Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    12/03/2015    4 recensioni
L' ebook è scaricabile dal mio profilo autore. Revisione ultimata! Grazie a tutti coloro che continuano a leggerla! :)
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Cosa sarebbe accaduto se nel numero 28 Masumi Hayami fosse riuscito a confessare a Maya di essere l'ammiratore delle rose scarlatte? Leggete la mia versione di questo "what...if" ^_^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ultima revisione: marzo 2016

 

37. Dichiarazioni pericolose

 

Erano due giorni che i giornali di spettacolo parlavano solo dell’interpretazione di Maya Kitajima al palazzo del governo in centro a Tokyo. Nonostante tutta la sua buona volontà di arginare quei pensieri inopportuni che lo distraevano, qualsiasi pagina aprisse mostrava una fotografia di lei, che lo riempiva di tristezza. Così, quella mattina, aveva deciso di passare per quella piazza, dove lei aveva recitato davanti ad una scultura ad anello. Sperava di trascorrere qualche minuto in solitudine prima di raggiungere quell’impegno giornaliero che aveva preso il giorno dopo averla incontrata al ristorante e che si trovava in un palazzo lì vicino.

Ma non avrebbe potuto immaginare di trovarla davanti a quel singolare anello circolare che non aveva mai notato prima. Era assorta, con il naso all’insù, poi all’improvviso aveva appoggiato le mani sul profilo della scultura, come se l’abbracciasse. Era rimasta immobile finché non era caduta in ginocchio.

Solo nell’istante in cui l’aveva afferrata per le spalle si era reso conto di essersi mosso fino a inginocchiarsi accanto a lei e di averle parlato dolcemente.

- Ragazzina… Sta bene? - la sentì irrigidirsi sotto la sua stretta eppure gli era sembrato di averla appena toccata.

Maya lo fissava con occhi sbarrati, aveva il respiro veloce, come fosse impaurita. L’ultima volta che l’aveva visto era stato dalla signora Tsukikage e gli aveva risposto in malo modo.

- Si-Signor Hayami… - balbettò rialzandosi e facendosi aiutare da lui. Alcune persone si erano fermate a guardare, ma quando la videro rialzarsi ripresero per la loro strada.

- Che ci fa qui? - aggiunse scuotendosi i pantaloni ed evitando di guardarlo. Nonostante tutti i suoi propositi, il suo cuore batteva forsennatamente e sentiva la sua vicinanza come calore vivo. Ma com’è possibile questa cosa…! Mi sta prendendo in giro… sono sette anni che lo fa… vuole solo i diritti della signora!

- Ha mai provato a contare la quantità di volte che mi ha fatto questa domanda? - Masumi alzò un sopracciglio e la guardò sorridendo - Lei piuttosto, che ci fa qui da sola? Ormai la riconoscono tutti… - la riprese infastidito. Nonostante tutti i miei propositi, appena la vedo, io...

- Non posso restare chiusa nei Kid Studio! - replicò lei stizzita - E poi cosa le importa di cosa faccio nella vita privata! - aggiunse alzando la voce e facendo girare qualche passante. Maya si rese conto di averlo aggredito di nuovo ma non riusciva a trovare un altro sistema per comunicare con quell’uomo irritante e bugiardo.

Lui indurì lo sguardo e si sistemò l’impermeabile.

- Se ha bisogno di un po’ di notorietà, l’accontento subito - le disse con voce tagliente sollevando lo sguardo gelido su di lei. Maya fece un passo indietro, quell’istante le ricordò dolorosamente una delle prime volte che l’aveva affrontato anni prima. Siamo tornati al punto di partenza… no… io l’ho portato qui…

Si girò, dandogli le spalle, non voleva urlargli ancora in faccia né riusciva più a sostenere la tensione del suo sguardo penetrante.

- La ringrazio ma non mi serve, ho già dei giornalisti che mi seguono costantemente e spiano ogni cosa faccia… - borbottò afflitta ripensando al biglietto che lui aveva allegato alle rose per tirarle su il morale. Quanto vorrei affrontarlo e dirgli che ho sentito tutto! Così la smetterebbe di fingere! Smetterebbe di far finta che gli interessi e io eviterei di vederlo! Che angoscia! Ma se faccio così non lo vedrò più! Perché è tutto così complicato?

Masumi vide le sue spalle abbassarsi, la tensione nella sua voce era la stessa di quella sera al ristorante. Il suo atteggiamento di rifiuto era chiaro, eppure lui era rimasto lì, in silenzio, ad osservarla, domandandosi cosa fosse cambiato da quando erano tornati dalla valle. Corrugò la fronte e si decise ad affrontarla.

- Cosa c’è che non va, ragazzina? - le chiese avvicinandosi tanto che, se avesse voluto, avrebbe potuto toccarla allungando una mano. Maya si irrigidì e lui lo notò innervosendosi ancora di più.

Se mi costringe a guardarlo… non voglio! Se gli dicessi che so tutto, lui… come sono confusa! Vorrei affrontarlo, ma allo stesso tempo sono terrorizzata dal distacco… No! No!

