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Autore: Canneella    10/03/2015    3 recensioni
Daniele frequenta il Liceo Classico da quattro anni e gli fa schifo.
A dire la verità, a fargli schifo è un po' tutto.
Nulla lo interessa, tutto ció che lo circonda lo annoia, e lui è spento come un diciottenne non dovrebbe essere.
Alessandra invece ha due anni di meno ed è entusiasta ogni cosa, da un fiorellino sull'asfalto al sorriso di un anziano, disegna tutte le cose belle che vede ed è felice, sempre, anche se non succede niente.
Si vedono ogni giorno ma non si salutano, lei gli sorride soltanto con quel fare gentile e lui ricambia, le dedica l'unico lampo di colore di una giornata grigia, e lei non lo sa.
(Storia in revisione, ma si può leggere tranquillamente)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Alessandra

"Sei sveglia?"
Sorrido, come potrei non esserlo? 
Ho così tante cose a cui voglio pensare che non so nemmeno a quale pensare per prima.
Avete presente quelle giornate che sono particolarmente belle, così belle che quando volete ripensarci per ricordarvele meglio non sapete da dove iniziare?
Se anche provassi a chiudere gli occhi la felicitá e l'emozione mi travolgerebbero, e mi sembra un tale spreco di tempo dormire quando sto così bene.
Rispondo a Daniele di sì e la sua risposta arriva con una rapidità impressionante.
"Ti posso chiamare?"
Sorrido di nuovo e lo chiamo io.
"Non eri quello che stava poco al telefono?"
"Mica sempre. Perchè sei sveglia?"
"Perchè non mi va di dormire. Posso farlo anche domattina, che tanto è sabato!
Tua madre non ti uccide se stai al telefono a quest'ora?"
"Forse lo farebbe, ma sono da mio padre da solo con Artura, quindi la cosa non mi preoccupa."
"Aaah, quanto ti invidio! È una casa meravigliosa in un posto meraviglioso."
"Domattina dormi, ma domani pomeriggio hai da fare?"
"Allenamento di nuoto dalle quattro alle sei, ma da lì in poi nulla"
"Allora vengo a prenderti alle sei e ti porto qui, così sei contenta"
Vorrei rispondergli che sarei contenta pure se mi portasse in un posto sfigato e che puzza, ma non oso tanto.
Chiacchieriamo ancora per un'ora intera e intanto sento il sonno che arriva, e le gambe che non reggono più il quarantesimo giro della camera.
Quando sono al telefono devo muovermi, assolutamente, è una specie di tic.
"Daniele, mi sta venendo sonno"
"Che intuizione, non l'avrei mai detto, sei al quarto sbadiglio. Vai a dormire"
"Mi dispiace andare a dormire"
"Se ci vai tu ci vado anche io"
"Peró mi da un fastidio tremendo avere sonno adesso.
Dormire a volte è irritante, soprattutto quando vorresti che le giornate non finissero mai e poi ti viene sonno e sei costretto a finirle e insomma, non è terribile?"
Lo sento ridere.
"Era da un po' che non facevi un ragionamento scemo del genere.
Notte Ale"
"Io non butto giù. Ho i minuti illimitati.
Russi o parli nel sonno?"
"Direi nessuna delle due, perchè?"
"Perchè io posso pure dormire adesso senza buttare giù e fregarmene se mi senti."
Sta in silenzio qualche secondo, mi immagino che sorrida.
"D'accordo. Finchè non si scarica un cellulare?"
"Finchè non si scarica un cellulare.
Buonanotte Daniele."
"Buonanotte Ale", dice, ma io già non lo sento più.


Quando mi sveglio sono le undici, vedo il cellulare scarico sul comodino e faccio un sorriso, mettendolo in carica.
Faccio una colazione-pranzo, studio un po' ed esco per l'allenamento.
Fa un freddo cane, quel freddo che respiri e ci sono le nuvolette di fumo e non riesci neanche a tirar fuori le chiavi dallo zaino perchè hai le mani troppo gelate, a me le mani si ghiacciano sempre.
Entrare in acqua peró, per assurdo, è un sollievo.
Ho addosso una sensazione strana, sono felice ma inquieta, non riesco a star ferma un secondo, faccio dei tempi ottimi ma non mi soddisfano.
"Che hai oggi, Ale?" Mi chiede Lorena, una mia compagna di corso.
È una delfinista, ha un corpo e un fiato pazzeschi, penso sia la migliore di tutte noi.
L'ho sempre invidiata un pochino.
"Nulla, mi sento carica."
"Sicura?"
"Sicura."
La osservo iniziare la vasca.

