IV
L’ALLEANZA
“Ho
vinto!” rise Kanon, gettando
l’ultima carta.
“Che
palle!” storse il naso
Deathmask.
Il cavaliere del
cancro decise di
lasciar perdere. Si alzò di scatto, stiracchiandosi.
“Dove
vai?” lo richiamò Kanon “Mi
annoio. Torna a giocare!”.
“Gioca
a solitario!” sibilò il
cancro, accendendosi una sigaretta.
“Andate
a fare qualche cosa di utile,
ogni tanto!” gridò loro Shaina, appena rientrata
dall’allenamento.
Deathmask la
osservò e le sorrise,
trovandola incantevole con la pelle imperlata di sudore ed i capelli
leggermente in disordine. La donna scosse la testa, stanca di vedere il
suo
uomo bighellonare per buona parte della giornata.
“Vado
a farmi una doccia” si limitò a
dire lei.
“Vuoi
una mano?” si propose
Deathmask.
“Cretino!
Vai ad allenarti!”.
Il cancro ne
guardò il fondoschiena,
finché non svanì alla vista.
“Forse
ha ragione, gambero” suggerì
Kanon “Male non ci farà. O ti pesa troppo il
culo?”.
“Il
mio culo pesa meno del tuo,
vecchio!”.
“Questo
è tutto da dimostrare!”.
Ridendo, i due
uomini iniziarono a
correre lungo le scale del tempio. Era un ottimo allenamento, specie
considerando il notevole peso delle armature.
“Non
ho più l’età per fare queste
cose!” borbottò Kanon “Dove sono le
nuove reclute? Non sarebbe ora che
apparisse qualche piccolo saint?”.
“Sei
sempre che ti lagni!
Riproduciti, così ci sono nuove reclute” gli
rispose Deathmask “Oppure vai in
pensione. O, ancora meglio, torna da Poseidone”.
“Stai
scherzando, vero?”.
Kanon e
Deathmask continuarono a
correre. Cominciarono a cantare filastrocche in stile militare,
prendendosi in
giro. Arrivati alla prima casa, il cavaliere dei gemelli
scattò lateralmente. Si
nascose dietro ad un colonna.
“Mi
hai portato sfiga, granchio
maledetto!” sibilò, mentre Deathmask lo fissava
con aria interrogativa.
Alle porte del
tempio, Poseidone
sorrideva, con accanto
il suo generale
Sorrento. Mur, a conoscenza dell’arrivo del Dio, si
apprestava a guidarlo fino
alla sala del gran sacerdote.
“Cagasotto!”
ridacchiò Deathmask “Ti
nascondi da Poseidone?”.
“Chiudi
la tua fottuta bocca!” lo
additò Kanon “Io e Poseidone abbiamo ancora dei
conti in sospeso e non so come
possa reagire..”.
“Ti
ricordo che ora siamo alleati”
continuò il cancro.
Nel frattempo,
Poseidone stava
iniziando a salire lungo le ripide scale in pietra, passando davanti al
cavaliere del Cancro e la colonna dietro a cui si nascondeva Kanon. Deathmask si
inchinò leggermente, senza
troppa convinzione.
“Buongiorno,
cavaliere della quarta
casa” salutò il Dio “E ciao,
Kanon”.
Il saint dei
Gemelli sobbalzò,
cercando di nascondersi ancora di più.
“Dai,
è andato via” lo rassicurò
Deathmask, dopo qualche istante “Vigliacco, è
passato oltre!”.
“Smettila
di sfottere, surimi
ambulante!”.
Kanon
uscì dal suo nascondiglio e
guardò in su. Poseidone ed Atena alleati? Che idea assurda!
“E che
cosa pensi di fare?” domandò
la Dea della bellezza Aphrodite, stesa bocconi fra cuscini di velluto.
Sollevò
l’elegante piedino nudo verso
l’alto, sorreggendosi il viso con una mano.
“Che
dovrei fare?” le rispose Ares,
steso anche lui a pancia all’aria, sorseggiando vino.
“Beh,
non è una cosa da poco quel che
mi hai detto” continuò lei, allungando la mano
libera verso il petto nudo
dell’amante.
“E
perché? Ne ho tanti di figli. Uno
in più, non mi cambia la vita”.
“Ma
come? Non dovresti ragionare in
questo modo”.
Ares
ruotò gli occhi al cielo. Quella
femmina parlava sempre così tanto! Ed era sempre
così pettegola!
“Io
non ragiono” le rispose, bevendo
ancora.
“L’avevo
capito”.
