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Autore: northerntrash    08/03/2015    4 recensioni
"Grazie per aver ascoltato" disse Thorin, alzandosi in piedi. "Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."
L'uomo nel letto non rispose, ma dato il fatto che era in coma da più tempo di quanto Thorin lo conoscesse, non fu del tutto sorpreso.
Bagginshield Modern AU | SlowBurn | Not a somnophilia story | Storia originale su Archive of Our Own | 38 capitoli
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bilbo, Dìs, Fili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note della Traduttrice
Auguri a tutte le donneH qui presenti! *sparge mimose in giro* Vi scrivo da un fortino di coperte e tè caldo, perchè dopo anni il raffreddore mi ha ritrovato >_>
Niente Thorin in questo capitolo, ma chissà cosa succederà...
Buona lettura! ♥

 
Capitolo 33
 

08:19                     02/08/2014
A: Bilbo
'Giorno.

 08:24                     02/08/2014
Da: Bilbo
Ugh, è già mattina?

 08:25                     02/08/2014
A: Bilbo
Sfortunatamente. Come stai?

 08:27                     02/08/2014
Da: Bilbo
Sto bene. La casa sembra più grande di come ricordavo. Come stai?

 08:31                     02/08/2014
A: Bilbo
Bene. È stato strano svegliarsi in un appartamento vuoto oggi.

 08:31                     02/08/2014
Da: Bilbo
Anche tu mi manchi. Vieni stasera?

 08:33                     02/08/2014
A: Bilbo
Chiudo il negozio oggi. Sarò lì per le sette e mezza.

 08:34                     02/08/2014
Da: Bilbo
Non vedo l'ora.

 08:35                     02/08/2014
 A: Bilbo
Vuoi che porti qualcosa?

 08:37                     02/08/2014
Da: Bilbo
Solo te stesso.

 08:41                     02/08/2014
A: Bilbo
Non una pizza?

 08:42                     02/08/2014
Da: Bilbo
Tu sei meglio.

 08:43                     02/08/2014
A: Bilbo
Lo prenderò come il complimento che è.

 08:45                     02/08/2014
Da: Bilbo
Dovresti. Ho grande stima per la pizza.

 08:48                     02/08/2014
A: Bilbo
Ci vediamo stasera.

 

 08:51                     02/08/2014
Da: Bilbo
Non vedo l'ora.


Sebbene la maggior parte della casa era rimasta immacolata, c'era una stanza che decisamente non lo era.

Il suo ufficio era un disastro, pensò cupamente mentre osservava i cassetti che aveva saccheggiato in cerca dei documenti importanti quando era ancora in ospedale. Fortunatamente sembrava che Lobelia non fosse riuscita ad entrare nella stanza, ma non era stata in uno stato ottimale fin dall'inizio, e ciò significava che lei non aveva potuto spolverare le mensole e i ripiani come aveva fatto nel resto della casa. C'erano buste sparse sul pavimento, e alcuni ragni avevano trovato rifugio sopra le librerie, e lui si mise a lavoro serenamente.

Era la prima vera occupazione che aveva intrapreso da quando era tornato, e la prima mattina che si era svegliato da solo. Thorin era rimasto la prima notte, e poi la seconda, e poi l'intero finesettimana fino a domenica pomeriggio, quando si era districato dalla stretta delle braccia calde di Bilbo e della sua profonda poltrona, dal fascino del cibo del dei pigri caffè irlandesi in veranda, ed era ritornato a casa sua per finire gli schizzi sui quali avrebbe dovuto lavorare quei giorni.

Bilbo si era immerso nel bagno poi, per più ore di quante fossero necessarie, cercando di ignorare la leggera sensazione di vuoto nel suo petto mentre il suo vecchio e malconcio lettore CD faceva echeggiare la musica in giro, e quando era andato a dormire dopo cena, incapace di resistere al richiamo di un pasto di tre portate e un letto piuttosto comodo, si era ritrovato a rigirarsi tra le lenzuola per parecchio tempo nonostante la stanchezza, torcendo le coperte tra le dita per impedirsi di allungarle in cerca di qualcosa che non era lì.

Sospirò mentre si rigirava una penna tra le mano; era così strano che, dopo solo una notte di lontananza, sentiva già la mancanza di Thorin?

Qualcosa sbatté lievemente da qualche parte nella casa, e lui alzò lo sguardo alla porta dello studio quando lo sentì di nuovo. Non era particolarmente forte, e non l'avrebbe sentito se il CD che stava ascoltando non fosse terminato parecchi minuti prima. Gli ci volle un momento per localizzarne la provenienza, ma poi capì: qualcuno stava cercando di aprire la porta sul retro; di solito la teneva aperta, ma era rimasta chiusa dalla notte precedente.

