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Autore: __aris__    13/03/2015    1 recensioni
Mentre è sulla barca con Raul, Christine si accorge di trovarsi nel posto sbagliato e di stringere il braccio dell'uomo sbagliato. Torna alla Dimora ma trova solo la distruzione lasciata dalla folla, nessuna traccia del Fantasma! Da quella sera Parigi e la Francia non sanno più niente di lei
Otto anni dopo un misterioso milionario sostiene di voler ricostruire l'Opéra Populaire e di volerla riportare all'antico splendore, non ponendo limiti di spesa. Ha tuttavia una condizione: Christine Daaè dovrà essere la prima donna della nuova Opéra. Mentre Mr Y entusiasmerà Parigi, il Fantasma dell'Opéra cercherà la sua vendetta senza sapere che molte cose sono cambiate rispetto al passato, anche lui.
-- qualcosa di più "tradizionale" rispetto alle precedenti ff. I commenti sono sempre graditi! Spero vi piaccia!
----STORIA IN REVISIONE------
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avviso: caro lettore per aiutare la tua immaginazione in questo capitolo ti suggerisco, qualora non lo avessi mai fatto, di cercare su google immagini gli ambienti dell’Opéra di seguito nominati. Una volta sul sito del teatro c’era la possibilità di fare un tour virtuale dell’edificio in cui era possibile avere una visuale a 360 gradi della Rotonde de la Lnue o della Grand Escaliner, ma adesso quel link non esiste più altrimenti lo avrei inserito io stessa. La Rotonde de la Lune è una piccola stanza circolare posta ad una delle estremità Grand Foyer al primo piano. È un ambiente stretto, ed alto con quattro porte e quattro lunghi specchi messi gli uni in fronte agli altri per aumentare lo spazio che di per sé sarebbe minuscolo. Il soffitto è una cupola dipinta di nero con raggi oro, con qualche stellina argentata qua e là) che si aprono da un affresco (o stucco, o qualsiasi altra cosa sia.  Perdonami lettore ma l’architettura non è il mio forte) centrale che raffigura animali notturni da cui pende il lampadario a tre braccia. Il fondo nero con stucchi dorati ricopre anche le pareti ed i bordi degli specchi. Il pavimento mi sembra sia in marmo ma non ne sono sicura. Spero che questa descrizione sia sufficiente per immaginare l’ambiente in cui si svolgeranno i fatti. Come ho già detto è uno spazio piccolo che risulterebbe opprimente se non fosse per i quattro specchi; l’ho sempre trovato molto decadente ed il luogo perfetto per una trappola del Fantasma dell’Opera.
http://www.paperblog.fr/2604484/un-peu-de-versailles-au-creux-de-paris-l-opera-garnier/     
 
 
Due settimane e nessuno ne parlava!
La lettera era stata letta, questo era certo, ma per tutti era come se non fosse stata mai creata. Certo André e Firmin sussultavano sempre ad ogni sussurro imprevisto, ma i due omini erano capaci di farsi spaventare anche dalla propria ombra per cui non potevano ritenersi affidabili.
Cos’altro doveva fare perché il suo piano funzionasse? Anche se non era in programma di vestire i panni del Fantasma tanto presto il mancamento di Christine era stato un’occasione perfetta! Fare il falso ed adagiarlo dove lo avrebbero trovato senza farsi vedere da nessuno era stato perfino troppo facile.
Eppure non capiva come mai non avesse sortito alcun effetto! L’unica soluzione a cui si poteva arrivare era che i direttori eseguivano, al meglio delle loro possibilità, le disposizioni di qualcuno.
Madame Giry? No! L’insegnante sicuramente una donna furba e saggia ma non era certo capace di comandare qualche cosa oltre le bambine della scuola di danza; visto che non riusciva a fa avere il posto di prima ballerina alla figlia.
Il Persiano? Possibile. Ma monsieur Khan non avrebbe fatto un passo oltre il guinzaglio che Mr Y gli lasciava, quindi colui che intralciava i suoi piani probabilmente era Mr Y. Ma non importava: prima o poi tutti avrebbero creduto al ritorno del Fantasma dell’Opera, anche il pragmatico forestiero.
Sorrise dando un’ultima occhiata al teatro ombreggiato dal crepuscolo prima di tornare a casa: il tempo sarebbe stato il suo più caro alleato.
