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Autore: Scheherazade_Reim    11/03/2015    1 recensioni
Il marchio del drago, secondo alcune leggende, rappresenta il tocco della divinità.
Si narra che coloro che possiedo il marchio siano segnate dalla sventura e dal dolore, poiché è solo nelle tenebre che si può trovare la luce e la bellezza che sfuggirebbe agli occhi dei comuni esseri umani.
Le persone marchiate sono offerte in sacrificio, in cambio d'immensi poteri e della possibilità di realizzare un desiderio.
Dopo la battaglia per la Sfera dei Quattro Spiriti, un altro viaggio ha inizio!
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kohaku, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 13-        

La situazione non lasciava spazio a molte decisioni: dovevano seguire gli abitanti del villaggio e scoprire cosa sapevano del suo marchio e della Bestia.

La mente di Reiko però era distante, ripensando all’attacco del demone di poco prima, anche se Kohaku l’aveva informata che in quei tempi era qualcosa di naturale lei non poteva fare a meno di pensare che ci fosse qualcosa al di sotto che sfuggiva alla loro attenzione.

Nulla erano valsi i richiami del ragazzo per cercare di riportarla alla realtà, dimenticando quanto accaduto, l’espressione sul suo volto rimaneva sempre pensierosa e meditabonda.

Al passare nel villaggio alcune persone sembravano spaventarsi alla vista di Reiko, altre, invece, s’inginocchiavano e pregavano chiedendo l’aiuto delle Divinità per proteggerli dalle sventure.

Non era la prima volta che assisteva a simili eventi, in quell’epoca, dove le morti abbondavano, erano quasi la routine quotidiana, ma associate a Reiko perdevano completamente valore ai suoi occhi.

La casa del capo villaggio accolse entrambi i viaggiatori con perfetta cortesia.

Rispetto alle altre dimore era molto più grande, nella sala in cui sedettero vi erano persino dei tatami, ma essendo un villaggio poco numeroso non vi erano oggetti che regalassero particolare prestigio.

Sedettero sopra dei morbidi cuscini mentre gli occhi di Reiko vagavano per la stanza, osservando i paraventi e le porte scorrevoli in carta di riso fino ad essere catturata da una strana lancia posta dietro il capo villaggio sopra un’apposita mensola – o qualcosa che si avvicinava.

Era sostenuta da un paio di aste ricurve che la tenevano sollevata dal pavimento.

Sulla lama era inciso il simbolo di un drago che ascendeva verso l’alto avvolgendo il corpo dell’arma sino all’impugnatura di legno. Gli occhi di Reiko furono completamente rapiti da quello strano oggetto e per un lungo istante non riuscì a pensare a nient’altro.

« Vi prego di scusare i miei compagni. L’ultima volta che una ragazza con il marchio è stata qui, questo villaggio ha sofferto terribilmente. » esordì l’uomo, sistemandosi seduto davanti ai due giovani.

« Ci racconti quello che sa. »
Fu Kohaku a porre quella richiesta a nome anche di Reiko completamente divisa sulla questione, da un lato avrebbe voluto ascoltare ogni cosa, mentre dall’altro sentiva che era meglio rimanere nell’ignoranza più totale.

Il capo villaggio incrociò le braccia davanti al proprio corpo, sospirando paziente e chiudendo gli occhi immergendosi nei ricordi di fatti accaduti in un lontano passato.

« E’ stato circa cinquant’anni fa, più o meno.

Nel nostro villaggio nacque una bambina con il volto marchiato da un drago. Inizialmente gioimmo, benedicendo quel segno come se fosse stata toccata da una divinità e tale fu il suo nome. Keiko (bambina benedetta). »

« ... Fanciulla benedetta … » mormorò Reiko con voce bassa.

« Esattamente. Tuttavia, capimmo ben presto che quel marchio non era un dono degli Dei, ma una maledizione. »

Il tono nella voce del capo villaggio era cambiato, passando da una tenue calma ad uno più profondo e colmo di rabbia e risentimento.

Sul suo volto si erano formate delle piccole rughe di espressione e le mani si chiusero a pugno sulle ginocchia. Non ci voleva molto a capire che questa ragazza, Keiko, doveva essere importante per quest’uomo.