Qualcuno stava cercando di entrare.

"Ehilà?" chiamò, prima di rendersi conto di quanto fosse stupido. Si alzò in piedi, attraversando silenziosamente il corridoio.

Sembrava assurdo che qualcuno cercasse di irrompere prima delle dieci del mattino, come pure la possibilità di qualche senza tetto in cerca di un posto per dormire - quello era un quartiere tranquillo e per bene, non il tipo di posto in cui rischieresti di entrare in una casa con una macchina nel vialetto. Hamfast bussava sempre, e comunque era passato il giorno prima, e Thorin era al lavoro. Non c'era ragione per cui qualcuno volesse provare ad entrare dalla porta sul retro a meno che-

A meno che forse Lobelia avesse deciso di tornare per qualcosa di più dei cucchiaini da tè.

Non era in vena per un confronto, per una litigata sul cespuglio di rosmarino, ma non poteva nemmeno limitarsi a nascondersi dietro le tende e far finta di non essere a casa - per quanto fosse tentato di farlo. Forse sarebbe arrivato il momento in cui i parenti fastidiosi lo avrebbero stancato tanto da farlo nascondere sotto le finestre per evitarli, ma non era quello il giorno.

"Lobelia, io-" cominciò mentre apriva la porta sul retro, solo per incontrare la visione del suo giardino.

"Oh," si interruppe, ma poi uno strascichio da dietro un grosso cespuglio attirò la sua attenzione, e vide piccole converse rosse spuntare da dietro di esso.

"Fee?" chiese, pensando immediatamente all'unico bambino che conosceva. "Cosa stai-"

Ma poi spuntò fuori una testa, e non era la zazzera bionda di Fili, ma riccioli castani pettinati nettamente, anche se molti già erano in disordine. Occhi seri e nocciola si fissarono su Bilbo, un po' spaventati, e lui sentì le sue spalle afflosciarsi.

"Lotho," chiese dopo un momento. "Che diamine ci fai qui?"

Aprì la bocca, la fronte aggrottata, ma poi le sue labbra tremarono e si curvarono all'ingiù e Bilbo si ritrovò a fare un mezzo passo nella sua direzione. Aprì le braccia, che furono subito riempite dal bambino, le sue lacrime che già inzuppavano la sua maglietta, umida contro la pelle della sua pancia.

Fece scorrere la mano tra i capelli di Lotho, disfacendo le spazzolate precise e riportandoli alla massa ribelle di ricci tipica della sua famiglia. Una piccola goccia di pioggia gli colpì il naso, il lastricato freddo sotto i suoi piedi nudi, e alzò lo sguardo al cielo preoccupato.

"Andiamo allora," disse dolcemente. "Dentro tu, così mi puoi dire cosa ci fai qui."

Lotho tirò su col naso, e si incollò al suo fianco mentre lo seguiva in cucina, in cui Bilbo tagliò una spessa fetta della torta al cioccolato e lampone che aveva fatto il giorno prima (in effetti per sfamare Thorin, ma anche un po' per sé), versò un grosso bicchiere di latte e portò entrambi in salotto. Li mise sul tavolino e invitò Lotho a sedersi sulla poltrona dandovi un colpetto.

C'era bisogno, pensò distrattamente, di un divano in cucina, dato quanto tempo ci passava, come ce l'avevano Dis e Vivi nella loro.

Lotho si strofinò gli occhi, e continuò a tirar su col naso mentre sbocconcellava la torta; Bilbo guardò l'orologio sul muro e si chiese dove il ragazzino sarebbe dovuto essere. Non a scuola di certo, perché era Agosto e le scuole erano finite da oltre una settimana, ma Lobelia avrebbe saputo che se ne era andato se doveva essere a casa. Un club estivo forse?

"Come sei venuto qui, Lotho?" chiede, quando il bambino si fu calmato, e la maggior parte della torta fu sparita.

"Camminato," borbottò guardandosi le scarpe.

"Da dove?"

"Mamma mi ha lasciato alla scuola estiva," ammise, lanciando un veloce sguardo a Bilbo da sotto le ciglia. "Io odio la scuola estiva."

Bilbo rise, non potendo trattenere il divertimento. Lobelia era sempre stata convinta che avrebbe avuto il meglio di tutto, e quello a quanto pare includeva suo figlio. Senza dubbio aveva mandato Lotho ai corsi estivi da quando aveva incominciato la scuola, per migliorare la sua pronuncia e scrittura e in matematica, invece di poter passare del tempo a divertirsi.

"Dove fai lezione?" domandò, chiedendosi quanto a lungo avesse camminato.

"Al centro comunitario," disse lui, ondeggiando le gambe. "Mmm, vicino al fiume?"

