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Autore: Shadow writer    08/03/2015    1 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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_Dove incontro il falso evaso nel bosco buio
 
 
Mentre viene servita la seconda portata, Greg lascia scivolare sulle mie gambe un foglietto. Lo srotolo lentamente mentre gli altri sono concentrati sul cibo e leggo con occhiate fugaci.
Devi uscire dalla sala prima che proiettino il video. Fingi di dover andare in bagno appena puoi.
Stringo il biglietto in un pugno tremante. Will voleva salvarmi, ma i suoi piani non sono andati come previsto.
Controllo ancora una volta la sala: le guardie sono immobili e Benedict sta ridendo serenamente. Un cameriere che non è Greg porta via il mio piatto intatto e lo sostituisce con un altro.
«Non hai fame?» mi domanda la ragazza italiana, credo si chiami Camilla.
«Non mi sento bene» rispondo con voce salda, cercando di far capire che la situazione non è così grave come potrebbe sembrare. Così ora ho la scusa per andare in bagno senza destare sospetti.
Una delle guardie sfiora con la mano il rigonfiamento della giacca, dove sono sicura ci sia nascosta un'arma. Sento il cuore scalciare furiosamente nel petto.
Salvarmi egoisticamente da sola non è un'ipotesi che voglio prendere in considerazione.
Nessuno sembra essersi accorto del fatto che le guardie servono a tutt'altro che difenderci.
«Devi andartene» bisbiglia Greg nel mio orecchio mentre si china per togliere il piatto davanti a me.
Afferro il suo polso di scatto e lo freno, incurante degli sguardi degli altri ragazzi.
«Voglio che loro vengano con me» gli sussurro di risposta.
Scuote impercettibilmente il capo, si libera dalla mia stretta e si allontana con i piatti tra le mani.
Merda.
«Cosa succede?» domanda la voce squillante di Karin quando incrocia i miei occhi tesi.
Faccio un sorriso tirato: «Va tutto bene, tranquilla»
Un movimento nella sala attira la mia attenzione e il mio sguardo scatta nervosamente verso Benedict Lennox, che si è alzato in piedi e sta raggiungendo il palco.
Prende un microfono e sorride a tutti gli ospiti:
«Buona sera a tutti, spero che la cena sia stata di vostro gradimento. Grazie per essere venuti, prometto che non vi annoierò con inutili parole e lascerò spiegare le motivazioni di questa cena ad un video. Buona visione.»
Il panico mi assale quando vedo le guardie scambiarsi un altro cenno d'intesa.
Ho il cuore in gola e la tensione mi sta annebbiando i pensieri.
«Vieni con me» dico a Karin.
«Cosa? Ma voglio vedere il video!» si lamenta lei sbuffando come una bambina.
Le afferro il braccio e la tiro in piedi insieme a me.
«Venite anche voi» ordino in tono brusco agli altri tre ragazzi seduti con noi.
«Perché?» chiede Eizan, il ragazzo giapponese, esterrefatto dal mio tono.
«Veloci!» li incito e mi avvicino verso ad una delle uscite trascinando Karin con me.
Mi volto per controllare e scopro che gli altri ragazzi sono rimasti qualche passo più indietro. Il mio sguardo dev'essere veramente disperato perché decidono di accelerare come se fossero spaventati da come potrei reagire.
«Mi dispiace, non potete uscire ora» ci blocca una delle guardie con espressione glaciale.
«Io devo uscire» replico seria. Fortunatamente Karin non mi sta ascoltando e sta cercando di vedere il video, che non è ancora partito.
L'uomo si porta una mano verso l'interno della giacca.
«Fermati» lo blocca una voce, prima che possa farlo io. Greg compare da dietro la porta: «Lasciala passare»
«Anche gli altri?» chiede l'uomo indicando il seguito che mi sono portata appresso.
«Luna!» mi rimprovera Greg come un papà farebbe con la figlia.
«O tutti o nessuno» replico decisa.