« Scusate la domanda, ma Keiko era vostra figlia giusto? » domandò, incapace di trattenere ulteriormente la propria curiosità.

L’espressione cambiò nuovamente in una sorpresa, ma si rabbuiò in pochi istanti e tornò ad essere seria.

« Sì. Keiko era mia figlia, la mia povera disgraziata figlia. »

« Cosa le accadde? » domandò Kohaku.

In realtà, guardando le reazioni del capo villaggio, non c’era nemmeno bisogno di domandarlo e Kohaku lo sapeva anche fin troppo bene.

« … E’ morta, quando ha compiuto quattordici anni. »

Nella stanza calò il silenzio più totale mentre lasciavano a quell’uomo, a quel padre, il tempo per rielaborare quel dolore sopito e che probabilmente non si sarebbe mai spento.

Passarono diversi istanti, ma nessuno parlò. Il silenzio era divenuto una pesante veste che opprimeva persino l’aria che respiravano, alla fine il capo villaggio riprese a parlare.

« Era sempre stata una bambina dolce, solare e molto generosa. Quando compì dieci anni, nel nostro villaggio arrivò un monaco che lasciò quell’alabarda » girò appena il busto, indicando l’arma che da prima aveva catturato l’attenzione di Reiko.

Una strana sensazione la pervadeva ogni volta che il suo sguardo si posava su di essa, era come se il suo corpo, ogni cellula del suo essere, gridasse a gran voce. Scosse il capo, allontanando gli occhi da quell’oggetto.

« Disse che serviva per proteggerla dalla Bestia, una creatura che mirava a impadronirsi di un potente artefatto demoniaco custodito nel cuore della mia bambina. Non passò molto tempo che le parole del monaco si rivelarono veritiere. Ricordo ancora quella notte in cui la Bestia venne da me … »

A quell’affermazione il corpo di Reiko scattò in avanti.

Tentò di alzarsi, ma dopo diversi minuti seduta inginocchiata ottenne solamente l’effetto contrario, le mani si poggiarono così sul tatami mentre il suo occhi si trasfigurava lentamente alimentato dalla rabbia che provava.

Il capo villaggio lo notò immediatamente, sorprendendosi. Una reazione che stupì persino Kohaku, ma per il momento non fece domande. Non era ancora il momento opportuno.

« Ero in questa stessa stanza, solamente una fioca luce illuminava le tenebre e in quelle stesse vidi due occhi che mi fissavano. Erano come lame di ghiaccio … Non saprei spiegarlo, ma sentivo come se la mia anima diventasse più oscura davanti a quello sguardo. Non l’ho mai visto in volto, poiché rimase sempre nelle tenebre, mi disse solamente che voleva ciò che mia figlia possedeva e che era disposto a fare un patto con me. Avrebbe potuto esaudire qualsiasi desiderio, compreso quello di riportare indietro dal mondo dei morti l’anima della mia defunta moglie. »

Si fermò un istante, scuotendo il capo rassegnato.

Reiko cercava di calmarsi, di placare la sua rabbia e di tornare ad essere la persona calma e razionale che era sempre stata. Non mentiva quell’uomo, lo sapeva e lo vedeva sul suo volto, ma sentiva che il racconto non era ancora finito.

Tenne una mano sopra l’occhio, ancora trasformato, nascondendolo alla vista mentre Kohaku la osservava di soppiatto senza celare la sua preoccupazione.

Le parole di Myoga rimbombavano nella sua mente creando possibili scenari negativi, scosse nuovamente il capo, cacciando quei pensieri e tornando a guardare davanti a se con sicurezza e determinazione.

“No … Non voglio che muoia. Non voglio più … vedere morire delle persone a cui tengo … “

« Ovviamente … » esordì il capo villaggio, riprendendo il discorso da dove si era interrotto. « … Ho rifiutato quell’assurda offerta. Non importava quanto mi mancasse mia moglie, per me niente valeva più del sorriso di Keiko. La Bestia se ne andò da questa casa, non prima di aver minacciato terribili sciagure se non gli avessi consegnato mia figlia. E così avvenne. Il giorno seguente diversi demoni attaccarono il villaggio, animati da strane piccole sfere scure che donavano loro una immensa energia. »

« Gli occhi del drago … » mormorò Reiko, sorridendo amara e chinando il capo.