Il Dio della
guerra sorrise,
guardando la Dea. L’amava alla follia, e spesso commetteva
irripetibili
leggerezze pur di vederla. Questo perché lei era sposata e
il marito non
apprezzava molto le scappatelle della moglie.
“Ed io
quando potrò vedere questo
nuovo arrivato in famiglia?” continuò lei,
fissandosi le unghie smaltate.
“Perché?”.
“Mi
piacciono i bambini”.
“Ma
non è bambino. È un uomo già da
un pezzo”.
“Ah,
meglio. Mi piacciono anche gli
uomini. Più dei bambini”.
Aphrodite
sorrise e Ares non le
rispose. Si limitò a fissarla, senza commentare. Del resto,
non poteva certo
sgridarla. Non era sua moglie, solo la sua amante.
“Dimmi
la verità..” riprese la Dea
“..è carino come te?”.
“Certo
che no. Io sono molto meglio”.
“Lo
dici perché è vero o solo perché
ne sei convinto?”.
“Non
lo so, donna. Io non guardo le
bellezze maschili”.
“Allora
lo verificherò di persona”.
“Era
al matrimonio di Hades”.
“Al
matrimonio di Hades ero impegnata
a fare altro. Di molto più piacevole. Nuda e sudata. Con te.
Non te lo
ricordi?”.
“Me lo
ricordo” ghignò, soddisfatto,
il Dio.
“Mi
dai un bacio, Ares?”.
“Solo
un bacio?”.
“Non
fate caso allo sguardo
spaventato dei miei cavalieri” parlò Atena,
rivolta a Poseidone “Non sono
ancora molto convinti di questa alleanza”.
“Li
posso capire”.
Poseidone, dopo
un elegante baciamano
alla nipote, si apprestò a seguire la padrona di casa. Saga
osservò il Dio in
silenzio, mentre questi attraversava la tredicesima casa.
“Tranquillo,
sacerdote” commentò
Poseidone, non gradendo quello sguardo “Non farò
del male alla tua preziosa
Dea. Siamo alleati, ora, e Zeus non me lo permetterebbe mai”.
“E da
quando chinate la testa
dinnanzi a Zeus?” ribatté Saga.
“Da
quando la guerra ci costringe a
restare uniti”.
“Saga!
Smettila!” ordinò Atena
“Quello sguardo non è appropriato. Sei al cospetto
di un Dio, perciò comportati
di conseguenza”.
“Non
è necessario, mia cara” sorrise
Poseidone “Conosco bene il fratello di quest’uomo.
Se è testardo, orgoglioso e
potente anche solo la metà del suo gemello, posso capire il
perché di quello
sguardo fiero. Anche se è solo un semplice
mortale”.
Saga non
ribatté, capendo che era
meglio evitare. Atena porse il braccio a Poseidone, invitandolo a
seguirla nei
suoi appartamenti, dove avrebbero potuto parlare liberamente.
“Non
preoccuparti, Saga” continuò la
Dea “Non corro alcun pericolo”.
Quando Atena
lasciò la tredicesima,
raggiungendo la sua casa, il gran sacerdote tornò a prendere
posto sul trono.
Nel silenzio, cercò di captare eventuali segnali
d’allarme. Davanti a sé, molti
cavalieri d’oro si erano radunati, un pochino allarmati dalla
presenza di
Poseidone.
“Io
non so come hai fatto a non
spaccargli la faccia” furono le parole del cavaliere dei
Pesci “Con che titolo
può trattare noi mortali in questo modo?”.
“È
un Dio..” tentò di calmarlo Saga.
“E
allora? È insopportabile”.
“Dobbiamo
abituarci. Con questa
alleanza, molte divinità appariranno qui al
tempio”.
“Mi ha
fatto domande assurde”
confessò Mur.
“Per
esempio? Quel vecchio mi sa di
maniaco..” si incuriosì Milo.
“Non
in quel senso! Non mi ha chiesto
niente di perverso però..era curioso! Mi ha fatto domande
sulle armature, sulle
case, sui cavalieri..”.
“Vorrà
più informazioni sui suoi
alleati. Normale” rassicurò Shaka.
“Sì
ma io non ho risposto a tutto. Se
un giorno non saremo più alleati, è meglio
tenerci degli assi nella manica”.
“Hai
fatto bene, Mur” annuì Shura.
“E poi
faceva domande sul cavallo”
riprese l’Ariete.
“Cavallo?
Quale cavallo?” alzò un
sopracciglio Aiolos.
“Quello
nero con cui è arrivato
Saga?” capì Aphrodite, che sapeva un po’
tutto di tutti.
