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Autore: ciccina_chan    09/03/2015    1 recensioni
AKANE: l'avevo giurato a me stessa, basta relazioni. Eppure con lui era stato impossibile fermarsi: come puoi opporti a un uragano d'estate?
RANMA: non conoscevo una ragazza decente. Lo giuro, non so perché, ho avevano problemi psicologici o idee strane. Ero una calamita per stranezze. Ma poi era arrivata lei, e mi aveva affascinato, conquistato, distrutto. Mi aveva ucciso, totalmente. La cosa più meravigliosa e disastrata della mia vita.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~RANMA

“Non mi posso fermare, non posso mollare”
-Coez

Non so come avevo fatto, ma ci ero riuscito.
Le avevo chiesto scusa, più o meno. Insomma, eravamo scesi a patti civili.
Dopo quel giorno iniziammo a salutarci con un sorriso assonnato ogni mattino. Quando sorrideva era bellissima: una piccola fossetta appariva sulla sua guancia destra, gli occhi si socchiudevano, mentre le ciglia le sfioravano le guance e le labbra si tendevano, rosee.
Durante il tragitto verso scuola parlavamo e
< Saotome! Ha capito la mia domanda? >
Ovviamente, perso nei miei pensieri, non stavo ascoltando la lezione e, quindi, ovviamente non avevo capito la domanda; perciò non risposi, aspettando la ripetizione
< Ah, cosa devo fare con te? Ho appena detto che, a causa di un progetto di quest’anno scolastico, ogni mese farò questa domanda a ogni studente. La domanda è: cos’è, per te, l’amore? >
Rimasi zitto, elaborando una risposta. Io non avevo mai provato l’amore inteso in quel senso. Per me l’amore erano le arti marziali, la mia passione, il ricordo di mia mamma che mi abbracciava, la foto nella quale lei e papà sorridevano felici, insieme. Non avevo mai trovato nessuno che mi facesse provare quell’amore.
< Quindi? > aveva richiesto, spazientito
< Io… quello che provo per la pizza > avevo risposto, aspettando la risata collettiva che non mancò ad arrivare. Sorrisi appena. Io non ero un sentimentale. Certi pensieri li avrei sempre tenuti per me.
Avevo lanciato un’occhiatina ad Akane, che aveva un minuscolo sorriso sulle labbra, mentre guardava fisso verso un punto indefinito. Sembrava quasi spaventata, da qualcosa che nessuno tranne lei poteva vedere.
Il professore era passato all’alunno successivo, ormai ritenendomi un caso perso, chiamando Akane.
< Signorina Tendo, e invece lei che ne pensa? >
Lei si era riscossa dai suoi pensieri e aveva detto mestamente < Sa, credo che l’amore sia un’utopia, un qualcosa che ci rende ciechi, sordi, egoisti, illusi >
Il professore era rimasto colpito dalle sue parole e l’aveva guardata, curioso < E mi dica, lei, a una così giovane età, come può essere convinta di questo? >
< Mi creda, ho le mie buone ragioni > e il suo tono freddo, il suo sguardo, accesero in me una spia luminosa, scintillante, che mi avrebbe portato a cercare di intromettermi in cose passate, che sarebbero dovute rimanere tali.
Inutile dire che tutti rimasero, se possibile, ancora più affascinati dalla “ragazza straniera”, che ora aveva anche un passato triste e misterioso, e notai dal suo sguardo che lei non pareva esserne contenta, affatto. E questo perché, come avrei capito poi, lei era timida, cristallina ma opaca, una ragazza semplice ma estremamente complessa, che odiava stare al centro dell’attenzione. O meglio, al centro dell’attenzione di tutti, non della mia.

