapere cos’era successo nei dettagli…» disse Kurt, scrollando le spalle e giocherellando con le sue verdure.

«Vuoi i dettagli?» domandò Nick, voltandosi verso Kurt, con sguardo sofferente. «Sono stato io a trovarlo. Ha raccontato tutto a me e quando l’abbiamo detto ai professori non ci hanno creduto. Ma io credo a Jeff, quello che gli è successo non è stato uno scherzo tra studenti o un sogno ad occhi aperti. È stato verissimo e lui è stufo di chi lo prende in giro o gli dice che è pazzo. Quindi grazie, ma non ci serve che qualcun altro sputi fuori una qualche teoria per validare l’ipotesi che sia stata tutta una messinscena e che Jeff si sia inventato una storiella di sana pianta.»

Kurt scosse il capo e infilzò un broccolo, per poi portarselo alla bocca con tutta la tranquillità del mondo.

«Io non penso che sia tutta una storia o una messinscena. Io penso che lui stia dicendo la verità. Volevo solo che mi raccontasse esattamente che cos’ha visto.» disse nuovamente, fissando Nick con intensità, quasi stesse cercando di trafiggerlo con le sue parole.

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, prima che il resto della tavolata tornasse a parlare di lacrosse.

Nick non aprì bocca ancora per un po’, poi, quando ormai Blaine pensava che non l’avrebbe più fatto, parlò.

«Avevamo finito di cenare da poco. Jeff era andato in bagno e non c’era quasi nessuno nei dormitori. Tutti erano ancora qui, io stesso stavo finendo il dolce. Lui però era già andato avanti, perché doveva studiare. Si era appena lavato i denti, quando all’improvviso, ha detto, l’aria si è fatta fredda. Tutti i rubinetti si sono aperti e le luci hanno iniziato a tremare. Jeff ha cominciato a stare male. Non riusciva a respirare e si sentiva soffocare, come se avesse avuto qualcosa attorno al collo che lo stringeva. Ha detto…» Nick si bloccò un istante, abbassando lo sguardo e leccandosi le labbra, incerto.

Kurt annuì, convincente.

«Cos’ha detto?» chiese.

«… Ha detto che si è sentito sollevare. Come se qualcuno lo stesse appendendo, con una corda, al lampadario sul soffitto. Ha detto anche di essere rimasto lì almeno per un minuto e che stava per perdere conoscenza quando ha sentito la mia voce. Io lo stavo chiamando, perché in camera non c’era quando sono tornato dalla cena. Dice di essere caduto, quando l’ho chiamato ed è così che l’ho trovato: per terra, mezzo svenuto. C’era acqua da tutte le parti, ma i rubinetti erano chiusi. Non ho visto nemmeno le luci tremolanti, però lui aveva dei segni sul collo.» continuò Nick, portandosi la mano alla gola.

«Che tipo di segni?» domandò Kurt. Il sorriso era scomparso, ed anche il ragazzo simpatico e dolce di quella mattina sembrava aver lasciato il posto ad un uomo determinato e serio.

«Sembrava come se qualcuno gli avesse stretto un pezzo di stoffa, o una cintura, intorno al collo. Come se qualcuno l’avesse…»

«… impiccato.» concluse Kurt per lui, distogliendo lo sguardo e posandolo sul proprio piatto.

«Già.» disse Nick, per poi avvicinare alla bocca la bottiglietta d’acqua e prendere un sorso. «Quando siamo arrivati in infermeria ed ho detto di controllargli la gola, però, quei segni non c’erano più.»

Kurt aggrottò le sopracciglia, tornando a guardare Nick. Rimase in silenzio qualche secondo, quindi portò la mano alla tasca della divisa.

«Scusatemi.» sussurrò, estraendo un cellulare e dirigendosi in fretta fuori dalla mensa, con la propria borsa stretta tra le mani.

Blaine lo seguì con lo sguardo. Quel ragazzo era strano. Troppo strano.