«Will ti ucciderà» avvisa stringendo i pugni. Reggo il suo sguardo e alla fine lui fa cenno alla guardia di lasciarci passare tutti.
«Chiudetevi nei bagni e non uscite per nessuna ragione al mondo» mi sussurra mentre supero la soglia della stanza tirando Karin.
Vorrei chiedergli cosa sta per succedere e che fine faranno tutte le altre persone rimaste nella sala, ma devo accontentarmi di riuscire a salvare chi è con me.
Faccio come ha detto Greg, aspetto che tutti entrino nei bagni, poi chiudo la porta con due giri di chiave.
«Cosa sta succedendo?» chiede Camilla facendo saltare lo sguardo tra me e Karin.
Prendo un respiro profondo. Voce, sono graditi consigli, sai che sono una frana con le bugie. Silenzio di tomba.
Mi passo una mano tra i capelli come se tentassi di calmarmi e intarmo prendo tempo.
«Ho notato un comportamento strano nelle guardie» comincio neutra «E ho capito subito che c'era qualcosa che non andava. Tenevano d'occhio la sala in un modo troppo sospetto e continuavano a scambiarsi degli sguardi eloquenti. Sono riuscita a sentire ciò che due di loro si dicevano e la cosa non ha fatto altro che confermare i miei sospetti: è stato organizzato un attacco a Benedict Lennox e a tutti i suoi collaboratori presenti stasera. Non era sicuro rimanere nella sala, ma gridarlo in mezzo a tutti non avrebbe portato a nessun vantaggio, avrei solo accelerato i tempi.»
«Così hai preferito salvare noi» commenta Hyun-Sik, il ragazzo che fino ad ora è rimasto in silenzio.
Siamo in cinque, solo in cinque.
«Avresti potuto salvare altre persone» aggiunge Eizan con una smorfia. 
Camilla viene in mio soccorso: «Intanto ha salvato noi, cerca di esserne grato»
Il ragazzo tace.
«E chi era quel cameriere che ti ha parlato?» interviene Karin. Provo un desiderio assurdo di stringerle le mani intorno al collo.
«Non saprei. Si è accorto di ciò che mi sono accorta io e ha voluto aiutarci.»
Fortunatamente Hyun-Sik distoglie la conversazione dall'affascinante cameriere gay, perché si avvicina alla porta e ci fa cenno di tacere.
«Si sente qualcosa?» trilla Karin entusiasta. La zittiamo con un'occhiataccia, ma il ragazzo coreano scuote il capo: «Siamo troppo lontani»
Faccio scorrere il mio sguardo per la stanza. Il pavimento di lucido marmo color senape conferisce un'aria di maestosità anche ai bagni di questo palazzo.
«Io dico che bisogna uscire di qui» dice Camilla, passandosi una mano nei lunghi capelli castani.
La fisso, incerta. Ha un piccolo neo sotto l'occhio sinistro che le conferisce un'espressione seria e decisa.
«Il cameriere ha detto di non muoverci, è troppo pericoloso» la contraddico, ma lei non mi dà retta e comincia a muoversi per la stanza.
All'improvviso sentiamo delle grida, seguite da una detonazione. Ognuno di noi si paralizza nella posizione in cui è. Finalmente anche Karin ammutolisce e mi fissa con i grandi occhi verdi sgranati.
«Dobbiamo uscire» ribadisce Camilla e indica le finestre sopra di lei. Sono dalla parte opposta rispetto alla porta del bagno e credo che si affaccino sul giardino a lato del palazzo.
«Se usciamo da qui possiamo correre fino al bosco che fiancheggia l'edificio e da lì chiamare la polizia» propone la ragazza.
«Sembra un buon piano» acconsente Hyuk-Sik. Karin ed Eizan non parlano, ma mi guardano, come se aspettassero le mie parole. Sono stata io a trascinarli qui, è giusto che sia io a tirarli anche fuori.