- Maya! - la voce chiara di Yu invase la piazza, facendo girare qualche passante curioso. Il giovane si sbracciò e Maya tirò un sospiro di sollievo così evidente che Masumi serrò i denti e strinse i pugni abbandonati lungo i fianchi.

- Yu! - gridò lei alzando un braccio e facendo qualche passo avanti, uscendo dalla presenza che sentiva alle spalle. Sconcertata, si rese conto di quanto gli avesse fatto piacere sentire la sua voce. Santo cielo! Yu!

- Buongiorno, signor Hayami, come mai da queste parti? - lo salutò il giovane attore con la voce trafelata per la corsa - Ciao, Maya - e le sorrise avvicinandosi.

- Buongiorno, Sakurakoji - lo salutò a sua volta - Ho saputo che Maya Kitajima aveva provato qui la sua Dea Scarlatta, così ho pensato di venire a vedere che posto fosse - gli rivelò candidamente con tono ironico. Maya si girò di scatto, incredula per quelle parole.

Avrà detto la verità? È più probabile che abbia qualche incontro qui vicino… in fondo qui cosa c’era da vedere?

- Il signor Kuronuma ha voluto che ci confrontassimo con un palcoscenico moderno per capire meglio come interpretare i nostri personaggi e ha funzionato! - gli sorrise Yu entusiasta - Vieni, Maya, tocca a noi fra poco! - e le porse la mano aperta.

Maya gli sorrise dolcemente e l’afferrò come fosse la sua ancora, sotto lo sguardo interdetto del signor Hayami. Sakurakoji avvertì la stretta e ipotizzò che in qualche modo quell’uomo l’avesse turbata. Chiuse le dita intorno alle sue facendole sentire che era lì e non l’avrebbe lasciata.

- Perché non viene a vedere le prove, qualche volta? Ormai siamo vicini allo… - ma Maya lo interruppe e Yu la fissò stupito. Maya…

- Non credo che il signor Hayami abbia tempo per queste cose, e poi sarebbe davvero sconveniente per lui essere visto presso uno dei due studi, non è vero? - fece notare con voce tagliente costruendo una frase che sarebbe stata perfetta per una segretaria di direzione. Masumi la fissò alzando un sopracciglio con un sorriso enigmatico stampato sul volto.

- Ragazzina, dove ha imparato a parlare così? - la interrogò infilandosi le mani in tasca per celare il nervosismo che lo pervadeva. Da quando si tengono per mano?

- Ho avuto un buon maestro! - replicò lei sempre tagliente.

- Dobbiamo andare, Maya - la sollecitò Yu guardando l’orologio di sfuggita. Lei annuì fissando il signor Hayami per un attimo ancora.

- Arrivederci, signor Hayami - e Yu fece un lieve inchino senza lasciare la mano di Maya. La tirò via con sé gentilmente, finché non fu lei ad accelerare il passo.

- Portami via di qui, ti prego, Yu - mormorò, tanto che il ragazzo non fu sicuro di averla sentita bene.

- Che succede, Maya? - le chiese preoccupato accelerando l’andatura. Gettò un’occhiata fugace alle spalle mentre si addentrava nel parco e si rese conto che Masumi Hayami era rimasto immobile nel posto in cui l’avevano lasciato.

- Ni-Niente… - sussurrò lei di nuovo, la voce tremante.

Sakurakoji si fermò all’improvviso e quando lei, spaventata, si ritrovò a guardarlo, i suoi occhi ardevano irrequieti.

- Cosa ti ha detto? - le domandò serio scuotendole leggermente il braccio.

- Non mi ha detto niente, voleva solo farmi arrabbiare come al solito - borbottò lei distogliendo lo sguardo, incapace di far cessare quella malinconia dilagante.

- Allora perché sei così? - insisté, prendendole il volto con le mani e costringendola a guardarlo, ma quando Maya sollevò gli occhi su di lui, ardevano infuriati e Yu sussultò.

- Gli interessano solo i diritti della “Dea Scarlatta”! È disposto a qualsiasi cosa per ottenerli! È un uomo davvero… - strinse le palpebre e cercò di non piangere, sopprimendo quel dolore infernale che le lacerava il petto - Davvero… - ripeté, ma non riuscì a terminare la frase. Lo abbracciò stretto, aggrappandosi al suo giubbotto leggero.

- Maya… - mormorò il giovane, meravigliato per quell’esternazione che non era certo un comportamento che lei tenesse abitualmente. La cinse stretta con le braccia mentre lei si scioglieva in singhiozzi pieni d’amarezza. Perché ogni volta che lo incontri deve finire così? Non vi sopportate proprio…

Masumi Hayami osservò la scena a distanza. Non avrebbe potuto dire in cosa fosse consistito il dialogo, ma quell’abbraccio sotto il sole lanciava un messaggio innegabile. Serrò così strettamente i denti da sentire dolere la mascella.