 

«Molto bene. Siete stati tutti davvero bravi. Voi ragazzi dovete ancora perfezionare i passi della seconda parte di coreografia. Jeff, vuoi pensarci tu?»

Wesley “Wes” Montgomery, il secondo dei membri del Consiglio dei Warblers, assieme a David Thompson, il terzo, si voltò verso un angolo della stanza, dove Sterling stava riprendendo fiato dopo le prove per l’esibizione mensile del Club, che si sarebbe svolta a fine ottobre. Per l’occasione, avevano deciso di portare proprio Halloween, di Matt Pond PA. Sebastian e Blaine l’avrebbero cantata assieme, mentre gli altri avrebbero sostenuto le loro voci con il canto a cappella che era tipico del loro gruppo.

Jeff annuì semplicemente, quindi Wes si voltò verso Blaine e Sebastian.

«Voi siete andati molto bene, cercate di continuare così e, per la fine della settimana, vedete di imparare anche la seconda parte della canzone. Non voglio vedervi con i fogli in mano, sabato pomeriggio. Okay?» disse di nuovo il ragazzo, mentre Blaine e Sebastian annuivano.

«Bene… Che ne dite di riprendere fiato qualche minuto e poi di riprovarla ancora una volta?» chiese David, mentre Thad recuperava i fogli con i testi delle canzoni, per evitare che andassero persi o si rovinassero.

«Scusate… ?» li interruppe un lieve bussare alla porta.

I Warblers al completo si voltarono verso l’ingresso, scorgendo un volto che sbirciava tra i due grandi portoni di legno. Sebastian lanciò un fischio.

«Ehm… salve. Sono Kurt Hummel, sono nuovo e… stamattina ho sentito Anderson che parlava di un Glee Club. È questo, vero? Eravate voi a cantare, giusto? Siete molto bravi.» disse il ragazzo, entrando nella stanza, ma rimanendo vicino alla porta, con la mano ben stretta alla tracolla della borsa.

David sorrise ed annuì in risposta alle sue domande.

«Ti ringrazio. Come mai sei venuto qui? Vuoi unirti al Club?» domandò, avanzando nella sua direzione e facendogli cenno, con una mano, di avvicinarsi.

«Mi piacerebbe molto, sì!» esclamò Kurt, sorridendo e soppesando le figure degli altri occupanti della stanza. Si soffermò per qualche istante su Jeff, che però guardava con insistenza il tappeto.

«Beh, io e gli altri Consiglieri dovremo consultarci per farti sapere quando potrai esibirti. Poi, la tua ammissione verrà valutata con voto unanime da parte di tutti i Warblers. Se otterrai la maggioranza dei consensi, farai anche tu parte del nostro gruppo.» spiegò Thad, facendosi avanti ed indicando David e Wes. «Dovrai anche preparare un pezzo a tua scelta e…»

«Va bene.» lo interruppe Kurt, ottenendo solo un lieve aggrottamento delle sopracciglia di Harwood, in segno di disapprovazione. «Posso restare qui ad ascoltarvi, per oggi?»

Thad si voltò verso Wes e David, che annuirono piano, quindi fece cenno al ragazzo di sedersi su una delle poltrone vicine alla cattedra del Consiglio.

Come se Kurt non esistesse nemmeno, i tre tornarono a parlare agli altri ragazzi. Non erano estranei alla sensazione di avere del pubblico, chiaramente, anche se era estremamente raro che questo fosse presente durante delle prove.

Kurt spostava di rado lo sguardo da Jeff, e Blaine se n’era accorto. Sterling, dal canto suo, evitava il più possibile di dar peso al fatto che lì ci fosse anche lui. Nick, ogni tanto, lanciava a Kurt qualche occhiata incerta, come a volerlo tenere d’occhio, mentre aiutava l’amico a mostrare i passi della seconda parte della coreografia a chi ancora non li aveva memorizzati.