All’intervallo l’avevo vista alzarsi e uscire dalla classe insieme a quell’altra ragazza.
Le avevo seguite, senza pensarci due volte. Ragazzo estremamente curioso, lo so.
< Scusate, posso unirmi a voi? > avevo quindi chiesto, raggiungendole
< Certo > aveva risposto Akane, facendomi segno di seguirla. Eravamo saliti sul terrazzo, sedendoci vicino alla ringhiera. La mora si era quindi voltata, guardando meravigliata il paese e i campi che si estendevano fino a dove l’occhio poteva vedere, mentre Sayuri si era seduta su un telo, aprendo la scatola del pranzo < Scusate mangiamo? Sto morendo di fame! > ci aveva richiamato, e solo in quel momento mi ero accorto di essere fermo, un paio di metri dalle due, le mani lungo i fianchi, perso. Da quando Ranma Saotome si distraeva?
< Oh sì, Akane, non è che mi cederesti una tua polpetta di riso? Insomma, devi mantenere la linea > avevo provato, sedendomi. Quelle polpette erano spettacolari
< Mmm > aveva mugugnato lei, sedendosi e addentandone una, guardandomi furba
< Ingorda >
< Oh ho dimenticato una cosa. Torno subito > aveva esclamato Sayuri, facendo l’occhiolino ad Akane e correndo verso le scale
Lei aveva sbuffato un “traditrice”, per poi distogliere lo sguardo oltre la ringhiera
< Senti Akane… > avevo iniziato, parlando molto lentamente. Lei si era voltata, la curiosità negli occhi
< Io… volevo chiederti… si, cosa ti è successo a Tokyo? >
L’avevo vista impallidire, rabbia e paura mescolarsi negli occhi < Niente che possa interessarti >
< Si invece > la mia curiosità pretendeva di essere soddisfatta
< Senti, finiscila, non impicciarti >
< Okay allora, dov’è tua madre? >
Lei non aveva risposto, ostinandosi a tenere lo sguardo verso il paesaggio
< Akane, Dio, non ti ho chiesto granché. Siamo amici, potresti dirmelo! > iniziavo a spazientirmi
< Un amico non me l’avrebbe chiesto > aveva solo risposto, alzandosi e facendo per andarsene. Mi ero alzato di scatto, prendendola per un polso
< Un’amica me l’avrebbe detto >
< Sono venuta in questa fottuta città per dimenticare, per lasciarmi tutto alle spalle! Quindi lasciami andare! > aveva urlato, guardandomi finalmente negli occhi.
Ero indietreggiato, colpito da quello sguardo. Era carico di terrore, puro e semplice, e di rabbia, tanta. Ero un praticante di arti marziali, percepivo i sentimenti, le sensazioni degli altri. Sentimenti che, in quel caso, dominavano la loro proprietaria.
Ero rimasto pietrificato, e anche lei era rimasta ferma un attimo, stupita da quello scoppio.
Ci eravamo guardati per un po’, e poi lei si era voltata, convinta di scendere da quelle scale.

Ma non ci riuscì.
Una cinesina le si era avventata contro, spingendola contro la ringhiera < Tu, non pelmettelti! Il mio Lanma! > aveva urlato, spingendola ancora per le spalle
< Levati > aveva solo detto Akane, cercando di contenersi
< E se non lo facessi? >
Shampoo stava giocando con il fuoco
< Ti avevo avvisata > aveva detto la ragazza, per poi mollarle un gancio destro.
Avevo sentito il gemito di Shampoo e la sua imprecazione.
< Ragazze smettetela! > avevo esclamato, per evitare che quelle due si facessero davvero del male
< E allora tienimela lontano! > Akane.
< Non ti intlomettele, ola ci penso io! > Shampoo.
La cinesina si era poi avventata sull’altra, un calcio sulla gamba.
Akane si era allontanata, una mano sulla coscia e passo zoppicante.
Ma come eravamo arrivati a una situazione simile in una frazione di secondo?
Mi ero posto in mezzo, per fermarle.
< Spostati > Akane aveva davvero un dizionario così limitato?
< No >
< Deve capirlo, deve lasciarmi stare >
< Non lo capirà >
< Glielo farò capire >
< No, andiamocene >
< Non vengo da nessuna parte con te >
< Bene >
Ero allora scattato verso di lei, afferrandola per la vita e caricandomela su una spalla.
Aveva iniziato a dimenarsi, battendomi i pugni sulla schiena, ma sapevo che non sarebbe riuscita a liberarsi.
< Ciao Shampoo > avevo solo detto, ignorando il suo sguardo.
Avevo attraversato i corridoi della scuola con Akane che urlava di lasciarla andare, mentre mi lanciava vari insulti. L’avevo ignorata ogni volta, determinato a portarla a far vedere quella gamba: avevo visto come zoppicava.
< Lasciami brutto idiota! > altre urla, altre occhiate, altra indifferenza.
< Saotome cosa sta? > il preside
< Sto portandola dal dottore e ora, mi scusi > ed ero sgusciato via sotto gli occhi sbigottiti di tutti.
Dopo quello lei si era fermata, magari accorgendosi che un dottore non le avrebbe fatto male e che dimenarsi era inutile.

< Dottor Tofu, buongiorno. Può controllarle la gamba? > avevo chiesto, lasciandola solo una volta entrati nello studio.
< Ranma, ragazzo mio! Ma certo, venite. E tu, chi sei mia cara? > il dottor Tofu era il medico di famiglia da quando ci eravamo stabiliti in città. Credo avesse ottenuto questo ruolo in virtù delle sue grandi conoscenze nel campo delle arti marziali, per la sua indiscrezione e per la perenne gentilezza.
< Io sono Akane… > la voce della ragazza si era ridotta a un sussurro mentre il dottore armeggiava con la sua caviglia.
< Piacere. Una distorsione, nulla di grave… già sei stata inghiottita dal ritmo dei Saotome eh? >
< Mi scusi? > mi aveva guardato, confusa. La ignorai.
< Ah capirai presto > rispose il dottore, alzandosi per prendere una benda.
Ma già lei non lo ascoltava più, persa nei suoi pensieri, che la strappavano dalla realtà.

 

  
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