-Capitolo 13-
La situazione non lasciava spazio a molte
decisioni: dovevano seguire gli abitanti del villaggio e scoprire cosa sapevano
del suo marchio e della Bestia.
La mente di Reiko però era distante, ripensando
all’attacco del demone di poco prima, anche se Kohaku l’aveva informata che in
quei tempi era qualcosa di naturale lei non poteva fare a meno di pensare che
ci fosse qualcosa al di sotto che sfuggiva alla loro attenzione.
Nulla erano valsi i richiami del ragazzo per
cercare di riportarla alla realtà, dimenticando quanto accaduto, l’espressione
sul suo volto rimaneva sempre pensierosa e meditabonda.
Al passare nel villaggio alcune persone
sembravano spaventarsi alla vista di Reiko, altre, invece, s’inginocchiavano e
pregavano chiedendo l’aiuto delle Divinità per proteggerli dalle sventure.
Non era la prima volta che assisteva a simili
eventi, in quell’epoca, dove le morti abbondavano, erano quasi la routine
quotidiana, ma associate a Reiko perdevano completamente valore ai suoi occhi.
La casa del capo villaggio accolse entrambi i
viaggiatori con perfetta cortesia.
Rispetto alle altre dimore era molto più
grande, nella sala in cui sedettero vi erano persino dei tatami, ma essendo un
villaggio poco numeroso non vi erano oggetti che regalassero particolare
prestigio.
Sedettero sopra dei morbidi cuscini mentre gli
occhi di Reiko vagavano per la stanza, osservando i paraventi e le porte
scorrevoli in carta di riso fino ad essere catturata da una strana lancia posta
dietro il capo villaggio sopra un’apposita mensola – o qualcosa che si
avvicinava.
Era sostenuta da un paio di aste ricurve che la
tenevano sollevata dal pavimento.
Sulla lama era inciso il simbolo di un drago
che ascendeva verso l’alto avvolgendo il corpo dell’arma sino all’impugnatura
di legno. Gli occhi di Reiko furono completamente rapiti da quello strano
oggetto e per un lungo istante non riuscì a pensare a nient’altro.
« Vi prego di scusare i miei compagni. L’ultima
volta che una ragazza con il marchio è stata qui, questo villaggio ha sofferto
terribilmente. » esordì l’uomo, sistemandosi seduto davanti ai due giovani.
« Ci racconti quello che sa. »
Fu Kohaku a porre quella richiesta a nome anche di Reiko completamente divisa
sulla questione, da un lato avrebbe voluto ascoltare ogni cosa, mentre
dall’altro sentiva che era meglio rimanere nell’ignoranza più totale.
Il capo villaggio incrociò le braccia davanti
al proprio corpo, sospirando paziente e chiudendo gli occhi immergendosi nei
ricordi di fatti accaduti in un lontano passato.
« E’ stato circa cinquant’anni fa, più o meno.
Nel nostro villaggio nacque una bambina con il
volto marchiato da un drago. Inizialmente gioimmo, benedicendo quel segno come
se fosse stata toccata da una divinità e tale fu il suo nome. Keiko (bambina benedetta). »
« ... Fanciulla benedetta … » mormorò Reiko con
voce bassa.
« Esattamente. Tuttavia, capimmo ben presto che
quel marchio non era un dono degli Dei, ma una maledizione. »
Il tono nella voce del capo villaggio era
cambiato, passando da una tenue calma ad uno più profondo e colmo di rabbia e
risentimento.
Sul suo volto si erano formate delle piccole
rughe di espressione e le mani si chiusero a pugno sulle ginocchia. Non ci
voleva molto a capire che questa ragazza, Keiko, doveva essere importante per
quest’uomo.
« Scusate la domanda, ma Keiko era vostra
figlia giusto? » domandò, incapace di trattenere ulteriormente la propria
curiosità.
L’espressione cambiò nuovamente in una
sorpresa, ma si rabbuiò in pochi istanti e tornò ad essere seria.
« Sì. Keiko era mia figlia, la mia povera
disgraziata figlia. »
« Cosa le accadde? » domandò Kohaku.
In realtà, guardando le reazioni del capo
villaggio, non c’era nemmeno bisogno di domandarlo e Kohaku lo sapeva anche fin
troppo bene.
