V
FRATELLI
“Inaudito”
si lagnava Atena.
“Che
cosa?” chiese Aiolos, seguendo
con lo sguardo la sua Dea, che camminava su e giù lungo il
tappeto rosso della
tredicesima dimora.
“Il
trono” rispose lei, con tono
infastidito “Come vedi, è vuoto”.
“Capita.
Anche Saga ha una vita
privata. Per questo sono qui. La aiuto e la assisto io, mia
Dea”.
“Non
è questo il punto!” sospirò
Atena “Il punto è che io non lo pago per
bighellonare non so dove e non so con
chi”.
“Rilassatevi”.
Anche Aiolos
riteneva del tutto poco
ortodosse le varie ore in cui il gran sacerdote non era presente.
Però cercava
di capirlo. Era un essere umano! Atena non era dello stesso avviso e si
vedeva.
Furiosa, non riusciva a stare calma e cercava l’appoggio del
sagittario, che
però non capiva il motivo di tanto nervosismo. Il cavaliere
si trovava lì
perché al tempio si attendevano visite e la Dea ci teneva a
fare bella figura.
“Mia
signora..” parlò una delle
guardie, entrando nella stanza ed inchinandosi
“..è arrivato”.
“Ancora
non hai imparato a governare
quel povero cavallo?” rise Deimos.
“Mi
odia quel cavallo” ribatté Saga
“E poi è fin da piccolo che ho problemi con gli
equini. Quel coso del Sagittario
è..”.
“Non
la voglio sentire le storia
della tua vita!”.
Saga fece una
boccaccia al cavallo,
che tentò di mangiargli i capelli. Deimos rise ancora,
divertito.
“Piantala
di ridere!” minacciò Saga,
non risultando molto convincente.
“Sono
mesi che ci provi, e ancora non
ci sei riuscito” lo derise ancora il Dio.
“Si
vede che non sono portato per
l’equitazione”.
“Su
questo non c’è dubbio. Però
è imbarazzante.
Ares ha un esercito a cavallo”.
“Atena
no”.
Deimos non disse
altro. Storse il
naso, poco convinto.
“Se
con il cavallo non va, allora è
meglio che lo fai esercitare con altro” si unì
Phobos.
“Guarda
che adesso è il turno tuo!”
protestò Deimos “Sono stufo di fare da
babysitter!”.
“Non
se ne parla! Io ho già fatto le
mie ore da balia”.
“Scusate..”
borbottò Saga, sarcastico,
sentendosi di troppo.
Durante gli
allenamenti con i
gemelli, non riusciva mai a risultare loro pari. Erano delle
divinità sadiche e
potenti ed era evidente che lo vedessero solo come un bambino inesperto.
“Ho
paura di romperlo” ammise Deimos
“Poi chi lo sente papà?”.
“A
papà non credo importi.
Piuttosto..so che doveva parlare con zia Eris”.
Saga, sentendosi
ignorato, cercò di allontanarsi
dai due, per trovare altro da fare. Phobos, senza degnarlo di uno
sguardo, lo
afferrò per i capelli e lo riportò al punto di
partenza.
“Noto
dei miglioramenti in te”
commentò.
“Dici?
Io mi sento sempre uguale”
replicò Saga, toccandosi la testa dolorante.
“Questo
perché non sei esperto di
certe cose”.
“Quali
cose?”.
“Riesci
a controllare molto meglio le
tue personalità”.
“Non
è vero. Poi lo sai che prendo
delle medicine”.
“Cosa
che non dovresti fare”.
“Cosa
che continuerò a fare. Mi
chiedo cosa ci faccia qui. Non fate che picchiarmi ed insultarmi!
Almeno al
grande tempio conto qualcosa..”.
“Conti
talmente tanto, che nessuno di
loro ha notato i cambiamenti in te”.
“Quelli
non li notano mai. Quando
cambiavo colore di capelli, nessuno se ne accorgeva. Così
come non si sono
accorti che per anni ho governato il santuario al posto di
Shion”.
