The Last
Journey
“
[...] quando morirono, furono composti a Rath Dinen
insieme
con i grandi di Gondor.”
(J.
R. R. Tolkien)
Peregrino
si risvegliò qualche ora dopo, rannicchiato su se stesso nel
suo letto.
Strabuzzando
gli occhi annebbiati dal sonno, si rese conto di trovarsi nella
stanzetta sua e di Merry.
Aveva
appena avuto il più terribile degli incubi, di quelli
incredibilmente reali, che fanno svegliare di soprassalto e rimangono
impressi per molto tempo nella mente spazzando via tutto il resto.
La
testa gli doleva e gli bruciava come se fosse in fiamme, ma
cercò comunque di voltarsi di lato per volgere il sguardo
verso il letto di suo cugino, come ogni mattina. Normalmente, Merry
all’alba era ancora addormentato: faceva tardi spesso quando
andava ad osservare le stelle con Legolas. Ma stranamente il suo letto
ora era vuoto e composto.
D’improvviso
ricordò quel che successe qualche ora prima. Il sogno, o
meglio, quel che a lui pareva un sogno, era la realtà,
pura e semplice. Una nuova e impietosa e lancinante ondata di dolore lo
investì come una marea posseduta d’immane potenza
dilaniante, che lo conduceva verso un ostile, terrificante infinito,
sballottandolo malamente, senz’ordine, dove non esisteva una
destinazione ben definita.
Se
la morte di Diamante lo aveva pesantemente destabilizzato, quella di
Merry gli fu devastante.
Avvertì
un freddo intenso, tale da sentire l’esigenza di coprirsi
completamente; e nel calore quasi innaturale del suo giaciglio altre
mute ed inesorabili lacrime sgorgarono dalle palpebre abbassate.
Si
forzò di pensare ai momenti gioiosi, quando ancora la Guerra
non aveva toccato le loro vite, modificandole in quel modo. Sorrise
debolmente quando ricordò le loro scorribande per i campi
colmi di delizie, sfuggendo ad un giustamente inferocito Maggot; oppure
quando puntualmente si sfogava con lui illustrandole quanto Diamante,
all’epoca fidanzata, fosse intrattabile.
Non
c'era niente nella sua giovinezza e presunta maturità che
non fosse in qualche modo legato a Merry.
Ma
invece di consolarlo, quei ricordi sortirono l’effetto
opposto.
Altri
febbricitanti tremori freddi gli attraversarono il corpo, e per un
momento immaginò il caro Merry che si accorgeva del suo
malessere e lo abbracciava con quel senso paterno che lo rendeva
così amabile.
Rammentò
la notte nella grotta sulla strada per Minas Tirith, in cui ciascuno
espresse il desiderio di andarsene per primo. Merry era riuscito a
placare l’animo dell’altro anche se il suo non era
in condizioni migliori. Ma in cuor suo, Pipino non credeva che Merry
sarebbe stato così immaturo da dolersi nel suo stesso modo
se fosse stato al suo posto.
Chi
poteva dirlo se fosse questione di pienezza o no? Aveva una
così grande confusione in testa che non si sentiva in grado
neanche di formulare un frase, figurarsi intavolare quel tipo di
ragionamenti.
Ora
però Merry non c’era e mai sarebbe tornato,
morendo prima di lui; e per quanto provasse ad ingoiarlo,
c’era sempre quel groppo in gola che non si sarebbe mai
sciolto. A dirla tutta, si sentiva uno sciocco quando in quei sporadici
istanti pensava di restare solido; non poteva pretendere di andare
avanti quando sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta.
Si
sentiva come un bambino che si aggrappa alle vesti della madre, per poi
scoprire che quelli erano solo indumenti vuoti.
Avrebbe
tanto voluto fare ciò che Merry si era raccomandato. Ma non
vedeva altro che vacuità, e quelli che erano buoni propositi
erano come al di sotto di una luce nera, profonda come lo strato
più basso della terra. Aveva ragione: sarebbe stata davvero
una benedizione, se la morte avesse posto fine alle sue sofferenze.
Perché
più che accettare la morte di Merry, aveva concluso con
l’accettare la sua.
***
I
giardini ove risplendeva la candidezza del discendente di Nimloth non
erano mai stati così silenziosi. Nuvole bianche si
addensarono sulla Cittadella e, avvicinandosi, offrirono al Re di
Gondor l’illusione che si fondessero con le mura di Minas
Tirith: ma era un tocco morbido, calmo, portatore di quiete,
anziché di tempesta.