È proprio il momento giusto per il mio appuntamento…

Guardò per un attimo l’orologio e si incamminò verso la sua meta iniziale, il parco era una divagazione che si era concesso. Non mi aspettavo certo di trovarti qui, ragazzina…

Mentre costeggiava il parco, una figura lo seguiva a distanza e aveva avuto modo di assistere anche a tutta la scena. Bene, signor Hayami, vediamo dove va ogni giorno… ed era proprio necessario scontrarsi con lei?



Utako Himekawa aveva chiaramente lasciato il suo set e si era diretta a Tokyo, il tono di voce della tata tradiva fin troppo bene la sua menzogna. Ma quella testarda della figlia si era trasferita nella casa di suo padre vicino ad Hakone e lei non aveva perso tempo, raggiungendola immediatamente. Ciò che aveva scoperto l’aveva lasciata di sasso: Ayumi vedeva solo ombre e la sua vista si stava già aggravando. Aveva provato a farla desistere, ma quando la figlia si era ribellata alla sua imposizione lottando con le unghie e con i denti per interpretare la Dea Scarlatta a tutti i costi, aveva dovuto capitolare, celando un moto di orgoglio per quella ragazza ostinata e incosciente che le ricordava se stessa da giovane.

Si erano trattenute tre giorni insieme in quella villa dove Utako aveva provato alcune tecniche per insegnarle a sentire con gli altri sensi, poi erano tornate a Tokyo e lei non aveva perso tempo. Aveva affrontato il regista Onodera e con il suo status e la sua forza d’animo si era imposta riuscendo ad ottenere: uno studio completamente allestito per Ayumi, che lei avrebbe diretto personalmente senza l’intervento di altri; la planimetria dello Shuttle X con relative luci e scenografie che sarebbero state utilizzate, e i dettagli della messa in scena della sua Dea Scarlatta. Il regista all’inizio si era opposto, ma lei era stata inamovibile e aveva ottenuto tutto ciò che aveva richiesto.

La lotta di Ayumi era stata ardua, ma alla fine aveva vinto contro sua madre. La sua fama e il suo rango erano sempre stati come un cuscino soffocante e lei non avrebbe rinunciato per niente al mondo alla “Dea Scarlatta”, anche se probabilmente le sarebbe stato precluso per sempre il mondo del teatro. Quella decisione, lo sapeva, avrebbe cambiato per sempre la sua vita, ma le avrebbe anche permesso di approfondire le sensazioni e i sentimenti di Akoya e della Dea.

Due cose che non aveva messo in conto in tutta quella faccenda, erano Peter Hamil e la sua stessa paura. Non solo il fotografo si era accorto immediatamente del suo stato e l’aveva anche aiutata un giorno all’ospedale quando alcuni giornalisti le stavano addosso, ma aveva mantenuto le distanze pur continuando a seguirla costantemente. La sera che aveva voluto ‘guardare’ il sito dello Shuttle X e si era fatta accompagnare lì dal suo autista, lui l’aveva osservata nelle tenebre in silenzio, finché lei, irritata dal suo comportamento incomprensibile, gli aveva chiesto di rivelarsi.

Senza dire una parola si era avvicinato, le era girato intorno, lentamente, come fosse un felino in caccia, aveva allungato una mano e mosso i suoi capelli. Lei si era infastidita e lui aveva riso in quel modo così accattivante.

Avevano battibeccato un po’, lui usando il suo giapponese stentato che diventava migliore ogni volta che lo incontrava e che aveva quel simpatico accento francese, e lei ribattendo ad ogni sua provocazione. Gli aveva chiesto di non disturbarla, e lui si era seduto su una roccia, in silenzio. Era caduta e quando si era mosso istintivamente per aiutarla, lei l’aveva bloccato in malo modo. Hamil si era tirato indietro anche se avrebbe potuto descrivere il suo volto contrito senza poterlo vedere nitidamente. Si era stupita per quell’immagine e aveva ringraziato le tenebre che avevano celato il suo rossore. Da quando erano tornati dalla valle dei susini si era resa conto che il pensiero rievocava spesso il suo volto e che quando aveva scoperto il problema agli occhi, ricordava distintamente di aver pensato a lui.

In quel momento stavano uscendo da un ristorante francese, il fotografo aveva insistito per portarla a cena e, nonostante la “Dea Scarlatta” fosse vicinissima, lei alla fine aveva accettato. Mi sto abituando alla sua presenza costante e discreta… è uno strano uomo… forse perché è occidentale…

Peter Hamil non la temeva affatto e non subiva il suo rango come gli altri giapponesi che la circondavano. Lui ribatteva anche all’infinito, se aveva a cuore l’argomento, e non si faceva alcun problema ad usare alcuni termini scurrili giapponesi che lei conosceva ma che non aveva mai usato in vita sua.

- Dove ha imparato queste parole? - gli chiese indignata dopo che dalle sue labbra era uscita indubbiamente la parola “merda”.