“O non
sono molto svegli, o non
gliene frega nulla. E per me sei qui per questo”.
“Neppure
a voi frega di me!”.
“Vero.
Devi prima dimostrare di
essere un vero guerriero”.
“Come
sarebbe a dire?! Sono un
guerriero da tutta una vita! Ho l’armatura da quando sono
bambino! Che altro
dovrei fare?”.
“Lo
deve stabilire Ares. Ti prenderà
in considerazione solo se ti riterrà
all’altezza”.
“Ma..sono
il gran sacerdote! Che
altro vuole?! Che diventi un Dio? Spiacente, sono mortale!”.
“Lo
sappiamo. I figli delle divinità
hanno lo spiacevole inconveniente di nascere, a volte,
mortali”.
“Resta
ancora da stabilire SE io son
figlio di suddetta divinità..”.
“Vuoi
un test del DNA?”.
“Lui
ha detto che dovevo venire qui,
perché aveva delle cose da dirmi. Diceva di potermi aiutare
con la personalità
capricciosa, ma fin ora perdo solo tempo qui a farmi pestare da voi
due”.
“Ti
parlerà quando ti riterrà
all’altezza, te l’ho detto”.
“Ed
avverrà mai?”.
“Dipende
da te. Secondo me, non ci
metti abbastanza impegno. Da mesi ormai fai la spola dal santuario di
Atena a
qui”.
“E con
questo?”.
“Forse
dovresti impegnarti su una
delle due cose. Se sei felice come gran sacerdote, non ha senso che tu
sia qui.
Se invece non lo sei, perché cazzo ci torni sempre, in quel
dannato posto?”.
“Non
te lo so dire. Sinceramente, non
so da quale delle due parti stia meglio, o peggio”.
“Questo
non è possibile. Sei un
adulto..”.
“Lo so
ma..sarà crisi di mezza età”.
“È
bello rivederti, sorella” salutò
Apollo, inchinandosi leggermente davanti ad Atena.
“Anche
per me è bello rivederti. Ed
averti accanto non come nemico, ma come alleato” sorrise lei.
“Chiedo
perdono per aver cercato di
ucciderti molte volte”.
“Tutto
perdonato. Ora siamo alleati”.
“Eh
già. Anche se io come nemico ho
quel tale Febo che non mi infastidisce per niente..”.
“Nemmeno
a me Minerva ha mai dato
problemi. Però ci hanno spodestati, rubandoci il posto sul
monte Olimpo. È
tempo di riprenderci ciò che è nostro”.
“E che
abbiamo perso da duemila anni.
Sai perché io combatto? Perché hanno osato
toccare mia sorella Artemide!
L’hanno ferita e questo non glielo perdonerò
mai!”.
“Io
invece combatto per impedire che
innocenti vengano coinvolti”.
“Sei
sempre così legata agli umani!
Sei una delle poche divinità che al suo servizio ha dei
mortali e non semidei o
divinità minori”.
“I
miei cavalieri sanno tener testa a
molti semidei, divinità ed affini. Non hanno nulla da
invidiare ai servitori di
altri Dèi”.
“Fa
tenerezza l’affetto che dimostri
nei loro confronti..”.
“Io
sono fiera di loro e sono pronta
a scendere in battaglia al loro fianco, ora che vesto i miei panni
divini, nel
mio vero corpo”.
“Come
tutti noi. Questo è stato un
risveglio non programmato, perciò siamo tutti nei corpi
divini. Peccato. Gli
involucri mortali sono comodi”.
“Ma
sono deboli”.
“Hai
ragione, Dea della saggezza e
della guerra di difesa. State già elaborando una
strategia?”.
“Di
difesa, certo”.
“E di
attacco?”.
“Quello
spetta ad Ares, se ha voglia
di lavorare..”.
Apollo
annuì. Sedette sul trono del
gran sacerdote, con aria pensierosa.
“Dov’è
il tuo sacerdote?” domandò ad
Atena.
“Non
ne ho idea” ammise lei.
“Immagino
voglia evitarmi”.
