VI
CROLLO
Ares giunse al
tempio di Atena senza
troppe cerimonie. Salì fino alla tredicesima, senza scorta
alcuna. Aveva deciso
di non portare con sé Phobos e Deimos, per non spaventare i
mortali presenti. I
cavalieri d’oro, non sentendosi per nulla sicuri
all’idea di Ares che
scorazzava allegramente per il santuario, raggiunsero la dimora del
gran
sacerdote. Il Dio della guerra, seguendo Atena, camminò in
silenzio ed affiancò
il trono. Incrociò per qualche istante lo sguardo di Saga,
che lo salutò con un
cenno rispettoso del capo. Le due divinità passarono oltre e
raggiunsero la
dimora di Atena.
“Come
fai a restare lì seduto?”
domandò Aiolos.
“E che
altro dovrei fare?” rispose
Saga.
“Controllare
che il Dio della guerra
non faccia casino! Quell’uomo non è..”.
“Non
è un uomo, è un Dio. Ed è meglio
che vi abituate all’idea che Atena discuta con i suoi
alleati, anche se li
abbiamo sempre considerati nemici”.
“Non
resterò qui”.
“E che
pensi di fare? A noi mortali
non è concesso entrare nelle sue stanze. Io posso varcare
solo la prima porta e
discutere con lei in una saletta apposita”.
“Vorrà
dire che sorveglierò
l’esterno”.
Molti dei
cavalieri erano d’accordo
con il Sagittario, mentre altri lo seguirono per noia. Si radunarono
accanto
alla statua della Dea, all’esterno della sacra dimora di
Atena. Erano pronti ad
intervenire, in caso di emergenza. Saga, rimasto solo, scosse la testa:
non
capiva il ragionamento dei suoi colleghi. Si rilassò,
concedendosi un sorso di
vino. Alzandosi, stanco di stare seduto, gemette per le botte di Phobos
e
Deimos. Probabilmente portava segni di quegli scontri anche sul viso,
ma
nessuno degli altri cavalieri pareva farci caso. Evidentemente
perché quasi
nessuno lo guardava negli occhi. O forse perché tutti
pensavano che si fosse
semplicemente scontrato con il gemello Kanon. All’esterno
della tredicesima,
poteva vedere tutte le case. Alzò lo sguardo, verso il
cielo. Era una piacevole
serata, e già le prime stelle iniziavano ad apparire. Il
sacerdote salutò
educatamente venere lucifera, appena accesa nel tramonto. Poi
sobbalzò.
Qualcosa non andava!
“Meglio
che rientri ed avvisi gli
altri” si disse, ma quasi subito una voce nella sua testa lo
fermò.
“Lascia
fare a me!” sbottava quella
voce, convinta.
Saga gemette,
reggendosi la testa.
Cercò di mettere a tacere quella voce e quella
personalità, scoraggiato perché
sperava che le medicine fossero utili. Poi ricordò le parole
di Eris. Lascialo
fluire..non combatterlo..
“Va
bene..” si rassegnò Saga “Staremo
a vedere cosa credi di fare”.
Arles prese il
controllo della
situazione. Si sentiva forte e sicuro. C’erano degli intrusi,
molti intrusi. Ma
le case erano deserte, dato che i cavalieri d’oro erano tutti
riuniti fuori
dalla casa di Atena. Con un ghigno, il sacerdote si
concentrò. I nemici, che
erano sempre più numerosi e formavano un esercito, si
ritrovarono contro un
altro esercito, creato da Arles. Sfruttando la sua capacità
di creare
illusioni, aveva fatto comparire un esercito numeroso come quello
nemico. Si stupì,
per qualche istante, di se stesso. I due eserciti iniziarono a
scontrarsi e
Arles sorrise soddisfatto.
“Non
agitarti, Atena. Non sono qui
per litigare” parlò Ares, seduto comodamente nelle
stanze della Dea e
sorseggiando il vino migliore del tempio.
“Non
sono agitata!” protestò la Dea,
rigirandosi sulla sedia.
“E
così..” riprese lui, interrompendo
il silenzio imbarazzante “..tu vivi qui. Posto carino, si
vede Atene, una
schiera di uomini al tuo servizio..”.
