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Autore: Adell Hawkins    09/03/2015    3 recensioni
Fu quella settimana di quel dicembre maledetto che cambiò la vita di Heather Wilson.
L'aveva letto negli occhi dei suoi genitori il timore per la sua partenza.
Lei voleva solo sistemare una cosa, e scoprire la verità.
Ma quando pensò che la "città dell'amore" l'avesse accolta a braccia aperte, iniziò a sbagliare.
***
E quindi credete che solo nelle favole la vita possa cambiare in un istante?
Anche la vita reale si può trasformare.
In SOGNI o in INCUBI.
Lui aveva iniziato a essere l'incubo di molti tanto, tanto, tanto tempo fa...
***
– Io e te? Non siamo così diversi.
Infatti, erano così diversi che la loro diversità li rendeva simili.
–Siamo un duo fortissimo, ce la faremo, vedrai...
~~~
STORIA INCOMPIUTA.
Prima o poi succederà a tutti.
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Heather, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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AVVISO IMPORTANTE QUANTO L’ARIA CHE RESPIRATE:

Le frasi in francese sono frutto di un dizionario degli anni ’80, una sorella che ha smesso di studiare francese da quattro anni e Google Translate.
Abbiate clemenza nei confronti di chi ha studiato spagnolo.
Ve se ama ‘na cifra.

 

 

Point du jour

 

 

L’aria era pungente e Parigi, in un gelido manto di nebbia, aveva accolto Heather nel più gelido dei modi.
Stretta nel suo giubbotto e col collo coperto da una sciarpa di lana, la ragazza lottava contro il sonno per evitare di addormentarsi in taxi.
Un sole pallido era appena spuntato tra la foschia e pian piano i lampioni diventavano sempre più visibili.
Per quante poche volte Heather fosse stata a Parigi, ricordava alla perfezione il tragitto tra l’aeroporto e l’attico di suo zio.

 
Dopo una mezz’oretta di viaggio arrivarono a destinazione.
Il palazzo cui si trovava davanti era maestoso.
I sei appartamenti ospitati all’interno erano lussuosissimi e tra i più belli della città, o almeno lo erano a detta di Alfred Wilson.
Varcò la porta.
Alla portineria, un portinaio assonnato si teneva sorretto alle cassette della posta per evitare di finire a terra.
– Signorina Wilson! – esclamò l’uomo, sbattendo più e più volte i suoi occhi blu.
– Signor Roussel, è un piacere rivederla – lo salutò Heather.
– Signorina, per lei sono sempre Geoffry.
La ragazza lo squadrò attraverso gli occhiali scuri. Nonostante avesse 35 anni, Geoff le sembrava un ragazzo appena maggiorenne, più o meno come lei.
– Mi scusi per questi due giorni di ritardo, ho preferito risolvere alcune faccende a Toronto.
– Non si preoccupi, mi chiedevo quanto tempo pensa di rimanere.
– Non saprei, tempo di decidere di cosa farmene di questa vecchia casa e sarò di nuovo in America.
Il portinaio prese la valigia e accompagnò la ragazza all’attico.
– Mi scusi, perché porta gli occhiali cosi scuri?
– Ah, ho passato ore ed ore su un aereo su cui, guarda caso, viaggiava un’allegra famigliola – ammise fredda la canadese – Non ho chiuso occhio neanche un minuto, troppa gente, troppa confusione, troppi fatti… sono in delle condizioni pessime.
I due entrarono nell’ascensore.
– Volevo farle le mie condoglianze – incalzò Roussel – Suo zio era un grand’uomo.
– La sai una cosa buffa, Geoffry? La gente potrà continuare a dispiacersi, ma tanto Alfie non lo riporterà indietro nessuno – disse Heather, fredda come l’aria siberiana.
Arrivati davanti all’appartamento, ci fu un attimo di silenzio.
– Beh, immagino sarà stanca, la lascio riposare.
Detto questo, il portinaio si dileguò.
Sulla porta splendeva una targhetta in ottone: Alfred R. Wilson.
Heather tirò fuori le chiavi dalla valigia la aprì.
Era tutto uguale: la stessa aria, gli stessi mobili, lo stesso profumo fresco e contemporaneamente antico.
Gli enormi vetri a specchio mostravano la grande metropoli per quello che era: meravigliosa.
Il suo appartamento aveva il pregio di essere vicino alla riva della Senna, proprio nella zona dove sorgeva Ile de la Cité.
Tra le case e i vari palazzi sorgeva imponente la cattedrale di Notre-Dame, che si distingueva con gli enormi campanili gotici.

Dall’altra parte si scorgeva la punta della Tour Eiffel.
Ah, che Dio l’avesse fulminata se non fosse andata a vederla!
La canadese si sedette sull’enorme divano che stava al centro del soggiorno e lentamente si addormentò.