“Evitarti?”.
“Sì.
L’ultima volta che l’ho visto è
stato al capezzale di Eleonore. Mia sorella Artemide era ferita in modo
grave e
così ho usato molti dei miei poteri e delle mie
capacità per curare lei,
mettendo in secondo piano la sua sacerdotessa. Lei me lo ha fatto
pesare, una
volta guarita. Probabilmente bastava un pizzico di impegno in
più da parte mia
ma, con questa mia decisione, Eleonore è morta ed ora
è la seconda sposa di
Hades. Questo ha creato una forte alleanza, perciò quanto
successo è positivo.
Ovviamente, non mi aspetto che un mortale come Saga possa capire il
punto di
vista divino, ben più alto di quello umano”.
“Perciò
non ti devi stupire se ora ti
odia. Ma non credo ti odi. Ultimamente è sempre
più strano. A questo proposito,
dato che tu sei anche Dio della medicina, vorrei che gli dessi
un’occhiata”.
“È
malato?”.
“Credo
che sia pazzo”.
Apollo rise.
Solo una come Atena
poteva avere un pazzo come gran sacerdote!
Il cavaliere dei
Pesci se ne stava
quasi sempre per conto suo, pur stando perennemente attento a cogliere
ogni
voce del santuario. Per questo, Deathmask del Cancro lo chiamava
simpaticamente
“portinaia”. Quel giorno, però, era
più distratto del solito.
“A che
pensi?”.
Aphrodite
sobbalzò e si voltò di
colpo. Era seduto tranquillamente su quel che restava di una colonna ed
il suo
interlocutore gli dava le spalle. Ruotando e sollevando leggermente la
testa,
il cavaliere dei pesci capì che a parlare era stato Shura.
“Ciao,
Shurino” sorrise Aphrodite.
“Non
chiamarmi così!”.
“Non
ti arrabbiare”.
“Ti ho
fatto una domanda..”.
Il cavaliere dei
Pesci sbadigliò,
annoiato. Fissava il vuoto, giocherellando con una delle sue rose. Da
dove
stava seduto, poteva scorgere molte delle case
del tempio.
“Non
sto pensando a niente..” mentì.
“Ti
conosco, pesciolino. Non puoi
raccontarmi una balla!”.
Il Capricorno
alzò un sopracciglio,
cercando di farsi dire la verità.
“Sto
pensando ad una donna” ammise
Aphrodite, annusando la sua rosa.
“Ah
sì? E perché?”.
“Che
domanda è?! Tu perché pensi ad
una donna?!”.
“Beh
ma..io pensavo che tu fossi..”.
“Fossi
che cosa?!”.
“Pensavo..ti
piacessero gli uomini!”.
“Se mi
piacessero gli uomini..”
ghignò Aphrodite “..ti avrei stuprato da tempo,
Shurino bello!”.
“Non
è un’informazione che ci tenevo
a ricevere!”.
“Hai
un bel culo, volevo farti un
complimento!”.
“Grazie..”.
Shura,
sarcastico, si allontanò
leggermente. Aphrodite
lo osservò con la
coda nell’occhio.
“E chi
sarebbe questa donna?” parlò,
di nuovo, Shura.
“Non
importa”.
“Ma
come? Non è una cosa di tutti i
giorni sentire te che parli di femmine..”.
“Sì,
hai ragione. Ma non ha
importanza. Lei non è disponibile”.
“Dove
l’hai conosciuta?”.
“Al
matrimonio di Hades”.
“Ah.
Ti avevo visto parlare con
Persefone e poi..aspetta! Non sarà mica
Persefone?!”.
Il cavaliere dei
Pesci finse
indifferenza. Continuava a fissare la sua rosa.
“Non
è Persefone, vero?” incalzò
Shura.
“Ma
che ti importa?!”.
“Scordatela!
È la sposa di Hades!”.
“Lo so
bene! Di fatti sono qua, non
da lei. Io non sono quel genere di uomo che se ne sta lì ad
aspettare, se vuole
qualcosa. Mi ha colpito piacevolmente, ma so che non posso pretendere
nulla da
lei”.
