SULLA SPIAGGIA
Nda: questo piccolo racconto mi è stato ispirato da una scena
dell’anime, che mi è sempre piaciuta moltissimo per quello che sa evocare,
messa in relazione con un’altra scena. Capirete di cosa parlo, leggendo il
racconto. Nella prima parte, ho cercato di interpretare liberamente i pensieri
di André e vanno sempre nella stessa direzione…
****
È mattina e siamo qui.
Osserviamo il mare dalla
finestra.
Abbiamo raggiunto la Normandia
da pochi giorni.
Io amo questo posto da sempre,
come amo te e so che anche tu sei legata quanto me a questi luoghi che sono
densi dei nostri ricordi comuni. Momenti di vita insieme, io e te.
Rosalie sta versando il té nelle
tazze. Lei per te è come il vento di primavera.
Io sono qui, seduto al nostro
tavolo; tu lì fuori sul balcone.
Non sembra una distanza
incolmabile, eppure tu sei a chilometri da qui.
Segui il volo dei gabbiani,
mentre osservi l’orizzonte che si confonde tra cielo e mare; probabilmente stai
pensando a quella terra lontana che è l’America.
Dall’altra parte del mondo si
combatte per la libertà.
Stai pensando a chi è partito.
Vorrei che quei gabbiani
rapissero i tuoi pensieri, quelli tristi e dolorosi e li portassero via,
lontano dal tuo cuore e li gettassero in mare, dove non possano far soffrire.
Le finestre sono aperte e i tuoi
capelli sono leggermente mossi dal vento.
Rosalie ti invita a sederti per
prendere il té. Tu acconsenti e torni tra noi.
Torna da me, Oscar.
Torna qui, vicino al mio cuore.
Da qui sento l’odore dell’aria
salmastra che mi riporta indietro nel tempo, a quando venivamo qui da bambini
ed eravamo felici; non avevamo ancora scoperto l’amore.
Correvamo a piedi nudi sulla
sabbia, facendo a gara a chi arrivava prima alle rocce che delimitano la
spiaggia. Mi ricordo delle tue risate argentine e vibranti che riempivano
l’aria fresca del mattino.
Non hai più riso così nell’età
adulta.
Hai smesso di ridere lo stesso
giorno in cui decidesti di ubbidire a tuo padre e diventasti un soldato.
Forse quella tua risata è ciò
che mi manca di più ora.
Cosa darei per sentirti ridere
come allora; quella risata mi contagiava e scacciava la mia solitudine.
Mi ricordo gli scherzi sulla
riva, quando prendevamo a calci le onde, i nostri vestiti inzuppati e mia nonna
che ci rimproverava, ma di solito ero io quello che le prendeva per tutti e
due.
Ricordo, quello era un tempo
felice. Davvero, l’infanzia è l’età più bella della vita umana.
Ma dura così poco.
Ritroveremo mai la felicità, tu
ed io?
Probabilmente no, almeno non io.
La mia può essere solo una gioia
divisa a metà ed è meglio questo che niente.
Io so cosa potrebbe rendermi
felice, ma so anche che si tratta di un’ illusione, un sogno ad occhi aperti
che faccio da tanto, troppo tempo.
Non dovrei vivere di fantasie e
mi sforzo di non alimentarle, ma non sempre ci riesco.
Da qualche giorno sono un po’
più sereno, mi basta poco per esserlo.
Mi basta essere dove sei tu, mi
basta la nostra consueta complicità, come se tutto fosse rimasto uguale a
sempre; non devo vederti soffrire per avere l’illusione di essere felice.
Mi è sempre piaciuto venire qui
con te, allontanarmi da Versailles e da quella vita, dalle sue regole assurde
che, lo so, vanno strette anche a te.
Qui siamo soli, io e te.
Qui siamo più vicini.
Io non sono più il servo e tu la
padrona.
Siamo solo un uomo e una donna.
Siamo due amici che si confidano
sogni, desideri, emozioni e paure.
Qui anche tu sei più libera,
libera di essere quella che sei, una donna bellissima e indomabile come il
mare; a volte placida e calma, altre volte impetuosa, come quando sfidi il
vento a cavallo correndo lungo la battigia.
Quando non cavalchiamo,
scendiamo a piedi sulla spiaggia e camminiamo noi due soli sulla sabbia per dei
chilometri; lo facciamo finché il sole non comincia a scendere dietro
l’orizzonte.
Neppure Rosalie ci accompagna.
Raramente incontriamo qualcuno,
perché in questa stagione, qui non c’è quasi mai nessuno.
A volte parliamo per ore come i
buoni amici che siamo; mi parli delle tue speranze o delle tue delusioni.
Tu a volte mi sorridi in un modo
che abitualmente non fai quando siamo a palazzo Jarjayes.
Sono momenti preziosi perché
sono solo nostri.
Verrei qui solo per il tuo
sorriso che riservi solo a me, neppure Fersen ha mai avuto questo privilegio.
In fondo come sei con me, non lo
sarai mai con lui, di questo sono sicuro.
So perché cerchi la solitudine,
anche se in realtà, non sei mai veramente sola perché io sono sempre con te;
cerchi la pace lontana dal frastuono dei palazzi, perché questo luogo appartiene
solo a noi e qui i rumori e gli scandali di Versailles non arrivano.
Non voglio pensare a perché sei
voluta venire qui, anche se in realtà conosco bene la ragione.