«Allora, è il primo giorno e hai già fatto amicizia con tutti, indispettito Sterling con le tue domande, fatto cantare Duval e tentato di entrare nel Glee Club. Ti dai da fare, per essere uno nuovo.»

Blaine allungò l’orecchio, seduto sulla cattedra ed apparentemente intento ad osservare i ballerini, per captare la conversazione tra Kurt e Smythe.

Hummel non sembrò reagire di sorpresa, quando l’altro gli sgusciò alle spalle e gli si avvicinò all’orecchio per sussurrargli quelle parole.

«Faccio del mio meglio per integrarmi.» rispose semplicemente Kurt, con quello che era sicuramente un sorriso stampato sulle labbra. Lo sentiva dalla sua voce, nonostante non osasse voltarsi per accertarsene.

«E come mai tutto questo interesse per Barbie Ballerina? Non è certo il partito migliore di questa scuola… e penso anche che se la intenda con Justin Bieber lì…» continuò la voce di Sebastian, e Blaine increspò le labbra d’irritazione.

«Il mio interesse per Sterling non ha nulla che non sia prettamente professionale, in sé.» spiegò di nuovo Kurt.

Blaine sentì Sebastian ridere piano e, dal piccolo tonfo che ne seguì, ipotizzò che si fosse seduto sul bracciolo della poltrona di Kurt.

«Professionale, eh? Sei una specie di talent scout in incognito? Anche se mi sembri troppo giovane… O forse sei un genio della medicina e vuoi analizzare il cervellino visionario di Jeff, mh?»

Blaine non resistette oltre. Andava bene, fin quando flirtava con Kurt, ma se decideva di occupare il tempo insultando il suo amico allora era il caso d’intervenire.

«Ora smettila, Sebastian.» disse in tono risoluto, voltandosi verso di lui.

Effettivamente, era seduto sul bracciolo della poltrona, mentre Kurt se ne stava sporto dall’altra parte, con le gambe accavallate e la borsa posata al suo fianco, a fare da muro tra lui e l’altro.

Smythe sollevò lo sguardo su Blaine arcuando un sopracciglio, divertito.

«Oh, forse dovremmo aggiungere “far prendere una cotta a Blaine Anderson” all’elenco di prima. Che c’è, sei geloso del tuo nuovo amichetto?» domandò Sebastian.

«Smettila di parlare di Jeff in quel modo.» lo ignorò Blaine, abbassando la voce ed indicando l’altro con un cenno del capo. «Conosci le regole. In questa stanza non ne parliamo. Con Jeff non ne parliamo, men che meno alle sue spalle. E di sicuro, non per fare colpo.»

Sebastian rimase in silenzio e sorrise lievemente, alzando le mani in segno di resa.

«Agli ordini, “Primo Solista”. Se non ti dispiace, però, adesso avrei da fare…» continuò, allungando una delle mani verso la borsa di Kurt, probabilmente per spostarla e prendere il suo posto.

Quello che successe dopo fu così istantaneo che Blaine, per un attimo, credette di esserselo immaginato. Eppure era accaduto per forza, perché un secondo prima Kurt era seduto sulla poltrona e spostava lo sguardo da Blaine a Sebastian, seguendo il loro botta e risposta, mentre un attimo dopo Smythe aveva il petto premuto contro la scrivania, ed il braccio che aveva allungato per afferrare la borsa di Kurt era piegato dietro alla schiena. Hummel lo teneva ben fermo, con una forza che Blaine non si sarebbe mai immaginato di vederlo sprigionare.

Calò subito il silenzio, nella stanza, rotto solo dai gemiti di dolore e divertimento di Sebastian.

«Ti piace… violento… eh?» sussurrò, abbozzando anche una risatina. Kurt fece forza di nuovo, premendogli il braccio ancora un po’ di più tra le scapole. Smythe rilasciò un gemito di dolore.

