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Autore: hapworth    11/03/2015    1 recensioni
Aveva gli occhi blu - non ne aveva mai visti di quel colore e i capelli neri, tagliati cortissimi; sembrava un pulcino spelacchiato e indossava un paio di pantaloni corti con sopra una maglietta. «... Cosciè?» «Un castello!» esclamò orgoglioso, rimettendosi in piedi e notando che era più basso di lui – doveva anche essere più piccolo, visto il tono che aveva osato. «Non lo sciembra.» Tooru sbuffò. «Certo che no, non è ancora finito!»
Seconda classificata (pari merito) al Beware the... Warning Contest indetto da Rota23.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il Beware the... Warning Contest indetto da Rota23.
Seconda apparizione nel fandom e, ancora una volta, con una Oikawa/Kageyama. Io in realtà volevo scrivere una KageHina, porca miseria, ma probabilmente non sono ancora pronta a scrivere su quel pairing, anche se lo adoro.
Prima o poi ci riuscirò, per ora mi limito a scrivere sul mio secondo pair preferito (la OiKage appunto XD), sperando di essere riuscita a mantenere IC i personaggi in questo missing moment che era nato come un semplice spaccato sull'infanzia di Tooru e Tobio, ma che ha preso vita propria senza che io potessi farci nulla.
I personaggi non mi appartengono, io ci scrivo sopra per puro diletto e senza alcun fine di lucro per queste cose oscene. Vi auguro una buona lettura ù_ù
Ps: sì, il titolo fa pena, ma io sono veramente una schiappa a sceglierli e questo mi sembrava divertente e un po' ironico, visto che è il fulcro di tutto (nella mia mente malata, ovviamente XD).

By
athenachan

Autore: athenachan (mikki~ sul forum)
Titolo: Il Castello Affogato.
Fandom: Haikyuu!!
Personaggi/Paring: Tobio Kageyama, Tooru Oikawa.
Rating: Verde.
Genere: Malinconico, Sentimentale.
Avvertimenti: Missing Moment, What If?
Introduzione: Ci sono ricordi che sembrano niente, dettagli che non riteniamo importanti nel nostro passato, ma che ci portiamo dietro per anni, a volte per tutta la vita.
Note dell'autore: In realtà era tutta un'altra la mia idea, con un'altra coppia, ma poi questa mi ha rapito il cuore e ho preferito usare loro due. Il titolo è demenziale, lo ammetto, quindi non ho niente da dire su questo XD Io volevo soltanto mettere un missing moment sul passato di Tobio e Tooru, ma mi è sfuggito di mano.
Potrebbe essere considerata una pre-coppia ma anche una OiKage. Oppure niente, insomma è a libera interpretazione, anche se io preferisco vederla con occhi da slasher.


Prompt di base: Gita/vacanza/trascorso al mare”
Prompt aggiuntivi: “Castello di sabbia” e “Scottatura”


Il Castello Affogato

Il club di pallavolo della Kitagawa Daiichi era solita, nei mesi estivi, andare al mare.
Non era per una vacanza, ma per allenarsi. Era un rito, qualcosa di assimilato con il tempo e che tutti i giocatori per i tre anni delle medie, sperimentavano. La sabbia era un ottimo allenatore, sia per le gambe che per il fisico e dopo i tre giorni intensivi, già si vedevano i risultati negli allenamenti in palestra.
Prendere un pullman al mattino presto e andare in uno dei fine settimana più caldi, saltando due giorni di scuola più un giorno di riposo, era un'abitudine ormai entrata nel modo di pensare della squadra, così nessuno si stupiva quando – iniziato il periodo estivo – si decidevano i giorni in cui partire.
Il posto era piuttosto vicino: distava solo due o tre ore dalla loro scuola e aveva una pensione alla mano, che finivano per farsi riservare durante la durata del loro soggiorno. La spiaggia era grande e dotata di un campo da beach volley, anche se poi la si usava solo durante il tempo libero, poiché ci si soffermava maggiormente sul potenziamento di gambe e resistenza fisica sotto il sole.
Anche quella volta avevano fatto così e come sempre il pomeriggio dopo le quattro potevano stare un po' tranquilli, fino all'ora di cena: allenarsi tutto il giorno sarebbe stato controproducente per il fisico e nessuno voleva saltare gli allenamenti, preziosissimi dato che erano contati in quella sede.
Erano quaso tutti in acqua in quel momento, che sguazzavano ognuno per i fatti propri.
Tobio, invece, aveva optato per bagnarsi solo un po' le caviglie e le spalle, prima di ritornare all'ombra: non amava molto il sole e la sabbia; sin da bambino non aveva mai amato quel genere di luoghi, troppo affollati e chiassosi, per lui che preferiva la solitudine.
Oikawa uscì dall'acqua qualche minuto più tardi, individuando Kageyama seduto su un muretto, anche se sembrava pressoché lessato nonostante si fosse premurato di trovare un posto fresco. Guardò nella sua direzione per qualche secondo, prima di osservare verso il mare, a soli pochi passi da lui.

