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Autore: 1rebeccam    09/03/2015    13 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 65
 
 
La neve era sparita ormai da qualche giorno, ma quella parte del parco era ancora ricoperta di nevischio fangoso.
Era stato difficoltoso sollevare la muraglia di fronde bagnate che nascondeva il passaggio segreto e il sentiero si presentava umido e scivoloso. Sapevano che non avrebbero rivisto il cielo se non arrivando a destinazione, quindi andavano abbastanza veloci, o meglio, era lei che andava veloce, mentre lui si lasciava trascinare a passo pesante.
La boscaglia non era tanto fitta da impedire alla pioggia di continuare a bagnarli, abbastanza però, da non lasciare entrare altro che buio. L’unica luce era quella delle loro torce che saltellava in mezzo al nero infinito e ai rami che scendevano giù dal nulla e l’insieme faceva tanto “Il mistero della strega di Blair.”
Sorride, intravedendo la sua figura di spalle, imbacuccata in una delle sue incerate, sotto la quale nasconde un suo maglione caldo ed enorme e il suo giubbotto da neve. Non sembra nemmeno lei con quella roba parecchie misure più grandi, che la obbliga a ciondolare di qua e di là, con un andamento davvero buffo, mentre lo tiene stretto per mano, trascinandoselo dietro senza nemmeno voltarsi, puntando la torcia in terra per capire dove mettere i piedi.
In macchina non aveva mostrato divertimento per quella gita notturna, che invece lo eccitava. Si era limitato a fingere di sonnecchiare e sbuffare per il freddo. Voleva portare a termine la sua recita da pover uomo ancora convalescente, costretto al freddo e al gelo per una cosa razionalmente insensata, visto che negli ultimi giorni non era riuscito a scovare niente di ancora razionale nel comportamento di Kate e guardarla andare avanti verso la meta, imperterrita e sicura, lo riempie di gioia e di orgoglio, perché questo cambiamento repentino è tutto per lui.
Lei si diverte mai? Si lascia mai andare? Si toglie la camicetta, tipo poliziotte scatenate?
Mentre la segue, trova difficile ripensare alla Beckett di allora. Non perché si attenesse sempre alle regole o volesse sembrare seria ad ogni costo, ma perché, mai e poi mai si sarebbe fatta prendere dall’euforia per un posto definito magico da un matto patentato come era lui, tanto da andarci in piena notte, sotto la pioggia, per cercare di vedere un cuore sospeso nel cielo.
Ne è passato di tempo da allora.
Ci sono stati sorrisi, sguardi, centinaia di caffè, pericoli, piccole gioie, grandi dolori. Attimo dopo attimo si sono avvicinati, conosciuti, innamorati, amati… e la situazione si è semplicemente capovolta.
Proprio la ragazza che non si toglieva mai la camicetta lo aveva rimproverato, stupita dalla sua riluttanza ad uscire di casa ad una temperatura parecchi gradi sotto lo zero per fare una cosa irrazionale, come trovare la risposta ad una sua curiosità insensata, fatta in un momento di poca lucidità.
Il suo sorriso sparisce di colpo e abbassa lo sguardo verso la terra. Le erbacce scricchiolano sotto i loro piedi e nonostante il rumore sia appena percettibile, è come se ogni scricchiolio gli ferisca il cuore.
Quando Kate gli aveva detto che voleva andare al parco ed era corsa in camera a vestirsi, lui era rimasto nel salone. Il rumore dell’acqua che scendeva nella doccia si confondeva con quello della pioggia e all’improvviso aveva ricordato quella sera, quella richiesta…
Chissà… se il cuore si nasconde dietro le nuvole?! Devi portarmi lassù a cercare il cuore anche in mezzo alla pioggia… comunque vadano le cose!
Aveva deglutito, guardando fuori dalla finestra. Il cielo era scuro e i suoi occhi si erano posati ancora lontano, oltre le luci della città, dove il buio sembrava inghiottire qualunque cosa al di là dei confini della Grande Mela.
Gli era tornato in mente quando si sentiva distrutto dal dolore e consumato dalla paura.
