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Autore: thankyouzayn    11/03/2015    1 recensioni
«Buon San Valentino, fiorellino», sussurri. «Ora puoi aprire gli occhi.»
© thankyouzayn | 2015
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Memories'
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Note autore:
Mi rendo perfettamente conto di essere ricicola perché dopo un mese mi presento con un racconto che parla di San Valentino ma, purtroppo, non posso fare altrimenti.
L'idea ha cominciato a balenarmi in testa una settimana dopo e in seguito ad una serie di eventi sono riuscita a finirla ieri in tarda serata e pubblicarla solo oggi. Possiamo aggiungere anche il fatto che sia maledettamente lenta e che questo abbia portato ad un ritardo clamoroso ma a questo dovrete farci l'abitudine.
Allora, rispetto a tutto quello che ho scritto in precedenza c'è meno romanticismo ma, don't worry, non è del tutto scomparso: non potrei mai osare.
È in un certo senso il “continuo” dell'ultima os che ho pubblicato e qualche riferimento è anche presente nel testo.
Zayn è Zayn e, come spesso mi ritrovo a dire, nonostante le giacche in pelle che indossa, l'aria da duro che assume e il nuovo taglio di capelli lo immagino nei panni del ragazzo premuroso e dolce. Per quanto riguarda la scrittura lui è il mio punto debole, non c'è soluzione.
Per adesso credo di aver terminato tutto quello che avevo da dire e spero soltanto che riuscirete ad apprezzare questo mucchio di parole esattamente come, piano piano, sto imparando a fare io.
Dico solamente che per ulteriori dubbi o qualsiasi altra cosa potete provare a contattarmi anche su 
Ask e che se passaste a dare un'occhiata per vedere quello che ho prodotto in questi mesi sarei davvero entusiasta di ciò: basta cliccare semplicemente qui.
Come al solito mi scuso per eventuali errori ortografici, spero di non avervi annoiato troppo e per concludere vi auguro una buona lettura. Nel frattempo, alla prossima. xx
-Micol :)


 

Valentine's day
 

14 Febbraio 2015, Los Angeles.

Gioco con i miei capelli mentre aspetto che tu concluda quella telefonata che sembra non finire mai. Ogni tanto mi lanci uno sguardo colpevole, mimando qualche scusa che io non riesco a capire a fondo perché subito dopo ti volti verso la grande finestra dalla quale entra la luce di quella mattina fredda ma soleggiata, con una mano nella tasca dei pantaloni che ti fasciano le gambe eccessivamente magre. Chiudi gli occhi esasperato.
«Mi dispiace, questa settimana non è proprio possibile.»
E capisco dal tono che stai usando che sei esausto, che vuoi goderti i pochi giorni di vacanza che sei riuscito ad ottenere e che speri di giungere ad un compromesso il prima possibile.
Pieghi la testa di lato mentre ti sfreghi pigramente il gomito e assumi l’espressione più concentrata che puoi offrire: la stessa che usi quando leggi le numerose mail o quando ti sforzi di capire qualcosa anche se sei troppo stanco per farlo. Aggrotti le sopracciglia e ti lasci sfuggire l’ennesimo sbuffo, leccandoti le labbra prima di parlare nuovamente. «Non sono in Inghilterra, al momento.» Ti sforzi dire. Poi, incastri il telefono tra la spalla e l’orecchio mentre assottigli gli occhi quando le voci dall’altro capo del telefono cominciano ad infastidirti e sistemi i pantaloni che ti solo scivolati sui fianchi. Allora ti passi una mano tra i capelli blaterando qualcos’altro a cui non riesco dare un senso preciso per colpa del trono troppo basso e ti accordi per la prossima settimana, non prima di aver alzato gli occhi al soffitto però.
«Alla prossima, arrivederci.» Saluti prima di chiudere la chiamata e voltarti verso di me: un sorriso colpevole sulle labbra sottili e perfette.
Ti schiarisci la voce, osservandomi a lungo, come poche altre volte hai fatto e penso sia una delle sensazioni più favolose che possano mai provare.
È inebriante essere sottoposti alla tua attenzione, essere l’oggetto della tua curiosità.
Vorrei che durasse sempre e per sempre.
Appoggi, poi, il telefono sul tavolino al centro del salotto e ti accomodi accanto a me, passandomi un braccio intorno alle spalle, come fai abitualmente. «Cosa vuoi fare oggi?» Domandi quindi accarezzandomi i capelli in un movimento rilassante e abituale. Io appoggio una mano sulla maglietta che indossi e stringo fra i denti il labbro inferiore per non sorridere più di quando stia già facendo, mentre assaporo quel momento tanto intimo. Ti osservo per qualche secondo, sfiorando con i polpastrelli il sottile stato di barba ispida che ti copre le guance e traccio il profilo della tua mascella: indecisa o meno se lasciarti un bacio. Alla fine abbandono la testa sul tuo petto quando la presa sulle mie spalle si fa leggermente più forte e solo allora mi ricordo della tua domanda.
«Tu hai qualche idea?» Le tue dita si appoggiano sotto il mio mento e lo alzano delicatamente, portando i miei occhi nei tuoi. Sfoggi il tuo sorriso affascinante, lo stesso con il quale mi ha completamente conquistata, e ti bagni le labbra mentre una strana luce si fa spazio nel tuo sguardo. «Si», comunichi. «Ho qualcosa in mente». Non vorrei ridere ma lo faccio: dalle mie labbra si libera una risata divertita per lo strano tono di voce che hai usato e per quello che leggo nel tuo sguardo. «Vuoi condividere i tuoi progetti con me?» Domando allora sorridente e una traccia di speranza si fa largo dentro di me. Tu scuoti la testa risoluto e, appoggiando le tue labbra sulle mie, farfugli un «Non adesso» che si dissolve non appena il tuo corpo sovrasta il mio e mi accarezzi la pelle come solo tu sai fare, facendomi dimenticare tutto quello di cui abbiamo parlato fino a quel momento e privandomi di ogni indumento: riuscendo a rendere indimenticabile anche quel momento.

