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Autore: myavengedsevenfoldxx    12/03/2015    0 recensioni
il suicidio non è mai la soluzione giusta, anche nei peggiori dei casi, la vita va avanti, non fermarti al primo ostacolo davvero difficile, vivi la vita, cogli ogni attimo perché ne vale la pena e non avere paura, sii forte, sii te stesso, sempre e comunque.
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II

We’re all just victims of a crime
Some days you’ll find me in a place
I like to go



 

April 1998



 

Era una notte di primavera, avevo 11 anni e fuori imperversava la tempesta, ero rannicchiata sotto la coperta e stringevo il mio orsacchiotto rattoppato che portavo con me fin da quando ero piccola, papà era uscito, quindi voleva dire che tornava a casa tardi.
Che tornava ubriaco.
Che tornava da me per farmi del male, forse quella era la volta buona che non mi toccasse o che addirittura non tornasse mai più. Sorrisi a quel pensiero.
Chiusi gli occhi e pregai Dio di non farlo rientrare quella sera, così io e mamma avremmo iniziato una vita degna di essere chiamata tale.
“fa che non torni, che sia uscito di strada, che non torni mai più” congiunsi le mani, e pregai quell’essere che si dicesse vivesse sopra di noi. Congiunsi le mani e pregandolo, i miei occhi si riempirono di lacrime, ma con forza le ricacciai indietro, ero forte, dovevo esserlo, per me e mamma.
Mia madre era una giovane donna trentenne dai lunghi capelli castani, occhi chiari e un sorriso sempre sul volto, era rimasta incinta di me a 20 anni con l’uomo che un tempo era diverso.
Completamente diverso.

Mamma si era innamorata di lui ad un concerto, era stato colpo di fulmine e per anni hanno vissuto felici per davvero, poi sono arrivata io e ho rovinato tutto. Papà voleva diventare famoso giocando a poker, ma si ritrovò a fare il camionista, poi venne licenziato per motivi a me sconosciuti e da quel momento, era il 1994 e aveva iniziato a bere, lo stato gli dava soldi per mantenere me e mia madre, ma la maggior parte finivano gettai nei bar a vedere prostitute spogliarsi e  ubriacarsi, da quell’anno aveva anche iniziato a prendersela con me, dapprima in modo molto superficiale, poi andando sempre più spesso e, come dire, “affamato”. Mamma lo sapeva, ma non faceva nulla, lei in confronto a lui era uno scricciolo, se lui le avesse stretto il polso, glielo avrebbe sicuramente rotto, papà era un colosso enorme, alto due metri, sempre con l’alito che puzzava e i capelli unti.

Stavo pregando il signore quando sentii la porta dell’entrata richiudersi, spalancai gli occhi e mi rintanai sotto le coperte, era mezzanotte passata e feci finta di dormire, ma la sua voce mi giunse fin da sotto le scale.
-Amore mio bello dove sei?- canticchiò
Il cuore prese a battermi forte.
-batuffolo mio?-
Era ubriaco. Strinsi il peluche a me e sentii i suoi passi rimbombare sulle scale, chiusi forte gli occhi.
-è solo un sogno, è solo un sogno- pensai ma la luce del corridoio si accese e poi la maniglia della mia stanza si piegò e mio padre entrò nella stanza.
-eccoti piccola mia- disse sorridendo e richiudendo la porta della mia stanza.
Ero bloccata, di nuovo, per la milionesima volta nella mia infanzia. Si avvicinò al letto e mi tirò fuori dalle coperte toccandomi un po’ ovunque, io deglutii mentre mi sfilava il pigiama di cotone, lui sorrideva malizioso e aveva l’alito che puzzava. Mi distese sul letto e si slacciò i pantaloni.
Mio padre abusò di me per un’ora.

A fatica trattenevo le lacrime, non volevo dargliela vinta a quel bastardo, così impotente, me ne stavo lì senza far trasparire nessuna emozione e con gli occhi fissi in lui, occhi che non avrei mai dimenticato, occhi neri come la pece con un senso di vuoto che non lasciava trasparire alcune felicità, e io ero figlia di un essere così spregevole. Non volevo dargli soddisfazione di vedermi soffrire o patire così strinsi i pugni fino a conficcarmi le unghie nel polso.

Avevo 11 anni e volevo già farla finita con la mia vita.