« … E’ morta, quando ha compiuto quattordici
anni. »
Nella stanza calò il silenzio più totale mentre
lasciavano a quell’uomo, a quel padre, il tempo per rielaborare quel dolore
sopito e che probabilmente non si sarebbe mai spento.
Passarono diversi istanti, ma nessuno parlò. Il
silenzio era divenuto una pesante veste che opprimeva persino l’aria che
respiravano, alla fine il capo villaggio riprese a parlare.
« Era sempre stata una bambina dolce, solare e
molto generosa. Quando compì dieci anni, nel nostro villaggio arrivò un monaco
che lasciò quell’alabarda » girò appena il busto, indicando l’arma che da prima
aveva catturato l’attenzione di Reiko.
Una strana sensazione la pervadeva ogni volta
che il suo sguardo si posava su di essa, era come se il suo corpo, ogni cellula
del suo essere, gridasse a gran voce. Scosse il capo, allontanando gli occhi da
quell’oggetto.
« Disse che serviva per proteggerla dalla Bestia, una creatura che mirava a
impadronirsi di un potente artefatto demoniaco custodito nel cuore della mia
bambina. Non passò molto tempo che le parole del monaco si rivelarono
veritiere. Ricordo ancora quella notte in cui la Bestia venne da me … »
A quell’affermazione il corpo di Reiko scattò
in avanti.
Tentò di alzarsi, ma dopo diversi minuti seduta
inginocchiata ottenne solamente l’effetto contrario, le mani si poggiarono così
sul tatami mentre il suo occhi si trasfigurava lentamente alimentato dalla
rabbia che provava.
Il capo villaggio lo notò immediatamente,
sorprendendosi. Una reazione che stupì persino Kohaku, ma per il momento non
fece domande. Non era ancora il momento opportuno.
« Ero in questa stessa stanza, solamente una
fioca luce illuminava le tenebre e in quelle stesse vidi due occhi che mi
fissavano. Erano come lame di ghiaccio … Non saprei spiegarlo, ma sentivo come
se la mia anima diventasse più oscura davanti a quello sguardo. Non l’ho mai
visto in volto, poiché rimase sempre nelle tenebre, mi disse solamente che
voleva ciò che mia figlia possedeva e che era disposto a fare un patto con me. Avrebbe potuto esaudire
qualsiasi desiderio, compreso quello di riportare indietro dal mondo dei morti
l’anima della mia defunta moglie. »
Si fermò un istante, scuotendo il capo
rassegnato.
Reiko cercava di calmarsi, di placare la sua
rabbia e di tornare ad essere la persona calma e razionale che era sempre
stata. Non mentiva quell’uomo, lo sapeva e lo vedeva sul suo volto, ma sentiva
che il racconto non era ancora finito.
Tenne una mano sopra l’occhio, ancora
trasformato, nascondendolo alla vista mentre Kohaku la osservava di soppiatto
senza celare la sua preoccupazione.
Le parole di Myoga rimbombavano nella sua mente
creando possibili scenari negativi, scosse nuovamente il capo, cacciando quei
pensieri e tornando a guardare davanti a se con sicurezza e determinazione.
“No … Non voglio che muoia. Non voglio più …
vedere morire delle persone a cui tengo … “
« Ovviamente … » esordì il capo villaggio,
riprendendo il discorso da dove si era interrotto. « … Ho rifiutato
quell’assurda offerta. Non importava quanto mi mancasse mia moglie, per me
niente valeva più del sorriso di Keiko. La Bestia
se ne andò da questa casa, non prima di aver minacciato terribili sciagure se
non gli avessi consegnato mia figlia. E così avvenne. Il giorno seguente
diversi demoni attaccarono il villaggio, animati da strane piccole sfere scure
che donavano loro una immensa energia. »
« Gli occhi del drago … » mormorò Reiko,
sorridendo amara e chinando il capo.
« L’alabarda che il monaco lasciò per la mia
bambina si rivelò molto utile. Era in grado di bloccare gli effetti devastanti
di quelle sfere, impedendo ai demoni di recuperare le loro energie ma solamente
Keiko poteva manovrarla adeguatamente. Nessuno di noi, passati gli anni, è mai
stato in grado di usarla a dovere. »
« Cosa significa? »
A porre la domanda fu nuovamente Kohaku, ma
l’uomo non ripose portando una mano al viso per nascondere alla vista dei suoi
ospiti delle lacrime.
