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Autore: Laurelin_    11/03/2015    1 recensioni
"Sì piccola mia. . Sei figlia della stirpe del fuoco " mia madre mi fissò dritta negli occhi, mi vidi riflessa in quei pozzi scuri come la notte e profondi come l'oscurità di Morgoth, ma pieni di un grande amore e comprensione "i miei capelli.. "sussurai con un filo di voce "si tesoro erano il colore di quelli di tuo padre" " perché non ci hai mai detto nulla? Io e Rion avevamo il diritto di saperlo! " esclamai quasi urlando " tesoro, mi dispiace ma erano tempi oscuri e la vostra identità era in grande pericolo.. " provó a scusarsi con voce flebile " e Rion lo sa?" chiesi freddamente " no, nemmeno tuo fratello" " allora è giusto che lo sappia!" Esclamai risoluta, mi alzai e corsi nella notte.
Ma non sentii mia madre che mi urlava dal uscio della porta " no Laurelin! Lui non deve saperlo!" Ma ormai era troppo tardi.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Maedhros, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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Scattai velocemente, per quanto il piede ferito mi permise, verso Igrin. Quando lo raggiunsi mi cadde addosso a peso morto "Igrin cosa è successo? Sei ferito? " chiesi preoccupata rivolgendo il suo viso verso di me, sentii immediatamente che aveva bevuto e pure in abbondanza viste le sue condizioni. "Selín... cosa ci fai qui? " biasicó strascicando le parole, sospirai e dolcemente gli risposi " sono venuta a prenderti, adesso reggiti a me e ti porto nella tenda " "Selín ti prego...non c'è la faccio più...io..." e crollò sopra di me svenuto. " Igrin! Muoviti!" lo scossi violentemente finché con un sussulto ricominciò a respirare e ad aprire gli occhi. "Per tutti i Valar! Igrin ma come ti sei conciato!" esclamai impressionata, visto che la vista di un elfo così ubriaco era ben rara. Con uno scatto si mise a sedere in mezzo al fango e vomitó " Igrin..ma che cosa.." sussurai sconvolta, con un una mano gli tenni i lunghi capelli corvino e con altra gli tirai via dei ciuffi dal viso. Dopo pochi istanti smise e tiró indietro la testa sospirando " sto bene.." sussurró per innumerevoli volte " No. Tu non stai affatto bene" risposi secca. Lo caricai, mettendogli un braccio sulla mia spalla e cingendogli la vita con il mio, con molta fatica anche se era leggero considerata la sua statura molto alta. Con un po di difficoltà arrivai alla tenda, appoggiai il corpo di Igrin ormai esamine e immobile sul letto e lo coprii con pesanti coperte visto che tremava terribilmente. Dopo pochi istanti si addormentó profondamente e tirai un sospiro di sollievo. Quel elfo non finiva più di stupirmi, il come è il perché si era ridotto così mi era ignoto. Rimasi tutto il tempo che precedeva l'alba al suo capezzale fino a quando i primi movimenti nel accampamento iniziarono. Igrin dormiva ancora profondamente senza che muovesse un muscolo, aveva smesso di tremare da quando lo avevo coperto ma il suo viso era ancora ricoperto da uno strato di sudore freddo come se la febbre lo bruciasse. Quando si svegliò era ormai mattino inoltrato, io non avevo chiuso occhio e la voglia di dormire regnava sovrana. Il suo risveglio fu lento come se uscisse da un altro mondo, aprí lentamente gli occhi strizzandoli come se una luce forte lo avesse colpito seppur la stanza fosse immersa nella oscurità, si alzò di scatto ma immediatamente resosi conto della sue condizioni si accasció sul letto sospirando tristemente. " Igrin come stai?" chiesi dolcemente "dove sono? " rispose cambiando prontamente discorso con una voce flebile e bassa " siamo nella tua tenda " " che cosa è successo? " continuò " non lo so, abbiamo finito di parlare e poi io mi sono addormentata. Quando mi sono svegliata tu non c'eri, sono uscita dalla tenda e ti ho visto in mezzo alla strada che barcollavi. Poi non chiedermi il motivo per cui ti sei ridotto così! " fece una smorfia di disapprovazione come se il mio racconto lo avesse disgustato " non sono mai arrivato fino a questo punto e nemmeno fino a ridurmi così male " sussurrò dopo un momento di silenzio, appoggiò il capo sul cuscino con fare sconsolato e si guardò i vestiti sporchi di fango e vomito. Arrossii quando mi fissò chiedendomi con lo sguardo il motivo dei vestiti sporchi. Abbasai lo sguardo " ti sei quasi vomitato addosso e ti sei buttato nel fango, e non mi è sembrato opportuno spogliarti per cambiare abito" risposi imbarazzata. " Hai fatto bene" rispose secco, si alzò agilmente come se la sbronza non fosse