L’auto di Espo sfrecciava sul ponte, la pioggerellina fitta s’infrangeva sui vetri, le mani di Kate fredde come il ghiaccio, così come il suo cuore, mentre lo stringeva a sé e gli accarezzava il viso.
Dovrai andarci anche senza di me… dovrai sorridere per farmi sorridere… dovrai guardare il mondo per farlo vedere a me… dovrai cercare sempre la magia per farla vivere anche a me!
La sua non era stata una richiesta insensata in un momento di poca lucidità. Sapeva esattamente, mentre si stringeva a lei e sentiva il battito veloce del suo cuore, cosa le stava chiedendo. E allo stesso modo ricordava lucidamente la sua voce atona e tagliente, pronunciare una risposta che lo aveva  spaventato ancora più del dolore.
Non riesci nemmeno a capire quanto sia stupido quello che hai detto!
Gli era tornata in corpo la sensazione di vuoto provata nel silenzio che era seguito fino all’arrivo in ospedale, come se una voragine l’avesse diviso improvvisamente da lei.
Capiva benissimo cos’aveva provato, sapeva perfettamente che in quel preciso istante lo aveva odiato e, lucidamente, era consapevole che farle promettere di continuare a sorridere anche senza di lui, era stato solo un desiderio egoista, perché non riusciva a sopportare di lasciarla nella disperazione, nel buio che le prospettava Dunn, in quel limbo in cui l’aveva conosciuta anni prima.
Aveva sospirato pesantemente, scuotendo la testa attirato dal suo riflesso sbiadito sul vetro della finestra, ringraziando il cielo che il veleno fosse stato destinato a lui e non a lei.
Lui non sarebbe riuscito a reggere, lui non aveva il suo grande coraggio, lui non era forte abbastanza, lui l’avrebbe odiata allo stesso modo, se solo gli avesse chiesto di continuare a sorridere senza di lei.
Aveva sentito ancora dolore nelle viscere, tanto da digrignare la mascella e, tra le goccioline di pioggia che battevano sul vetro come piccole pietre preziose, aveva intravisto nei suoi stessi occhi, altre goccioline traballanti che esitavano a scendere lungo il viso.
Non riusciva a immaginare il suo piccolo mondo senza Kate Beckett.
Si era passato le mani sul viso un paio di volte, lasciandole andare anche sui capelli, strofinandosi poi le braccia per scaldarsi dal brivido che lo aveva colto e si era girato a guardare verso il suo studio.
La pioggia e i ricordi lo avevano distratto e non aveva notato che l’acqua in bagno non rumoreggiava più, non aveva sentito Kate tornare in camera, ma l’aveva sentita borbottare qualcosa di incomprensibile verso ignoti.
Aveva guardato ancora una volta verso il buio nascosto all’orizzonte e si era deciso a raggiungerla, anche se era rimasto sulla porta, appoggiato allo stipite con le braccia incrociate al petto, la testa inclinata e un sorriso spontaneo che nasceva ogni volta che posava gli occhi su quel corpo che non smetteva di venerare.
-Sei ancora così? Faremo tardi!-
Lo aveva rimproverato lei, senza girarsi, mentre era intenta a cercare qualcosa dentro l’armadio.
-Beh, reggiseno e mutandine… direi che nemmeno tu sei proprio vestita!-
Si era girata con lo sguardo accigliato.
-Non ho niente da mettermi, i maglioni e le giacche pesanti li ho a casa mia.-
-Fantastico. Potremmo starcene a casuccia e sperare di vedere l’alba dal nostro bel lettone.-
Lui aveva preso la palla al balzo sorridendo sornione, ma lei lo aveva spento sventolando una mano per aria con sufficienza, come aveva imparato a fare dalla grande Martha Rodgers.
-Non ci provare Castle. Metterò qualcosa di tuo, tanto chi vuoi che ci veda a quest’ora al parco?-
Proprio quello che dico io. Chi mai potrebbe essere tanto pazzo da andare al parco alle cinque del mattino e con questo freddo?!