« L’alabarda che il monaco lasciò per la mia bambina si rivelò molto utile. Era in grado di bloccare gli effetti devastanti di quelle sfere, impedendo ai demoni di recuperare le loro energie ma solamente Keiko poteva manovrarla adeguatamente. Nessuno di noi, passati gli anni, è mai stato in grado di usarla a dovere. »

« Cosa significa? »

A porre la domanda fu nuovamente Kohaku, ma l’uomo non ripose portando una mano al viso per nascondere alla vista dei suoi ospiti delle lacrime.

« Era un peso troppo grande per una bambina, ma il villaggio aveva bisogno di lei e il suo animo generoso ha avuto la meglio … Gli Dei mi perdonino, non ho nemmeno provato a fermarla. Nemmeno una volta in quattro in anni. »

Reiko rimase in silenzio, abbassando la mano che teneva sull’occhio, ora tornato normale, osservando l’anziano capo villaggio. Il peso del senso di colpa aveva incurvato la sua schiena più che l’avanzare degli anni.

« Questo villaggio era stremato dopo quattro anni di lotte continue con i demoni. Alla fine, mia figlia, Keiko, ha ceduto alle parole della Bestia e ha stretto un patto con lui. »

« Un patto? » domandarono in coro Kohaku e Reiko.

Il capo villaggio annuì con fare grave.

« Sì. Mia figlia s’immolò come sacrificio e da quel giorno i demoni smisero di attaccarci, questo fu il patto che strinse con quell’immonda creatura! »

Questa fu la fine del racconto del capo villaggio mentre questi si alzava con faticava, poggiando una mano sul ginocchio indebolito e avvicinandosi alla mensola sulla quale era risposta con cura l’alabarda che Keiko usava per combattere.

Una cosa era chiara da quel racconto: quella non era una semplice arma, donata da un monaco per combattere la Bestia. No, quell’oggetto le apparteneva.
Una strana energia vi scorreva al suo interno, quando il suo occhio si era risvegliato aveva potuto vederlo molto chiaramente, ma c’era qualcosa di sbagliato. Lo sentiva.

L’uomo afferrò l’arma con entrambe le mani, sollevandola dal rialzo, girandosi nuovamente verso i suoi ospiti.

I suoi sguardi erano tutti per Reiko, la fanciulla del marchio che tanto ricordava sua figlia, fu davanti a lei che s’inginocchiò tendendo le braccia per porgerle l’alabarda.

« Nessuno di noi può usare quest’arma, oramai ha perso il suo potere, ma sono convinto che tu possa riuscirci. »

« … Non ne sono molto convinta … » mormorò Reiko, ancora assorta nei suoi pensieri ma con lo sguardo catturato da quell’oggetto.

L’uomo scosse il capo mestamente prima di rispondere.

« Il monaco pronunciò queste parole quando affidò l’arma a noi: “fintanto che la fanciulla marchiata dai draghi non vacillerà nello spirito, e nel cuore, quest’arma non fallirà”. Io lo credo con tutto me stesso … »

Kohaku la osservo mentre incerta afferrava l’arma tra le mani.

La storia dell’uomo aveva chiarito loro alcuni punti, ma c’erano altre ombre che rimanevano ancora presenti. La prima, e la più importante, l’identità di questa misteriosa creatura che si faceva chiamare solo Bestia.

Una mano si poggiò contro il mento mentre rifletteva su quanto avevano scoperto, in particolare sullo strano accordo che aveva proposto. In passato, quando ancora Naraku era in vita, aveva assistito a scene simili ma il tramite era sempre un frammento della sfera dei Quattro Spiriti. Un oggetto davvero potente, in grado di compiere qualsiasi prodigio – come riportare in vita anche i morti.

“In qualche modo, potrebbe essere davvero collegato a Naraku … “

Quel pensiero non rendeva certo le cose più facili.

Il capo villaggio offrì loro un posto dove fermarsi per quella sera, come aveva inizialmente promesso, ma invitando Reiko a non lasciare la dimora per nessun motivo al mondo. Il villaggio non aveva mai dimenticato i lunghi anni di attacchi contro i demoni, voleva evitare che la giovane pellegrina fosse vittima di qualche occhiata poco benevola o peggio ancora.