- Vuole che le spieghi cosa significa? - rispose lui con un’altra domanda mentre l’accompagnava lungo il viale della sua villa, fatto di sassi bianchi e illuminato da piccoli lampioncini laterali.

- So cosa significa! - ribadì voltandosi a guardarlo - Ma questo non significa doverla usare! -

- Le parolacce che usate voi giapponesi sono niente in confronto alle offese francesi! Nei secoli abbiamo avuto molta più fantasia! - e scoppiò a ridere. Ayumi si girò verso di lui indignata, così Peter si avvicinò al suo orecchio - Vuole che gliene insegni qualcuna? - sussurrò, inspirando alla fine il suo profumo delicato di sapone.

- No! - esclamò lei scandalizzata, scostandosi.

- Ayumi, non mi dica che si è davvero offesa solo perché con lei posso essere me stesso?! - le domandò, spiazzandola.

- Se stesso? Cosa vuol dire? - lo interrogò camminando lentamente al suo fianco. Era settembre inoltrato, ma gli strascichi dell’estate si sentivano ancora e il vento freddo dei giorni precedenti era scomparso anche se nell’aria c’era profumo di pioggia.

Peter aveva visto sulla sinistra un gazebo dalla foggia occidentale con un tavolo rotondo di pietra e quattro sgabelli, anch’essi di pietra. La prese gentilmente per un gomito e deviò il loro percorso. Ayumi non disse niente, comprese dove volesse dirigersi, forse la risposta che voleva darle era più complessa ed esigeva calma.

Quando i loro piedi toccarono l’erba soffice del prato, lo scricchiolio dei sassolini cessò e lei perse quasi ogni riferimento intorno a sé, così lasciò che lui la guidasse. È piacevole… quasi rassicurante… All’improvviso si sentì afferrare per i fianchi, sollevare e avvertì la pietra gelida del tavolino sotto il sedere.

- Ehi! - esclamò piena di meraviglia, afferrandosi alle sue spalle per non cadere. Lo lasciò immediatamente, come se si fosse scottata, e lui ridacchiò.

- Ha freddo? - le chiese avvicinandosi al suo orecchio e facendola rabbrividire, ma lei non lo avrebbe ammesso neanche morta.

- No, e non ha risposto alla mia domanda - lo ghiacciò Ayumi irrigidendosi e distendendo la gonna sulle gambe.

Peter la osservò, infilandosi le mani in tasca con forza. Era seduta, perfettamente diritta, lo guardava eppure sapeva che vedeva solo ombre. Un nodo doloroso gli serrò lo stomaco a quel pensiero. Le gambe dalla pelle candida uscivano dalla gonna leggera e si incrociavano alle caviglie. Sei proprio nervosa, principessa… e anche io lo sono… ancora non riesco a capire come i giapponesi possano corteggiare le loro donne in questo modo così distante… e riuscire a trattenersi...

- Ho una fama da mantenere, sa? - iniziò borbottando e Ayumi unì le mani in grembo - La gente si aspetta che io sia in un certo modo e per non disattendere le loro aspettative, mi comporto come tale - le spiegò come se stesse parlando con un bambino.

- Non le sembra così di essere solo falso? - lo provocò Ayumi corrugando la fronte e indispettendosi per quel tono condiscendente. Lui scoppiò a ridere e lo sentì più vicino.

- Devo lavorare, sono un fotografo, preferisco dare agli altri ciò che vogliono ed esprimere me stesso con le fotografie e… - fece una pausa, allungò una mano senza potersi trattenere e le scostò una ciocca di capelli che era ricaduta in avanti - E con lei - concluse in un sussurro sentendosi stranamente imbarazzato. Un brivido intenso lo folgorò partendo dalle dita e finendogli in mezzo al petto.

- Perché mi dice queste cose? - azzardò Ayumi che non era riuscita a controllare il suo stomaco che aveva fatto una capriola all’udire la sua voce che aveva espresso in giapponese quel concetto e le sue dita che l’avevano sfiorata. Si sarà preparato delle frasi?

Di nuovo silenzio. Ayumi si sforzò di mettere a fuoco la sua figura, ma le luci del vialetto erano lontane e lì era davvero buio.

Peter, in quei mesi, aveva dovuto fare davvero uno sforzo notevole per il suo carattere: non era abituato a trattenersi in quel modo con le donne, di solito le conquistava in poche ore e nessuna gli aveva mai resistito. Ayumi Himekawa, invece, sembrava lottare perennemente contro di lui e, se lei fosse stata un’occidentale, avrebbe detto che era il suo modo di manifestare interesse. Ma qui si trattava di lei, della stella emergente del teatro giapponese, figlia d’arte ed ex bambina prodigio.

Anche in quel momento lo stava giudicando, lo riteneva probabilmente frivolo e poco interessante. Quel pensiero improvviso lo innervosì a tal punto da volerla punire, scacciando dalla sua faccia quell’aria saccente e compita e vederla trasalire almeno per una volta. Senza pensarci ulteriormente, scattò rapido avanti, le cinse il volto con le mani e la baciò.