Naturalmente se lo era chiesto solo nella sua mente, a quel punto sarebbe stata una missione suicida infastidire ancora Beckett, che nel frattempo si era impadronita del suo maglione a collo alto più pesante, trovato rovistando tra i suoi cassetti.
Era rimasto a guardarla mentre lo indossava con movimenti lenti, chiedendosi come facesse ad essere sexy anche mentre aveva ancora la testa incastrata dentro il maglione e cercava di districarsi tra le maniche troppo lunghe.
Quando era riemersa dalla massa di lana morbida si era guardata allo specchio ed era scoppiata a ridere. Aveva arrotolato un po’ le maniche per potere usare ancora le mani e si era girata verso di lui allargando le braccia.
-Sono carina?-
Lui continuava a guardarla estasiato, non perché fino a poco prima fosse nuda e si muoveva con naturalezza per cercare qualcosa di caldo da mettersi, abbassandosi dentro l’armadio e ancheggiando davanti allo specchio. La loro intimità era diventata naturale fin dalla prima volta che avevano fatto l’amore, in quella notte in cui i rombi dei tuoni si accavallano ai loro gemiti e i lampi che filtravano dalla finestra illuminavano i loro sguardi che si studiavano vicendevolmente. Forse era solo un pensiero romantico, ma era fermamente convinto che stare vicini per anni, giorno dopo giorno, senza mai sfiorarsi, tranne che con gli sguardi e i sorrisi, li aveva resi intimi nell’anima, ancora prima che nel corpo e, quando si erano ritrovati stretti e abbracciati, era stato naturale come se fossero sempre stati l’uno il prolungamento della pelle dell’altra. Guardarla girare nuda per la camera era come guardare un sogno che alla fine era diventato concreto nelle sue mani.
Ma in quel momento non era quello che lo emozionava.
Era vedere il suo viso sereno. Era guardare le sue labbra piegate in un sorriso permanente senza che nemmeno se ne rendesse conto. Era quella leggerezza che traspariva da ogni suo movimento. Era vederla rovistare tra le sue cose, nei suoi cassetti come fossero una sua proprietà. Era sapere che stavano per fare una cosa abbastanza stupida come due ragazzini che scappano di casa in piena notte, ed era stata lei a proporlo, a deciderlo, ad ordinarlo.
Era sentirla felice di essere insieme a lui.
Si era riscosso di colpo quando le si era parata davanti, vestita da capo a piedi, con lo sguardo torvo e il piede che batteva minaccioso sul pavimento. Aveva finto di non capire, per continuare la sua recita di uomo scocciato da questa gita notturna, ma lei lo aveva fulminato senza nemmeno aprire bocca, così, dopo aver sollevato le braccia per difendersi e sbuffato sonoramente, aveva annuito e si era premurato di vestirsi in fretta.
Prima di uscire avevano tirato fuori i completi da sci di Rick in modo che lei potesse rubargli anche il piumino da neve e, quando erano arrivati al parco, aveva indossato pure l’incerata per cercare di bagnarsi il meno possibile, mettendosi sulle spalle anche uno zaino con dentro una coperta e un thermos di caffè caldo.
Il risultato era che, guardandola di spalle mentre lo trascinava correndo per il sentiero segreto, sembrava una specie di omino della Michelin, incappucciato dentro un’incerata di colore giallo fosforescente e invece di vedere il lato comico della situazione, pensava fosse tutto molto romantico, perché era una situazione tanto non da Beckett.
Perso nei suoi pensieri, non si accorge che sono arrivati a destinazione. Il sentiero è finito e la muraglia di fronde che nasconde l’uscita, si staglia davanti a loro. Enorme, bagnata e pungente. Lui sbuffa di nuovo per rimarcare la sua ritrosia ad essere lì in quel momento. Sollevare quella tenda di rami fradici significa inzupparsi ancora e infreddolirsi di più, lei si gira di poco e gli punta la torcia in faccia, facendolo spostare di colpo per proteggersi dalla luce, riuscendo però a notare comunque il suo sguardo accigliato.
