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Autore: Nymeria90    09/03/2015    2 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Call

Akuze, 2177
 
La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
Akuze aveva pagato a caro prezzo la sua vittoria e le carcasse enormi delle bestie che la proteggevano avrebbero testimoniato a lungo la forza di chi non era caduto senza combattere.
Ma infine non c’erano stati né vincitori né vinti. Erano morti tutti.
Tranne uno.
Nonostante tutti i suoi sforzi Akuze non aveva annientato completamente i suoi invasori.
Una mano si mosse impercettibilmente, la sabbia nera che scivolava piano dal dorso insanguinato; un rantolo tradì un corpo che respirava ancora; due occhi si socchiusero, osservando il nero cielo di Akuze senza vederlo.
C’erano altre immagini a riempire quegli occhi …
 
Volti, tanti volti. Volti vivi e volti morti. Volti amati e volti odiati. Volti arrabbiati, furibondi, offesi. Volti sorridenti, speranzosi, felici …
Sangue. Il sangue verde dei mostri, quello rosso degli amici morti e quell’altro, nero, del rimpianto…
Polvere. La polvere delle vecchie cose e delle vecchie ossa. La polvere nera di un deserto impietoso, quella gialla della …
Mani. Mani crudeli e mani gentili. Mani bianche e mani nere. Mani che stringono pistole e mani che si alzano a chiedere pietà. Mani che si aggrappano, mani che scivolano, mani che pregano, mani che afferrano, mani che chiedono aiuto …
Corpi. Corpi in divisa e corpi nudi. Corpi di mostri e corpi di uomini. Corpi che si odiano e corpi che si amano. Corpi che cadono e corpi che si spezzano…

 
Un gemito uscì dalle labbra insanguinate, ma nel delirio dell’agonia quel suono andò a mescolarsi a mille altri …
 
Voci. Troppe voci che si sovrappongono. Arrabbiate, confuse, stanche … deluse.
Voci che implorano, voci che comandano, voci che compatiscono … voci che ricordano.
Ricordano parole sussurrate nel buio e giuramenti infranti. Ricordano promesse non mantenute e i deliri di chi è vivo e crede di poterlo essere per sempre …