Non era il tipo di donna che amava celarsi, ma non aveva molta scelta: voleva evitare di causare meno danni possibili.

« Ti arrendi così facilmente? » domandò Kohaku, una volta che furono accompagnati nella loro camera.

Era una stanza spaziosa impreziosita dai tatami posti sul pavimento, un paravento decorato con immagini naturali, invece, era nell’angolo opposto alla porta accanto all’armadio a muro dotato di porte scorrevoli.
Reiko poggiò l’alabarda a lato della stanza, sospirando e sedendosi a terra.
« Non è che ci sia molta scelta. »

« Vuol dire che ti fidi di quanto ci ha detto il capo villaggio? »

« Ho detto che non c’è scelta, ma questo non fa di me una persona stupida. » lo rimproverò Reiko, rivolgendogli un occhiata severa e dispregiativa.

« E’ chiaro che non ci ha detto tutto. Per esempio … Come faceva a sapere che la figlia ha stretto un patto con la Bestia? La sua vita per il villaggio … E’ tutto molto romantico, ma non me la bevo. No. » incrociò le gambe a terra, afferrando le caviglie con le mani e tenendole vicino al suo corpo.

« No, ci deve essere qualcos’altro in questa storia. Non penso che Keiko si sarebbe arresa senza nemmeno provare. Il cuore può cedere, questo è vero, ma se stava davvero combattendo per il bene del villaggio allora non avrebbe mai gettato via la sua vita e inoltre … »

Si fermò, bloccando le parole sulla punta della lingua e ricacciandole indietro.

Erano solamente suoi pensieri, per altro privi di fondamento, i suoi occhi incontrarono quelli scuri e profondi di Kohaku e chinò nuovamente il capo.

Il capo villaggio aveva raccontato la verità, sempre, non aveva scorto nessuna traccia di menzogna in lui. Eppure, qualcosa non tornava.

« Inoltre, cosa? » domandò Kohaku, inginocchiandosi vicino a lei e scrutando con attenzione il suo sguardo. Era l’unico modo che conosceva per capire quando nascondeva qualcosa, in quel breve tempo che l’aveva conosciuta era il solo indizio per comprenderla.

« … Non è niente, davvero. »

« A me non sembrava. Le tue intuizioni sono molto sensate … »

« E sono solo questo. Intuizioni. Se non ho nemmeno una prova a sostenere quello che dico sono utili come un sasso in una scarpa, cioè a niente. » sbottò Reiko, alzandosi in piedi di scatto e rivolgendogli un’occhiata dura e inflessibile.

« Questo non puoi saperlo … » replicò Kohaku, alzandosi e tornando a fissare il suo sguardo in quello di lei.

Rispetto a quando la conobbe nel bosco poco tempo fa, e la notte precedente, le sembrò completamente diversa. Non aveva mai incontrato una persona come lei, qualcuno che cambiasse così repentinamente umore e in maniera così radicale.

« Se vuoi accusare qualcuno devi avere delle prove. Io non ne ho, ho soltanto una versione della storia e sai cosa succede quando senti solo una versione? » domandò lei senza retrocedere, scrutandolo con fare indagatore.

« No, dimmelo tu. »

« Hai ascoltato solo quella versione. Io non mi fido al cento per cento, ma quell’uomo non mentiva, sono sicura, e se non stava mentendo vuol dire che qualcun altro gli ha detto qualcosa. E io non lo so, Kohaku … Odio non sapere cosa accade. Anche prima era così, quando sono arrivata qui. Ho sempre cercato di tenere tutto assieme nella mia mente sforzandomi di sapere, di capire … »

Quando l’aveva incontrata la prima volta era sola, spaventata e chiaramente confusa ma aveva visto anche un incredibile dose di sangue freddo. In quel momento capì di avere sbagliato.

Lei non era sicura, doveva esserlo per sopravvivere.

Qual’era stata la sua vita prima di quel giorno? Cosa aveva visto?
Voleva conoscere molte più cose, voleva sapere tutto di quella ragazza che vedeva lontano come una bellissima luna.

« Ho bisogno di capire, Kohaku … E di te solo mi posso fidare. Soltanto tu puoi aiutarmi in questa storia. »

A quelle improvvise parole sobbalzò, il respiro morì in gola e gli occhi si spalancavano dallo stupore.