-Si può sapere che fine ha fatto il tuo spirito di avventura stile Indiana Jones?-
-E’ rimasto a casa, al calduccio sotto le coperte!-
Esclama scocciato, allargando le braccia, lasciandole andare subito dopo lungo le gambe, mentre lei si rabbuia in viso.
-Volevo solo onorare una promessa!-
Sussurra con la fronte corrucciata, abbassando la torcia per puntarla sulle fronde. Solo in quel momento, Rick si accorge della sua espressione delusa. La rughetta sulla fronte ben marcata, nonostante il buio, lo fa sciogliere.
Le mette la mano sul viso e la costringe a guardarlo. Il guanto imbottito le ricopre l’intera guancia e lui si abbassa di poco sorridendole.
-Stavo solo scherzando, Kate. Non m’importa niente del freddo e della pioggia. Sono eccitato come un bambino per questa tua idea di correre qui senza nemmeno pensarci.-
Lei lo guarda seria, senza rispondere e lui la stringe a sé, ridendo.
-E’ tutto così da me e non da te…-
Si allontana da lei, puntandola con la torcia dalla testa ai piedi, mimando la rotondità che le disegnano addosso gli abiti pesanti ed enormi.
-…e tu sei cosi adorabilmente morbidosa con i miei vestiti addosso!-
Scoppiano a ridere e lei gli butta le braccia al collo. Quando lo lascia andare, lo guarda sorridendo, puntando la torcia ancora sul muro di fronde.
-Sei pronto ad infradiciarti ancora?-
-Con te? Sempre!-
Kate gli sorride. Raggiante. Come gli aveva sorriso qualche ora prima mentre gli raccontava del piccolo Rick. Come il sorriso che gli aveva riservato a letto, quando si era lasciata andare tra le sue braccia. Come il sorriso che gli aveva bloccato il respiro quando gli aveva detto che il suo cuore faceva tanto rumore.
Da quando stavano insieme, aveva cambiato molti dei suoi modi di fare, certo aveva ancora dei dubbi e si faceva prendere dai suoi pensieri complicati, ma era una parte affascinante di lei che non avrebbe cambiato per niente al mondo.
Il suo essere complicata la rendeva perfetta.
Nonostante questo, non era abituato a quella felicità che le veniva dall’anima.
Sente le sue labbra sulla pelle, il calore di quel bacio sulla guancia lo sorprende ancora una volta perso nei suoi sogni più improbabili. Le sorride, facendole segno di puntare la torcia sulle fronde che si accinge a spostare. Le sterpaglie bagnate scricchiolano tra le sue mani mentre le tira a forza e finalmente il portale magico si apre sul mondo incantato.
Per la terza volta si ritrovano lassù insieme e, per la terza volta, restano senza fiato davanti ad un paesaggio del tutto nuovo.
L’immensità che sapevano essere davanti a loro, è coperta da una coltre di nuvole che rende opaco e grigio anche lo splendore dell’Hudson. Delle isole non c’è traccia, come se una mano birichina le avesse cancellate dall’acquarello con un colpo di gomma magica. Tutto è ricoperto dalla tipica nebbiolina mattutina che sfuma dal nero al grigio sbiadito, eppure in lontananza, s’intravedono comunque le luci dei porticcioli e dei viali del parco, in mezzo alla foschia che sfoga la sua malinconia con sbuffi di fumo. Luci sbiadite, che disegnano una nuvola dai tanti colori e dai contorni smorzati, che cambia sfumatura di continuo, mentre il cielo cerca, disturbato dalla pioggia leggera ma insistente, di cambiare colore per dare il bentornato all’alba.
Dopo qualche attimo di silenzio, rapiti da una magia diversa dal solito, mentre le goccioline di pioggia rimbalzano sui cappucci che riparano le loro teste, Rick le prende la mano e lei si gira di colpo a guardarlo, sollevando le spalle.