Era successo tanti anni prima, abbastanza perché lo si potesse dimenticare con facilità.
Non era stato che un caso, il loro primo incontro.
Seduto sulla riva, il piccolo Tooru cercava di costruire il suo enorme castello – nessuno lo aveva avvertito che stando così vicino al bagnasciuga, il mare se lo sarebbe facilmente portato via a ogni onda più lunga delle altre.
Aveva sei anni ed era la prima volta che lo portavano al mare, o almeno che la sua baby sitter ce lo portava – sua madre era troppo impegnata per farlo e lui veniva spesso lasciato da solo, a casa, con una ragazza o un ragazzo che lo guardasse durante i pomeriggi e le mattine in cui non era a scuola, a volte persino la sera. Non era una cosa che gli pesava, o almeno non sembrava esserlo: trovava sempre qualcosa da fare, durante il suo tempo libero.
Aveva scoperto di essere molto bravo a giocare a palla e spesso se ne vantava col bambino che abitava nella villetta di fianco. Non andavano a scuola assieme ed era piuttosto manesco, lo maltrattava sempre. Tooru non se la prendeva, non gli faceva male, e poi gli bastava qualcuno che gli parlasse o lo facesse sentire bravo in qualcosa.
Sua madre non aveva tempo per vederlo mentre giocava con la palla, mentre costruiva un castello di sabbia o mentre si arrampicava su un albero del giardino; era sempre al lavoro e lui non voleva disturbarla, con tutto quello che aveva da fare. Le voleva bene, d'altronde lei almeno tornava a casa.
Non come suo padre, che se ne era andato all'estero e chiamava una volta al mese.
Era impegnato nella sua opera di scultura, quando si rese conto di essere osservato.
Girò lo sguardo di fianco, vedendo un bambinetto con le braccia ben ancorate contro i fianchi e l'espressione interessata, che guardava il suo ammasso di sabbia non ancora rassomigliante alla fortezza dei suoi sogni.
«Che c'è?» chiese, per nulla intimorito dal fatto che non lo conoscesse.
Aveva gli occhi blu - non ne aveva mai visti di quel colore e i capelli neri, tagliati cortissimi; sembrava un pulcino spelacchiato e indossava un paio di pantaloni corti con sopra una maglietta. «... Cosciè?»
«Un castello!» esclamò orgoglioso, rimettendosi in piedi e notando che era più basso di lui – doveva anche essere più piccolo, visto il tono che aveva osato. «Non lo sciembra.»
Tooru sbuffò. «Certo che no, non è ancora finito!»
Il bambino sembrò pensare qualche istante, prima di andarsi a sedere proprio di fianco ai suoi piedi, vicino al cumulo di sabbia che, nella sua mente, presto sarebbe diventato un bellissimo castello con tanto di fossato e mura altissime.
«Poscio vedere?» teneva le braccia rigide, le mani poggiate sulla sabbia e i pugni stretti; notò un rossore diffuso sul viso pallido e si lasciò convincere, benché non amasse essere osservato senza avere la certezza del risultato: gli piaceva essere lodato, non certo deriso. «Solo se stai in silenzio.»
Il più piccolo annuì e, per le due ore successive, rimase in perfetto silenzio, osservandolo senza dire una sola parola. Non rise quando un'onda enorme distrusse tutto il suo lavoro, rimase semplicemente lì, gli occhi blu enormi e le lacrime agli occhi, mentre Tooru si metteva a sbraitare contro le onde, ma con gli occhi asciutti.
Fu solo quando l'altro bambino venne portato via da una donna che gli assomigliava tantissimo, che si permise di mettersi a piangere in silenzio, stringendo la sabbia bagnata del suo castello ormai svanito.
Quel giorno Oikawa Tooru capì che non poteva riuscire in tutto quello che si prefiggeva: imparò cos'era il fallimento.