Ayumi, colta completamente alla sprovvista, gli afferrò i polsi, spalancò gli occhi pur non vedendoci, fece per gridare, ma ottenne solo di aprire le labbra e Peter ne approfittò immediatamente per approfondire quel bacio rude. Le impediva di scalciare tenendola fermamente fra sé e il tavolino, ma la situazione prese una piega inaspettata per entrambi.

La giovane attrice, per niente avvezza a emozioni così dirompenti, sentì l’iniziale sdegno sostituito da un intenso calore che veniva dal suo profondo e Peter fu costretto ad ammettere di non aver mai assaggiato una bocca come quella. Era solo il perfetto completamento dei sentimenti che provava per lei e che inutilmente aveva cercato di trasformare in professionalità.

Il francese infuse in quel bacio tutta la sua esperienza e passione, voleva che restasse impressionata e che si ricordasse per sempre di lui, ma Ayumi lo sorprese modificando l’iniziale lotta in un’accettazione collaborativa che lo fece solo emozionare di più. Ayumi venne completamente annientata da ciò che stava provando, sia la sua mente che il suo corpo erano calamitati verso di lui, le sue mani che stringevano ancora il suo volto possessivamente, le sue gambe che le impedivano di muoversi.

Lasciò i polsi dell’uomo, che non era riuscita a smuovere di un millimetro, lo afferrò per la camicia davanti e, nello stesso istante, Peter spostò le mani dietro la schiena abbracciandola e tirandola verso di sé senza smettere di baciarla appassionatamente. Ayumi separò i ginocchi e, sebbene una parte della mente le urlasse di scacciarlo, tutto il resto di lei bruciava come mai le era capitato prima e ignorò quell’avviso remoto.

Aderì completamente a lui avvertendo la rigidità dei suoi pettorali tesi e distese le braccia sulla sua schiena curva, aggrappandosi alla giacca. La mia essenza! Io… sto per esplodere, lo sento… questa è una cosa incredibile… io… io non sono così...

Peter avvertì l’istante esatto in cui smise di combattere e si abbandonò a lui e quella capitolazione lo convinse a mettersi un freno. Santo Dio… non ho mai provato niente di simile per una donna… potrei fare l’amore con lei fra un minuto esatto... ma Ayumi vale molto più di questo attimo…

Lasciò scivolare le mani fin quasi al suo fondo schiena, ma non la toccò e portò le dita, strisciandole sul tessuto, fino alle gambe coperte dalla gonna. La sentì irrigidirsi, così le morse lievemente un labbro per distrarla e lasciò scendere le mani fino alla pelle tesa delle ginocchia. Ayumi gli artigliò prima la camicia, emettendo un basso ringhio sordo, poi sembrò rilassarsi quando lo sentì allontanarsi, ma neanche per un istante lasciò le sue labbra.

Quando le dita di Peter vennero in contatto con la pelle serica della giovane, un brivido intenso lo scosse completamente e non riuscì a fermarsi come avrebbe voluto. È come se avesse dentro una calamita e io fossi metallo…

Proseguì nella dolce invasione di quella bocca delicata ed esigente mentre i suoi polpastrelli sensibili risalirono lentamente i lati delle sue gambe morbide trascinando il tessuto della gonna nel loro incedere.

La pioggia improvvisa li investì, ma nessuno dei due sembrò farci caso, completamente persi uno nel tocco dell’altro. Brucio come fuoco… non c’è aria nei miei polmoni, la pioggia evapora sulla mia pelle bollente e mi manca la terra sotto i piedi… E questo che sente Akoya per Isshin?

Peter fermò le mani come artigli sui suoi fianchi, se avesse proseguito avrebbe commesso un grave errore, lo sapeva. Ayumi avvertì quella pressione prolungata e comprese, in un piccolo angolo del suo cervello sottosopra, che l’uomo si stava trattenendo. Finirà tutto, adesso!

Inspiegabilmente Ayumi venne colta dal panico, per la prima volta nella vita era incapace di gestire una situazione. Anche il bacio rallentò lentamente, divenendo languido e sensuale, finché il fotografo, ingoiando la tensione che lo stava sopraffacendo, lasciò il contatto con le sue gambe e le prese il volto con le mani staccando contemporaneamente le labbra e appoggiando la fronte alla sua. Lei gli afferrò di nuovo i polsi, ma questa volta per trattenerlo e aggrapparsi, non più per allontanarlo.

La pioggia cadeva incessante ed erano completamente fradici, ansimavano entrambi e Peter sapeva bene che l’espressione sconcertata ad appassionata dei suoi bellissimi occhi lucidi e brillanti era autentica, stava provando lo stesso desiderio che straziava lui, anche se non ci vedeva. Ayumi…

- Non sono un giapponese, Ayumi - sibilò il francese godendo del tocco delicato contro la pelle del suo volto bollente - Mi dispiace - e la lasciò andare.