Arrivarono
cancellando il contrasto fra l’azzurro del cielo e i rami
carichi di tremuli fiori primaverili, facendolo quasi scomparire alla
vista.
L’Albero
Bianco di Gondor fu il primo che Merry si accinse a studiare, anni
prima: aveva rimirato la sua maestosità per diverso tempo,
rammentandolo quando il Re ritornato lo piantò nel cortile
accanto alla fontana. Allora era piccolo, e benché crescesse
rapido mettendo sui suoi rami fiori della più indicibile
bellezza, era lontano da quel che era diventato. Quell’Albero
rappresentava appieno la personale ascesa della Gemma Elfica,
sotto tutti i suoi aspetti.
La
piccola ombra di Peregrino si presentò nel cortile, e il
Mezzuomo sembrò stupefatto di trovarvi il Sovrano.
“Non
volevo disturbarti.” interloquì debolmente.
“Non
disturbi, amico.”
“Ero
venuto a vedere l’Albero Bianco.” Per
l’ultima volta, ma non lo disse. “Che bei giorni
erano quelli, in cui fu piantato dalle tue amorevoli mani.”
Aragorn
fece cenno allo Hobbit di accomodarsi al suo fianco, su una sporgenza
di roccia modellata per lo scopo; e quando Pipino eseguì, al
Re parve ancora più piccolo, pallido, smunto di quanto non
fosse. Ma anche più indifeso ed esposto, come se una
tremenda malattia l’avesse agguantato con mani tenaci.
Proprio
come stava accadendo a lui.
Per
quanto gli Hobbit fossero longevi, Meriadoc era già arrivato
ad un’età considerevolmente tarda, e Aragorn si
sentì uno sciocco per non averlo tenuto in conto. Era
così felice di averli ancora entrambi con sé che
in un recesso della sua mente credeva di poterli avere accanto fino
alla sua, di morte.
Ma
non era nella posizione di poter desiderare altro di quello che
già non possedeva; e la volontà di Eru
Ilúvatar andava rispettata. Ai suoi Figli, che fossero Primo
o Secondogeniti, non era dato pretendere di cambiarla, se non in casi
particolari. E cosa poteva lui chiedere di più di quanto
aveva già ricevuto, per se stesso e per Dama
Undòmiel?
Temette
di cadere nell’ennesimo errore degli antichi Re Numenoreani,
i quali desiderarono possedere l’immortalità degli
Eldar, ma ciò mai avvenne, mai con l’ingente
superbia dei suoi avi, e mai con scopi vanagloriosi.
Sentì
una tenerezza tale da cingere le sue piccole spalle, e nel momento in
cui Pipino si abbandonò a quell’abbraccio, questo
non fu più sufficiente e lo raccolse in braccio,
permettendogli di sedere sulle sue ginocchia.
“Non
hai mangiato da ieri...” disse Aragorn,
suscitandogli un gemito a quella parola, così innocua in
tempi diversi.
“Infatti,
è così.”
“Perché
non andiamo nelle cucine: provvederò di farti preparare
qualcosa.”
“Non
ho molta voglia di mangiare, scusami.” replicò
Pipino, con una punta mortificata. Non voleva proseguire oltre con quel
discorso. Se prima era fonte di interesse, ora il cibo era
l’ultimo dei suoi pensieri.
“Pipino,
non credo che ti farà bene questo digiuno.”
Sapeva
che non era facile, che non era in suo potere tentare di consolarlo
quando lui stesso era preda di quell’intensa amarezza, ma
Aragorn doveva provare a convincerlo, facendo leva sulla naturale
passione e debolezza degli Hobbit, per non perdere anche
lui.
“Ed
io non credo che mi gioverà granché il cibo, se
non posso condividerlo con mio cugino.”
“Merry
non avrebbe voluto che ti abbattessi in questo modo.”
“Merry
mi ha raccomandato di essere forte e di superare tutto questo. Ma non
posso mantenere la promessa. L’uno non può stare
senza l’altro, non c’è Pipino senza
Merry.” mormorò il suo nome riempiendo le guance
di un sorriso perso, rivolto all’orizzonte.