-Era logico che non si vedesse molto.-
Si morde il labbro divertita, confermando la consapevolezza che correre lassù è stata proprio una pazzia e sposta la torcia verso il masso su cui Rick, da bambino, aveva inciso una croce per ricordare il punto preciso da cui poteva scorgere il cuore  sospeso nel cielo. Si siedono sul masso uno accanto all’altra, sempre imbacuccati, mentre il bordo dei cappucci gocciola, bagnando loro il viso. Guardano attentamente davanti a loro, sapendo già che il cuore non si sarebbe fatto trovare.
-Stavo proprio male quella sera… che domanda stupida che mi sono posto. Se il cielo è nuvoloso come si può vedere qualcosa!-
Esclama lui, mettendole un braccio intorno alle spalle e stringendola a sé. Lei appoggia la testa sulla sua spalla e annuisce.
-E non accenna nemmeno ad albeggiare. Peccato!-
-Beh, siamo qui, insieme… bagnati fradici, gelati. E’ romantico!-
Le sussurra all’orecchio, facendola ridere.
-E siamo comunque a due passi dal cielo…-
Risponde lei sollevando lo sguardo.
-…dove tutto diventa possibile!-
Rick annuisce, stringendola ancora più forte e quando lei alza la testa verso il cielo e la vede sorridere ancora, segue il suo sguardo, rendendosi conto che non piove più.
-Vedi? Ci ha dato comunque il benvenuto.-
Le dice contento, baciandola sulla fronte bagnata. Si tolgono i cappucci, muovendo le braccia per scrollarsi da dosso un po’ di acqua, rabbrividiscono mentre si abbracciano e scoppiano a ridere.
-Rischiamo l’assideramento sul serio Castle.-
Lui scuote la testa, le prende lo zaino dalle spalle, tira fuori la coperta e si accucciano stretti, scaldandosi con un ennesimo bacio.
-Caffè?-
Propone lui con un altro bacino a fior di labbra. Versa il caffè senza smettere di guardarla, sono divisi solo dal filo di fumo che sprigiona il calore dalle tazze. Si baciano assaporando il profumo senza decidersi a bere, restando a guardarsi ancora qualche secondo.
-A noi!-
Sussurra Rick, sollevando la tazza, mentre lei fa altrettanto con la sua, facendole tintinnare.
-A noi!-
Lo bacia prima di bere un sorso di caffè, restando stretta a lui per guardare lontano, godendosi il calore di quel liquido scuro che li accompagna da sempre, poi Rick poggia la tazza sul masso e corruccia la fronte.
-Prima hai detto che volevi onorare una promessa, ma tu non mi hai mai promesso nulla.-
-E sono stata pessima.-
Kate finisce il suo caffè senza scostarsi da lui.
-Ero spaventato e dolorante, hai fatto bene a non dare retta a quello che dicevo.-
Anche lei posa la tazza sul masso, chinando lo sguardo.
-Eri preoccupato per me, ed io non sono riuscita a tranquillizzarti.-
La sua voce è incrinata. Rick cerca di scostarsi per guardarla in viso, ma Kate gli prende la mano scuotendo la testa, impedendogli di muoversi.
-Quando abbiamo finto la tua morte e Ben mi ha buttata fuori dalla tua camera, sbattendomi la porta in faccia…-
Chiude gli occhi scuotendo ancora la testa.
-…sapevo che era una finta, eppure mi si è bloccato il respiro. Mi si sono bloccati tutti i sensi, non riuscivo a sentire niente intorno e vedevo tutto come a rallentatore. Ero immobile a guardare la porta chiusa e non so perché, ho rivisto attimi della mia vita… mi sono passati davanti gli ultimi cinque anni e in ogni ricordo, bello o brutto, tu eri lì, accanto a me, logorroico o completamente silenzioso e quelle poche volte in cui non ci sei stato è perchè…-
Solleva lo sguardo su di lui, mentre il cielo sembra schiarire all’orizzonte in un tenue grigio perla, grazie ad un raggio sbiadito che cerca di vincere le nuvole, anche se con poco successo.
-…è perché sono stata io ad allontanarmi!-
Lui sospira, accentuando lo sbuffo di fumo che producono i loro respiri per colpa del freddo, ma lei gli mette le dita sulle labbra, fermandolo ancora una volta.