 

FRRRRRRRRRRR!

La testa della ragazza scattò improvvisamente e subito dopo si ritrovò sveglia.
La luce penetrava dai vetri in maniera morbida. E magari fosse stato quello a svegliarla.

FRRRRRRRRRRR!

Heather si scostò i capelli dal volto.
Si era addormentata sul divano ancor prima di finire di revisionare l’appartamento.
Il freddo le penetrava nelle ossa.
Si voltò verso l’orologio.
Le 9.17.

FRRRRRRRRRRRRRRRR!

– Ma cosa cavolo è questo stramaledettissimo rumore?! – domandò a gran voce la ragazza – Ma perché neanche qui si riesce a dormire in pace?
Andò vicino alla porta.

FRRRRRRRRR!

Il rumore veniva dal corridoio.
Armata di tutta la pazienza e la calma che aveva, spinse la maniglia.
STUMP!
– Ouch!
La mora sussultò nel sentire la porta sbattere contro qualcosa, e nel sentire quella cosa reagire.
Piano piano, sporse la testa per dare un’occhiata: le apparve davanti un uomo, dai lunghi capelli scuri e la
pelle color caramello, accovacciato a terra e con in mano alcuni attrezzi.

Entrambi sobbalzarono dallo spavento e rimasero senza parole.
– Mi scusi, cosa cavolo sta facendo alla mia porta? – chiese l’asiatica stizzita.
– Io… buongiorno, scusi, pensavo non ci fosse nessuno in casa.
La ragazza scrutò malamente il suo interlocutore. Era abbastanza nervosa, la sua mente doveva ancora riprendersi dalla sua scomoda dormita e il sole le stava bruciando gli occhi.
– Io, cioè… sono stato incaricato dal signor Roussel di rimuovere la targhetta col nome dalla porta – proseguì
lo sconosciuto, indicando l’oggetto incriminato e giocherellando con lo svitatore elettrico – Ma lei è…

– Sono Heather Wilson, la nipote di Alfie.
La ragazza gli porse la mano, diventando improvvisamente più amichevole.
– Aaaah, vostro zio mi ha parlato molto di lei. Ah, è stata una grande perdita. Condoglianze.
E di nuovo.
Heather avrebbe dato qualsiasi cosa per far smettere quella litania di condoglianze.
– Ah… non fa niente, prima o poi moriremo tutti – tagliò corto la ragazza, cercando di non addormentarsi
sullo stipite della porta.

– Io sono Alejandro Burromuerto, abito qui di fronte.
La mora ripensò all’anno passato: quell’appartamento era vuoto.
– Ah, un nuovo inquilino.
Passò qualche minuto in silenzio.
– Posso offrirle un caffè?
Altro silenzio.
– Perché no?


L’appartamento dell’uomo era molto simile al suo, anche nell’arredamento.
Alejandro scomparve in cucina per riapparire qualche minuto dopo con due tazze fumanti, piene di liquido
scuro.

– Ecco a lei.
La ragazza bevve velocemente.
– Da quanto tempo sta qua?
– Io? Da circa nove mesi, ho avuto la fortuna di incontrare Alfie. Abbiamo fatto subito amicizia, avevamo le
stesse passioni e lavoravamo nello stesso campo.

– Lei lavora nel mondo della moda?
– Sì, sono l’assistente di Christian McLean.
Heather trasalì.
– è uno dei miei stilisti preferiti! – disse entusiasta – La sua nuova collezione è a dir poco strepitosa!
– Già, anche se non è troppo semplice gestire un tipo come lui, è molto, molto esigente.
Prima che potesse dire altro, sentì dei passi arrivare dal corridoio.
– Alejandro, etes-vous à la maison?
Una ragazzina bionda arrivò in salotto, stropicciandosi gli occhi.
– Dawn, mon petite! Avez-vous bien dormi?
Alejandrò si avvicinò alla ragazza identificata come “Dawn” parlando in un forte accento di francese europeo.
– Dawn, lei è Heather, la nipote di Alfie.
La ragazzina guardò timidamente la canadese.
– Bonjour, miss Heather – disse la biondina, spalancando i due zaffiri incastonati negli occhi.
– Dawn, aller à étudier les mathématiques, je dois aller au travail.
La mora guardò la ragazzina andarsene.
– Un sabato lavorativo?
– Già – annuì Alejandro – Ho anche parecchie cose in arretrato.
La canadese si avviò verso l’uscio.
– Sa, ho mille domande in testa che vorrei farle – azzardò la ragazza.
–Oggi finisco il turno alle 18.30, non so, potremmo andare a cena – rispose dubbioso l’uomo – Anch’io ho
mille cose da chiederle…

– Ah.. ok, a stasera allora…
– Aspetti!