«Oikawa-senpai...»
La voce del suo kohai lo distrasse dal ricordo di parecchi anni prima, facendolo voltare leggermente, in modo da vedere l'altro in piedi a qualche passo da lui: quella situazione era simile a quella che aveva appena rievocato. Solo che erano grandi ormai.
«Che vuoi, Tobio-chan?»
Il più giovane sembrò esitare, prima di stringere i pugni contro i fianchi coperti con i pantaloni del costume, per poi schiudere la bocca in una smorfia e parlare, in tono incerto.
«Era solo un ammasso di sabbia, non sapevi nemmeno farlo un castello, vero?»
Oikawa strabuzzò lo sguardo: pensava non se lo ricordasse o, forse, sperava non lo rammentasse. Una parte di sé era rimasta piuttosto ferita dal suo infantilismo, sebbene non fosse scoppiato a piangere di fronte al Kageyama bambino. «C-cosa?! Certo che sapevo farlo! Sono bravissimo in queste cose!»
Il ragazzo moro tacque, forse non sapendo cosa rispondere esattamente, prima che Tooru decidesse di mettere in chiaro la situazione, visto che era lui il più grande, non erano cambiate le cose. Doveva essere lui, quello preso a esempio.
«Piuttosto... Come cavolo parlavi a quattro anni? Avevi una 's' strana.»
«Ero un bambino.»
«Io a quattro anni parlavo perfettamente!» non disse più niente Kageyama, scuotendo il capo di fronte all'ostinazione del suo senpai. Sapeva benissimo che non avrebbe mai ammesso che quel castello non sarebbe mai diventato tale, anche senza l'intervento delle onde che lo avevano abbattuto.
Ricordava poche cose, di quel giorno, ma gli era rimasto impresso nella mente l'espressione concentrata di Oikawa: aveva lo stesso tipo di sguardo quando batteva, chiaro segno che ci stava mettendo davvero tutto di sé per riuscire. Era una cosa che Tobio apprezzava, gli era piaciuto fin da subito quello sguardo e, nell'ingenuità dei suoi quattro anni, si era detto che avrebbe voluto essere forte proprio come quel bambino più grande, che giocava da solo a fare un castello di sabbia senza l'aiuto di nessuno.
Kageyama poi parve accorgersi di un particolare, osservando la schiena nuda di Oikawa, chinato sul bagnasciuga. Era ormai asciutto dopo il bagno che aveva fatto con gli altri un quarto d'ora prima. «Senpai, andiamo o ti prenderai un'insolazione. Hai la schiena di un colore strano.»
Tooru si voltò, un sorriso divertito che scocciò l'espressione di Tobio. «Ti stai preoccupando per me, Tobio-chan?» sembravano parole cariche di sottintesi, mentre si alzava e, passandosi una mano dietro la schiena, rabbrividiva. Forse il suo kohai aveva ragione, forse era meglio togliersi dal sole di mezzogiorno se non voleva rischiare di ustionarsi, considerando la pelle troppo sensibile e che, dopo il bagno, non si era rimesso la crema aspettando piuttosto di asciugarsi al caldo.
Non vide il rossore diffuso che, dopo le sue parole, era scoppiato sul viso della matricola.
Non lo vide, anche perché l'altro si premurò di correre via non appena si fu rialzato, seppure ancora voltato di schiena.
«Andiamo a mangiare qualcosa?» propose, ma Tobio era già andato avanti, verso il campo da beach dove il resto della squadra si era messo a giocare.
Oikawa sbuffò: non gli dava mai troppe soddisfazioni al di fuori del campo. Ma almeno lo considerava il suo idolo come alzatore, il suo obiettivo e questo, per Tooru, era abbastanza da sentirsi soddisfatto, almeno per il momento. Chissà se avrebbe continuato a considerarlo tale? Non lo sapeva: mancavano pochi mesi, prima che lui si iscrivesse alla Aoba Josai, troppo poco per avere la certezza che Kageyama Tobio lo seguisse.
Era un primino ingenuo, che facilmente lo irritava e che maltrattava sempre di fronte agli altri e anche quando erano da soli... Ma in qualche modo, sapeva che non lo avrebbe lasciato solo: troppa era la sua ammirazione nei suoi confronti, troppa la voglia di emularlo, per non osservarlo anche fuori dal campo di pallavolo.