Daniele

"Pronto?"
"Daniele, sono Giacomo"
"Oh, ciao"
"Hai pagato il mio debito. Perchè?"
"Perchè tu non potevi."
"Sara ha detto ai miei che mi drogo. Domani sarà il primo giorno nel centro di recupero. 
Non posso dire di esserti grato per averle suggerito di dirlo, ma lo sono perchè mi hai pagato il debito e ti ridaró tutti i soldi, lo giuro"
"Lei come sta?"
"Bo, bene. Meglio. Falle un colpo di telefono semmai, non lo so. Non ci parlo granchè e non è a casa.
Ora dovrei far la valigia, ti ho chiamato solo per ringraziarti, perchè nessun altro l'avrebbe fatto e credevo ce l'avessi con me."
Gli vorrei rispondere che ce l'ho a morte con lui, ma mi limito a dire "figurati", abbassare e buttarmi sotto la doccia per due ore.
Son contento che si sia chiusa questa cosa.
Io ho fatto la mia buona azione da bella persona in cui non ho guadagnato niente, potrei essere, che so, il personaggio buono di qualche film.
Spero che starà meglio, ma in realtà al momento è in fondo alla mia lista di priorità.
Alessandra è in piscina adesso, e poi la  devo andare a prendere.
Stasera ci ordiniamo una pizza.
Sì, e magari le faccio trovare casa in condizioni decenti.
Magari pulisco un po' o cambio la lettiera del gatto.
Mi rifaccio il letto.
No, non so rifarmi il letto quindi chissenefrega.
Peró una sommaria pulita la potrei dare.
Finisco per passare il tempo che mi rimane a chiedermi cosa posso fare senza fare realmente nulla, se non accorgermi che sono in ritardo, vestirmi al volo, uscire di casa coi capelli fradici e ricordarmi il casco per miracolo.

Alessandra

Sono le sei e venti e sembra notte.
Ah, l'inverno.
Lui è proprio fuori dalla piscina, appoggiato alla sua moto col casco del Genoa e la barba sfatta, e mi guarda e mi imbarazza un po'.
Siamo di poche parole, questa sera.
La mia felicità ansiosa adesso è alle stelle.
"Che facciamo?"
"Pioverà tra dieci minuti. 
Ti va di andare a casa mia?"
"Uuuh, da Artura?"
"Sì, da Artura, e ci ordiniamo una pizza."
"Ci arrivano le pizze a Granarolo?"
"Dovremo ordinarla alle sette per farla arrivare alle otto ma sì, ci arrivano."
"Allora aspetta, lo scrivo a mia madre giusto per farla star tranquilla.
E a che ora mi riporti a casa?"
"Ah, uh, boh. Quando vuoi."
"Decideremo."
Salgo sulla moto, stringo le braccia intorno a lui e partiamo verso casa sua, col freddo pungente accentuato dalla velocitá, ma al momento del freddo mi importa meno di zero.
Sabato sera.
"Non esco mai il sabato sera"
"E perchè?"
"Non lo so. Tanta gente, e la sera di base io sono stanca."
"Per la gente hai ragione. 
Genova é meglio vuota la mattina presto.
Tranquilla, a Granarolo non c'è vita notturna. Probabilmente siamo gli unici due esseri umani nel raggio di chilometri."
Non rispondo, continuo a guardare la gente mentre siamo fermi al semaforo, e non li invidio, non li invidio perché il mio sabato sera non potrebbe proprio essere meglio di così.
Daniele canticchia, Daniele è di buon umore, Daniele adesso è diverso da Daniele che a malapena mi saluta sul bus, diverso da Daniele che fuma davanti a scuola, diverso da Daniele annoiato.
Arriviamo a casa sua alle sette precise, lui ordina due pizze mentre io coccolo il gatto e collego il telefono alle casse.
Metto la musica, bassa per riuscire a parlare, ma la metto perchè fa film, fa allegria.
Daniele adesso non dice niente, si siede davanti a me e accarezza distrattamente Artura.
Mi guarda e io non so se alzare lo sguardo, non so mantenere per troppo tempo il contatto visivo.
Alla fine lo faccio.
Siamo zitti.
Siamo fermi.
Il gatto si accorge che nessuno sta badando a lui e va a piazzarsi davanti al termosifone.
Daniele mi si avvicina un minimo e mi abbraccia e ci sdraiamo vicini, come la prima volta che sono venuta qua, ed entrambi guardiamo il soffitto, e il mio cuore batte così forte che ho paura che si senta.
Stiamo così un po', finchè non suona il citofono un eroico fattorino che ha raggiunto questo posto.
  
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