“Grazie,
fratello. Anche se non so
quanto sia tuo desiderio farmi un complimento”.
“Siamo
alleati, anche se la cosa non
ci piace. Perciò sforziamoci di fare i simpatici. E ora
facciamo quello che
tutti si aspettano: parliamo di guerra e strategia”.
“Ottimo.
Non chiedo di meglio..”.
Iniziarono a
parlare fra loro,
studiando il nemico ed eventuali punti deboli. D’un tratto
Ares rizzò la testa,
percependo qualcosa.
“Che
succede?” domandò Atena.
“Non
senti niente?”.
Il Dio
uscì dalla dimora della Dea. I
cavalieri d’oro lo fissarono con aria interrogativa. Ares li
ignorò ed allungò
lo sguardo verso il grande tempio. Dall’alto, capì
che qualcuno stava
attaccando il luogo sacro. Però..
“Presto,
interveniamo!” scattò Ioria,
subito trattenuto dal fratello maggiore, che aveva percepito qualcosa.
“Ma
che succede?” domandò Mur
“Cos’è
quell’esercito che difende il tempio?”.
“Non
esiste quell’esercito” si stupì
Kanon “Si tratta di un’illusione”.
“Un’
illusione?!” esclamò Ares.
“Sì,
mio fratello probabilmente ha
fatto questo e..”.
Non
terminò la frase. Sopra le loro
teste, percepiva molti nemici.
“Mettete
al sicuro Atena!” gridò
Aiolos, preparandosi a combattere.
Arles
continuò a respingere
l’esercito di terra, mentre gli altri gold si occupavano dei
nemici che
attaccavano dall’alto. Mai era stato in grado di creare
così tante illusioni in
una volta, però non aveva previsto dei colpi aerei.
Sentì un boato e guardò in
su: le colonne della tredicesima oscillavano. Allarmato, il sacerdote
cercò di
reagire ma non riusciva a muoversi. Non si era accorto che, attaccando
con le
illusioni, aveva consumato moltissima energia.
Barcollò, e lo stesso fecero le colonne. Si
preparò a sentire la dura
pietra cadergli addosso ma non fu così. Chiuse gli occhi,
sentendo le gambe
cedergli. Era stato uno stupido! Si stava rimproverando, probabilmente
ad alta
voce, quando percepì una mano che gli chiudeva la bocca. Era
tutto buio, parte
della tredicesima casa era crollata e si era alzato un gran polverone.
Disteso,
percepiva una presenza che, accucciata, lo proteggeva. O tentava di
aggredirlo?
“Stai
zitto! Non fare fatica per
niente” si sentì dire.
“Ares?”
si stupì Arles.
Il Dio
sanguinava leggermente, perché
per proteggere il sacerdote gli erano finite addosso delle macerie del
tempio.
Era scuro in volto, probabilmente in collera. Arles tentò di
reagire, ma gli girava
la testa e poi perse i sensi. Ares lo tenne fra le braccia, aspettando
il
silenzio.
“Cosa
è successo?” lo cercò Atena,
non vedendo nulla per colpa della polvere.
Lei
gridò, quando vide che sul trono
del sacerdote era crollato parte del soffitto.
“Avete
respinto i nemici?” domandò
Ares, senza alzarsi.
“Sì”
rispose la Dea “Va tutto bene.
Povera tredicesima casa!”.
“Vi
manderò qualcuno ad aiutarvi a
ricostruirla. Sarà più bella di prima”
rassicurò Ares.
Ancora con
l’espressione di
rimprovero sul viso, si alzò. Con in braccio il gran
sacerdote, raggiunse la
Dea, seguita dai suoi cavalieri d’oro. Atena si
spaventò, vedendo il sangue sul
viso di Ares.
“State
bene?” domandò.
“Ha
solo esagerato” rispose il Dio
“Ed io ho solo qualche graffio”.
“Da
solo ha creato l’illusione di un
intero esercito? Non pensavo riuscisse ad arrivare a tanto”.
“È
in gamba. Non lo sottovalutare”.
Ares poi
alzò lo sguardo verso i
cavalieri d’oro.
“Tu
sei Kanon” parlò ancora il Dio
“Dovresti tenere più sottocchio tuo
fratello”.