«Andiamo?» Ripeti per l’ennesima volta mentre io mi ritrovo, ancora, a girare per la stanza con la maglietta che devo infilare ed un solo paio di jeans addosso, le scarpe ancora da cercare. «Altri cinque minuti», urlo allora io, passandoti davanti agli occhi. Ti sento ridere dietro di me e posso giurare che stai anche scuotendo la testa perché sei completamente cosciente del fatto che cinque minuti non mi sono affatto sufficienti e che dovrai portare ancora un po’ di pazienza: come sempre, del resto.
Vedo la tua figura riflessa nello specchio in cui mi sto osservando per provare a dare una forma ai capelli che, di stare a posto non ne vogliono proprio sapere e aspetto di averti più vicino a me. Proprio quando abbasso lo sguardo sui piedi, ricordandomi di non indossare nemmeno i calzini, il tuo braccio mi circonda la vita facendo cozzare i nostri bacini.
Le labbra che allora si aprono in un sorriso mentre sfiori il mio collo con esse, impedendomi così di vestirmi. Blocchi poi, in semplice gesto, le mie braccia quando provo a dimenarmi, ed io cerco di sfuggire alla tua presa ferrea. «Ti lascio altri cinque minuti, non di più.» Sussurri al mio orecchio, facendomi rabbrividire. «Potrei anche rischiare di portarti fuori così ma dopo dovrei preoccuparmi degli sguardi che ti riserverebbero gli altri ragazzi e quindi credo di poter evitare.» Aggiungi anche, un pizzico di malizia a macchiare il tono della tua voce. Io che ti osservo con il capo piegato di lato, divertita da tutto questo e con il vago sospetto che se non riuscissi a finire tutto in tempo rischierei davvero di uscire da questa stanza in modo non proprio consono.
«Va bene», farfuglio.
Tu allora mi lasci andare e ti allontani da me mentre i nostri sguardi continuano a rimanere in contatto attraverso lo specchio.
Quando il tempo è scaduto ho ancora il tubetto di mascara tra le dita e sono riuscita a malapena a vestirmi. Mi sento come in gabbia mentre ti appoggi allo stipite della porta e batti il dito sull’orologio che porti al polso, facendo intendere che è ora di andare. Alzo le mani, arresa e sorrido mentre corro a prendere le scarpe. Quando poi capisci che ci vorrebbe altro tempo per infilarmele sbuffi e alzi gli occhi al cielo prima di strapparmele dalle mani e caricarmi, senza troppi sforzi, sulla tua spalla. «Zayn!» Urlo sentendoti imprecare quando non trovi le chiavi della porta. «Fammi almeno prendere la borsa», mi lamento successivamente, vedendoti di sfuggita mentre afferri l’oggetto in questione e ti prepari ad uscire. Stringo il tuo maglione per aver maggior supporto e caccio via i capelli dal viso, riflettendo sul fatto che sembra quasi una scena di un film, ridicola oltretutto.
«Stai buona», dici quando tiro appena la manica ed il mio pugno ti arriva dritto nella schiena, in risposta.
Solo quando mi fai sedere sul sedile posteriore della macchina che hai raggiunto posso vedere il sorriso sghembo e divertito che ti sorge sul viso.
«Sul serio non vuoi dirmi dove hai intenzione di portarmi?» Domando ormai stufa della tortura a cui sono sottoposta da quando siamo saliti sull’ascensore.
Tu allora scuoti la testa e stringi la mano che ho abbandonato in mezzo ai nostri corpi e giocando con l’anello che tu stesso mi hai messo al dito ti volti nella mia direzione, catturando le mie labbra in un bacio veloce e casto.
Sei così felice e spensierato che io stessa, a stento, riesco a contenere l’euforia ed è davvero un piacere osservarti mentre hai la mente completamente libera da qualsiasi pensiero.