“Perfino lui lo ha compreso prima di morire. Cerca di capirmi
anche tu, Aragorn. Non mi ha mai interessato granché dove mi
trovassi; l’essenziale per me è sempre stato stare
con lui, in qualunque circostanza. L’ho sempre seguito, ed
ora non farà differenza. Certo, ognuno ha dovuto assumersi
le proprie responsabilità, ma il sapersi entrambi vivi e
vegeti riempiva la distanza. Adesso però, non ho mai sentito
lontananza più grande di questa.”
Il
Re pianse, guardando a quelle parole come una condanna per se stesso;
ed il Mezzuomo gli carezzò delicatamente la barba bianca,
inducendolo a smettere, che non ce n’era bisogno.
Si
frugò nei vestiti, per poi rigirarsi fra le mani un oggetto
che Aragorn non riconobbe se non la fattura tipicamente elfica: la
pietra di Lothìriel, scintillante contro il sole coperto da
nubi.
“C’è
una cosa che vorrei tu accettassi, Re Elessar.” La sua
piccola mano cercò quella di Aragorn, e gliela
consegnò, senza preoccuparsi di separarla dalla catenina.
“Questa è la pietra che mi diede in dono Dama
Lothìriel, la consorte di Sire Éomer, appartenuta
da tempo immemore alla sua famiglia di Dol Amroth.” disse.
“Decisi di portarla con me nella tomba, ma voglio regalarla a
te. Considerala come ulteriore segno della nostra amicizia,
dell’amicizia di tutta la Compagnia, come le foglie di
Lórien di Dama Galadriel.” Sorrise, ricordando la
bellissima Signora dei Galadhrim, salpata decenni addietro dai Porti
Grigi con Frodo e Gandalf.
Tutte
quelle parole sapevano di ultimo addio, alle
orecchie del re di Gondor, e quel dono così inconsueto da
uno Hobbit parlava da sé in modo fin troppo eloquente. Per
quanto si ostinasse, non avrebbe convinto Pipino a restare. Il dolore
nella sua voce mansueta era di quelli che non avrebbero mai trovato
posa.
Non
insistette oltre, chinando il capo e piangendo silenziosamente. Lo
strinse a sé in un’ultima, tacita, amorosa
caparbietà, sussurrandogli poche parole di commiato.
“Che
scenda su di te la benedizione di tutte le genti della Terra di Mezzo,
Messere, che tu ed i tuoi congiunti avete salvato.”
“Grazie,
Aragorn.”
***
Cari
Messere Wilcome Brandibuck e Messere Faramir Tuc,
Vi
prego di non meravigliarvi se il Re di Gondor vi scrive di suo stesso
pugno.
Perché
anche se lontani, molta e forte è l’amicizia che
ci lega. Ancor più profondo è l’amore
che i vostri padri Messere Peregrino Tuc, il Conte, e suo cugino
Meriadoc Brandibuck, Signore della Terra di Buck detto “il
Magnifico” provavano per le loro rispettive famiglie.
Mi
rincresce enormemente darvi notizia della loro morte, tanto
più al pensiero di averle dovute affrontare entrambe
soltanto nell’arco di qualche giorno. Appena tre sono passati
dalla morte di Meriadoc dacché Messere Peregrino lo ha
raggiunto, il suo amico migliore e più caro parente, e prego
i Valar che io non abbia a soffrire troppo per questi gravi lutti che
opprimono il mio animo.
Benché
angustiato, il mio cuore si riempie di serenità al
rammentare il loro imperituro luogo di riposo, poiché essi
hanno ricevuto sepolture degne dei più grandi uomini di
Gondor, fondata dai più grandi dell’oramai caduta
Nùmenor, a Rath Dinen, quinto livello della Città
Bianca, laddove riposano i nostri antenati più valorosi.
Ma
al di là del loro essenziale contributo alla pace di cui sta
godendo la nostra bella Terra di Mezzo, essi hanno rappresentato per me
quanto di più bello, di più spensierato, di
più puro ed ingenuo c’è ancora in
questo mondo.
Conservo
sempre con me il ricordo che Pipino volle affidarmi affinché
mi ricordassi di loro, una gemma originaria di Dol Amroth, dono di
Rohan, e le parole di Meriadoc che
mi concesse mentre tentavo di curarlo, nella penombra della sua stanza.
