Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Fauna96    12/03/2015    1 recensioni
¡ModernAU! della serie "Altri Luoghi"
Queezle ha dodici anni ed è paralizzata dalla paura. Nascosto in tasca ha un coltello a serramanico e vorrebbe avere abbastanza coraggio da usarlo; ma Bart le ha ordinato di scappare e l’ha fatto con un tono serio serio a cui è riuscita solo ad obbedire, stringendo al petto il sacchetto di plastica.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bartimeus
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Altri Luoghi'
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I Parte



Queezle ha dodici anni ed è paralizzata dalla paura. Nascosto in tasca ha un coltello a serramanico e vorrebbe avere abbastanza coraggio da usarlo; ma Bart le ha ordinato di scappare e l’ha fatto con un tono serio serio a cui è riuscita solo ad obbedire, stringendo al petto il sacchetto di plastica. Non è andata lontano, però, non vuole lasciarlo da solo mentre lo pestano; resta nascosta e si sforza di non piangere, finché non sente una mano sfiorarle la spalla. Si volta e deve trattenere un urlo di sollievo nel vedere il viso sanguinante ma indubbiamente vivo di Bartimeus. Lascia cadere il sacchetto e gli si butta addosso; Bart geme e lei allenta immediatamente la stretta. – Scusa. Ti fa tanto male? –
Il ragazzo fa un cenno noncurante e le dà una pacca sulla testa. – Nulla di particolare, Queezle. – le fa un sorriso di labbra spaccate. – Sono pochi quelli che riescono veramente a stendermi -.
Restano per un po’ stretti nel vicoletto buio, circondati da cassonetti dell’immondizia e dai rumori del traffico della sera, poi Queezle dice: - Secondo me stavolta dovremmo andare dal dottore -.
Bartimeus sbuffa, raccoglie il sacchetto e lo infila per metà nei pantaloni, coprendolo con la giacca. – No, Queezle. Sto bene, biondina, ok? Sono Bartimeus – alza un sopracciglio con aria polemica e Queezle annuisce poco convinta. – Non fare quella faccia! Le ferite di guerre sono sempre più fumo che arrosto. E queste non sono nemmeno paragonabili a quella volta che... –
- Madame ti darà un’occhiata comunque – lo interrompe Queezle, che non ha voglia di ascoltare un’altra impresa del grande Bartimeus, per quanto bene gli voglia.
Bartimeus pare vagamente oltraggiato per essere stato interrotto, poi però sembra venir colto da un pensiero più importante; le passa un braccio attorno alle spalle e la conduce in strada. – Dai, andiamo -.
 
Le prime notti, Queezle singhiozzava a lungo prima di riuscire ad addormentarsi, finché il bambino che divideva con lei quello stanzino le disse di piantarla o il tizio fuori dalla porta le avrebbe sparato. Queezle si bloccò, terrorizzata, e il ragazzino aggiunse dopo un po’, forse dispiaciuto della sua durezza: - Scherzavo. Davvero: al massimo, si mette a piagnucolare con te. E comunque, hanno tutti una pessima mira -.
Parlava ceco con un accento stranissimo, anche se in modo sciolto, e aveva degli occhi chiari, gialli quasi, che assomigliavano a quelli di un gatto. Non era esattamente gentile, ma Queezle iniziò a trovarlo simpatico. C’erano altri bambini, ma li vedeva poche volte; la sua costante compagnia era Bartimeus, che sembrava essersi preso l’incarico di insegnarle come funzionavano le cose lì. Tutti gli insegnamenti che le dava, però, venivano ignorati da lui stesso: le raccomandava di stare zitta e non combinare casini e immancabilmente prendeva in giro, dava rispostacce (Queezle si chiese più volte come un bambino poco più grande di lei conoscesse così tante parolacce e insulti) e si prendeva tutte le punizioni del caso. Aveva costantemente la mascella gonfia, lividi sul volto e sulle braccia, ciononostante mai una volta Queezle lo vide piangere. E anche lei si sforzava di ricacciare indietro le lacrime, soprattutto quando le veniva nostalgia di casa.
Anche a Bartimeus mancava casa sua: quand’era dell’umore giusto, le raccontava del deserto, dei mercati colorati di nome suq, dell’aria rovente che avvolgeva la sua città. Ma erano occasioni rare: a Bart non piaceva parlare di sé. Cioè, gli piaceva, anzi adorava parlare di sé, ma non di fatti personali. Era così.
 