Bilbo annuì; lo conosceva, anche se era sicuro avesse un vero nome, e non era a più di cinque minuti di distanza, quindi almeno Lotho non si era allontanato troppo. C'erano vari corsi gratuiti per tutte le età durante l'estate, ma non aveva mai sentito di qualcuno così giovane che le frequentava. Si chiese se c'era nessuno della sua stessa età, con cui avrebbe potuto fare amicizia, e sospettava che non fosse così. Senza dubbio passava le giornate da solo a completare esercizi di comprensione e problemi di matematica, li consegnava ad un'insegnante, e tornava a casa.

"E perché sei qui ora?" chiese Bilbo, e la voce di Lotho ricominciò a tremolare quasi immediatamente.

"Mamma dice che ce ne siamo dovuti andare e che tu hai detto che non potevamo tornare," ammise, le parole che scorrevano fuori velocemente. "Ma ho lasciato la mia scatola, zio Bilbo, e papà ha detto che non sei stato tu, è stata colpa nostra per essere venuti qui, ma io non ho fatto niente, e poi hanno litigato e ora non si parlano e io non voglio andare alla scuola estiva e non voglio tornare a casa e voglio tornare qui perché mamma era felice quando eravamo qui e mi manca il mio Rex e, e-"

Si interruppe e scoppiò a piangere, il respiro pesante mescolato al suono spezzato di mezzi singhiozzi, gli occhi rossi e pieni di lacrime, e Bilbo scivolò in ginocchio sul pavimento vicino alla poltrona. Non sapeva bene cosa fare in questo genere di situazioni, ma accarezzò le braccia di Lotho per calmarlo.

"Non è colpa di nessuno," disse dolcemente. "di nessuno affatto. La tua mamma non sapeva che io sarei tornato, ecco tutto. E tua mamma e tuo papà faranno pace presto, sono sicuro. Ma nel frattempo dimmi - che scatola?"

Lotho sospirò, e la sua voce sembrava roca, quindi Bilbo gli passò il latte. Si pulì le labbra dopo averlo finito, e fece un respiro profondo.

"In camera mia, zio Bilbo - nel cassetto segreto dell'armadio. Ci ho nascosto la mia scatola e il mio Rex, ma poi quando sono tornato a casa dalla scuola estiva mamma aveva già messo tutto in valigia e non mi ha voluto far tornare a prenderla, non sapeva che c'era un cassetto segreto, e-"

Bilbo sentì il proprio cuore torcersi; erano anni che non ripensava al suo cassetto segreto, non da quando era un adolescente e ci nascondeva le sigarette. Lotho doveva essere stato messo nella stanza che Bilbo usava da bambino, con il guardaroba a muro- sul suo pavimento, sotto un'asse c'era uno spazio nascosto; ci aveva messo un vecchio cassetto quadrato quando era un bambino, per tenerci cose segrete e nascoste. Piume d'uccello e macchinine giocattolo all'inizio, poi accendini e cioccolata, poi fiaschette e apribottiglie; tutti gli vennero improvvisamente in mente, un montaggio dei suoi anni infantili.

Asciugò gli occhi di Lotho con la manica.

"Andiamo a vedere se li troviamo allora, va bene?" chiese, e Lotho annuì, saltando in piedi e seguendolo timidamente nel corridoio. Superarono la sua attuale camera (si era trasferito nella stanza degli ospiti più grande quando aveva circa diciotto anni, volendo più spazio) e l'ufficio prima di arrivare alla sua vecchia stanza.

"Va' avanti allora," disse, e indugiò sull'uscio. Lotho si gettò sull'armadio, sfilando l'asse e tirando fuori un dinosauro di plastica - Rex presumibilmente - e una vecchia, leggermente arrugginita, scatola d'alluminio, il tipo che probabilmente gli aveva passato suo padre. La scosse leggermente, prima di aprire il coperchio per controllarne il contenuto.

Solo in quel momento si distrasse, e alzò lo sguardo su Bilbo, con l'aria imbarazzata.

"È tutto ancora dentro," disse con una vocina piccola, e Bilbo sorrise.

"Cos'è, pensavi che l'avrei rubata?"

"Mamma ha preso alcuni dei tuoi cucchiai," rispose lui, la voce ancora più bassa, e strascicò un po' i piedi.

"Già," disse Bilbo, "ma non preoccuparti. Ne prenderò di ancora più belli, per infastidirla."

Lotho rise e si strofinò il naso.

"Ora, che ne dici se ti riporto a scuola, prima che tua mamma si accorga che non ci sei?"