«Non allungare le mani sulla mia borsa. Non toccare le mie cose, non pensarci nemmeno. Fallo, e ti rompo un braccio.» disse semplicemente Kurt, la voce solo lievemente pesante, come prova che stava compiendo uno sforzo fisico.

Smythe si limitò ad annuire, quindi Kurt lo lasciò andare. Si voltò ed afferrò la propria borsa, mentre Sebastian si rialzava e si massaggiava la spalla.

Nessuno parlò, tutti rimasero in silenzio, almeno fino a quando Thad prese in mano le redini della situazione.

«Credo… credo che sia il caso d’interrompere qui le prove, per oggi.» azzardò, mentre Wes e David annuivano in silenzio, lo sguardo di entrambi fisso sul nuovo arrivato. «Sebastian, vieni, ti accompagno in infermeria…»

Avanzò verso Smythe, afferrandolo per il braccio sano e lanciando un’occhiata di puro odio verso Kurt. Sempre in silenzio, si allontanarono ed uscirono dalla stanza.

«Ci vediamo mercoledì. Ehm… Hummel… ti cercheremo noi. Per… l’audizione, dico.» aggiunse David in fretta.

Kurt gli sorrise, incoraggiante, quindi si voltò verso Blaine.

Mentre tutti gli altri si affrettavano a recuperare le loro cartelle e a lasciare la sala, Hummel rimase immobile, come in attesa. Blaine non aveva intenzione di fare la fine di Sebastian, quindi si allontanò piano, per raggiungere la propria borsa, senza mai perderlo d’occhio.

Quando si fu sistemato la tracolla sulla spalla, fece per andare verso l’uscita e solo allora Kurt cominciò a camminare.

All’inizio, Blaine lo ignorò e fece per dirigersi ai dormitori, ma quando si accorse che Kurt lo stava ancora seguendo, decise di fermarsi.

Si voltò sospirando, e fronteggiò l’altro con il cuore in gola.

«Perché mi stai seguendo?» domandò con voce lievemente tremante.

Kurt fece spallucce.

«Sei tu che devi accompagnarmi alla stanza 206, no?» domandò Kurt, per poi sorridere. «Tranquillo, non ti farò niente.»

Blaine chiuse un istante gli occhi e si morse il labbro inferiore. Se n’era completamente dimenticato.

«Già, giusto… okay, allora seguimi. Cioè, continua a seguirmi…»

Tornarono entrambi a camminare e, questa volta, Kurt adeguò il proprio passo a quello di Blaine. Avanzarono fianco a fianco, salirono scale, superarono corridoi, quindi si fermarono di fronte ad una piccola porta. Era di legno, di un bel marrone rossiccio e con una targa d’ottone con sopra scritto un numero.

«Stanza 206.» disse semplicemente Blaine, afferrando la maniglia ed aprendo la porta.

Non era una stanza troppo grande, anzi. A sinistra e a destra, adagiati alla parete, c’erano due letti singoli. Quello a destra era chiaramente utilizzato. Si vedeva, anche se era perfettamente rifatto. C’erano dei poster e delle foto appesi alle pareti, sempre sulla parte destra della camera. Una grande finestra illuminava tutta la piccola stanza, parallela alla porta. Di fronte ad essa, stanziava una grande scrivania, dotata di due sedie. Su una di quelle erano posati dei vestiti ben ripiegati ed una felpa abbandonata sullo schienale. C’erano anche due piccoli comodini, vicino al letto, mentre ai piedi degli stessi erano posizionate delle larghe cassettiere. Su quella di sinistra era appoggiata una grande valigia blu scuro che sembrava scoppiare. C’era anche un solo armadio, non troppo grande, adagiato alla parete sinistra. Alla parete destra, invece, era appeso uno specchio stretto e lungo, in grado di riflettere una persona dalla testa ai piedi.

Kurt avanzò confuso nella stanza, guardandosi attorno e soffermandosi ad osservare il letto sulla destra.

