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Autore: Ninfea Blu    12/12/2008    12 recensioni
Questo breve racconto mi è stato ispirato da una scena dell'anime che mi piace moltissimo per quello che sa evocare, relazionata ad un'altra scena altrettanto bella e struggente; in massima parte sono i pensieri di André liberamente interpretati e vanno sempre nella stessa direzione...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Amore, ricordi e rimpianti'
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SULLA SPIAGGIA

SULLA SPIAGGIA

 

Nda: questo piccolo racconto mi è stato ispirato da una scena dell’anime, che mi è sempre piaciuta moltissimo per quello che sa evocare, messa in relazione con un’altra scena. Capirete di cosa parlo, leggendo il racconto. Nella prima parte, ho cercato di interpretare liberamente i pensieri di André e vanno sempre nella stessa direzione…

 

****

 

È mattina e siamo qui.

Osserviamo il mare dalla finestra.

Abbiamo raggiunto la Normandia da pochi giorni.

Io amo questo posto da sempre, come amo te e so che anche tu sei legata quanto me a questi luoghi che sono densi dei nostri ricordi comuni. Momenti di vita insieme, io e te.

Rosalie sta versando il té nelle tazze. Lei per te è come il vento di primavera.

Io sono qui, seduto al nostro tavolo; tu lì fuori sul balcone.

Non sembra una distanza incolmabile, eppure tu sei a chilometri da qui.

Segui il volo dei gabbiani, mentre osservi l’orizzonte che si confonde tra cielo e mare; probabilmente stai pensando a quella terra lontana che è l’America.

Dall’altra parte del mondo si combatte per la libertà.

Stai pensando a chi è partito.

Vorrei che quei gabbiani rapissero i tuoi pensieri, quelli tristi e dolorosi e li portassero via, lontano dal tuo cuore e li gettassero in mare, dove non possano far soffrire.

Le finestre sono aperte e i tuoi capelli sono leggermente mossi dal vento.

Rosalie ti invita a sederti per prendere il té. Tu acconsenti e torni tra noi.

 

Torna da me, Oscar.

Torna qui, vicino al mio cuore.

 

Da qui sento l’odore dell’aria salmastra che mi riporta indietro nel tempo, a quando venivamo qui da bambini ed eravamo felici; non avevamo ancora scoperto l’amore.

Correvamo a piedi nudi sulla sabbia, facendo a gara a chi arrivava prima alle rocce che delimitano la spiaggia. Mi ricordo delle tue risate argentine e vibranti che riempivano l’aria fresca del mattino.

Non hai più riso così nell’età adulta.

Hai smesso di ridere lo stesso giorno in cui decidesti di ubbidire a tuo padre e diventasti un soldato.

Forse quella tua risata è ciò che mi manca di più ora.

Cosa darei per sentirti ridere come allora; quella risata mi contagiava e scacciava la mia solitudine.

Mi ricordo gli scherzi sulla riva, quando prendevamo a calci le onde, i nostri vestiti inzuppati e mia nonna che ci rimproverava, ma di solito ero io quello che le prendeva per tutti e due.

Ricordo, quello era un tempo felice. Davvero, l’infanzia è l’età più bella della vita umana.

Ma dura così poco.

Ritroveremo mai la felicità, tu ed io?

Probabilmente no, almeno non io.

La mia può essere solo una gioia divisa a metà ed è meglio questo che niente.

Io so cosa potrebbe rendermi felice, ma so anche che si tratta di un’ illusione, un sogno ad occhi aperti che faccio da tanto, troppo tempo.

Non dovrei vivere di fantasie e mi sforzo di non alimentarle, ma non sempre ci riesco.

Da qualche giorno sono un po’ più sereno, mi basta poco per esserlo.

Mi basta essere dove sei tu, mi basta la nostra consueta complicità, come se tutto fosse rimasto uguale a sempre; non devo vederti soffrire per avere l’illusione di essere felice.

 

Mi è sempre piaciuto venire qui con te, allontanarmi da Versailles e da quella vita, dalle sue regole assurde che, lo so, vanno strette anche a te.

Qui siamo soli, io e te.

Qui siamo più vicini.

Io non sono più il servo e tu la padrona.

Siamo solo un uomo e una donna.

Siamo due amici che si confidano sogni, desideri, emozioni e paure.

 

Qui anche tu sei più libera, libera di essere quella che sei, una donna bellissima e indomabile come il mare; a volte placida e calma, altre volte impetuosa, come quando sfidi il vento a cavallo correndo lungo la battigia.

Quando non cavalchiamo, scendiamo a piedi sulla spiaggia e camminiamo noi due soli sulla sabbia per dei chilometri; lo facciamo finché il sole non comincia a scendere dietro l’orizzonte.

Neppure Rosalie ci accompagna.

Raramente incontriamo qualcuno, perché in questa stagione, qui non c’è quasi mai nessuno.

A volte parliamo per ore come i buoni amici che siamo; mi parli delle tue speranze o delle tue delusioni.  

Tu a volte mi sorridi in un modo che abitualmente non fai quando siamo a palazzo Jarjayes.

Sono momenti preziosi perché sono solo nostri.

Verrei qui solo per il tuo sorriso che riservi solo a me, neppure Fersen ha mai avuto questo privilegio.

In fondo come sei con me, non lo sarai mai con lui, di questo sono sicuro.

So perché cerchi la solitudine, anche se in realtà, non sei mai veramente sola perché io sono sempre con te; cerchi la pace lontana dal frastuono dei palazzi, perché questo luogo appartiene solo a noi e qui i rumori e gli scandali di Versailles non arrivano.