Siamo qui da pochi giorni e
cominci piano a rilassarti, forse a dimenticare.
Lui è partito per andare in
guerra. Per dimenticare colei che ama. O almeno, per provarci.
Come si fa a dimenticare chi si
ama?
Esiste un modo, dunque?
Si può mettere a tacere il
cuore? Smettere di amare, come amo io?
Si può non soffrire per un amore
che consuma l’anima, che toglie il sonno e non concede speranze?
Che ti fa sentire come un
assetato in mezzo al deserto dove non c’è acqua?
Tutto quello che puoi avere è un
miraggio che scompare si ti avvicini troppo.
Non esiste un modo per placare
questa sete? La sete di te, Oscar.
Me lo sono chiesto tante volte.
Non ho mai trovato le risposte,
o meglio, ho avuto la conferma di ciò che ho sempre pensato.
Io potrei andare in capo al
mondo e il mio amore per te mi seguirebbe anche all’inferno; non riuscirei mai
a scordarmi di te.
No, non potrei.
So che hai paura.
Anch’io ne ho, ma non per la
stessa ragione.
Ho paura che tu possa annullarti
nell’attesa di qualcosa che non sarà mai.
Perché non sarà mai che lui
possa amarti, Oscar.
Vorrei cancellare ogni timore
dal tuo cuore. Togliere i ricordi che fanno male.
Forse posso aiutarti a sopirli.
Più di tutto vorrei toglierti lui dal cuore e dalla mente.
Vorrei esserci io al suo posto e
avere per me i tuoi sospiri.
Succederà mai, Oscar?
Ho rivolto a Dio questa domanda
e ancora attendo la risposta.
- Oscar perché non andiamo a cavallo oggi? - [1]
Questo è un giorno felice.
Io sono felice, perché tu con un
sorriso acconsenti silenziosa alla mia richiesta.
Mi appari più bella che mai, con
lo sguardo acceso dall’eccitazione, mentre corriamo lungo la spiaggia; i
cavalli lanciati al galoppo sollevano spruzzi di spuma bianca.
Dietro di noi, Rosalie ride
gioiosa e ignara alle nostre spalle.
Corriamo vicini, fianco a
fianco; io ti sfido a superarmi e tu stai al gioco ed è bellissimo questo
momento, vorrei che durasse per sempre.
Io e te, così.
Vicini i nostri cavalli, vicini
i nostri sguardi.
Accesi i sorrisi.
L’unica nota stonata è
l’incontro con una donna misteriosa dai lunghi capelli neri, venuta fin qui a
cercare i tuoi favori, una ruffiana che cerca di corromperti. Tutto inutile, le
rispondi con la fermezza che conosco e quando riprendiamo la nostra corsa,
anche lei è diventata solo un ricordo sbiadito da lasciarsi dietro le spalle.
*****
Un ricordo lontano nella memoria
di noi.
Un ricordo confuso col sogno.
Io e te cavalchiamo felici sulla
spiaggia in riva al mare.
Quante volte lo abbiamo fatto?
Tu sembri così felice, mi pare
di vedere i tuoi capelli scuri mossi dal vento.
Mi sorridi.
Quante volte è accaduto fra noi?
Quante volte abbiamo corso e
riso insieme su quella spiaggia, senza sapere cosa stavamo facendo?
Non capivo la bellezza di quel
momento.
Tu eri felice e lo ero anch’io
in quell’istante perfetto.
Io non sapevo cosa facevo; quella
era la vita, la mia con te.
Quanti bei momenti sono corsi
via, senza che io li abbia fermati, senza che abbia riflettuto sul loro valore.
Erano attimi preziosi perché
irripetibili, un assaggio di felicità, un segno divino per dirmi: “Cogli
l’amore che ho messo al tuo fianco. Non distrarti.”
Il mio cavallo bianco.
Io fra le tue braccia, con la
schiena appoggiata al tuo petto, al sicuro nel calore del tuo corpo.
Poteva essere così, sempre.
Non lo è stato mai.
Le nostre fronti accostate, gli
sguardi allacciati.
Il profumo del mare che ci
inebria.
Innamorati persi uno nell’altro.
Le tue mani, mi pare di
sentirle.
Come se fossi ancora aggrappato
a me; è una sensazione quasi fisica, molto più di un alito che mi sfiora. [2]
Quanto tempo ho saputo sprecare.
Quanti baci avrei potuto darti?
Quanto amore?
Tutto in una notte.
Il sogno di mille notti.
E tutto scorre come la sabbia
del mare fra le dita.
E non mi resta niente.
Non trattengo nulla di questa
vita.
Niente tranne il dolore e lo
strazio della cruda verità.
Io sono sola, adesso.
Anche i sogni mi abbandonano.
Tu non ci sei più.
O forse, sei ancora qui?
Non lasciarmi qui, non è il mio
posto questo.
Non lo è più, senza di te.
Allora vieni a prendermi.
Io sono dove tu sei.
Fine
[1] Frase che André dice nell’anime e nella scena di riferimento.
[2] Una nota soprannaturale: Oscar avverte la presenza di André in senso fisico. Sono arrivata a immaginare una cosa del genere, perché un amico mi ha raccontato che in seguito alla morte del padre, il giorno successivo, per molte ore, ha avuto la forte sensazione che una mano invisibile lo toccasse sulla fronte. Suggestione o altro?