 
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Nel teatro ormai c’era solo lei. Terminate le prove giornaliere, Christine, aveva pregato nella cappella mentre tutti coloro che lavoravano all’Opéra erano piano, piano tornati nelle loro case. Adesso era seduta alla specchiera del suo camerino, cercando di scacciare il torpore che da qualche giorno si stava progressivamente impadronendo di lei con una tazza di quel tè mandato da un misterioso ammiratore.
Dopo lo svenimento alla prova con Mr Y, Meg e Madame le avevano suggerito di riposarsi quanto più poteva ed aveva iniziato a bere quella deliziosa bevanda tutte le sere. Tuttavia il rimedio non sembrava funzionare granché perché le sue forze continuassero a scivolare via come granelli di sabbia tra le dita di una mano. Inoltre qualcos’altro turbava l’animo del soprano: sentiva la voce del suo maestro bisbigliare dolci melodie all’orecchio e parole suadenti mentre cantava, si pettinava o pregava: ogni volta che si trovava sola la Voce tornava a farle visita; proprio come molti anni prima. All’inizio aveva dubitato delle sue orecchie; aveva pensato che si trattasse di suggestione che l’Opéra le imprimeva nel cuore oppure che il su rimorso avesse trovano nuovi modi per non lasciarla mai. Ma la prima volta che sentì la Voce cantare non ebbe più dubbi: quello era il suo maestro! Solo lui poteva cantre in quel modo. Nemmeno il suo cuore poteva ricreare con tanta precisione quella voce e tutte le sue sfumature. Se lo avesse confidato a chiunque, anche solo a Meg, le avrebbero detto che erano solo illusioni della sua immaginazione: qualcosa dovuto più alla stanchezza o al dolore; ricordi e sensazioni di un tempo passato. Avrebbe trovato sicuramente una spiegazione logica e razionale a cui Christine avrebbe anche creduto se la sua presenza non fosse stata tanto reale.
 “Christine. Christine.”  
Le mani tremavano e gli occhi piansero da soli sentendo la Voce. “Angelo ... Maestro … mostratevi vi prego!” implorò incerta tra il sogno, il dubbio e la pazzia.
Christine …
La tazza le scivolò lungo il vestito e versò il suo contenuto sul tappeto che si intrise subito della bevanda. Christine si precipitò allo specchio e tentò di aprirlo come le era stato insegnato, ma dopo qualche tentativo dovette desistere perché nessun ingranaggio scattava e la parete che lo reggeva pareva davvero cementata con le altre. Si allontanò ed iniziò a guardarsi intorno non sapendo a cosa o chi stava parlando. Né, tantomeno, se stava davvero parlando con qualcuno: “Sei un sogno?
No.” Rispose la Voce soave.
Sei reale?” chiese esitante.
No.”
Allora cosa sei?
Sono un ricordo, bambina.
Christine sbatté gli occhi confusa: “Un ricordo di cosa?
Del tuo tradimento dolce Christine.” La Voce angelica si tramutò in demone infernale e tutte le luci della stanza si spensero all’unisono, oscurate da tanta perversità. Quelle parole suonarono come gelida lama in petto nelle orecchie della giovane che cadde sulle ginocchia atterrita. Lo specchio roteò e tornò al suo posto, poi la Voce tuonò “Tu mi hai tradito Christine, vuoi negarlo?
Un angelo, una creatura splendente tramutata in un demone! Ecco cosa lei aveva creato! Rifiutando di credere che quello fosse lo spirito del maestro, Christine scappò dal camerino, corse in preda al panico per corridoi e scale; passando da una stanza all’altra senza nemmeno sapere quale strada avesse fatto. Ovunque andasse, ovunque si voltasse sentiva le risate sinistre di quella creatura salita dall’inferno per lei. La ritrovava sempre con metodo infallibile anticipando ogni sua mossa, come se le leggesse nel pensiero.
Non hai scampo Christine. Io sono impazzito per te … sono morto per te! Adesso tu farai lo stesso per me!” Tutto sembrava così irreale! Come uscito da un sogno. Tutto era avvolto dalla notte e dal silenzio, rotto solo dalla Voce e dal battito forsennato del suo cuore. Come se non bastavano le illusioni della sua mente, anche tutto ciò che era parte del teatro, usando le poche luci che penetravano dall’esterno, sembrava divertirsi creando forme immaginarie che le intralciavano la fuga.
Non potete essere il mio amato Maestro!” ansimò sudata e stanca, appoggiata ad una parete stuccata. Doveva essere arrivata dalle parti della grande scalinata ma ancora una volta non avrebbe saputo dire come. Le lmpade erano tutte spente e l’unico chiarore proveniva dal lucernario incastonato sul tetto. I balconi, i fregi, i lampadari e le statue si allungavano in ombre misteriose dove gli stucchi dorati illuminati dalla luna risplendevano argentei. Se non fosse stato per il marmo gelido sotto le mani avrebbe giurato di stare solo sognando.