Ayumi avvertì il distacco netto, improvviso com’era iniziato, non riusciva a respirare né a parlare, sentì i suoi passi decisi sull’erba che si allontanavano, poi lo scricchiolio dei sassi del vialetto. Allungò una mano davanti a sé come per trattenerlo, scese dal tavolino di pietra e mosse qualche passo, poi fu costretta ad abbracciarsi cingendosi la vita mentre un’angoscia profonda le devastava l’anima.

Fa freddo… mi sento sola… tanto sola… come ho potuto ignorare i tuoi sentimenti e addirittura divertirmi a volte quando io ora mi sento un guscio vuoto? Ora che te ne sei andato, sentendoti inadeguato e credendo di avermi fatto del male, io non so più fare a meno di te! Non andare, ti prego!

Cadde sui ginocchi e scoppiò a piangere senza che alcun suono uscisse dal sue labbra arrossate.

Peter Hamil non si voltò, per la prima volta nella sua vita scappò da una donna che, se ne rese conto in quell’istante, aveva catturato la sua attenzione nell’istante in cui l’aveva vista, nonostante la sua giovane età, e che lui aveva scambiato per interesse professionale. La mia musa… quante volte l’ho detto a lei e me lo sono ripetuto? Ma non è così! Sono stato uno stupido! Credevo di poterla gestire come tutte le altre, ma lei è diversa! Diversa!

Camminò rapido sul vialetto, tenendo i denti serrati e soffiando fuori il fiato caldo dai polmoni mentre il suo cuore martellava incessante. Un solco profondo gli corrugava la fronte, prese con rabbia il cellulare dentro la tasca della giacca e toccò l’icona per la chiamata rapida al suo traduttore che nei mesi era diventato un buon amico come solo i giapponesi possono diventarlo.

- Sono io, trovami il numero della segreteria di Masumi Hayami della Daito Art Production - ringhiò con tono minaccioso in francese. Dall’altra parte l’uomo obiettò qualcosa mentre lui apriva lo sportello della macchina ed entrava chiudendolo con forza.

- No! Devo parlare con lui! È il proprietario della Ondine, giusto? - aggredì di nuovo il traduttore che balbettò un’affermazione convinta, ma obiettò nuovamente qualcosa che lo fece irritare ancora di più. Appoggiò il cellulare al supporto sul cruscotto, mise il viva voce e accese il motore con rabbia.

- Devo prendere un appuntamento, non è mica l’Imperatore del Giappone, che cazzo! Ci sarà un modo per entrare in quell’ufficio! - sbottò aggredendo l’asfalto dell’autostrada.

- Va bene, signor Hamil - lo rassicurò in francese il traduttore, la voce metallica che usciva dal viva voce - Cercherò di farle avere un appuntamento quanto prima -

Hamil chiuse la comunicazione toccando lo schermo e accelerò, tenendo lo sguardo sulla linea della corsia e rievocando il bacio di poco prima. Il suo cuore riprese a battere frenetico ed ebbe la sensazione che lei fosse lì, accanto a lui, tanto che si girò di scatto.

Credevo che mi avresti cacciato via, picchiato anche… credevo che mi avresti respinto, sei sempre così rigida e stai sulle tue senza neanche guardarmi… invece… sei ghiaccio e fuoco, Ayumi… proprio come ti ho visto nella valle!



Mizuki fissava assente lo schermo del computer. Finalmente era riuscita a scoprire dove andava il suo capo ogni giorno per due ore. Era rimasta sconcertata e doveva valutare bene come e quando usare quell’informazione. Non era neanche sicura che fosse necessario rivelarlo a Rei Aoki, in fondo, era una cosa così assurda e distante dal tipo di uomo che era Masumi Hayami, che ancora stentava a crederlo.

Signor Masumi… cosa l’ha spinta a frequentare quel posto? E perché proprio dopo l’acquisizione della Asahi? Cos’è successo quella sera? Devo chiamare Rei Aoki...

Picchiettò con la matita il blocco davanti a lei e il trillo prepotente del telefono la costrinse a interrompere il flusso dei suoi pensieri.

- Mizuki - rispose prontamente, ma la voce concitata dall’altra parte la fece scattare in piedi - Che cosa?! - esclamò mentre una paura incontrollata strinse il suo cuore in una morsa. L’interlocutore aggiunse qualcos’altro, lei chiuse la telefonata e scese immediatamente a piano terra.

Dieci minuti dopo bussava all’ufficio del suo capo cercando di tenere sotto controllo il tremore delle mani. Entrò e richiuse la porta dietro di sé. Il signor Hayami non alzò neanche la testa dal documento che stava leggendo.

- Mi dica, Mizuki -

La segretaria avanzò lentamente fino a raggiungere la scrivania e in quel momento, visto il suo silenzio, l’uomo fu costretto a guardarla e si accorse immediatamente del suo volto terreo. Senza alcuna possibilità di imbrigliarlo, il suo pensiero andò a Maya.

- Che c’è? È successo qualcosa? - la interrogò corrugando la fronte e posando la stilografica.