“L’ira
e la gelosia di Hades ti
spazzerebbe via”.
“La
smetti? Capretta, lo so bene. Non
sono uno sprovveduto. E nemmeno un ragazzino”.
Shura
sospirò, scuotendo la testa.
Porse una sigaretta al collega, che però la
rifiutò. “Ingiallisce i denti” fu
la giustificazione.
Eris, Dea della
discordia, osservava
divertita i suoi nipoti che si massacravano per fare allenamento. Li
trovava
adorabili. Si avvicinò, incuriosita dall’ultimo
arrivato.
“Ciao,
zia Eris” salutò Deimos.
“È
lui quello nuovo?” domandò lei,
indicando Saga.
“Sì”
rise Phobos “Quello con lo
sguardo smarrito da principessina depressa”.
Eris si
unì alla risata del nipote e
Saga non ribatté.
“Ma
siete sicuri che sia della
famiglia?” continuò la Discordia, mostrandosi
perplessa.
Phobos
annuì e Deimos alzò le spalle.
“Ah,
ma anche tu hai un doppio
volto!” parve capire lei, avvicinandosi al cavaliere.
“Ho
una personalità poco gestibile”
si giustificò Saga.
“No.
Sono due ruoli diversi. Una
volta che comprendi quali sono, è tutto più
semplice”.
“Ruoli?
Sono un essere umano, non una
divinità. Il mio ruolo è fare il gran sacerdote.
E basta”.
“Siete
due persone molto diverse, tu
e l’altro tuo volto. Dovete trovare un equilibrio”.
“Nessun
equilibrio!”.
“Vuoi
sopprimerlo?”.
“No.
Cioè...non so”.
“Phobos!
Deimos!” tuonò Ares,
richiamando a sé i gemelli.
Saga, rimasto
solo con Eris, non
sapeva molto bene come comportarsi. Decise di sedersi, togliendosi le
fasce con
cui si era protetto le nocche ed i polsi per l’allenamento.
“Non
ti spaventare” parlò Eris “Hai
ancora molte cose da imparare”.
“Non
mi sono spaventato”.
“Mi
mostri il tuo altro lato?”.
“Non
posso. Non spunta a comando!”.
“Ah,
è quello il problema!
Tranquillo, posso spiegarti come gestire la cosa. Pure io ho due volti,
anche
se mostro quasi sempre il lato malvagio. Io sono Eris, la discordia,
che
provoca liti e miseria al suo passaggio. Ma sono anche Eris, la buona,
che
stimola l’emulazione fra gli uomini”.
“Cioè?”.
“Un
giorno capirai. La verità è che,
probabilmente, tu e l’altro tuo lato avete delle
capacità diverse e dei gusti
differenti. Dico bene? Per questo che c’è
conflittualità. Ognuno
ha il diritto di esprimersi. Cosa sa fare
Arles meglio di te? E viceversa?”.
“Arles?
Beh..lui è più risoluto e
sadico. Come capacità, credo sia più abile di me
nell’uso delle illusioni
tipiche del cavaliere dei gemelli. Mentre io controllo meglio
l’esplosione
delle galassie”.
“Visto?
Ma c’è qualcosa che sa fare
solo Arles o solo Saga? Per capire meglio i ruoli che potreste
avere..”.
“Non
lo so! Ma come lo capisco?!”.
“Ti do
un consiglio: non combatterlo!
Non sopprimerlo! Lascia che fluisca, quando sente il desiderio di
emergere. Se
non lo combatti, imparerete a controllarvi a vicenda e diventerete di
certo più
forti. Senza il controllo, la forza non conta”.
“Me lo
hanno già detto..”.
“Ed
hanno fatto bene. Ora torna a
casa, la tua Dea sarà in pensiero. Fatti una bella doccia e,
per favore, cerca
di non raderti. Un filo di barba non ti starebbe male”.
“No,
grazie. Sembro un deficiente con
la barba e questa faccia!”.