Con quanta leggerezza pronunci la parola amore bambina mia! Quanto credevi ai giuramenti di fedeltà fatti al tuo salvatore bambina? Ricordi tutte quelle dolci parole sotto la Lira di Apollo? Erano sincere come le promesse di devozione al tuo Angelo?” come riusciva una voce tanto perfetta ad assumere le sembianze di un incubo?
Una folata gelida accarezzò la guancia di Christine che urlò terrorizzata. Solo lei Raoul ed il Fantasma dell’Opera sapevano del fidanzamento segreto che lei e Raoul celebrarono molti anni prima sul tetto. “Voi mi avete lasciato andare! I sono tornata da voi! Vi ho cercato ma … ma …
Ma cosa cara? Tra noi non ci devono essere segreti.”
Voi eravate già morto!” urlò e pianse insieme.
Commuovente Christine … ma hai preferito gioventù e bellezza all’Arte! Musa di angelo relegato nelle viscere della terra gli hai aperto le porte per gli Inferi!
Una mano ghiacciata la sfiorò appena ma quando cercò di afferrarla era già solo aria. Christine ricominciò la sua fuga e salì la Grand Escalier; lottando contro l’aria che le bruciava nei polmoni e le gambe che volevano cedere arrivò fino in cima. Si girò a destra e fece per correre in quella direzione ma dal nulla apparve una maschera bianca che fluttuava nell’aria, urlò ancora e girò su sé stessa nella direzione opposta, permettendo allo spettro di condurla alla Rotonde de la Lune.
La luce arrivava mediata dalla porte di fronte a Christine e si infrangeva sugli specchi e sugli stucchi d’oro. La figura della giovane era proiettata all’infinito circondata da bagliori tanto brillanti quanto irreali, mentre tutto il resto era immerso nel buio.
Perché scappi Christine? Non vuoi unirti al tuo Angelo? Non vuoi cantare con lui?” la Voce proveniva da ovunque attorno a lei, come se tutte le pareti avessero parlato all’unisono. Come se a parlare fosse l’intero teatro.
Christine strinse convulsamente la gonna. Ormai era sfinita e sfibrata, completamente immersa nel suo sudore e nella paura, incapace di discernere il reale dall’illusione. Cercò ancora una volta di fuggire ma le porte si chiusero tutte davanti a lei. La cantante urlò ancora mentre si accasciava a terra e si chiudeva la testa tra le mani.
Non avere paura di me Christine.”  La Voce tornò gentile e le luci si accesero mentre le note pacifiche di un violino riempirono la stanza.
Christine si alzò incerta sulle sue gambe, come fanno i cuccioli di animale la prima volta che cercano di alzarsi. “Perché mi state facendo questo? Io non vi ho fatto niente!”  
Perché? Chiedi bambina?!” La Voce possente scosse gli specchi che iniziarono a ruotare in una macabra danza dettata dallo strumento. “Hai tradito il tuo maestro!
Forse era un sogno, un incubo! L’ennesimo modo in cui la coscienza veniva a tormentarla! Ma, anche se non fosse stata solo una proiezione del suo animo poteva forse darle torto? Lei aveva frainteso tutto. Aveva abbandonato, tradito e rinnegato il suo Maestro. Se solo … forse lui non sarebbe stato ucciso da una folla smaniosa di sangue. Un’ultima lacrima scivolò sulla sua guancia. Non poteva sottrarsi a quella vendetta. “Vi chiedo perdono Maestro.” Mormorò semplicemente prima di svenire per la troppa fatica e l’emozione.
Il violino cessò e la figura di un uomo entrò nella stanza. Con passi calmi si avvicinò al corpo esanime, scomposto sul pavimento: sembrava in preda ad un violento attacco di febbre, tanto era il sudore e l’angoscia che lo avvolgeva, proprio come se stesse lottando contro una violentissima malattia interiore. La gonna era stata strattonata durante la fuga, ed adesso era leggermente sollevata scoprendo le caviglie e le sottane di Christine; il corpetto e le maniche erano intrisi di sudore e lacrime, mentre i capelli, per la maggior parte usciti dalla treccia, cadevano scomposti attorno e sul viso di Christine. Il petto si alzava e si abbassava ancora in modo convulso, era ancora terrorizzata!