-In quel momento ho avuto la certezza che eri parte di me da sempre e che era inutile fingere che non fosse vero. Quella porta chiusa è stata un pugno nello stomaco, perché ho realizzato che stava succedendo davvero. Il pensiero di non averti più accanto, mi ha annientato per un momento.-
Gli accarezza il viso, mentre gli occhi di entrambi luccicano nel primo chiarore dell’alba che sta prendendo il sopravvento.
-Poi ho rivisto il tuo sorriso, ho sentito la tua voce. Ci hai messo tutto te stesso per farmi credere in una vita diversa, nell’esistenza di una felicità che mi meritavo… ho sentito l’eco della mia voce risponderti tagliente, ed è stato come se ti avessi tradito!-
-Kate…-
Cerca di dire lui, ma lei scuote ancora la testa continuando a parlare imperterrita.
-In quel momento ho promesso… ho promesso che ti avrei portato qui. Qualunque cosa fosse successa, sarei tornata in questo posto, con te al mio fianco…-
Abbassa lo sguardo e anche il tono di voce.
-…o nel mio cuore!-
Lui le stringe la mano d’istinto e lei si gira a guardarlo con le lacrime agli occhi, ma sempre sorridente.
-Sei qui… accanto a me… e ti amo!-
Lo bacia sorridendo sulle sue labbra, si accoccola a lui e lo sente deglutire. Immagina i suoi occhi lucidi, ma non solleva lo sguardo.
-La promessa è valida per sempre Castle, ma devi promettere anche tu!-
Sussurra, aspettandosi il suo viso confuso. Lo guarda accarezzandolo e sospira.
-Sono un poliziotto, può succedermi qualunque cosa in qualsiasi momento…-
Solo allora Rick capisce cosa sta per dire, digrigna la mascella e distoglie lo sguardo, ma lei lo costringe a guardarla.
-E’ una richiesta insensata quando sono gli altri a farla, non è vero?-
Lui abbassa ancora gli occhi senza rispondere e lei inclina la testa.
-Non sopporterei di non vedere più il tuo sorriso e l’azzurro splendente dei tuoi occhi e se mi ami come io amo te…-
-Kate ti prego…-
Lui scuote la testa, ma lei non molla.
-No Castle. Promettimelo. Qualunque cosa accada da adesso in avanti…-
E’ costretto a guardarla negli occhi, sembra così serena mentre pronuncia quelle parole che a lui invece fanno sanguinare il cuore. Sposta lo sguardo verso l’orizzonte, le nuvole non si sono spostate di un millimetro, ma non sono più scure e pesanti di pioggia. Sono chiare e attraversate da un paio di raggi di sole che puntano un leggero luccichio sul fiume.
Annuisce stringendo le labbra e torna a guardarla.
-Hai ragione. E’ difficile quando lo chiedono gli altri, però… però ti prometto che tornerò sempre qui, con te… comunque!-
A discapito delle nuvole e della pioggia, l’alba comincia ad illuminare i loro visi mentre si baciano con dolcezza e Kate sorride baciandogli la punta del naso.
-Stavo pensando che tra un paio di settimane è il tuo compleanno.-
Sussurra sulle sue labbra, mentre lui solleva le spalle.
-Già… divento grande! Vuoi portarmi al lunapark? Perché sarebbe un regalo gradito.-
Lei lo bacia di nuovo e scuote la testa.
-No, per niente. Ho un’altra idea. Ho deciso che ti regalerò tutto il comò.-
Rick si scosta di colpo per riuscire a guardarla negli occhi e gli si apre un enorme sorriso sulle labbra.
-Tutto? Proprio tutto, tutto? Intero?-
Lei annuisce divertita dalla sua espressione.
-Tutto tutto… giuro.-
-Wow! Questo si che è un regalo grandioso.-
-Felice che approvi, anche perché ti serviranno un bel po’ di cassetti per mettere la tua roba, quando mi farai ancora spazio nel tuo armadio.-
Lui corruccia la fronte, guardandola confuso e lei solleva le spalle.