«Qualcuno sa aprirle?» domando indicando le finestre. Si trovano nella parte alta del muro e sembrano chiuse con delle inferriate.
«Io me la cavo bene in queste cose» dice Eizan e si avvicina per controllare.
Dopo esser salito in piedi sul ripiano dei lavandini, si allunga verso le finestre e comincia a tastare, alla ricerca di punti deboli che potrebbero lasciarci liberi.
«Nulla di difficile, non sono fatte per impedire di essere aperte» commenta dopo poco.
«Qualcuno ha una forcina o un fil di ferro?» chiede poi.
Camilla si sfila una molletta dai capelli e gliela tende. Mentre Eizan continua ad armeggiare con le finestre, altri colpi di pistola esplodono nella sala.
«Dite che qualcuno è stato colpito?» domanda Hyuk-Sik sottovoce.
Karin mormora qualcosa di incomprensibile, ma nessuno riesce a decifrare le sue parole.
«Fatto» informa Eizan e con un colpo secco apre la finestra. Non è molto grande, non raggiunge neanche il metro di altezza, ma è sufficiente per calarci all'esterno.
«Chi vuole andare per primo?» domanda il ragazzo giapponese. Ci scambiamo uno sguardo silenzioso, come se cercassimo di invogliare gli altri e ad offrirsi al nostro posto.
«Io» esclamo appena leggo l'incertezza nei loro occhi. Se c'è qualcuno, posso sempre usare il vento prima che uno dei ragazzi mi veda.
Salgo in piedi sul marmo accanto al lavabo e facendo pressione con le braccia sulle soglia riesco a spingere il mio busto attraverso la finestra. 
Vedo tutto nero davanti a me, ma questo non mi impedisce di allungare le braccia avanti e trascinarmi fuori.
Cado nell'erba, ma mi sposto in fretta per lasciare spazio agli altri. Escono uno alla volta, in silenzio.
Quando sono tutti fuori, rimaniamo rannicchiati per qualche istante nell'angolo sotto alla finestra.
Davanti a noi si estende un lungo giardino, alla fine del quale si apre il bosco di cui parlava Camilla. Per raggiungerlo dobbiamo attraversare duecento metri di campo aperto e scarsamente illuminato.
«Possiamo correre due alla volta e poi ritrovarci nella prima fila di alberi» propongo cercando lo sguardo degli altri. Annuiscono e in un attimo decidiamo le coppie: io e Camilla, Karin ed Eizan e per ultimo Hyuk-Sic.
Prima di cominciare a correre, studio lo spazio davanti a noi. Non ci sono figure, ma le tenebre potrebbero tirarci in inganno.
Prendo un respiro profondo e raccolgo tutta la mia concentrazione.
«Pronta?» Camilla mi guarda facendo dondolare i tacchi che tiene tra le mani.
Annuisco e comincio a correre. L'aria fredda della notte ci schiaffeggia il volto e fa lacrimare i nostri occhi. Continuo a correre a perdifiato fino a che davanti a me non compaiono i primi alberi. Mi blocco di scatto per non sfracellarmi contro un tronco e scorgo Camilla fare lo stesso. 
Ci nascondiamo tra gli alberi, in attesa degli altri. Tra le fronde si scorge la sagoma del palazzo da cui siamo fuggiti. Le finestre del piano terra sono accese, ma non si scorge nulla dell'interno.
«Stanno arrivando?» chiedo a Camilla e lei mi risponde con un mugugno indecifrabile.
Innervosita dalla sua replica, mi sporgo per cercarla con lo sguardo e vedo i suoi occhi sgranati. Ha qualcosa di scuro davanti alla bocca.
Cerco di metterla a fuoco bene, ma mi sento afferrare bruscamente alle spalle.
Una mano. È una mano guantata che le tappa la bocca come un'altra sta facendo con me ora.
«Non muoverti» sibila la voce dell'uomo che mi sta tenendo ferma. Tento di mugugnare contrariata e lui mi stordisce con un colpo alla nuca.