«Dev’esserci un errore.» sentenziò, voltandosi verso Blaine, che se ne stava sulla porta.

«Nessun errore. Stanza 206.» disse Blaine, facendo spallucce.

«Avevo richiesto una stanza singola.» spiegò Kurt, stringendo le labbra.

«Non esistono camere singole alla Dalton. Abbiamo tutti un compagno di stanza.» rispose Blaine, avanzando e chiudendo la porta dietro di sé, per poi dirigersi verso il letto di destra ed abbandonarci sopra la tracolla.

«Che cosa fai?» chiese Kurt, imbronciato, arretrando verso il letto di sinistra.

«Mi cambio. Le lezioni e le prove sono finite, quindi posso finalmente levarmi questa camicia e mettermi dei vestiti più comodi.» disse Blaine, levandosi il blazer ed avvicinandosi all’armadio. Aprì una delle due ante e ne estrasse una gruccia di legno. Con cura, appese il blazer alla gruccia, agganciandola ad una delle maniglie delle ante, per poi passare a slacciarsi i bottoni della camicia.

«Sono il tuo compagno di stanza. Perché credevi che la prof avesse dato a me il compito di accompagnarti?» chiese Blaine, con un mezzo sorriso. Lo divertiva, la confusione che riusciva a scorgere in Kurt. Sembrava anche stizzito, forse addirittura arrabbiato.

Senza dire una parola, Kurt gettò la borsa sul letto, quindi la aprì. Senza farsi notare, continuando a spogliarsi, Blaine cerco di sbirciare per distinguerne il “prezioso” contenuto, che era quasi costato un braccio a Smythe.

La prima cosa che Kurt estrasse dalla borsa fu una bottiglietta d’acqua. L’appoggiò con cura sul comodino, quindi infilò di nuovo le mani nella borsa. Il secondo oggetto ad esserne cavato fu una sorta di astuccio lungo e marrone scuro. Kurt si piegò, dando le spalle a Blaine, ma lui lanciò un’occhiata allo specchio. Kurt non aveva fatto i conti con quello. Da lì, Blaine poté tranquillamente vedere che cosa stava facendo. Con calma, il ragazzo afferrò una delle due estremità dell’astuccio e tirò. Ne cavò fuori quello che aveva tutta l’aria di essere un pugnale. Blaine deglutì e sgranò le palpebre, mentre Kurt sistemava con cura il pugnale sotto al cuscino.

Quando si voltò di nuovo, lanciò un’occhiata interrogativa a Blaine. Il ragazzo si era immobilizzato in procinto di levarsi i pantaloni, quando aveva visto che cosa, effettivamente, Kurt stesse facendo.

Arrossendo appena, Blaine abbassò lo sguardo e continuò a spogliarsi, per poi ritirare i vestiti nell’armadio e dirigersi verso la sua cassapanca. Aprì alcuni cassetti e tirò fuori un paio di pantaloni che facevano parte, una volta, di una vecchia tuta, ed una maglietta a maniche corte, larga e rosso scuro.

Cercò di non badare ai tonfi che sentiva provenire dalla parte sinistra della camera, anche perché sembrava semplicemente che Kurt stesse aprendo la valigia. Non lo guardò, non indagò, rimase solo concentrato sull’operazione di infilare ogni arto nella fessura giusta, fino a ritrovarsi completamente vestito.

Quando finalmente alzò lo sguardo, Kurt era piegato davanti alla porta.

Teneva tra le braccia un grosso sacco di plastica bianca e stava rovesciando qualcosa sul pavimento, di fronte alla porta.

«Che cosa stai…?» chiese Blaine, senza nemmeno avere la forza di terminare la domanda. Kurt, comunque, non vi badò e non gli rispose.

Senza fare una piega, disegnò una lunga striscia di qualsiasi cosa uscisse da quel sacchetto. Era qualcosa di granuloso e bianco… sembrava sale.

Una volta terminata quell’operazione, la ripeté anche davanti alla finestra dall’altra parte della camera.