- Mi scusi se la disturbo - iniziò Mizuki visibilmente scossa - C’è un’emergenza -

- Ovvero? - indagò lui appoggiandosi allo schienale.

- Poco fa è arrivato uno strano pacco, era indirizzato a lei e dentro c’era una bomba - riportò seriamente.

- Una bomba? - Masumi la fissò stupito con un lieve sorriso.

- C’era una lettera minatoria. Le guardie l’hanno aperto con attenzione e trovato l’ordigno. Per fortuna sono stati in grado di disinnescarlo. Era programmato per esplodere dopo un’ora. Probabilmente era solo un avvertimento perché non aveva una potenza esplosiva molto elevata - valutò lei riacquisendo la calma, spinta anche dalla sua posa rilassata.

- Cosa c’era scritto nella lettera? - le chiese alzandosi e prendendo una sigaretta dal pacchetto.

- Soltanto “muori” - riferì la segretaria - Qualche idea? - aggiunse, scrutandolo.

- Nessuna - rispose neutro Masumi accendendosi la sigaretta come niente fosse.

- Non scherzi! - lo fissò duramente Mizuki - Capirei se dicesse: “ho talmente tanti nemici che c’è l’imbarazzo della scelta”... - obiettò innervosendosi e lui scoppiò a ridere, voltandosi verso la grande vetrata.

- Ho paura possa trattarsi della Hokuto Production visto che lei si è accaparrato quel loro gruppo rock la cui popolarità è aumentata di getto… - Mizuki decise di confidargli i suoi sospetti - In giro si dice che quella gente abbia dei legami con la Yakuza… Cerchi di essere prudente - aggiunse reprimendo l’istinto di scuoterlo per le spalle. Ma lui rimase immobile e in silenzio, guardando fuori.

- Dico sul serio - aggiunse gravemente Mizuki facendo un altro passo avanti. Masumi si girò avvertendo la premura nel tono della segretaria.

- Lo farò senz’altro - la rassicurò lui spegnendo la sigaretta e sedendosi di nuovo.

- Come facciamo per la bomba? Denunciamo il fatto alla polizia? -

- No - rispose seccamente lui - Rendere pubblica la cosa potrebbe nuocere alla reputazione della Daito Art -

- Allora faremo svolgere delle indagini in segreto e sistemeremo la questione privatamente - lo tranquillizzò Mizuki esponendo i fatti con la solita professionalità.

- Mi affido a lei - si raccomandò Masumi fissando la segretaria che sembrava aver qualcos’altro da dire. Poi probabilmente cambiò idea perché fece un lieve inchino e uscì. Stava per fare una delle sue solite battute, vero Mizuki? Cosa l’ha fermata questa volta? Le faccio pena, forse?

Mizuki uscì dall’ufficio ed espirò cacciando fuori tutta l’aria con forza. Io tremavo e lui sembrava assolutamente rilassato… io mi domando come faccia a restare sempre così impassibile, senza mostrare mai un minimo coinvolgimento!

Si sedette alla scrivania, prese il cellulare e chiamò Rei Aoki.



Maya si sedette sulla cassa di legno appoggiata al muro nel retro dei Kid Studio. bevve dalla bottiglietta d’acqua che le aveva dato Yu e sorrise stancamente alla sua amica. Rei era venuta a trovarla e appena il signor Kuronuma aveva dato quindici minuti di pausa, erano uscite per un po’ d’aria e scambiare due chiacchiere.

- Oggi niente prove per me - la informò Rei, sorridendo. Mentre era rimasta in attesa nella hall, aveva visto un andirivieni di attori che entravano e uscivano dalla sala prove e quando anche Maya e Yu erano usciti, ridevano fra loro e stavano vicini.

- Hai fatto bene a venire qui, era tanto che non ci vedevamo durante le prove! - esclamò Maya entusiasta.

- Ti ho visto molto affiatata con Sakurakoji, vanno bene le prove? - le domandò, cercando di prendere la questione a distanza. Maya annuì vigorosamente e arrossì.

- Sì! Il suo Isshin è coinvolgente! Nelle scene riesce a tirare fuori il meglio della mia Akoya! - confessò lei candidamente.

Io credo che sia la tua Akoya a tirar fuori il meglio dall’Isshin di Sakurakoji…

- Sembri molto tranquilla in effetti - annuì Rei evitando di accennare al fatto che fosse arrossita come una scolaretta.

- Lo sono, Rei - e si voltò a guardarla intensamente - Non l’avrei mai creduto possibile, ma la Dea Scarlatta mi ha davvero fatto capire e scoprire un sacco di cose! - i suoi occhi brillavano come diamanti e, sebbene parlasse con lei, sembrava essere da tutt’altra parte.

- Sono davvero contenta di sentirti parlare così - le sorrise di rimando Rei.

- Sakurakoji nei panni di Isshin è l’anima gemella della mia Akoya! Non avrei potuto avere partner migliore! - le confessò entusiasta arrossendo di nuovo.