Le mie ginocchia credono, i muscoli si sciolgono. Quando riesco a tornare lucida scorgo Eizan che si dimena per liberarsi da un altro uomo vestito di nero, ma fallisce. Ci hanno presi, tutti.
«Portali al capanno» dice la sagoma che tiene Karin tra le braccia. La ragazza ha la stessa espressione di una lepre che sta per essere investita.
Gli uomini ci spostano bruscamente. Non hanno torce, ma si muovono abilmente tra gli alberi come se conoscessero bene il sentiero. Cerco di ragionare.
Se sono uomini di Benedict, siamo salvi, perché il loro scopo dovrebbe essere difenderci. Se sono uomini di Will, posso dimostrare che lo conosco, ma un solo errore nel mio ragionamento ci farebbe precipitare in una situazione irrimediabile.
Ad un certo punto tra gli alberi compare sagoma di una casa di legno.
L'uomo che stringe Camilla, davanti a tutti, bussa alla porta e qualcuno dall'interno apre. Dopo pochi secondi ci ritroviamo tutti nel buio soffocante del capanno.
Sento chi mi tiene armeggiare alle mie spalle, poi qualcosa di freddo e metallico mi artiglia i polsi. Manette.
Non riesco a smettere di tremare. C'è un attimo di confusione e bisbigli confusi, poi ci ritroviamo chiusi in uno sgabuzzino piccolissimo. Da sotto la porta filtra un leggero spiraglio di luce fievole. Rimango immobile mentre gli occhi mettono a fuoco i volti degli altri ragazzi. È stato tutto così veloce che non abbiamo avuto il tempo di reagire.
Le mani di tutti noi sono legate dietro alla schiena, inutili. Karin, rannicchiata in un angolo,si lascia sfuggire un singhiozzo.
«Andrà tutto bene» mormora Hyuk-Sic e preferiamo illuderci che abbia ragione, piuttosto che correggerlo con ciò che realmente pensiamo.
«Chi sono questi uomini?» sibila Eizan.
«Una volta ho sentito Benedict Lennox dire che essere un uomo importante fornisce irrimediabilmente dei nemici, anche pericoli» dice Camilla «Forse ci hanno preso come ostaggi»
Rimango stupita dalla lucidità con cui gli altri stanno ragionando. Siamo chiusi in uno stanzino buio, con le mani legate, con la paura che palpita nell'aria stantia, inconsapevoli di ciò che ci circonda, eppure loro riescono a formulare pensieri razionali. Sento Eizan muoversi per la stanza tastando le pareti alla ricerca di qualcosa che possa aiutarci. Camilla e Hyuk-Sic sono immobili, con lo sguardo perso nel buio, concentrati.
Devo fare qualcosa. 
Mi avvicino alla porta chiusa e picchio il ginocchio contro il legno duro per bussare.
«Ehi!» chiamo a gran voce.
«Che fai?» sibila Eizan immediatamente. Lo ignoro e continuo a battere contro la porta.
«Smettetela, se non volete che entri!» sbotta l'uomo al di là.
«Voglio parlare con il vostro capo.» replico decisa.
«Luna!» mi richiama Camilla «Sta' buona!»
«Voglio parlare con il vostro capo!» grido ancora.
«Non ti piacerebbe ragazzina» replica beffardamente la voce dello stesso uomo.
«Non avrete paura di una ragazzina!» lo provoco in tono di sfida.
Adesso i ragazzi mi fissano zitti, in attesa.
«Non sono così sconsiderata, so quello che faccio» continuò «Siete voi che temete di non essere in grado di tenermi sotto controllo!»
La porta si apre di scatto e mi sento afferrare per il colletto.
«Cosa vuoi fare?» mi sbotta addosso l'uomo che ha parlato prima, cercando di intimorirmi. Ha il volto coperto e vedo solo gli occhi rabbiosi che mi inchiodano qui.