« Era un peso troppo grande per una bambina, ma
il villaggio aveva bisogno di lei e il suo animo generoso ha avuto la meglio …
Gli Dei mi perdonino, non ho nemmeno provato a fermarla. Nemmeno una volta in
quattro in anni. »
Reiko rimase in silenzio, abbassando la mano che teneva
sull’occhio, ora tornato normale, osservando l’anziano capo villaggio. Il peso
del senso di colpa aveva incurvato la sua schiena più che l’avanzare degli
anni.
« Questo villaggio era stremato dopo quattro anni di lotte
continue con i demoni. Alla fine, mia figlia, Keiko, ha ceduto alle parole
della Bestia e ha stretto un patto
con lui. »
« Un patto? » domandarono in coro Kohaku e
Reiko.
Il capo villaggio annuì con fare grave.
« Sì. Mia figlia s’immolò come sacrificio e da
quel giorno i demoni smisero di attaccarci, questo fu il patto che strinse con
quell’immonda creatura! »
Questa fu la fine del racconto del capo
villaggio mentre questi si alzava con faticava, poggiando una mano sul
ginocchio indebolito e avvicinandosi alla mensola sulla quale era risposta con
cura l’alabarda che Keiko usava per combattere.
Una cosa era chiara da quel racconto: quella
non era una semplice arma, donata da un monaco per combattere la Bestia. No, quell’oggetto le
apparteneva.
Una strana energia vi scorreva al suo interno, quando il suo occhio si era
risvegliato aveva potuto vederlo molto chiaramente, ma c’era qualcosa di
sbagliato. Lo sentiva.
L’uomo afferrò l’arma con entrambe le mani,
sollevandola dal rialzo, girandosi nuovamente verso i suoi ospiti.
I suoi sguardi erano tutti per Reiko, la
fanciulla del marchio che tanto ricordava sua figlia, fu davanti a lei che
s’inginocchiò tendendo le braccia per porgerle l’alabarda.
« Nessuno di noi può usare quest’arma, oramai
ha perso il suo potere, ma sono convinto che tu possa riuscirci. »
« … Non ne sono molto convinta … » mormorò
Reiko, ancora assorta nei suoi pensieri ma con lo sguardo catturato da
quell’oggetto.
L’uomo scosse il capo mestamente prima di
rispondere.
« Il monaco pronunciò queste parole quando
affidò l’arma a noi: “fintanto che la fanciulla marchiata dai draghi non
vacillerà nello spirito, e nel cuore, quest’arma non fallirà”. Io lo credo con
tutto me stesso … »
Kohaku la osservo mentre incerta afferrava
l’arma tra le mani.
La storia dell’uomo aveva chiarito loro alcuni
punti, ma c’erano altre ombre che rimanevano ancora presenti. La prima, e la
più importante, l’identità di questa misteriosa creatura che si faceva chiamare
solo Bestia.
Una mano si poggiò contro il mento mentre
rifletteva su quanto avevano scoperto, in particolare sullo strano accordo che
aveva proposto. In passato, quando ancora Naraku era in vita, aveva assistito a
scene simili ma il tramite era sempre un frammento della sfera dei Quattro
Spiriti. Un oggetto davvero potente, in grado di compiere qualsiasi prodigio –
come riportare in vita anche i morti.
“In qualche modo, potrebbe essere davvero
collegato a Naraku … “
Quel pensiero non rendeva certo le cose più
facili.
Il capo villaggio offrì loro un posto dove
fermarsi per quella sera, come aveva inizialmente promesso, ma invitando Reiko
a non lasciare la dimora per nessun motivo al mondo. Il villaggio non aveva mai
dimenticato i lunghi anni di attacchi contro i demoni, voleva evitare che la
giovane pellegrina fosse vittima di qualche occhiata poco benevola o peggio
ancora.
Non era il tipo di donna che amava celarsi, ma
non aveva molta scelta: voleva evitare di causare meno danni possibili.
« Ti arrendi così facilmente? » domandò Kohaku,
una volta che furono accompagnati nella loro camera.