mai avvenuta " riposati " mi consigliò con un tono duro. Ecco era ritornato il solito Igrin. Si mise di schiena e con un movimento lento e goffo si tolse la veste corta buttandola per terra rimanendo così a dorso nudo, ma girato di spalle: la sua schiena era marmorea, i muscoli erano ben delineati e marchiati da piccole cicatrici segni della vita passata in guerra. Distolsi lo sguardo dal suo corpo perfetto e mi diressi lentamente verso il mio giaciglio. " aspetta" esclamò, mi fermai cercando di sviare il mio sguardo dal suo fisico " hai mangiato? " chiese girato ancora di spalle " no " sussurai abbasando la testa " ti porto qualcosa da mangiare" rispose sempre con un tono piatto " grazie". Aspettai seduta per terra su un telo sporco di polvere che fungeva da posto per mangiare. Poco dopo Igrin sbucó da una porta laterale, con addosso una camicia bianca stropicciata, con in mano una zuppa fumante, me la porse attento a non farla rovesciare. Tutto questo avvenne in un pesante silenzio, che cominciava ad opprimermi. L'elfo si sedette su uno sgabello e cominciò ad affilare e pulire la propria spada senza spiccare una sola parola. Decisi di rompere il silenzio che si era creato " sei andato a combattere?" chiesi con curiosità " si, poco lontano da qui" rispose impassibile " contro chi? " " abbiamo derubato un altro accampamento di Esterling" rispose gelido. Il mio tentativo era stato vano, il suo umore era nero come il cielo prima di un temporale. Rimasi in silenzio per tutta la durata del pasto, pensando improvissamente ai miei genitori che sicuramente mi davano per morta, un flusso di emozioni negative mi inondó lasciandomi un attimo stordita. Igrin neppure se ne curò, come se la mia presenza non esistesse. Passarono delle settimane in cui il rapporto piano piano miglioró e la nostra amicizia cominciava a formarsi. Trovai il carattere di Igrin molto complicato, come inizialmente avevo predetto, i suoi cambi di umore erano sempre più frequenti come se la personalità gli giocasse brutti scherzi. Si ubriacava quasi tutte le sere ma mai arrivando a stare male come quella notte, i suoi comportamenti richimavano tutto per tutto a un umano. Forse è per questo che provavo una sensazione familiare stando con lui. Non uscii mai dalla tenda altrementi il mio status di prigioniera andava compromesso, secondo il parere di Igrin. L'unica cosa che mi tormentava era quella misteriosa conversazione che avevo udito tempo addietro durante la mia prima notte di prigionia, non ero mai riuscita a rivelarlo a Igrin anche se spesso gli chiedevo se notava qualcosa di strano, ma lui negava sempre. Ma un giorno presi coraggio. Durante il frugale pasto di mezzodí mentre parlavamo di una strana morte avvenuta la sera prima hai confini del accampamento glielo chiesi, almeno ci provai "senti volevo dirti.." ma una voce forte mi interruppe entrando velocemente nella tenda "mio signore... ci stanno attaccando!" esclamò l'uomo appena entrato tutto trafelato. Igrin con uno scatto si alzò dallo sgabello e prese dal suo letto una spessa cotta di maglia argentea che luccicava a ogni singolo movimento del corpo. - Probabilmente un cimelio di guerra -. Si girò verso di me lanciandomi uno sguardo penetrante " Selín non devi assolutamente muoverti da qui" mi ordinò con un tono autoritario, si guardò in giro con fretta e ansia in cerca di qualcosa e con lo sguardo si soffermó su una spada nera posta su un baule, con due falcate veloci l'afferó e me la mise nelle mani " ascoltami. Se ce ne fosse bisogno usala" annui seria e strinsi forte l'elsa della spada. Poi l'elfo uscì seguito dall'uomo, rimasi immobile per un tempo infinito ad osservare l'arma. Era lunga e fine, i particolari piú strani erano le incisione suI l'impugnatura, linee curvilinee in argento che formavano un simbolo molto somigliante a una luna con delle punte. Era lo stesso stemma che avevo notato di sfuggita sulla cotta di maglia che aveva preso Igrin, probabilmente la spada era appartenuta allo stesso proprietario della cotta da guerra. Il solo pensiero che tenevo in mano la spada di un elfo o di un'uomo caduto in battaglia per salvare il suo popolo mi fece rabbrividire, lasciandomi vuota e smarrita. Il rumore degli scontri cominciava a farsi sentire come un grande tamburo, le spade che cozzavano tra di loro sovrastavano qualsiasi grida. Finalmente mi riscossi dai miei pensieri e andai a nascondermi dietro l'unico mobile della tenda anche se era un nascondiglio inutile e scontato, purtroppo era l'unico presente. Non seppi mai quanto tempo