-Ho tanta roba anche io, sai? Mi servirà almeno un altro quarto del tuo armadio quando porterò tutto da te, quindi a te serve il mio comò, anche se lo stile non si abbina perfettamente ai tuoi mobili… alla fine è un regalo e i regali vanno sempre accettati così come sono.-
Rick si allontana da lei spalancando gli occhi, gesticolando.
-Aspetta un momento. Io non voglio il tuo comò a casa mia. Voglio il tuo comò a casa tua!-
-Che differenza fa, scusa? Sarebbe tuo comunque!-
Lui scuote la testa energicamente.
-No, non è la stessa cosa. L’importanza del regalo sta nel fatto che il comò diventa mio a casa tua. Se fosse mio a casa mia, non avrebbe senso!-
Lei solleva un sopracciglio per cercare di districarsi in quello scioglilingua comprensibile solo dai suoi neuroni, ma lui si blocca d’improvviso, corrucciando la fronte.
-Hai detto che vuoi portare tutta la tua roba a casa mia?-
Il suo tono di voce si affievolisce fino a che non diventa un sussurro e lei abbassa lo sguardo sorridendo.
-E’ un po’ stupido avere due spazzolini da denti, due accappatoi, non ricordarmi mai dove ho lasciato la camicia bianca o i pantaloni neri… e poi guardami, sembro una befana conciata così, solo perché non avevo niente di appropriato da mettermi.-
Si morde il labbro e cerca di capire i suoi pensieri guardandolo fisso negli occhi.
-Ci ho pensato tanto in questi giorni. Praticamente bivacco a casa tua, usando la mia solo per i cambi d’abito.-
Si rende conto che lui trattiene il respiro e resta in silenzio.
-Vu… vuoi venire a… a vivere con me?!-
Balbetta stupito, mentre lei abbassa ancora lo sguardo.
-E’ una cosa di cui mi piacerebbe discutere. Certo dobbiamo parlarne prima con tua figlia e…-
Si ferma un momento perché il viso di Rick le è diventato improvvisamente criptico. Non riesce a decifrare i suoi pensieri e sente il cuore batterle veloce, aspettando una sua reazione, che però non arriva.
-…guarda che puoi anche non essere d’accordo. Voglio dire, se non sei pronto non fa nulla, io non sono stata pronta per anni, quindi non fare quella faccia, non voglio trasferirmi da te domani, né deve essere per forza...-
Lui continua a non fiatare e lei comincia a pentirsi di aver messo in piazza quel suo pensiero proprio adesso, prendendolo in contro piede e si ritrova a sospirare, guardandolo fisso negli occhi.
-Sarebbe carino che dicessi comunque qualcosa, perché sta diventando imbarazzante…-
-Sposami!-
Corruccia la fronte e abbassa lo sguardo chiudendo gli occhi. Quel sussurro interrompe il suo monologo e per un attimo le sue percezioni sensoriali spariscono. Prende un respiro profondo e quando riapre gli occhi e riprende possesso delle sue facoltà, finalmente torna a guardarlo.
-Non… non ho capito.-
Balbetta senza smettere di fissarlo. I suoi occhi sono meravigliosamente chiari e riflettono l’azzurro del cielo che ormai ha vinto sulle nuvole che vanno diradandosi.
-Sposami!-
La sua voce pronuncia ancora la stessa parola, una voce sicura e senza ombra, come il suo sguardo che la sta scaldando dal gelo del mattino.
-Stai… cercando di liberarti di me?-
Quello stesso sguardo sicuro la osserva perplesso, ed è Rick adesso, che cerca di capire cosa le passa per la testa.
-Sai che scappo velocemente in determinate situazioni, se volessi liberarti di me potresti uscirne pulito e senza imbarazzo con questa trovata.-
Rick scuote la testa, ma non riesce a dire nulla perché comincia a pensare di avere sbagliato il momento.
-Se è così, stavolta caschi male Castle, perché non ho intenzione di andare da nessuna parte!-
Gli ci vuole un attimo per registrare la frase, darle un senso e riprendere fiato.