“Sì,
quello. Mi ha fatto domande
assurde su dove venisse, di chi fosse, perché fosse
lì. Gli ho risposto che non
ne avevo idea”.
“Che
voleva sapere?” si incuriosì
Saga “Che ha detto a riguardo?”.
“Si
è messo a vaneggiare dicendo che
è un cavallo di Ares ed io ho risposto che non ha senso che
sia qui il cavallo
di Ares!”.
“Povero
vecchio. Sarà rincoglionito”
scosse la testa Milo.
“L’ho
pensato pure io. E questi ci
dovrebbero aiutare..”.
“Ma
anche se fosse il cavallo di
Ares..” ipotizzò Saga “..a lui che
frega? Non siamo tutti alleati?”.
“Sì
ma Ares è un Dio poco
raccomandabile” gli rispose Aiolos “Anche se
alleato, non è proprio un tipo con
cui avere molto a che fare. È il Dio della guerra spietata,
sanguinaria e di
conquista. Dove passa, lascia dietro di sé una scia di morti
e sofferenza”.
“Segue
il suo ruolo. Non ci si
aspetta da Ares un abbraccio” ribatté Saga.
“Come
non ce lo si aspetta da Arles,
ma questa è un’altra storia”.
“Non
stuzzicarmi, Sagitter”.
“Non
sei in grado di tenerlo a bada,
adesso? Grazie alle medicine di Shun..”.
“Certo.
Ma metti che oggi non abbia
voglia di tenerlo a bada..sono piuttosto nervoso”.
“Lo
immagino. Dovresti trovarti un
hobby”.
“E tu
dovresti farti gli affari tuoi.
È per impicciarti degli affari degli altri che sei morto, la
notte degli
inganni. In caso contrario tu..”.
“Non
continuare. Non voglio sapere
quel che ti passa in quello strano cervello”.
Saga non
rispose. Il suo sguardo non
cambiò e nemmeno la sua espressione.
“Non
abbiate timore alcuno” si fece
sentire, per la prima volta, Sorrento “Il mio signore non ha
intenzioni
cattive, anche se è un gran impiccione. Non cerca punti
deboli per
sconfiggervi, ma per rafforzarvi. Non è saggio lottare a
fianco di chi è
debole”.
“Noi
non siamo deboli!” si indispettì
Ioria.
“Non
ti offendere, Leone! Non volevo
farti arrabbiare..” riprese Sorrento.
“Avremmo
potuto sconfiggere tutti voi
marini in pochi minuti. Se solo Mur avesse lasciato che..”.
“Ancora
con questa storia?” sbuffò
Mur “Ti ho già spiegato perché, quella
volta, ho ordinato a tutti di non
intervenire in soccorso”.
“Speravi
che Seiya e gli altri
morissero?” ipotizzò Aphrodite.
“Ma
no! Lo avevo spiegato. Certe
cose, devono seguire il loro corso. Non era la nostra
battaglia”.
“E se
non fosse nemmeno questa la
nostra battaglia? Come facciamo a saperlo?”
ringhiò il Leone.
“Ma di
che parli?”.
Mur era
sconcertato. Che discorsi
faceva Ioria? E perché nessuno lo capiva? Lui voleva solo il
meglio per il santuario
e questi lo accusavano di cose assurde!
“Ragazzi,
non litigate!” cercò di
calmarli Shaka, senza risultati.
“I
cavalieri di bronzo dovevano
affrontare un dato percorso e quella battaglia spettava a loro,
così come a noi
spettava il compito di abbattere il muro del pianto”
tentò di farsi capire l’Ariete
“Ci sono cose che non possiamo cambiare. Così come
non possiamo cambiare chi
siamo, certe battaglie non le possiamo evitare”.
“Le
persone cambiano” dissentì il
cavaliere della Vergine.
“Se lo
dici tu..però noi siamo nati
cavalieri”.
“Non
è vero. Siamo nati lemuriani,
indiani, italiani, greci, finlandesi, brasiliani e via
dicendo”.
“Ma
avevamo un cosmo! Dentro di noi,
c’era qualcosa di diverso, che ha seguito il suo corso e ci
ha resi ciò che
siamo. Io sono nato per essere cavaliere, Atena è nata per
guidarci..c’è chi
nasce Dio e chi uomo, ma per tutti c’è una strada
da seguire”.
“Ma
che stai farneticando?!”
interruppe Kanon “Son da due case fa che ti sento dire cose
senza senso, Ariete!”.