«Conosco il tuo capo» dico sottovoce tentando di suonare convincente. Dubito che Greg sia rimasto nella sala, perché Benedict potrebbe riconoscerlo e risalire a Will.
«O forse hai paura che io riesca a fuggire» proseguo.
Lui non risponde, si allontana dal mio volto, ma mi tiene saldamente per un braccio.
Tento di raccogliere le forza, ma mi sento debole. L'aria è troppo pesante e statica, non c'è un filo di vento. 
Senza parlare, l'uomo mi tira lungo il corridoio buio del capanno, poi bussa ad un'altra porta.
Non sento alcuna risposta, ma lui mi spinge all'interno del nuovo stanzino. La porta sbatte alle mie spalle.
Rimango immobile, i pugni chiusi dalle manette. La stanza è poco più grande di quella in cui mi trovavo e dal soffitto pende una piccola lampada dalla luce pallida.
C'è una sagoma maschile davanti a me, di schiena. Indossa una felpa nera e dei jeans rovinati.
«Mi avevi detto di non avere impegni stasera» commenta la figura.
Spalanco gli occhi, esterrefatta.
«Will...» chiamo, come se stessi cercando di convincere me stessa di ciò che vedo.
Il ragazzo si volta e scorgo i suoi occhi mandare un bagliore bluastro.
«Cosa ci fai qui?» chiedo deglutendo. Tutta la mia risoluzione è stata spazzata via dall'improvviso stupore. Il ragazzo sorride, come al solito, ma le sue labbra hanno una piega seria.
«Mai sentito parlare di evasione?» domanda ironico. Se possibile i miei occhi diventano ancora più grandi e lui ride.
«Tranquilla, tornerò nella mia cella prima che si accorgano che non ci sono» risponde divertito. «Perché rimani lì impettita?»
Faccio una smorfia: «Ho le mani legate»
Will ride ancora: «Vieni qui!» 
Mi avvicino impacciata e lui mi fa voltare. Mentre armeggia con le manette sento il suo respiro caldo solleticarmi il collo. Ho i brividi.
«Sei gelida» mormora quando sfiora la mia pelle.
«Non ho avuto tempo per coprirmi mentre scappavo» replico sottovoce. Ride ancora. Quando sento le mani libere massaggio i polsi, non perché ne senta la vera necessità, ma perché nei film fanno sempre così.
All'improvviso qualcosa di caldo si posa sulle mie spalle e una piacevole sensazione di torpore si diffonde in tutto il mio corpo.
Mi volto. Will si è tolto la felpa per cedermela.
«Scappavi, mia piccola Luna?» chiede retorico.
«Sì, dai tuoi uomini» replico prontamente.
Lui sbuffa: «Sei venuta a farmi la predica?»
Prendo coraggio e fisso i miei occhi nei suoi: «Ho sentito degli spari. Pensavo fossi diverso da tuo zio, pensavo difendessi le persone.»
«Io difendo le persone buone» ribatte serio, ma sul suo volto aleggia ancora l'ombra di un sorriso.
«I ragazzi che come me si trovavano in quella sala, non erano "persone buone"?» chiedo ancora, con una smorfia. Lui sbuffa:
«Ho detto di non fare del male ai ragazzi infatti. Ma tutti gli uomini presenti sono colleghi di mio zio!»
Faccio per ribattere, ma lui mi zittisce: «Lasciami finire. Il mio piano consisteva principalmente nel sostituire il video che Faccia di Pupù voleva proiettare con un altro, che spiegava le azioni criminali in cui è implicato. Le guardie servono principalmente ad impedire che la gente lasci la sala. Voglio che tutto vedano quelli immagini e capiscano che tipo persona è Benedict. Non voglio uccidere nessuno, se non è strettamente necessario»
«Però saresti disposto a farlo» commento incrociando le braccia al petto con una smorfia di disappunto.
Mi guarda negli occhi. Sono bellissimi, grandi come l'oceano, avvolgenti come le sue onde. Nel buio della stanza, la lampada ondeggia dalle travi del soffitto.