«AHIA! IWA-CHAN MI FAI MALE!»
«Oh, piantala Oikawa.» Iwaizumi gli stava passando la crema dopo-sole sulla schiena, ma era troppo tardi ormai per evitare che la scottatura non facesse male. E di certo Hajime non sembrava intenzionato a rendere l'esperienza poco dolorosa per il suo compagno di squadra, seduto sul letto della loro tripla che condividevano con Kageyama.
Nessuno lo aveva voluto come compagno di stanza, probabilmente per via del suo atteggiamento leggermente egoista che, a Oikawa, intrigava abbastanza in verità. Gli piaceva il modo in cui si considerava più bravo rispetto agli altri, ma non rispetto a lui. Era una forma di rispetto che apprezzava particolarmente, reduce del fatto che Tooru amasse essere considerato bravissimo sul campo.
I lamenti del ragazzo dai capelli castani parvero irritare sopra ogni limite Iwaizumi che, dopo una manata nel mezzo della schiena e relativo grido ben poco virile del compagno, si fece indietro: aveva una vena pulsante sulla fronte: probabilmente lo avrebbe picchiato a breve.
«Kageyama, fallo tu, altrimenti lo faccio fuori.»
Tobio, che era rimasto tutto il tempo in silenzio seduto sul proprio letto, alzò lo sguardo dalla rivista sportiva, l'espressione sorpresa dalle parole del senpai. «Iwa-chan, spero tu stia scherzando. Lui non ne è in grado, morirò!»
«Oh, smettila. Kageyama, muoviti.» il suddetto, dopo qualche attimo di incertezza, si alzò dal letto, avanzando indeciso verso gli altri due. Hajime, gli porse il tubetto di crema e lo avvisò di chiamarlo una volta finito, perché aveva mal di testa a furia dei lamenti del loro compagno.
«Fai piano. PIANO.» sottolineò Oikawa, prima di chinarsi in avanti e chiudere gli occhi, come un bambino, mentre il moretto si metteva un po' di crema sulle mani e lo massaggiava sulle spalle bordeaux e poi lungo la spina dorsale bollente: doveva fargli malissimo – infatti non si risparmiò nel mugolare dolorante, mentre la pelle secca e ustionata rabbrividiva sotto i polpastrelli rapidi, ma attenti di Tobio.
Non ci volle molto altro tempo: dieci minuti dopo, infatti, Tooru giaceva sdraiato pancia sotto sul proprio letto, la schiena rossa brillante sia per il color aragosta ormai preso, sia per la crema che riluceva sulla sua pelle martoriata. Sospirava afflitto, mentre Kageyama sembrava apparentemente indifferente alla situazione e, dopo essersi risciacquato le mani, si andava nuovamente a sedere sul letto per riprendere la lettura.
Il senpai Iwaizumi era scomparso e, anche se aveva provato a cercarlo, gli avevano detto che era sceso nuovamente in spiaggia. Tobio non aveva voglia di uscire dalla pensione, così aveva optato semplicemente per tornarsene in stanza, seppure i lamenti dell'alzatore titolare non fossero poi una buona colonna sonora.

I minuti passarono lentamente e senza più lamenti, tanto che per un po' di tempo, la matricola si chiese se il senpai si fosse addormentato. Non era così, infatti qualche attimo più tardi, la voce di Oikawa invase nuovamente la stanza. «Tobio-chan... Tu lo sai fare un castello di sabbia?»
Kageyama distolse lo sguardo dalla carta patinata. «Ho fatto una scultura di argilla quando andavo alle elementari.»
«Non è un castello! Non hai neppure usato la sabbia!»
«L'argilla è sabbia...»
«No, non lo è!» attimi di silenzio, prima che la voce di Oikawa, ancora una volta, rompesse il silenzio surreale che si era andato a creare tra loro. Di nuovo.
«Era bella?»
«Gli altri dicevano di sì.» non disse che aveva vinto il primo premio. Ancora non ne capiva il motivo: lui non l'aveva trovata così bella, quella statuetta a forma di gatto della fortuna; anzi, era proprio brutta e l'aveva fatta controvoglia, costretto dalle maestre per uno stupido concorso interscolastico.
«Allora domani facciamo un castello di sabbia. Se mi aiuti ti insegno a battere.»
«Davvero?»
«Sì, se verrà bene.»
Tobio soffocò un sorriso timido contro il dorso della mano, arrossendo quando si rese conto di essere felice, tanto felice. Non aveva più osato chiedergli di insegnargli la battuta, convinto che lo odiasse e che non volesse più avere a che fare con lui per chissà quale motivo. Il senpai Oikawa era il suo ideale, lo continuava a essere e forse, anche una volta diplomato, avrebbe continuato a esserlo.


Fine

   
 
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