“Solo
perché una cosa tu non la
capisci..” rispose, pacato, Saga “..non vuol dire
che non abbia un senso. Forse
sei solo tu troppo stupido per capirlo”.
“Fingo
di non aver sentito” si stizzì
Kanon.
“Fingi
pure, non mi interessa”.
“Non
so cosa tu abbia oggi, Saga, ma
mi stai facendo salire la voglia di pestarti”.
“Tanto
sono più forte io”.
“Come
ti permetti?!”.
“Il
gran sacerdote sono io..”.
“Ne
abbiamo già parlato!”.
“Sì.
Ma non serve parlarne. La verità
la sanno tutti”.
Kanon
scattò in avanti, stringendo i
pugni. Saga non cambiò espressione. Seduto sul trono, si
reggeva la testa con
la mano e pareva annoiato. Il gemello era pronto a colpirlo e stava per
raggiungerlo, ma Shun si mise in mezzo. A braccia spalancate, chiuse
gli occhi
temendo il peggio.
“Levati,
finocchio!” ordinò Kanon.
“No!
Calmati, per favore!” supplicò
Shun “La violenza non è necessaria. Sai meglio di
me che tuo fratello Saga ha
dei problemi ed in questo momento non credo sia del tutto se
stesso”.
“Lo so
che mio fratello è pazzo, ma
lo voglio picchiare lo stesso!”.
“Rilassati.
Io e lui dobbiamo
lavorare ancora a lungo prima di trovare una soluzione, specie dopo la
faccenda
di Eleonore. Tu devi cercare di capire che..”.
“Non
è necessario, Shun” lo calmò
Saga “Non ho bisogno di certo che tu mi difenda! Specie da
Kanon..”.
“Ma
io..”.
“Togliti
dai piedi!” quasi gridò
Kanon “Sparisci! Sono faccende fra me e mio
fratello!”.
“Sono
il suo medico. È mio compito
informarti che al momento non è in sé, e me ne
prendo la colpa. Evidentemente,
devo rivedere il trattamento”.
“Vedrai
che, dopo una scazzottata,
passa tutto. Vero, Saga?”.
“Ma
non ti vergogni?!” insistette
Shun “Tu lo dovresti aiutare, invece di stuzzicare il lato
che stiamo cercando
in ogni modo di eliminare!”.
“Se in
dieci anni non sei riuscito a
far fuori Arles, non ci riuscirai mai!”.
“Far
fuori?” si intromise Saga, con
tono stupito.
“Certo.
È questo lo scopo. Lui ti da
le medicine, ed Arles non rompe i coglioni. Di che ti stupisci? Sei
più
rimbambito di quanto sembra. Sei il gemello scemo..”.
“Ma io
non..”.
Saga non sapeva
cosa dire. Era stufo,
però di perdere tempo con
quei discorsi.
Eliminare Arles? Non era sicuro di volerlo veramente. Fra lo stupore
generale,
si alzò. Lasciando il suo posto, mostrando che poco gli
importava di Atena e
della sua incolumità, ignorò i presenti e si
incamminò verso la porta.
“Dove
vai, adesso?” domandò Kanon “Ti
sei offeso? Io sono qui! Dove vai?!”.
“Ho
bisogno di prendere un po’
d’aria. Non aspettarmi in piedi, mammina” rispose
Saga, senza voltarsi e
sbattendo la porta dietro di sé.
“Smettila
di fare la donnina frignona
e alzati!” sbraitò l’uomo “Sei
un guerriero!”.
“Va
bene, non serve gridare!” ribatté
un altro uomo, steso a terra.
Di tutta
risposta, ricevette un altro
poderoso cazzotto in mezzo al petto.
“La
prossima volta, ti giochi le
palle” minacciò il primo.
Molti stavano in
terra, feriti o
sfiniti. Scuotendo il capo, il generale li derideva.
“E tu
che hai da guardare?” sbottò
poi, notando una figura “Ah, sei tu. Bentornato”.
“Sono
solo in visita” rispose Saga,
calmo “Tu sei Phobos? O sei Deimos? Non vi
distinguo”.
“Imparerai
le differenze, vedrai.
Comunque io sono Phobos” ghignò l’uomo
“Sei qui per parlare con padre Ares?”.
“Sono
qui per far tacere una vocina
che avete acceso voialtri”.
“Sei
arrivato fino a qui con il
cavallo?”.
“No.
Io..non so cavalcare”.
“E
perché vi chiamano cavalieri?!”.
“Non
lo so. Ma non so cavalcare”.
“Imparerai
anche questo. Vieni con
me, vedrai che troverai questo luogo piuttosto dilettevole”.