«Oggi c’è una bella giornata», constati velocemente buttando uno sguardo fuori dal finestrino oscurato del sedile posteriore. Io che scioccata e sorridente capisco che stai facendo apposta ad ignorare la mia domanda e che ti stai anche divertendo. «Fai sul serio?» Rinforzi la stretta sulla mia mano e ti sistemi i capelli con l’altra. A quel punto scrolli le spalle, fingendoti indifferente.
E così ti lascio un’ultima occhiata prima di appoggiare la testa sulla tua spalla e aspettando la tua prossima mossa borbotto qualcosa assestandoti, nel frattempo, una lieve gomitata nel fianco. «Insopportabile», aggiungo anche, vedendoti poi arricciare le labbra per trattenere la risata che rischia di compromettere l’aria indifferente che stai faticando a mantenere. «È una sorpresa», ti limiti a dire incastrando meglio le tue dita nelle mie e baciandomi il dorso della mano, io che mi agito nuovamente sul sedile faticando a mantenere la calma.
Quando poi l’auto rallenta e abbassi il finestrino per premere il bottone del piccolo telecomando io cerco di sbirciare ulteriormente, ma senza risultati. «Fai la brava», mi ammonisci, ripetendomi di tenere chiusi gli occhi e io sbuffo. «Dannazione», impreco sottovoce per essere stata beccata in fallo.
L’auto si ferma dopo qualche metro. La tua portiera si apre, scambi poi qualche parola con l’autista prima di ringraziarlo e, probabilmente, stringergli la mano. Sento il crepitio dei sassi sotto le suole delle tue scarpe mentre ti avvicini e mi aiuti a scendere. «Posso guardare?» Domando speranzosa. «No, non ancora», rispondi quindi tu, pazientemente.
Il tuo corpo si blocca improvvisamente, costringendomi a fare lo stesso.
Il tintinnio dell’oggetto che muovi mi affascina e riesco a percepire il tuo sorriso mentre mi lasci un veloce bacio sul collo.
«Buon San Valentino, fiorellino», sussurri. «Ora puoi aprire gli occhi.»
E quando sbatto le palpebre numerose volte prima di abituarmi alla luce che c’è quel giorno mi volto di scatto verso di te.
La casa imponente che sorge proprio davanti ai miei occhi è la cosa più bella che abbia mai visto e ha qualcosa di tanto famigliare che mi ammalia. Trattengo il respiro mentre mi mostri le chiavi che tieni tra le mani e ti sforzi di non ridere davanti alla mia espressione totalmente scioccata. «Allora? Cosa ne pensi?»
Vorrei darti del pazzo in quel momento, dire che è assurdo che tu abbia fatto una cosa del genere ma, tutto quello che riesco a fare è avvolgere le braccia attorno al tuo collo prendendo lo slancio necessario per aggrapparmi totalmente a te e circondare il tuo bacino con le gambe, ringraziandoti sotto voce. Tu afferri le mie cosce per tenermi stretta.
«Avanti. Vai a dare un’occhiata.» Non perdo tempo ad afferrare una delle tue mani e trascinarti con me ma, prima ancora che possa fare un passo dentro la nuova abitazione mi volto nuovamente verso di te e «Grazie», mi ritrovo a dire. Varcando la porta riesco solo a pensare che è la prima casa che condivideremo e tutto questo mi basta per essere felice. «Benvenuta in casa nostra», annunci, avvolgendo il tuo braccio attorno al mio corpo e attirandomi a te. Io che ti bacio la guancia e scappo in esplorazione. «Sei il migliore», mi affretto a dire, urlando a gran voce. Tu che ridacchi e i tuoi occhi seguono la mia figura.

  
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