rimasi acquattata dietro quel mobile poiché tra quei momenti dolorosi ricordo solo lui. Una voce aspra e alta sovrastó il clamore delle spade, apparteneva sicuramente al nemico perché parlava una lingua strana molto simile alla lingua oscura di Morgoth, tenni ancora più stretta l'elsa della spada incuorante degli spigoli che mi tagliavano i palmi delle mani. La voce si avvicinò sempre di più alla tenda, finché sentii uno strappo netto poco distante dal mio nascondiglio e dei passi pesanti e rumorosi che invadevano il piccolo spazio poco prima occupato da noi. Attraverso un piccolo spiraglio al lato del mobile vidi che gli invasori erano due uomini, scuri di pelle e di bassa statura e abbastanza tarchiati. Le loro armature erano costituite da pelli di animali messe una sopra l'altra molto casualmente. Il come si potessero salvare la vita in battaglia con quelle armature mi era ignoto viste le loro condizioni. I due uomini cominciarono a confabulare animamente usando quella oscura lingua. Ad un certo punto uno uscì e invece il compagno cominciò a pelustrare la tenda sbattendo per terra ogni cosa che ostacolava la sua ricerca - la ricerca poi di cosa mi rimarrà sempre all'oscuro- perché un ombra agile colpí in pieno il petto dell'uomo. Era Igrin. Era tutto sporco di sangue e aveva il fiatone, si girò verso di me e mi venne incontro inginocchiandosi " Selín! Stai bene? " mi chiese con un tono mai usato prima: sembrava apprensivo. Rimasi un attimo stupita dal suo comportamento " Selín!" esclamò " sto bene" riuscii a dire " oh grazie a.." ma non finì la frase che il suo viso si trasformò in una maschera di terrore e di dolore. " Igrin che ti succede?!" e poi la notai. Una freccia nel fianco. " Selín scappa! " urlò lui con il terrore dipinto nei suoi occhi profondi. Ma non riuscivo a muovermi, il panico stava avendo il sopravvento lasciandomi paralizzata. Ma non feci in tempo a muovere un muscolo che un nuovo gemito uscì dalle labbra di Igrin. Un altra freccia. Nella spalla destra. " Muoviti!" urlò ormai sull'orlo del dolore " salvati ti prego... devi salvarti almeno te" sussurró prima che con uno scatto, impensabile nelle sue condizioni, si rimise in piedi. Il sangue colava in grande quantità soprattutto nella ferita al fianco rendendo il suolo scivoloso. Quando si alzò vidi il suo assassino, era il compagno dell'uomo ucciso da lui stesso. Teneva tra le mani un arco in cui un'altra freccia era già pronta per essere scoccata. Igrin si girò verso l'uomo e con un urlo quasi disumano e aggressivo gli corse in contro con la spada sguainata, ma i suoi movimenti erano lenti e goffi a causa delle ferite riportate. In quel momento vidi la scena come se fosse rallentata. La freccia partì dall'arco e con un tiro fin troppo perfetto si conficcó in mezzo al petto di Igrin, poco sotto il cuore, con un tonfo. L'elfo strabuzzó gli occhi e si accasció a terra in ginocchio ma immediatamente si rialzó e con le ultime energie ferí l'arciere alla gamba. Ero rimasta tutto il tempo immobile con il cuore che batteva incessamente a fissare la scena, non riuscivo a muovermi, a scappare, tutto il corpo mi diceva di stare lì e di aiutare Igrin ma dovevo assolutamente andare via altrimenti il suo sacrificio sarebbe stato vano e inutile. Poi decisi. Corsi verso l'assassino, ormai a terra che gemeva, approfittando della sua ferita che gli impediva movimenti, gli conficcai la spada nera nel cuore. Subito raggiunsi Igrin, era inginocchiato con la testa dondolante, gli presi il viso tra le mani delicatamente. La sua bellezza eterea stava svanendo, il suo viso era pallido e sporco di sangue e al tatto era gelato, la luce dei suoi occhi si stava offuscando. " Igrin non lasciarti andare, resisti ancora poco la battaglia è finita! È tutto finito" sussurai sullo orlo del pianto " Selín sei qua. .. vattene... salvati.." sussurrò tra i colpi di tosse che stavano diventando incessanti. Gli tolsi delicatamente la cotta per vedere le condizioni delle ferite, lo spettacolo che mi si presentò fu sconvolgente: oltre alla freccia conficcata, il petto era segnato da una lunga cicatrice che partiva dalla spalla destra e finiva nel fianco opposto. Sul suo viso etereo si dipinse un sorriso caldo e sincero " non c'è più nulla da fare Selín, il dolore come noti è parte di me, della mia essenza..." " Igrin non parlare.. stai tranquillo" "Mi dispiace per tutto. Scappa piu lontano da qui, dalla guerra, dal dolore. Me lo devi... promettere..." Il fragile corpo fu scosso da un sussulto piú forte e dalle labbra gli uscí un del