- Bart – lui si volta, le mani nelle tasche dei jeans. E’ alto per i suoi quattordici anni e promette di crescere ancora. Queezle strofina le scarpe sull’asfalto e sbotta: - C’è qualcosa che devi dirmi. Dimmelo -.
Bartimeus assume un’espressione di stupore teatrale mista ad angelica innocenza che non frega Queezle: lo conosce bene. Decide di prenderlo per esasperazione; si attacca alla sua manica e cantilena: - Dimmeloooo, daiii... –
- Mia cara Queezle, stai parlando con il maestro dell’esasperazione. E, mi spiace dirtelo, ma l’allieva non ha ancora superato il maestro. Ciò detto, ti immagini le cose, Queezle -.
- Non è vero – borbotta lei. – Dimmelo -.
Bartimeus lancia un’occhiata al palazzo di fronte a loro e scuote la testa. – Dopo. Siamo in ritardo -.
La spinge dentro, spalle dritte, espressione disinvolta e leggera, ma impassibile.
Consegnano la roba senza troppi intoppi e stranamente Bartimeus risparmia le solite battute, per poi trascinarla quasi nel loro stanzino.
Si accoccolano nel punto più lontano dalla porta, il che già di per sé è un’impresa data la non – grandezza della camera, e Bartimeus la prende per le spalle. – Non so come dirtelo, Queez. Ma io penso che tra poco... te ne andrai. – Queezle lo fissa senza capire. – Ti porta via Madame, li ho sentiti parlare -.
Il terrore la paralizza. Lo sa cosa succede da Madame, non è stupida. Le lacrime che non ha pianto quel pomeriggio e tutti gli anni precedenti scoppiano; Bartimeus si affretta a passarle una mano sulla bocca, per non fare rumore. – Volevo che lo sapessi prima... –
- Non ci vado – singhiozza Queezle dietro la sua mano. – Mi ammazzo piuttosto -.
- Non dire cretinate. Sei tosta, Queezle, ce la farai -.
Queezle lo fissa: non vuole abbandonarlo e non vuole che lui la abbandoni. E allora si asciuga le lacrime e gli chiede: - Perché non andiamo via? –
 
Queezle ama Praga. Non si è mai fermata a pensarci, perché una dodicenne non dovrebbe pensare a una cosa del genere e soprattutto una dodicenne nelle sue condizioni. Ma ora che si sta preparando a lasciarla, si accorge di essere affezionata alla sua città, e che le mancherà. Se riusciranno a uscirne vivi. Non ha paura, non tanta almeno; Bartimeus non mostra le sue emozioni, non lo fa mai, preferisce nascondersi sotto punzecchiature e battute pungenti. Forse un po’ spaventato lo è anche lui. Dopotutto, all’inizio non voleva nemmeno andarsene.
 
 


Ehm. Pensavate che l’infanzia di Bart e Queezle fosse stata tutta rose e fiori, eh? Be’, se fosse poco chiaro sono essenzialmente ragazzini di strada che fungono da ‘postini’, ma visto che la povera Queezle sta crescendo bene... Bart è originario dell’Iraq (Uruk si trovava lì) ed è immigrato a causa della guerra da piccolo... non saprei, probabilmente è stato venduto o qualcosa del genere. Sono sadica, mannaggia. Comunque, questa sarà una two-shots, per cui ci vediamo nella seconda parte, raccontata dal nostro Barty (oddio, scrivere dal suo punto di vista sarà un’impresa).
  
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