Era una stanza spaziosa impreziosita dai tatami
posti sul pavimento, un paravento decorato con immagini naturali, invece, era
nell’angolo opposto alla porta accanto all’armadio a muro dotato di porte scorrevoli.
Reiko poggiò l’alabarda a lato della stanza, sospirando e sedendosi a terra.
« Non è che ci sia molta scelta. »
« Vuol dire che ti fidi di quanto ci ha detto
il capo villaggio? »
« Ho detto che non c’è scelta, ma questo non fa
di me una persona stupida. » lo rimproverò Reiko, rivolgendogli un occhiata
severa e dispregiativa.
« E’ chiaro che non ci ha detto tutto. Per
esempio … Come faceva a sapere che la figlia ha stretto un patto con la Bestia? La sua vita per il villaggio …
E’ tutto molto romantico, ma non me la bevo. No. » incrociò le gambe a terra,
afferrando le caviglie con le mani e tenendole vicino al suo corpo.
« No, ci deve essere qualcos’altro in questa
storia. Non penso che Keiko si sarebbe arresa senza nemmeno provare. Il cuore
può cedere, questo è vero, ma se stava davvero combattendo per il bene del
villaggio allora non avrebbe mai gettato via la sua vita e inoltre … »
Si fermò, bloccando le parole sulla punta della
lingua e ricacciandole indietro.
Erano solamente suoi pensieri, per altro privi
di fondamento, i suoi occhi incontrarono quelli scuri e profondi di Kohaku e
chinò nuovamente il capo.
Il capo villaggio aveva raccontato la verità,
sempre, non aveva scorto nessuna traccia di menzogna in lui. Eppure, qualcosa
non tornava.
« Inoltre, cosa? » domandò Kohaku,
inginocchiandosi vicino a lei e scrutando con attenzione il suo sguardo. Era
l’unico modo che conosceva per capire quando nascondeva qualcosa, in quel breve
tempo che l’aveva conosciuta era il solo indizio per comprenderla.
« … Non è niente, davvero. »
« A me non sembrava. Le tue intuizioni sono molto sensate …
»
« E sono solo questo. Intuizioni. Se non ho nemmeno una
prova a sostenere quello che dico sono utili come un sasso in una scarpa, cioè
a niente. » sbottò Reiko, alzandosi in piedi di scatto e rivolgendogli
un’occhiata dura e inflessibile.
« Questo non puoi saperlo … » replicò Kohaku, alzandosi e
tornando a fissare il suo sguardo in quello di lei.
Rispetto a quando la conobbe nel bosco poco tempo fa, e la
notte precedente, le sembrò completamente diversa. Non aveva mai incontrato una
persona come lei, qualcuno che cambiasse così repentinamente umore e in maniera
così radicale.
« Se vuoi accusare qualcuno devi avere delle prove. Io non ne
ho, ho soltanto una versione della storia e sai cosa succede quando senti solo
una versione? » domandò lei senza retrocedere, scrutandolo con fare indagatore.
« No, dimmelo tu. »
« Hai ascoltato solo quella
versione. Io non mi fido al cento per cento, ma quell’uomo non mentiva, sono
sicura, e se non stava mentendo vuol dire che qualcun altro gli ha detto
qualcosa. E io non lo so, Kohaku … Odio non sapere cosa accade. Anche prima era
così, quando sono arrivata qui. Ho sempre cercato di tenere tutto assieme nella
mia mente sforzandomi di sapere, di capire … »
Quando l’aveva incontrata la prima volta era sola,
spaventata e chiaramente confusa ma aveva visto anche un incredibile dose di
sangue freddo. In quel momento capì di avere sbagliato.
Lei non era sicura, doveva esserlo per sopravvivere.
Qual’era stata la sua vita prima di quel giorno? Cosa aveva
visto?
Voleva conoscere molte più cose, voleva sapere tutto di quella ragazza che
vedeva lontano come una bellissima luna.
« Ho bisogno di capire, Kohaku … E di te solo mi posso
fidare. Soltanto tu puoi aiutarmi in questa storia. »
A quelle improvvise parole sobbalzò, il respiro morì in
gola e gli occhi si spalancavano dallo stupore.
Reiko, la fanciulla che tutti credevano portatrice di
sventura in quel villaggio, la stessa ragazza che doveva dominare il suo cuore
per non essere divorata dai demoni si mostrava ai suoi occhi con le gote appena
colorate di rosso.