Erik si chinò e spostò una ciocca di capelli che copriva gli occhi per accorgersi solo in quel momento che sul viso non era raffigurato il terrore ma la rassegnazione. “È tardi Christine. Tardi per tornare indietro, tardi per la pietà. Abbiamo già passato il punto di non ritorno.”
 
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Più passavano le settimane e più Nadir odiava l’Opéra e Parigi. Era stato in posti peggiori nella sua vita, ma controllare Erik e tenere a bada Christine si stava rivelando estremamente stancante.
Da quando Christine era svenuta il francese aveva ripreso a trascorrere la maggior parte del suo tempo nei sotterranei dell’Opéra, bloccando anche tutti gli accessi per non essere disturbato. Qualunque fossero i suoi piani su Christine, avevano ricevuto una bella accelerata. Nadir avrebbe potuto scommettere i baffi che in quel momento la preda di Erik fosse proprio la sua ex protetta: bastava ascoltare le suppliche della ragazza al suo Angelo quando pensava di essere da sola per capire come questa si fosse pian piano convinta della sua presenza accanto a lei. Solo Erik poteva convincere qualcuno della presenza di un’entità incorporea senza lasciare alcun segno a chi non fosse la vittima dell’inganno! Un talento bizzarro, senza dubbio, ma molto utile se lo si sa padroneggiare.
Cercando di forzare l’ingresso di Rue Scriabe, Nadir si ritrovò a riflettere che, per quanto le doti illusorie di Erik fossero notevoli, non potevano aver funzionato tanto bene in meno di due settimane. Una mente lucida avrebbe impiegato più tempo per cedere, avrebbe dubitato, avrebbe cercato sostegno ed aiuto prima di scivolare nella pazzia. Christine no. Era come se fosse stata incapace di ribellarsi, oppure come se non volesse farlo. Fosse anche solo per mantenere un legame più stretto con il Fantasma dell’Opera. Che comportamento idiota! Il tipico atteggiamento da protagonista di una tragedia da palcoscenico! I morti non tornano tra i vivi, a meno che non sia per portare sventure.
La porta si aprì all’ennesimo tentativo con uno scatto metallico. Nadir si voltò prima a destra e poi a sinistra: nessuno nei paraggi: poteva entrare.
I cunicoli erano stati tutti ricostruiti in gran segreto ma, per ovvie ragioni non avevano tutte le comodità del resto dell’edificio: niente luce, niente pavimenti e niente che isolasse dalle infiltrazioni d’acqua nella prossimità del lago e degli scarichi. Non che la cosa importasse visto che qualcuno era ben pagato per mantenere tutte le gallerie in perfetto ordine senza farsi notare e tenendo la bocca ben chiusa. Una volta era lo stesso Erik a farlo, ma Mr Y aveva giornate inconciliabili con questa occupazione. Anche il Persiano se aveva studiato la planimetria dei sotterranei ed avrebbe saputo dove andare anche ad occhi chiusi, accese comunque una torcia per poi dirigersi spedito al pannello del quarto sottopalco.
Questa volta il meccanismo non era bloccato ed il Persiano poté finalmente spegnere quella dannata torcia allo zolfo ed accendersi un sigaro. Forse Erik sapeva già che era riuscito ad entrare, o forse no; sicuramente l’odore del tabacco lo avrebbe messo sull’attenti. Con circospezione risalì i vari livelli: tutti i sottopalchi erano vuoti visto che non c’erano ancora attrezzi scenici da conservare ed i suoi passi risuonavano marziali in un buio silenzio fino a quando non iniziò a sentire qualche nota nei pressi della buca dell’orchestra. Avrebbe riconosciuto il violino di Erik anche se non lo avesse mai sentito: chi poteva mai suonare in quel modo a quell’ora di notte? Accelerò il passo seguendo la musica: corse fuori dall’auditorium e salì i gradini della scalinata a due a due per fermarsi davanti ad una porta chiusa. La Rotonde de la Lune era un stanza ideale per le illusioni di Erik. D’improvviso il violino tacque. Per interminabili secondi tutto fu immobile. Nadir deglutì indeciso se sfondare la porta per accertarsi che Christine fosse viva o aspettare che Erik uscisse. Si allontanò di qualche passo per prendere la ricorsa ma la porta si aprì da sola ed Erik oltrepassò la soglia con una falcata decisa “Credo che l’usignolo a cui ti stai tanto affezionando abbia bisogno di aria fresca.” Disse con un ghigno compiaciuto mentre se ne andava con il violino in mano.
   
 
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