«Ci sono altre entrate? Condotti di aerazione, grate comunicanti…?» chiese, voltandosi verso Blaine, con il sacchetto in mano.

Attonito, Blaine fece un cenno di diniego.

«Molto bene.» disse semplicemente Kurt, posando il sacchetto sul suo comodino, vicino alla bottiglietta d’acqua, che poi afferrò ed aprì.

Invece di prenderne un sorso, si sedette sul letto, vicino al cuscino, e la porse a Blaine.

«Bevi.» disse, con tono autoritario.

Blaine non se la sentì proprio di disobbedire. Quel ragazzo, in un certo senso, lo spaventava. Non sembrava pazzo, ma era strano… E aveva messo un pugnale, sotto al cuscino vicino al quale era seduto…

Afferrò la bottiglietta e la portò alle labbra, senza bere, però.

«È… solo acqua, vero? Non c’è dentro niente di strano… no?» domandò, incerto.

«Solo acqua.» disse Kurt, sorridendo.

Blaine prese un profondo respiro e bevve un piccolo sorso. Sapeva di… beh, di acqua.

«Perfetto, grazie. Dovevo solo essere sicuro.» disse Kurt, alzandosi subito in piedi e levandogli la bottiglietta dalle mani. La chiuse di nuovo e la posò sul comodino, per poi fronteggiare il compagno.

«Ascoltami bene, perché lo dirò una volta sola. Avrei voluto una stanza singola, ma a quanto pare non è possibile, quindi dovrai farmi un piccolo favore. Ti devi fidare di me. Se lo farai, non correrai alcun pericolo. Capisci?» chiese, sollevando le sopracciglia.

Blaine pensò che probabilmente aspettava che lui gli facesse un cenno di conferma, quindi annuì. Kurt sembrò soddisfatto. Si voltò e frugò un po’ nella borsa, per poi estrarne una collana. Aveva un cordoncino nero ed un ciondolo marrone scuro appeso. Sembrava un sole, ma al centro aveva una stella.

«Indossa questa, sempre. A lezione, in camera, in bagno, quando ti fai la doccia, quando ti cambi… non togliertela mai, non voglio brutte sorprese, in camera mia. Non che ci siano dei segni, ma non si sa mai. Tu non dirai a nessuno quello che vedrai in questa stanza. Non farai entrare nessuno qui e non toccherai nulla di mio. Quando uscirai o entrerai dalla porta, farai attenzione a non rompere la striscia di sale che ho messo lì davanti. Stessa cosa vale per la finestra. Ah, e non toccare mai il pugnale che ho sotto il cuscino. Non per altro, ma potresti farti male. Sì, so che l’hai visto.» aggiunse, come ripensandoci, porgendo la collana a Blaine.

L’altro l’afferrò e fece come gli era stato detto. Se la infilò al collo e la lasciò cadere sulla stoffa rossa della maglietta. Rimase in attesa, perché sembrava che Kurt avesse altro da dire, ma lui iniziò a sua volta a disfarsi della divisa scolastica, per sostituire quei vestiti con qualcosa di più comodo. Blaine, senza fiatare, spostò la pila d’indumenti dalla sedia e li posò sul letto, per poi afferrare i propri libri ed iniziare a fare i compiti.

Forse, una volta finito con quelli ed andato a letto, il giorno dopo, avrebbe scoperto che era tutto stato un brutto sogno e quello strano ragazzo non sarebbe stato il suo compagno di stanza per il resto dell’anno. Uno che dormiva con un coltello sotto al cuscino. Un coltello!

«E, Anderson… stasera vorrei che mi accompagnassi nel bagno dove Sterling ha avuto l’incidente.» aggiunse la voce di Kurt.

Blaine si voltò e lo vide sorridergli con calore. Ricambiò un mezzo sorriso nervoso, prima di voltarsi e posare la testa sul quaderno di matematica.

Era così fottuto…


***


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