Non voglio pensare a perché sei voluta venire qui, anche se in realtà conosco bene la ragione.

Siamo qui da pochi giorni e cominci piano a rilassarti, forse a dimenticare.

Lui è partito per andare in guerra. Per dimenticare colei che ama. O almeno, per provarci.

Come si fa a dimenticare chi si ama?

Esiste un modo, dunque?

Si può mettere a tacere il cuore? Smettere di amare, come amo io?

Si può non soffrire per un amore che consuma l’anima, che toglie il sonno e non concede speranze?

Che ti fa sentire come un assetato in mezzo al deserto dove non c’è acqua?

Tutto quello che puoi avere è un miraggio che scompare si ti avvicini troppo.

Non esiste un modo per placare questa sete? La sete di te, Oscar.

Me lo sono chiesto tante volte.

Non ho mai trovato le risposte, o meglio, ho avuto la conferma di ciò che ho sempre pensato.

Io potrei andare in capo al mondo e il mio amore per te mi seguirebbe anche all’inferno; non riuscirei mai a scordarmi di te.

No, non potrei.

So che hai paura.

Anch’io ne ho, ma non per la stessa ragione.

Ho paura che tu possa annullarti nell’attesa di qualcosa che non sarà mai.

Perché non sarà mai che lui possa amarti, Oscar.

Vorrei cancellare ogni timore dal tuo cuore. Togliere i ricordi che fanno male.

Forse posso aiutarti a sopirli. Più di tutto vorrei toglierti lui dal cuore e dalla mente.

Vorrei esserci io al suo posto e avere per me i tuoi sospiri.

Succederà mai, Oscar?

Ho rivolto a Dio questa domanda e ancora attendo la risposta.

 

 - Oscar perché non andiamo a cavallo oggi? - [1]

 

Questo è un giorno felice.

Io sono felice, perché tu con un sorriso acconsenti silenziosa alla mia richiesta.

Mi appari più bella che mai, con lo sguardo acceso dall’eccitazione, mentre corriamo lungo la spiaggia; i cavalli lanciati al galoppo sollevano spruzzi di spuma bianca.

Dietro di noi, Rosalie ride gioiosa e ignara alle nostre spalle.

Corriamo vicini, fianco a fianco; io ti sfido a superarmi e tu stai al gioco ed è bellissimo questo momento, vorrei che durasse per sempre.

Io e te, così.

Vicini i nostri cavalli, vicini i nostri sguardi.

Accesi i sorrisi.

 

L’unica nota stonata è l’incontro con una donna misteriosa dai lunghi capelli neri, venuta fin qui a cercare i tuoi favori, una ruffiana che cerca di corromperti. Tutto inutile, le rispondi con la fermezza che conosco e quando riprendiamo la nostra corsa, anche lei è diventata solo un ricordo sbiadito da lasciarsi dietro le spalle.   

 

 

*****

 

 

Un ricordo lontano nella memoria di noi.

Un ricordo confuso col sogno.

 

Io e te cavalchiamo felici sulla spiaggia in riva al mare.

Quante volte lo abbiamo fatto?

Tu sembri così felice, mi pare di vedere i tuoi capelli scuri mossi dal vento.

Mi sorridi.

Quante volte è accaduto fra noi?

Quante volte abbiamo corso e riso insieme su quella spiaggia, senza sapere cosa stavamo facendo?

Non capivo la bellezza di quel momento.

Tu eri felice e lo ero anch’io in quell’istante perfetto.

Io non sapevo cosa facevo; quella era la vita, la mia con te.

Quanti bei momenti sono corsi via, senza che io li abbia fermati, senza che abbia riflettuto sul loro valore.

Erano attimi preziosi perché irripetibili, un assaggio di felicità, un segno divino per dirmi: “Cogli l’amore che ho messo al tuo fianco. Non distrarti.”

 

Il mio cavallo bianco.

Io fra le tue braccia, con la schiena appoggiata al tuo petto, al sicuro nel calore del tuo corpo.

Poteva essere così, sempre.

Non lo è stato mai.

Le nostre fronti accostate, gli sguardi allacciati.

Il profumo del mare che ci inebria.

Innamorati persi uno nell’altro.

Le tue mani, mi pare di sentirle.

Come se fossi ancora aggrappato a me; è una sensazione quasi fisica, molto più di un alito che mi sfiora. [2]

Quanto tempo ho saputo sprecare.

Quanti baci avrei potuto darti?

Quanto amore?

 

Tutto in una notte.

Il sogno di mille notti.

 

E tutto scorre come la sabbia del mare fra le dita.

E non mi resta niente.

Non trattengo nulla di questa vita.

Niente tranne il dolore e lo strazio della cruda verità.

Io sono sola, adesso.

Anche i sogni mi abbandonano.

Tu non ci sei più.

 

O forse, sei ancora qui?

Non lasciarmi qui, non è il mio posto questo.

Non lo è più, senza di te.

Allora vieni a prendermi.

Io sono dove tu sei.

 

 

Fine

 

 

 

 



[1] Frase che André dice nell’anime e nella scena di riferimento.

[2] Una nota soprannaturale: Oscar avverte la presenza di André in senso fisico. Sono arrivata a immaginare una cosa del genere, perché un amico mi ha raccontato che in seguito alla morte del padre, il giorno successivo, per molte ore, ha avuto la forte sensazione che una mano invisibile lo toccasse sulla fronte. Suggestione o altro?

   
 
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