Reiko, la fanciulla che tutti credevano portatrice di sventura in quel villaggio, la stessa ragazza che doveva dominare il suo cuore per non essere divorata dai demoni si mostrava ai suoi occhi con le gote appena colorate di rosso.

Sentì la sua mano muoversi lentamente in avanti, attirata inesorabilmente verso di lei, sfiorandole il viso con la punta delle dita. Tanto quanto Kohaku, anche Reiko rimase sorpresa da quel gesto che non si aspettava, si limitò a guardarlo con stupore crescente nel constatare che la sua mano non si ritirava e che, anzi, si appoggiò meglio contro la sua guancia.

Istintivamente portò la sua mano sopra quella di lui, stringendola nella propria e chiudendo gli occhi si lasciò andare a quella carezza.

« Mi aiuterai? » domandò con voce flebile, quasi temesse di rompere quella sorta di legame che somigliava più a un filo sottile.

« Non dovresti nemmeno chiederlo … » rispose lui, accennando un sorriso e ritirando la mano.

Le aveva detto molto chiaramente che era lontana, probabilmente in senso metaforico, per questo quel gesto sembrò avere un qualche significato particolare ai suoi occhi.

“Adesso, sono un po’ più vicina a te?” un sorriso increspò gli angoli delle sue labbra a quel pensiero.

“E’ davvero uno sciocco … “

Si decise che Kohaku avrebbe fatto qualche domanda al villaggio, chiedendo qualche informazione, senza menzionarla direttamente, dei fatti accaduti anni prima e sul destino di Keiko. Lei, dal canto suo, avrebbe cercato qualche informazione in quella ampia dimora e magari qualche indizio in più per scoprire l’origine di quella creatura che da tempo la perseguitava.

Kohaku non si sentiva tranquillo a lasciarla da sola, ma aveva capito che poteva difendersi anche da sola e per maggiore sicurezza aveva lasciato Kirara con lei. Sembrava essersi molto affezionata alla ragazza, rivelandosi ancora una volta come un’inesauribile fonte di sorprese.

Il tempo, però, era la sola cosa che non avevano a disposizione e che non potevano permettersi di perdere. Reiko cominciò a guardarsi intorno, perlustrando la casa da cima a fondo e facendo qualche domanda alle donne e agli uomini che lavoravano ma senza ottenere nessuna risposta. La evitavano, era evidente.

Teneva il capo chino, mormoravano preghiere al suo passaggio oppure, come in alcuni casi, si nascondevano. Il capo villaggio le aveva spiegato che il ricordo di quanto accaduto nel corso degli anni aveva influenzato l’animo della gente, cambiandolo in peggio.

“Sono solo scuse … “ pensò Reiko, tornando in camera e chiudendo la porta alle sue spalle.

“Cosa potevo aspettarmi in un epoca dove è facile essere superstiziosi?”
Scosse il capo, cacciando quei pensieri e concentrandosi invece sull’arma che quell’uomo le aveva dato.

Non mentiva quando diceva che non era certa di poterla usare.

Non tanto per mancanza di abilità, quanto per una strana sensazione che aveva avuto quando le fu più vicina. Non era la forma giusta, aveva immediatamente pensato, sorprendendosi lei stessa, e anche quando l’aveva sfiorata non c’era stato il solito formicolio alle dita.

« Se questa non è la tua forma … Allora qual è quella vera? »

Salve a tutti!

Allora, come al solito, vorrei ringraziare tutti voi che avete commentato e che state seguendo questa storia.

Di recente ho avuto una sorta di visione mistica e quasi non mi ricordavo di scrivere …. …. Poche balle, ho scoperto come far andare la playstation sul mio pc e la mia vita sociale è andata! Ahahaha!

In questo capitolo abbiamo scoperto qualcosa, non molto, sulla bestia e prima che me lo chiediate: l’arma finale non sarà quella lancia, ma qualcosa di più pratico per Reiko.

Nei piccoli villaggi si celano sempre oscuri segreti, voi cosa ne dite?

Vi ricordo, inoltre, le altre storie in elaborazione tra cui “9 persons; 9 hours; 9 doors” e “Totally Captivated”. Non dimenticate di dargli un occhio.

Al prossimo aggiornamento

Un abbraccio forte <3

Scheherazade

 

  
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