Heather si girò e guardò Alejandro.
– Alfie voleva che le dessi questo – disse lui, mostrandole una scatola rettangolare in legno rilegata con dello
spago – Mi disse che era importante.

Lei lo guardò dubbiosa.
– A stasera, signorina Wilson!
Detto questo, Alejandro sparì in ascensore.
Quell’uomo aveva lasciato a Heather tanti dubbi e tante domande.

 

Heather rientrò nell’appartamento.
Non aveva la minima idea di cosa contenesse quella scatola.
Non era troppo pesante, era semplicissima e aveva un profumo di antico, come se fosse stata degli anni
chiusa in una soffitta.

Suo zio non le aveva mai accennato a qualcosa di simile.
Lentamente, sciolse il nodo creato dallo spago e aprì le cinghie metalliche del misterioso oggetto.
Con una nota di stupore negli occhi, la canadese si trovò di fronte un manoscritto.
I fogli erano rilegati con del filo e la carta aveva la stessa consistenza della pergamena.
– “Miz 1792”?
Una scritta sorgeva sulla prima pagina.
Miz…
Miz…
– Miz non era l’abbreviazione di “miserabili” – si chiese la ragazza, sedendosi davanti alla finestra per godersi
i raggi di sole invernali.

Continuò a sfogliare le pagine, scritte minuziosamente a mano, una ad una.

 

Questa è una storia.
Può essere vera o falsa.
Può essere bella o brutta.
Può essere una tragedia o una commedia.
Voi la conoscete?
Qui è narrata come una tragedia, legami che si spezzano, disperazione.
Ma io la conosco nella sua vera essenza, la sua essenza da commedia.
Sappiamo che un’opera definita commedia, non deve essere per forza divertente, no?
La parte essenziale è che finisca bene.
Ecco a voi la tragedia.
Ecco a TE la commedia.

 
– Wow, non sapevo che lo zio si fosse dato alla scrittura – sospirò, ripensando al fatto che anche con lei aveva molti segreti.
Rilesse velocemente l’intro.
– “Ecco a TE la commedia”?
Era riferito proprio a lei?
Lei, Heather Wilson?
– Vai a sapere, magari è solo una frase ad effetto…
Continuò la lettura.


Parigi, Anno Domini 1792.
Per le strade un silenzio abissale, inoltrato nella nebbia…




 

Angolo di Ancilla / “Sono Ade, il dio degli Inferi”

 
Sì, ho usato Geoff come comparsa per non usare un personaggio inventato "ad minchia".
Sì, c'è Alejandro.
Sì, in questo capitolo non si capisce niente!




Già, è passato quasi un mese o roba del genere da quando ho pubblicato il fantastico prologo.
Sono tornata dagli Inferi.
Mi defenestro da sola, se per voi è ok.

Defenestrazione di Praga: 1618.
Defenestrazione di Ancilla: quando per voi è più comodo.


 

Sono pessima!!!!!
Non riesco ad aggiornare una storia, figuriamoci a organizzare la mia vita.
Ho avuto da fare over 9000.
E prima il 4.5 a matematica (mi ha fatto fare il compito in mezz’ora dopo la febbre, giuro!), poi altre cose (tipo
che ho fangirlato tanto, ma taaanto), poi altre ancora (tipo che mi sono sentita male altre due volte)…
E che non te la concedi un’oretta sul divano, neh?
Comprendetemi.

 

Ma da oggi si cambia.
Oggi ci organizziamo per bene il mese.
YES.


Ho intenzione di tenervi aggiornati in qualche maniera per quanto riguarda questa fan fiction.
Come?
BOH!!
Al massimo posso, tipo, boh…
È tipo tutto totalmente un casino (Feliks, esci dalla mia tastiera!)
Idea!
Sto lavorando ad un progettino-ino-ino per quanto riguarda l’obbrobrio che sto scrivendo, e per ora ne ho
descritto un passaggio sul mio blog di Tumblr.
Se vi va di vederlo lo rebloggo.
Ah, vi lascio il link del blog.


ancilla-hawkins: https://www.tumblr.com/blog/ancilla-hawkins


Vabbè, nel caso il link fosse simpatico e non vi spedisse subito al blog, mi trovate come “ancilla-hawkins”.
Se qualcuno vuole essere aggiornato a proposito di “LSdND” (Le Secret de Notre-Dame), beh, ditemelo.

Ringrazio di cuore IMmatura e AzzurraTriton che hanno il coraggio di mettere tra le ff seguite questa storia.
Ringrazio poi Elsa_4726, IMmatura, Dark_j e willow6 per i loro pareri <3


Ho sonno… *etciù*
Devo trovare uno scopo nella mia vita.


Ve amo ‘na cifra.
Ancilla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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