Disse
che niente di tutto quello che era diventato sarebbe stato possibile
senza noi membri della Compagnia dell’Anello. Ed io
risponderei che neanche io sarei Re di Gondor se non ci fossero stati
loro ad offrirmi il loro disinteressato supporto.
Sarò
al loro fianco, quando il mio momento giungerà, e lo
rimarrò finché ed oltre il mondo degli uomini
avvizzirà, e cadrà definitivamente
nell’ombra.
Vi
porgo la mia benedizione su voi ed i vostri discendenti.
Che
la vostra dolce Contea possa prosperare per tutte le ere a venire.
Con
il mio più sentito affetto e più immensa
gratitudine,
Aragorn,
Re di Gondor, e vostro amico.
NDA
Ed
eccoci alla fine! ^o^
Vi
lascerei qui, ma voglio condividere con chi mi legge il percorso che ho
intrapreso con questa ff (se non volete tediarvi ulteriormente, vi
consiglio di chiudere qui la lettura xD).
Ho
sempre considerato queste storie molto difficili da trattare ma
finché si trattava di one-shot la cosa mi riusciva, seppur
con qualche ostacolo di sorta. Imbarcarmi in un’avventura
long qui per me ha significato molto, specie perché ho letto
LotR, Lo Hobbit, il Silmarillion e Racconti Incompiuti in tempi
relativamente recenti (in tutti questi... quanti? tredici anni?! mi
sono attaccata soltanto ai film, come una cozza), quindi credevo che mi
sarei seriamente bloccata, e con bloccata non
intendo gli intervalli di un mese che solitamente mi prendevo (a
proposito, chiedo scusa ma quando non c’è
ispirazione o non sono sicura sono cavoli! xD), ma che la considerassi
troppo per me, finendo con il cancellarla (qualcuno di voi sa che ho
queste idee malsane di cancellare le mie ff da una vita! xD).
Ancor
più difficoltosi sono stati il tema ed i personaggi
principali. Più che la scelta di affrontare determinate
tematiche, premeva in me il desiderio di trattare dell’ultimo
viaggio di Merry e Pipino, un desiderio perlopiù fine a se
stesso, perciò inizialmente avevo un’idea molto
vaga di come avrei maneggiato gli addii, le perdite e
quant’altro. Al contrario, avevo un’idea abbastanza
precisa di come si sarebbero svolti i fatti. Tutto merito di Tolkien e
delle sue Appendici! *^*
Solo
basandomi sulle parole che ci ha lasciato è stata possibile
questa piccola creazione e, per l’appunto, per sottolineare
questo alla stragrande maggioranza dei capitoli ho aggiunto le sue
citazioni.
Fin
dall’inizio vi ho espresso le mie difficoltà
nell’introdurre Meriadoc. Mamma, quante grane mi ha dato!
^-^’
A
differenza degli altri, nasconde in sé
quell’agglomerato di “hobbitudine”
(Benni, ti rubo un attimo il termine xD), di umiltà, di
saggezza e di conoscenza difficili da conciliare. Devo dire che ho
avuto la possibilità di “conoscerlo”
meglio (ovviamente, secondo la versione e l’idea mia propria
che mi sono fatta di lui) e di apprezzarne soprattutto la
curiosità (quella moderata, quella che si può
soddisfare solo attraverso gli studi o semplicemente guardandosi
attorno e riflettere).
Ma
più di tutto, ciò che mi ha colpito è
stato il senso di responsabilità verso Pip, questo
fratellino da proteggere, anche se anziano. :)
Ok,
vedo di finirla presto, altrimenti ci addormentiamo tutti assieme! xD
Spero
solo che a voi sia piaciuta, e che abbia fatto tutto sommato un buon
lavoro.
Voglio
nominare chi mi ha seguita: Betely, evelyn80, ewan91, fay90, fede95,
Freia89, Laylath, leila91, Malika, MirzamLupin, the little strange elf;
preferita:
leila91, nce, Yami sama;
e
recensita finora: Laylath, leila91, the little strange elf, evelyn80,
ewan91, CerseitheChaos, _Son Hikaru e Moriel91!
Non
credevo che sareste stati così entusiasti di questa ff! :D
Ovviamente,
un sentito ringraziamento va anche ai lettori silenziosi: la storia ha
ricevuto un sacco di visite e questo mi fa molto piacere! :)
Sì,
insomma...
Grazie
dande a duddi!