-Quindi pensaci bene, hai una sola occasione di rimangiarti tutto… ora!-
Lui scuote ancora la testa ridendo e le accarezza i capelli umidi di pioggia.
-Vuoi vivere con me. Vuoi venire a vivere a casa mia… facciamola diventare nostra. Sposami Kate!-
Lei abbassa lo sguardo, si toglie i guanti, facendo lo stesso con i suoi, vuole le mani libere, vuole sentire la sua pelle sul suo viso.
-Sei sicuro di…-
-Sposami!-
Sorride radiosa a quella strana proposta che sembra più un ordine e annuisce, mordendosi il labbro.
-Si?!-
-Si.-
Il sorriso sulle labbra di Rick scompare, la sua espressione diventa seria, ma i suoi occhi continuano a brillare.
-Si, sul serio? Si, senza ripensamenti?-
Anche l’espressione di Kate diventa seria, gli accarezza il viso, lo bacia a fior di labbra e gli stringe le braccia al collo.
-Si!-
Sussurra sfiorandogli l’orecchio, mentre le sue braccia aumentano la stretta sul suo corpo e la vertigine che volteggia nella sua testa la costringe a chiudere gli occhi, come se stesse volando sulle montagne russe.
Rick si gode il suo abbraccio, le sue braccia tremanti attorno a lui, le sue lacrime che gli bagnano il collo. Il suo cuore fa di nuovo un gran rumore assieme a quello di Kate, tanto da sentirlo rombare fin nelle orecchie. Davanti a lui il cielo si tinge di sfumature diverse, mostrando il profilo dell’isola attraverso le nuvole bianche.
La vita è una continua sorpresa, basta essere pronti a lasciarsi sorprendere, anche solo da un cielo che cambia colore di continuo. Sospira senza toglire gli occhi da quella sorpresa davanti a lui.
-Siamo proprio ciechi!-
Sussurra tra i suoi capelli, mentre lei, che non ha ancora ripreso lucidità per capire la sua esclamazione, si scosta da lui e segue con lo sguardo la traiettoria del suo, posato proprio verso l’orizzonte, girandosi subito dopo a guardarlo sempre più confusa.
-Siamo ciechi… il cuore è proprio lì.-
Kate guarda ancora nello stesso punto senza riuscire a vedere nulla e Rick posa lo sguardo su di lei, con quel luccichio azzurro e quel sorriso fanciullesco che mostra quando è eccitato per una nuova scoperta e che lo rende adorabile.
-E’ coperto dalle nuvole e non lo vediamo, ma è sempre lì. Noi sappiamo che è lì… è questa la magia!-
Riporta lo sguardo verso il cielo, con lo stesso sorriso, mentre lei resta a guardare il suo profilo.
-Si… è questa la magia!-
Ripete in un sussurro, mentre l’alba cambia ancora colore tingendosi di rosa e di giallo quando il sole grida vittoria sulle nuvole, pennellando l’Hudson di colori lucenti. Continua a guardare il suo profilo e ripensa al giorno in cui, con rabbia e rammarico, le ha detto che meritava di essere felice. Sposta lo sguardo verso l’infinito, il cuore sospeso nel cielo appare come una macchia di colore ad olio messa lì per caso, un alito di vento le sfiora il viso e sorride chiudendo gli occhi a quella carezza materna e quando le labbra di Rick si posano sulle sue, ancora ad occhi chiusi, si abbandona a quel bacio caldo ed intenso, lasciando che i diversi colori di quella nuova alba le invadano il cuore.
 
 
Angolo di Rebecca:
 
Ok, ok… lo so, devo pagarvi il dentista, me ne rendo conto che è stucchevole, l’ho pensato anche io mentre lo scrivevo, ma dopo tutto quel veleno… capite anche voi che a quei due serve un po’ di respiro :p (devo trovare qualcuno da uccidere sennò Scott Dunn mi si rivolta nella tomba!)
Ancora una volta grazie. Ci si rilegge settimana prossima (se tutto va bene) con l’epilogo di Epilogo!
Baci <3
  
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