Niente e nessuno poteva aiutarmi in quel momento e l’unico che osservava la scena impotente era il peluche rattoppato che mi aveva regalato la nonna anni prima, era appoggiato al cuscino e fissava mio padre farmi del male, giuro che sembrava lo guardasse con occhi di odio profondo come se provasse dei sentimenti e non fosse solamente un oggetto inanimato destinato a far alleggerire il cuore  di una piccola bimba.

Dopo quell’interminabile ora, mio padre mi rivestì la parte inferiore del corpo, con fare amorevole come se non fosse successo nulla, mentre lasciò il petto nudo, mi distese sulla schiena a pancia in giù, si sfilò la cinghia dai jeans e cominciò a darmele di santa ragione. Ogni colpo era sempre più forte e non la smetteva fino a quando non vedeva il sangue colarmi dalla schiena. Non ero mai andata dal dottore, nemmeno alla scuola pubblica quando veniva, una volta all’anno, un uomo anziano a visitarci tutti per vedere se eravamo sani. Mamma quella giornata mi faceva stare sempre a casa con qualche scusa, non voleva che gli altri vedessero i segni della mia vita.
Mamma era nell’altra stanza e pur non sentendo i miei lamenti che trattenevo a stento dentro di me, piangeva, infatti ogni volta che mio padre alzava le mani su di me, lei aspettava che lui si addormentasse per venire poi da me a medicarmi e rassicurarmi, nemmeno con lei però mi sentivo protetta, nessuno mi faceva stare davvero bene, anche se da piccola amavo passare il tempo con il nonno, lui mi faceva stare bene, erano anni che non lo vedevo perché papà ce l’aveva proibito.

Perché mamma non faceva nulla per evitare che mio padre mi picchiasse e violentasse? Per il semplice motivo che aveva paura di papà, lui picchiava anche lei, ma meno frequentemente rispetto a me e lei aveva paura che se lo avesse denunciato lui l’avrebbe uccisa e poi ucciso me, così aveva iniziato a vivere nella paura di quell’uomo senza avere il coraggio di affrontare la realtà, era una fallita, non aveva fatto nulla nella vita e mai l’avrebbe fatto.

Sentii dei passi fuori in corridoio, mamma penso fosse stata al bagno, ma un’ombra si fermò davanti alla mia stanza, mio padre si fermò un attimo, e si girò proprio quando mia madre entrò in camera con un coltello, ma lui fu più veloce, la prese e la buttò sull’armadio facendole battere la testa, poi la prese per il collo e la soffocò con la cinghia.
Mamma non emise più un respiro.
Mamma era morta.
Mamma mi aveva lasciato in balia di quel pazzo.

Lui si mise a ridere e io mi raggomitolai a fissare il corpo inerte della donna che mi aveva dato alla luce, l’uomo aveva una risata malefica, prese per un braccio la donna e la trascinò via come se fosse un film dell’orrore.
Avevo iniziato a odiare mio padre dal momento in cui mi ha chiamato “errore della sua vita”, ero un errore e ci avevo fatto l’abitudine, non dovevo nemmeno esistere. Ho sempre chiamato l’uomo che si definiva il mio genitore, padre, perché né mamma né lui mi avevano mai rivelato il suo vero nome.
Padre, era Padre e basta, né nome né cognome, infatti portavo il cognome di mia madre e i miei parlavano poco e non si rivolgevano tra loro con i nomi di battesimo. Inoltre non ero mai riuscita a scovare documenti del mio genitore, vuoto totale, come se nemmeno lo conoscessi. Per me era come se fosse uno sconosciuto, era lo sconosciuto che aveva fatto diventare la mia vita un inferno.
Mi intrufolai sotto le coperte e iniziai a piangere, dovevo sfogarmi. Aveva ucciso l’unica persona che consideravo amica e che mi volesse bene e non seppi che fare.
Dopo alcuni minuti sentii uno sparo provenire dal salotto, che si trovava proprio sotto la mia stanza.

Mio padre si era suicidato.

Da quel momento persi qualsiasi fiducia nell'essere che in molti consideravamo vero e a cui ci si deve affidare, che viveva sopra di noi.
Tutti lo chiamavano Dio, io lo chiamavo Nessuno. 



nota dell'autrice: buongiorno :) ecco il II capitolo della fanfic, spero vi piaccia e di non essere troppo monotona o cose simili. mi farebbe piacere se lasciaste una piccola recensione tanto per farmi sapere che ne pensate, significherebbe tanto per me. adesso mi sento realizzata ad averlo pubblicato dato che in 5 ore di scuola non vedevo l'ora di tornare a casa per scriverlo ahaha
*corre a studiare filosofia*
 alla prossima!

   
 
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