 
Un colpo di tosse e il sapore del sangue che inondava la bocca. Il respiro accelerò e i sensi tornarono dolorosamente in funzione.
Un impercettibile movimento e il corpo esplose in un’apocalissi di dolore.
Riusciva a percepire ogni singolo osso spezzato, ogni tendine lacerato, la pelle squarciata … eppure quel corpo così martoriato continuava a respirare.
Le domande si affollarono nella mente stanca: era davvero accaduto ciò che ricordava?
Il deserto, i mostri, gli amici morti … il crollo …
I muscoli s’irrigidirono, uno spasmo li colse, il respiro si fermò, lo sguardo si sgranò: il suo non era stato il solo corpo a cadere.
La paura soppiantò il dolore, la frenesia obbligò le braccia stanche, lacerate, straziate, ad artigliare il terreno.
Un urlo disarticolato uscì dalle labbra insanguinate mentre obbligava il corpo spezzato a girarsi.
La prima cosa che vide fu l’immensa carcassa sfracellata al suolo. La materia cerebrale sparsa sul terreno non lasciò dubbi, questa volta, sulla morte dell’essere.
Iniziò a strisciare, alla ricerca di qualcuno che aveva il terrore di trovare: quante possibilità c’erano che fossero sopravvissuti entrambi alla caduta?
Ma doveva sapere.
Con un filo di voce chiamò quel nome tanto amato mentre le braccia, insensibili al dolore, trascinavano in avanti il corpo martoriato.
Le fitte lancinanti che sentiva alle gambe suggerivano che la schiena non fosse spezzata, ma era una misera consolazione. Non era della sua salvezza che si preoccupava.
- Dove sei?- sussurrò.
Sembravano passate ore da quando aveva riacquisito consapevolezza di sé e aveva iniziato a cercare; probabilmente erano trascorsi solo pochi secondi.
Si trascinò accanto alla carcassa nauseabonda del loro assassino, strisciò sulle cervella ancora calde, le mani che affondavano in quel disgustoso miscuglio in cui si era trasformata la sabbia nera di Akuze. Non si curò del dolore o del disgusto o del pericolo di contrarre qualche strana malattia aliena … l’unica cosa importante era scoprire cosa fosse accaduto alla sola persona che avesse mai amato.
Infine i suoi sforzi vennero ripagati e, dall’oscurità che opprimeva quel pianeta senza stelle, una voce rispose ai disperati appelli.
Avrebbe corso se le gambe avessero retto, avrebbe pianto se gli occhi avessero avuto lacrime, avrebbe urlato se avesse avuto ancora voce.
Tutto ciò che poté fare fu strisciare. Centimetro dopo centimetro, uno mano dietro l’altra, sussurrando il suo nome, implorando tutte le divinità dell’universo di infondere alle sue braccia ancora un po’ di forza.
Non chiese salvezza, per nessuno dei due, non chiese un miracolo. Chiese solo di avere la forza di morire al fianco della persona che amava.
E la trovò quella forza, non nella mano benevola di un dio protesa nella sua direzione, ma in quella rabbia sorda che, da sempre, alimentava il suo cuore.
La prima cosa che vide fu una mano, abbandonata come un oggetto rotto e in disuso; il corpo era sepolto sotto un mucchio di sassi e detriti, il capo appoggiato su una roccia striata di sangue.
Prese quel viso adorato tra le mani, baciò le labbra livide e fredde, appoggiò le dita sul collo rigido alla ricerca di un sussulto di vita.
Flebile, come l’eco di una risata lontana, il suo cuore batteva ancora.
Le palpebre ebbero un tremito prima di sollevarsi leggermente, lasciando vedere occhi che la morte stava già trasfigurando.
Non dovette chiedersi quali ferite avesse riportato, né invocare l’arrivo di quei soccorsi che tardavano a raggiungerli. Non furono necessarie domande, non ebbe bisogno di risposte.
L’anima tanto amata aveva già pagato il dazio per essere trasportata dall’altra parte e salpava con Caronte per il mondo dei morti: non c’era tecnologia o medico, neppure magia, che potesse riportarla indietro.
- Toccava a me.- sussurrò accarezzando quel volto cui la morte stava restituendo l’innocenza perduta – Morire qui era il mio destino, non il tuo. Non puoi essere tu a morire: sei il comandante Shepard, la tua storia non può finire qui.-
Un rivolo di sangue gli colò lungo la guancia mentre gli occhi azzurri si alzavano a cercare i suoi, quello che vi lesse dentro la spiazzò: c’era pace negli occhi di Alexander Shepard. La pace dell’eterno riposo.
- In un’altra storia, in un’altra vita avremmo avuto entrambi un altro destino.- il capo scivolò lentamente di lato mentre la morte irrigidiva le sue labbra – Questa volta tocca a te, Sasha … è la tua storia, non la mia.- intravide il bianco dei suoi occhi mentre lottava per far uscire le parole, mentre si sforzava di vincere quell’ultima sfida contro il tempo - …vivi al posto mio, non …-
Il capo ricadde di lato, la bocca socchiusa tacque e gli occhi azzurri si spensero.
- Alex …- appoggiò la fronte sulla sua, si aggrappò a lui, pregandolo di portarla via con sé, di non lasciarla sola in un mondo in cui lui non c’era.
Ma Alexander Shepard non tornò indietro a prenderla per mano, non chiese a Caronte di trovare posto anche per lei su quel traghetto che univa la sponda dei vivi a quella dei morti. Eppure Sasha non si arrese, rimase aggrappata a lui, anche quando il cielo si riempì di luci e il rombo delle navette spezzò il silenzio dei morti.
I soldati giunti in soccorso la trovarono così, abbracciata al corpo senza vita del suo comandante. Si ribellò ai tentativi di portarla via, combatté contro chi tentò di allontanarla. I soldati indietreggiarono di fronte alla forza di quella donna spezzata, dissanguata, lacerata che ordinò loro di andare via perché non c’era più nessuno da salvare su quel pianeta.
Continuò a combattere, come una bestia selvatica e ferita a morte, finché un uomo non si fece largo tra gli altri. Non tentò di toccarla o di portarla via, si accucciò di fronte a lei, gli occhi malinconici sotto il berretto da ufficiale.
Le porse una pistola – Fai la tua scelta, figliola: ma sappi che qualunque essa sia non potrai tornare indietro.-
Lo guardò poi guardò Shepard infine guardò la pistola.
Sarebbe stata la via più semplice, la più breve, la meno dolorosa … la più vigliacca.
“ Che tu possa vivere per sempre.”
Era la degna figlia di suo padre, dopotutto.
Distolse lo sguardo dalla pistola e lo alzò sull’uomo chino davanti a lei – Mi porti via di qui.-
Lui annuì, rinfoderò la pistola e le sfiorò il viso con la punta della dita – Ce la farai?-
Si separò da Shepard, gli chiuse piano le palpebre e lo lasciò andare. Era il momento di farlo, non poteva seguirlo laddove stava andando.
- Sono una sopravvissuta.- rispose. Nessuna lacrima le bagnava il viso, nessun singhiozzo le squassava il petto: lei era davvero quello che diceva di essere. – Sopravvivrò anche a questo.-
 
 



 
 
Nota
 
Non sono diventata pazza (non più del solito), sono ancora in grado di intendere e di volere, e so bene che cosa ho scritto.
Maggiore chiarezza (forse) arriverà nei prossimi capitoli e, alla fine, se ce ne sarà bisogno, spiegherò la mia “filosofia” di ME che mi ha portata a questa scelta. Anche se un indizio in tal senso l’avevo già dato in un capitolo precedente. Per il momento posso solo dire che questo scenario era quello che avevo in mente fin dall’inizio. Questa non è la storia di Alexander Shepard.
Spero di non deludere nessuno.
Alla prossima!

P.s. Spero di passare indenne la censura, Shadow ;)

 

  
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