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Autore: Fabbricante Di Sogni    12/03/2015    3 recensioni
•|| One shot | Drammatico/Triste | Akio/Kidou | Akio centric | 818 parole ||•
Fanfic abbastanza depressa e introspettiva sulla psiche di Akio, personaggio in cui mi riconosco un sacco con una svolta finale sulla KidouFudo un po' particolare. Ho preferito lasciare il rapporto dei due a un semplice osservarsi di occhi e nulla di più. Perché in fondo è un po' così che iniziano e vanno le cose nella vita reale, quindi perché no?
I personaggi si trovano intorno ai 17/20 anni, non voglio specificare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caleb/Akio, Jude/Yuuto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Born to die.

 
 
“Continui a farmi male, tanto ormai mi sono abituato a sanguinare.”

 
Un altro sguardo tirato su verso il chiarore del cielo limpido.
L’aria fresca ti entra e fuoriesce dai polmoni quasi da lasciarli gelati dentro. Nonostante lo spesso tessuto della felpa nera stai tremando, ma tu non lo fai vedere, non mostri mai di star male, hai capito che non cambia niente a farlo vedere e anzi è peggio perché le persone delle debolezze se ne approfittano;  ti buttano a terra ti prendono a pugni metaforici finché non è la tua autostima che cade in pezzi e non resta niente se non il corpo; ancora respira l’aria che ti congela dentro.
 Come se non lo fossi già, morto. 
 
“ Siamo nati per morire, con un urlo in gola che nessuno può sentire,
di certo tu non puoi capire questa cosa qua;
già so che ciò che mi ha salvato poi mi ammazzerà. ”
 

Per questo hai smesso di dar peso alle parole o di dare aspettative positive, sei un disastro che cerca sollievo nella solitudine e nel uccidersi lentamente, quasi provando piacere nel farsi soffrire. Con il salire del angoscia dentro la tua testa la mano ti scorre automaticamente alla tasca destra posteriore dei tuoi jeans strappati. Non ricordi nemmeno se li hai comprati già così o se si tratta di una “ferita di guerra” come ti vanti di chiamarle, oppure se li hai modificati tu stesso con un qualche coltellino. Dalla tasca estrai un pacchetto di Marlboro, le tue sigarette da sempre, le tue compagne nella tua guerra per anestetizzare ogni emozione. Il solo suono del dito che sfrega contro l’accendino e della scintilla che si accende ha un impatto terapeutico all’istante. Aspiri il fumo fino a sentirlo bruciare in gola, fino a concentrati solo su quello. Tossisci, e quel sorriso mezzo tirato ti affiora sulle labbra, non è il sorriso di chi è felice, è un sorriso di chi dice “sto morendo lentamente, ma tu non puoi farci un cazzo. Quindi resta lì a guardarmi morire o vattene.”.

 
“È un suicidio lirico, il corpo è vivo ma è morto lo spirito.”

 
 In mezzo a un vicolo che nessuno ricorda, ci stai tu, uno che tutti vorrebbero scordare. Non hai mai scommesso su niente ed è per questo che non porti rimpianti e non ti sei lasciato cambiare dalla vita nonostante questa ti abbia lasciato addosso le sue botte. Ora sorridi lì sotto i balconi di ferro che da dietro quel muro grigio ti sembra di poter scorgere il sole rossastro, con quella faccia da figlio di puttana, il cappuccio calato sul ciuffo di capelli castani scompigliati e sporchi.
Non ti rendi quasi conto di aver finito in poco più di due tiri la sigaretta e di averla lasciata cadere per terra; tu fumi per morire o perlomeno per sentirti un poco di morire ogni volta è finire sempre col aggrapparti con le unghie alla vita.
 

 
“Questo mare uccide sempre chiunque punta al largo.”

 
Hai imparato a farti rispettare, sei uno stronzo con chiunque non t’importa di nessuno e se anche ti fregasse non lo mostreresti. C’è un’eccezione però, è un ragazzetto particolarmente eccentrico a cui hai spacciato qualche volta dell’erba. È strano perché non è il classico tossico che viene per dipendenza, lui quando ti passa davanti c’è li ha davvero gli occhi in pezzi. Sono di un colore molto singolare, un vermiglio scuro, quasi da far invidia al tramonto pensi osservando il sole scomparire dietro il muro. Quel ragazzo ha dei ritmi strani, lo conosci per sentita dire; Kidou Yuto, figlio di un famoso imprenditore; il classico ragazzo che apparentemente ha tutto ma dentro si sente come in una cupola di vetro. Kidou ha due facce, lo hai imparato, quella di chi deve essere ordinato e preciso senza la minima imperfezione e quella devasta, che solo tu vedi, quando i suoi progetti e doveri sono troppo al di sopra delle aspettative e va tutto a puttane. Tu al contrario le hai distrutte le aspettative su di te, pensi talmente tanto a come fare più male che alla fine la gente non si aspetta nulla. Per Kidou invece non è possibile avere questo lusso, lui deve dare e superare l’aspettativa degli occhi delle persone, lui è nato in un mondo che di perfezione ha solo l’immagine ed è stato costretto a rispettarlo anche mentre gli cade tutto addosso.
È allora che viene da te, che quasi con quel abbraccio che ha tutto un altro fine tranne che quello di rincuorarlo lui ti chieda di aggiustargli un po’ il cuore e che tu a forza di accontentarlo il tuo cuore glielo abbia lasciato.
Ti maledici per averci pensato e mandi a fottersi tutto il tempo passato a fare l’indifferente. È sempre stato questo il tuo modo di risolvere i problemi, non è vero Akio?

 
“È inutile che insisti, non sto bene i miei occhi li hai visti?”

 

Angolo d'autrice:
Ehilà gente,
rieccomi con una storiella un po' particolare, ho provato a vedere questi personaggi in un ambito differente e un po' scavando nell'introspezione di uno dei personaggi in cui mi rispecchio meglio.
Spero di aver fatto un buon lavoro, ho preferito renderli più grandi e sconosciuti tra loro, un po' per il fumo e tutto e un po' perchè mi sembrava giusto. 
Il titolo è una specie di slogan che mi piace scrivere perchè lo condivido appieno "nati per morire".
Le frasi usate in mezzo ai paragrafi di testo sono piccole citazioni prese da alcune canzoni Rap che mi stanno molto a cuore. c:
Spero vi sia piaciuta, ci sentiamo dentro magari <3
Un sorriso,
Smy
  
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