Lotho annuì, anche se sembrava rattristato dall'idea, e seguì Bilbo nel corridoio e fuori dalla casa, e l'uomo afferrò le chiavi passando. Camminarono tranquillamente sotto il sole mattutino, la scatola e il dinosauro ancora stretti al suo petto.

"Quindi," Bilbo disse allegramente. "Il tuo papà mi ha detto quanto sei bravo a scuola, l'ultima volta che l'ho visto. Prendi ancora bei voti?"

Loto annuì, accarezzando la schiena di plastica del giocattolo e il coperchio di metallo della scatola, come spaventato che potessero scomparire.

"Ho preso tutte A in pagella alla fine della scuola," disse, orgoglioso.

"Ben fatto," rispose Bilbo, arruffandogli i capelli. "Tua mamma viene mai alle tue lezioni?" chiese. "Parla mai con i tuoi insegnanti?"

Lotho scosse la testa. "Mi lascia e mi riprende e basta."

"Hmmm. C'è qualcosa che vorresti fare, invece che lezione ora?"

Lotho arricciò il naso. "Non voglio fare altra matematica."

Bilbo rise. "No, basta matematica. Qualcos'altro."

Lotho trascinò le scarpe sul marciapiede.

"Hanno anche lezioni di disegno."

Bilbo annuì, e non riprese l'argomento. Lotho lo condusse dentro, attraverso i corridoi fino ad una grande classe popolata solo da un piccolo gruppo di bambini dall'aria infelice che lavoravano in silenzio - come pensava, tutti loro erano più grandi di Lotho.

"Hai la pausa pranzo, vero?"

Lotho annuì.

"All'una."

"Che ne dici se ti passo a prendere domani, e ci sarà altra torta, va bene?"

Lotho annuì, il viso improvvisamente rosso, e Bilbo gli arruffò i capelli con affetto mentre lo spingeva nella classe: dopo essersi assicurato che la sua giovane responsabilità fosse seduta, trovò la segreteria e cambiò il programma di Lotho dal corso di "Preparazione in Matematica e Inglese" a quello di "Arte per bambini", e se ne andò sentendosi molto meglio.

Mandò un messaggio a Otho, perché sarebbe stato sbagliato non farlo, e ricevette solo una breve, stroncata risposta. 

 


 02/08/14              12:01
Da: Otho
Grazie Bilbo. E mi dispiace. Per tutto.

Non aveva bisogno di molto altro; mentre si rimetteva a pulire il suo ufficio si sentì distintamente più leggero. Un pesante senso di colpa che non si era accorto di portare si era sollevato, e il pomeriggio passò in fretta.

Prima di rendersene conto erano arrivate le cinque di pomeriggio, le pesanti nuvole avevano offuscato il sole pomeridiano, e tutto era di nuovo al suo posto e presentabile, a parte lui stesso.

Bilbo era coperto di polvere, e con un sorrisetto entrò in bagno, sganciò dal soffitto la pianta ragno per annaffiarla mentre aspettava che la doccia si scaldasse. Entrare e uscire dal letto gli faceva ancora male alle cosce, che non erano ancora nel pieno delle forze come prima, ma dannatamente vicino.

Thorin sarebbe arrivato tra un paio d'ore, e lui gli avrebbe preparato la cena - aveva gli ingredienti per preparare la pizza, come aveva promesso, e avrebbero potuto mangiare in soggiorno o in camera da letto; a seconda di se sarebbero riusciti a non cadere a letto prima che fosse pronta.

E poi stasera, pensò, glie l'avrebbe detto; non sapeva bene come o quando, ma avrebbe ammesso che lo amava, che lo amava da un po', e aveva bisogno che Thorin lo sapesse anche se non provava lo stesso. E poi-

Beh, poi avrebbe dovuto scoprirlo. Non sapeva che risposta avrebbe ricevuto.

Chiuse la doccia, passandosi le mani tra i capelli per rimuovere l'acqua in eccesso, e allungò una gamba per scioglierla.

La porcellana era scivolosa sotto i piedi.

Chiuse gli occhi nel vapore e allungò la mano per prendere l'asciugamano appeso al termosifone da parete lì vicino.

Il suo piede scivolò, e lui cercò di aggrapparsi al rubinetto, al lato, a qualcosa per sorreggersi, ma la sua percezione era distorta, e le dita li sfiorarono e basta mentre si agitavano, e poi la sua coscia fu scossa da un crampo e il ginocchio cedette sotto di lui, e lui cadde, imprecando.

La sua testa colpì il bordo della vasca con un tonfo, e lui fissò confusamente il soffitto verde pallido per un secondo.

Poi tutto fu buio.

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
DUN DUN DUN DUUUUN
Il prossimo capitolo sarebbe corto corto corto, che faccio, lo pubblico stasera o domani? *risata diabolica*

- Kuro

   
 
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