Sentì la sua mano muoversi lentamente in avanti, attirata
inesorabilmente verso di lei, sfiorandole il viso con la punta delle dita. Tanto
quanto Kohaku, anche Reiko rimase sorpresa da quel gesto che non si aspettava,
si limitò a guardarlo con stupore crescente nel constatare che la sua mano non
si ritirava e che, anzi, si appoggiò meglio contro la sua guancia.
Istintivamente portò la sua mano sopra quella di lui,
stringendola nella propria e chiudendo gli occhi si lasciò andare a quella
carezza.
« Mi aiuterai? » domandò con voce flebile, quasi temesse di
rompere quella sorta di legame che somigliava più a un filo sottile.
« Non dovresti nemmeno chiederlo … » rispose lui,
accennando un sorriso e ritirando la mano.
Le aveva detto molto chiaramente che era lontana,
probabilmente in senso metaforico, per questo quel gesto sembrò avere un
qualche significato particolare ai suoi occhi.
“Adesso, sono un po’ più vicina a te?” un sorriso increspò
gli angoli delle sue labbra a quel pensiero.
“E’ davvero uno sciocco … “
Si decise che Kohaku avrebbe fatto qualche domanda al
villaggio, chiedendo qualche informazione, senza menzionarla direttamente, dei
fatti accaduti anni prima e sul destino di Keiko. Lei, dal canto suo, avrebbe
cercato qualche informazione in quella ampia dimora e magari qualche indizio in
più per scoprire l’origine di quella creatura che da tempo la perseguitava.
Kohaku non si sentiva tranquillo a lasciarla da sola, ma
aveva capito che poteva difendersi anche da sola e per maggiore sicurezza aveva
lasciato Kirara con lei. Sembrava essersi molto affezionata alla ragazza,
rivelandosi ancora una volta come un’inesauribile fonte di sorprese.
Il tempo, però, era la sola cosa che non avevano a
disposizione e che non potevano permettersi di perdere. Reiko cominciò a
guardarsi intorno, perlustrando la casa da cima a fondo e facendo qualche
domanda alle donne e agli uomini che lavoravano ma senza ottenere nessuna
risposta. La evitavano, era evidente.
Teneva il capo chino, mormoravano preghiere al suo
passaggio oppure, come in alcuni casi, si nascondevano. Il capo villaggio le
aveva spiegato che il ricordo di quanto accaduto nel corso degli anni aveva
influenzato l’animo della gente, cambiandolo in peggio.
“Sono solo scuse … “ pensò Reiko, tornando in camera e
chiudendo la porta alle sue spalle.
“Cosa potevo aspettarmi in un epoca dove è facile essere
superstiziosi?”
Scosse il capo, cacciando quei pensieri e concentrandosi invece sull’arma che
quell’uomo le aveva dato.
Non mentiva quando diceva che non era certa di poterla
usare.
Non tanto per mancanza di abilità, quanto per una strana
sensazione che aveva avuto quando le fu più vicina. Non era la forma giusta,
aveva immediatamente pensato, sorprendendosi lei stessa, e anche quando l’aveva
sfiorata non c’era stato il solito formicolio alle dita.
« Se questa non è la tua forma … Allora qual è quella vera?
»
Salve a tutti!
Allora, come al
solito, vorrei ringraziare tutti voi che avete commentato e che state seguendo
questa storia.
Di recente ho
avuto una sorta di visione mistica e quasi non mi ricordavo di scrivere …. ….
Poche balle, ho scoperto come far andare la playstation sul mio pc e la mia vita sociale è andata! Ahahaha!
In questo
capitolo abbiamo scoperto qualcosa, non molto, sulla bestia e prima che me lo
chiediate: l’arma finale non sarà quella lancia, ma qualcosa di più pratico per
Reiko.
Nei piccoli
villaggi si celano sempre oscuri segreti, voi cosa ne dite?
Vi ricordo,
inoltre, le altre storie in elaborazione tra cui “9 persons; 9 hours; 9 doors”
e “Totally Captivated”. Non dimenticate di dargli un occhio.
Al prossimo
aggiornamento
Un abbraccio
forte <3
Scheherazade