- Allora sembra che quella cena abbia portato grandi risultati - ammiccò Rei dandole di gomito. Maya arrossì profondamente e distolse lo sguardo.

- Avanti racconta! Non abbiamo mai avuto modo di parlare! Gli è piaciuto il vestito che ho coordinato per te? - le chiese cercando di far passare la domanda come interesse personale.

- Oh sì! - annuì Maya - Anche lui era vestito molto bene e il musical è stato bellissimo! - e si illuminò di nuovo, come ogni volta che parlava di teatro, poi il suo volto si scurì.

- Va tutto bene, Maya? - la interrogò premurosa Rei toccandole un braccio. Lei annuì ma guardava a terra, persa nei suoi pensieri. Quando rialzò lo sguardo stava piangendo. Come quella notte di ritorno dalla valle… lo stesso sguardo smarrito, la stessa paura profonda in quegli occhi tormentati… Maya...

- Rei… lo so che le lacrime potrebbero metterti su una cattiva strada e darti un’idea sbagliata, ma io sto davvero bene! - e le afferrò le mani mentre le lacrime scendevano lievi - Ci sono delle cose impossibili nella vita, irrealizzabili! Io ho ottenuto la possibilità di contendere per la Dea Scarlatta e mi pare ancora un sogno poter partecipare a questa sfida con Ayumi! I sogni, i desideri, le illusioni, sono quelle che devo portare sul palco, coinvolgendo lo spettatore, non posso provarle io stessa! - parlò rapidamente, stringendola convulsamente, la voce piena di sofferenza.

Rei non riusciva a capire dove volesse andare a parare. Di cosa stai parlando esattamente, Maya?

Maya si fregò via le lacrime e si alzò. Non fece caso al giornalista che si era avvicinato all’angolo del muro e che si era messo in ascolto.

- Quella sera, al ristorante, Yu ha risposto ad una telefonata - proseguì come un fiume in piena che fosse straripato, la sua voce aveva un tono tagliente - Io… io ho visto il signor Hayami, era lì, con altri uomini - Rei spalancò gli occhi e le si strinse il cuore al ricordo delle parole di Mizuki - L’ho affrontato, Rei! Gli ho detto che non gli darò mai i diritti della “Dea Scarlatta” se dovessi vincere! MAI! Né a lui né a suo padre! La Daito Art Production non avrà la “Dea Scarlatta” se dovessi essere io a vincere! -

Sembri arrabbiata, Maya, ma anche sofferente… ti sei davvero innamorata di lui a tal punto da soffrire così?

- Maya, ma… perché parli dei diritti della “Dea Scarlatta”? Come fai a sapere… - ma lei la interruppe bruscamente, aveva le guance rosse per la rabbia eppure gli occhi erano pieni di tristezza.

- Non importa come io lo abbia saputo! Lo so e basta! Sono trent’anni che tormentano la signora Tsukikage, non l’hanno praticamente lasciata vivere! Eisuke Hayami ha creato quella maledetta azienda solo per poter un giorno rappresentare la “Dea Scarlatta” e suo figlio non ha fatto che seguire le sue orme! Nonostante i nostri battibecchi in questi sette anni, lo credevo una brava persona, diverso da suo padre! Invece è solo un affarista senza scrupoli che pensa solo a raggiungere i suoi obiettivi! Mi ha sempre raggirata e ingannata e non ho più intenzione di accettare il suo gioco! -

Il giornalista arretrò lentamente, contento di ciò che aveva sentito e immaginando già il titolo del suo articolo, poi corse via appena fu abbastanza lontano.

Rei si alzò lentamente e l’amica si buttò fra le sue braccia, sembrava non avere neanche più la forza per piangere. Maya era così addolorata e arrabbiata che Rei riuscì solo a stringerla e cercò di rassicurarla. Si era sfogata così all’improvviso sebbene non le avesse comunque detto dell’ammiratore delle rose. Come ha detto Mizuki deve aver sentito qualcosa quella sera che le ha fatto cambiare idea… so che è crudele, Maya, ma io devo capire…

- Maya, stai tranquilla, ricordati che hai sempre noi a spalleggiarti, poi c’è la signora, Yu, e non dimenticarti il tuo ammiratore - le sussurrò con la sofferenza nel cuore. Maya sollevò la testa di scatto, gli occhi che ardevano infuocati e si staccò da lei.

- È grazie a lui se sono arrivata fino alla “Dea Scarlatta”, non potrò mai dimenticare il suo supporto e riuscirò a ripagarlo con la mia recitazione! - disse decisa, la sua voce non tentennò neanche un istante e Rei la fissò sbalordita.

Significa che non vuoi più il suo sostegno? Cosa puoi aver sentito di così grave per farti prendere una posizione così netta contro di lui? Perché non vuoi dirmi che sai chi è? Dimmelo Maya…

Ma Maya si girò e rientrò negli studi di prova, lasciandola con nuovi interrogativi.

Il giorno seguente, un articolo avrebbe scosso l’ambiente dello spettacolo. E soprattutto Masumi Hayami.


 

   
 
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