«Sì, Luna,sarei disposto a farlo, anche Greg lo sarebbe e anche tu.» non mi lascia il tempo di interromperlo e prosegue: «Se qualcuno ti puntasse una pistola alla testa, non ti piacerebbe che io fossi pronto ad ucciderlo per salvarti?»
La sua domanda aleggia qualche istante nel silenzio. 
«E io lo farei» continua «Premerei quel grilletto migliaia di volte, pur di farlo prima di quel bastardo che vorrebbe portarti via da me»
«C'è sempre un altro modo, Will. Non puoi ammazzare metà della popolazione mondiale per la difesa dei tuoi ideali...»
«Questo lo so! L'ho capito con il tempo. Le mie armi sono diverse dalla violenza, ma talvolta per combatterla, c'è bisogno della stessa, in piccole quantità. Ma non sono qui per discutere la correttezza dei miei metodi. Devi andare Luna, via da qui»
«Cosa?» chiedo esterrefatta.
«Fingi di esser riuscita a fuggire da questo capanno con i tuoi amici. La polizia è già arrivata dall'altro lato del palazzo»
«Pensi che me ne vada così facilmente?» chiedo stizzita. Non ho intenzione di lasciare qui Will quando potrebbero scoprirlo da un momento all'altro. Nonostante non sembri, sono io la più forte qui dentro.
«Cercherò di essere più chiaro» continua lui «Ricordi ciò che ti hanno detto i portoghesi che hanno quasi ucciso mia mamma?»
Annuisco, incerta su ciò che voglia dire.
«Ho scoperto chi è il loro nuovo fornitore, ovvero colui che li finanzia e permette loro di compiere tutti i soprusi. Vuoi saperlo?»
«Benedict Lennox» rispondo prima che lo faccia lui, stupita dalle mie stesse parole.
Cerco il suo sguardo, confusa, ma Will annuisce, grave. Sulle sue labbra si dipinge una smorfia:
«Indirettamente è lui il responsabile di ciò che è avvenuto. Adesso capisci perché devi andartene? È troppo pericoloso rimanere qui.»
«Perché vuoi proteggermi dopo avermi chiesto di passare dalla tua parte e di essere pronta ad aiutarti sempre, a mio rischio e pericolo?» 
Parlo con sicurezza e risoluzione, come non ho mai fatto. Will mi prende le mani e leggo il dolore nello sguardo che mi rivolge.
«Non sai quanto mi sia pentito di avertelo chiesto, Luna. Ora voglio solo proteggerti.»
«Perché?» chiedo addolorata. «Non voglio essere protetta, non sono una bambina! Mi sono schierata al tuo fianco e ho accettato ciò che questo comporta. Perché ti comporti ancora così?»
«Perché mi piaci Luna» risponde sulle mie labbra. Dei brividi mi percorrono la schiena e attraversano tutto il corpo. Blu. Vedo solo il blu dei suoi occhi.
«Negarlo sembrava la cosa più conveniente, seppur la più dolorosa e mi sono illuso di poter vivere con questa sofferenza se ciò sarebbe servito a proteggerti.» mormora. Le iridi di Will brillano.
C'è un istante infinito di attesa, di sospensione, di pausa, di studio, di contemplazione.
Poi mi bacia. E non è tanto diverso dall'ultima volta, sento solo la necessità di farlo e le palpitazioni per l'entusiasmo di ciò che lui ha appena detto mi pervadono.
Percepisco la parete di legno contro la mia schiena e il petto di Will contro il mio.
Le sue mani stringono saldamente le mie, come se mi sorreggessero con forza.
Questo è tutto ciò che voglio. 
 
 
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Ciao a tutti!
So di essere infinitamente in ritardo e chiedo scusa a tutti per ciò, mi dispiace molto!  Spero che gli ultimi avvenimenti possano compensare la lunga assenza. 
Fatemi sapere al più presto cosa ne pensate! :)
Alla prossima
Lux
 
 
   
 
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