sangue, facendo più fatica riprese a parlare con voce roca "Sei stata... la mia primavera .. addio Mellon-nin " ed espiró, lasciando per sempre un vuoto dentro di me. Seppi solamente più tardi il significato delle sue ultime parole in cui si trovava l'essenza di tutta la sua vita. "No! No!" balbettai, cominciai a schiaffergiarlo ma era tutto inutile se ne era andato. La prima lacrima mi solcó il viso seguita da un pianto violento ed interrotto. Non seppi mai come feci ad alzarmi, a prendere la spada dal cadavere dell'uomo e correre più lontano possibile dal dolore. Quando uscii dalla tenda, ormai la battaglia era terminata lasciando dell'accampamento solamente monconi di tende. Sgusciai furtivamente tra i resti fino a raggiungere il bosco che circondava l'intero accampamento, il peso della spada rallentava la mia corsa ma ci pensai due volte prima di lasciarla indietro perché sicuramente in futuro ritornerà utile. Durante la fuga attorno a me c'era il deserto, si udivano solamente ululati in lontananza, che mi fecero accapponare la pelle, erano i Mannari di Sauron, eccellenti segugi. Mi affrettai a passare gli ultimi metri che mi dividevano dalla salvezza che forniva la foresta, quando un ululato piu fortre mi giunse troppo chiaro alle mie orecchie facendomi gelare il sangue aumentai l'andatura della corsa cercando di non inciampare visto che indossavo un lungo vestito troppo scomodo per quella situazione. Altri ululati si aggiunsero al primo e si fecero pian piano fin troppo vicini. Ormai non capivo nemmeno in che direzione mi dirigevo, la testa mi girava per lo sforzo della corsa lasciandomi disorientata e confusa. Anche se correvo al estremo delle mie forze i Mannari guadagnavano terreno progressivamente. Il sole era alto nel cielo ma in quella foresta tutto era in ombra come se le fosse stato posto sopra un grande sudario, formato dalla coltre fitta degli alberi, rendendola umida e stranamente calda e afosa come se una magia oscura la estraniasse dal mondo esterno. Ad un certo punto il bosco si interuppe improvvisamente lasciando spazio a una radura battuta dal sole di mezzodì e il freddo, seppur piú simile alla classica umiditá primaverile, ritornò a colpire implacabile come una lama. Il cambio improvviso di temperatura mi mozzó il respiro, mi fermai di colpo per riprendere fiato, adesso non sentivo solo gli ululati ma anche il rumore delle falcate dei Mannari. La consapevolezza, che le uniche soluzioni erano o di affrontarli e poi morire o morire immediatamente senza affrontarli, mi fece sorridere amaramente. Le alternative non erano delle migliori ma erano le sole esistenti. L'ironia della situazione mi parse ridicola e un altro sorriso mi increspó le labbra; con l'ultimo scatto di adrenalina mi preparai a fronteggiarli. I segugi non si fecero attendere e sbucarono con un balzo sul margine della radura. Erano tre, grandi e ricoperti da un pelo scuro e ispido. Si misero in cerchio bloccandomi al centro della radura, senza lasciarmi vie di salvezza. Comincia a sudare freddo ma mi feci forza, mettendomi in modalitá d'attaco sfoderai la spada nera " fatevi avanti, luridi esseri, lecca piedi del Nemico! " li sbeffergiai, cercando di tenere il tono fermo provando a non far trapelare tutto il terrore che si era imposessato della mia anima. Neanche nelle mie più sfrenate fantasie avrei immaginato che i Mannari indietregiassero; ma alla vista della mia insicurezza, costatai, che ritrovarono un po di coraggio, come se non gli mancasse, e ricominciarono ad avanzare ringhiando, ormai la mia speranza di sopravivenza era pari allo zero poiché la mia capacità di combattere era addiritura sotto lo zero. Il panico mi investì, il pensiero di buttare a terra la spada e ricominciare a correre mi passó un momento nella mente. Un Mannaro si diresse spedito verso il mio viso, ma l'unica cosa che sentii fu un forte bruciore nel braccio destro, perché un pugnale sbucó al immproviso e mi sfioró con un sibillo acuto l'orecchio, e conficcandosio fino all'elsa in un occhio del Mannaro. Appena realizzai l'esistenza del pugnale un ombra ammatata in un mantello scuro aggredí il secondo lupo conficcandogli una spada nel fianco, tutto questo nel giro di pochi secondi. Il terzo lupo cominciò a indietreggiare o per codardia o per paura, ma appena l'ombra uccise il secondo lupo, il Mannaro scappó nel buio della foresta. " ti avevo avvertito, bisogna fare attenzione in questi tempi oscuri" sussurrò l'incappuciato. Quella voce. La Sua voce.
   
 
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