“Ma
che vuoi?” ringhiò Kanon,
avvicinandosi ad Ares per riprendersi il gemello.
Il Dio gli
lanciò un’ultima occhiata,
prima di passare lo svenuto a Kanon. Il cavaliere dei gemelli si
riprese Arles
con sospetto. Non si fidava del Dio della guerra, nemmeno un
po’!
“Portalo
nelle mie stanze” propose
Aphrodite “Finché la tredicesima casa non
verrà sistemata”.
“Sei
gentile” annuì Kanon “Ma tu dove
starai?”.
“Io
sto bene. Posso dormire sul
divano. Tuo fratello ha bisogno di riposare in un vero letto. Non ti
preoccupare”.
“Come
ti senti?”.
Saga, riaprendo
gli occhi, vide al
suo capezzale uno dei gemelli di Ares. Era Phobos o Deimos? Lo
guardò ancora.
Aveva l’orecchino a destra, quindi era Phobos.
“Cosa
ci fai qui?” domandò, invece di
rispondere.
“Padre
Arles mi ha mandato a
controllarti. Hai dormito per giorni. Come stai?”.
“Mi
gira un po’ la testa”.
“Sei
un coglione!”.
“Intanto
io da solo ho sconfitto un
intero esercito”.
“E
Ares è molto colpito da questo,
però sei stato comunque un coglione”.
“Non
avevo previsto un attacco
dall’alto. Se non ci fosse stato quell’attacco, me
la sarei cavata benissimo.
Mi sarei stancato, sarei andato a dormire e nessuno si sarebbe manco
accorto di
niente. Sai quante
volte ho combattuto e
poi sono tornato al lavoro, senza che nessuno capisse?”.
“Non
comprendo. Non hai amici che si
preoccupano del tuo stato mentale e fisico?”.
“Ho
lasciato fluire, come mi ha
suggerito la Dea Eris. E sono riuscito a controllare Arles, che ha
annientato i
nemici con il potere delle illusioni”.
“Sei
tu che dici che non sei
migliorato..”.
“Hai
detto agli altri che io e Ares..?”.
“Non
ho spiegato il nostro rapporto
di parentela. Sono affari tuoi, no?”.
“Ti
ringrazio..”.
Saga, messo a
sedere sul letto, si
scosse e cercò di alzarsi.
“Dove
vai?!” tentò di fermarlo
Phobos, con scarso successo.
“Ho un
lavoro, io!” ribatté il
sacerdote, lasciando la camera.
Raggiunse a
fatica il crepidòma del
suo tempio e guardò in su. La tredicesima era quasi del
tutto ricostruita, con
sua somma soddisfazione. Entrò e si stupì nel
vedere Ares, in piedi al centro
della stanza, che osservava il soffitto.
“È
venuto bene” commentò il Dio,
senza degnare di uno sguardo Saga.
“Grazie
per averlo sistemato. Ora il
mio trono non ha più il soffitto su di esso..”
rispose il sacerdote.
“Sei
stato molto avventato”.
“Lo
so, non mi serve la predica”.
“L’avventatezza
è una caratteristica
di famiglia”.
“Lo
terrò a mente..”.
Saga
camminò lentamente e raggiunse
il trono, sedendosi e sospirando. Osservò pure lui il
soffitto, ora decorato ed
affrescato.
“Lo
trovo un po’ troppo pomposo”
commentò Ares “Ma se a te piace..”.
“È
un po’ eccessivo anche per me.
Vedrò poi le mie stanze personali. I nemici sono stati tutti
respinti? E chi
erano?”.
“Tutti
respinti e facevano parte
dell’esercito di
Giove, anche se non so
dirti esattamente sotto quale dei suoi figli”.
“Capisco..”.
“Ma ti
sei almeno minimamente
preoccupato delle conseguenze del tuo gesto?” riprese Ares,
dopo un momento di
silenzio.
“Perché?
Tu pensi mai alle
conseguenze di quel che fai?”.
“Non
spesso. Però, quel che intendo,
è che sei il gran sacerdote. Hai un compito”.
“Se
sei preoccupato per la mia
successione, ti informo che colui che deve prendere il mio posto, in
caso di
mia dipartita, è già stato informato”.
“Pessimista!”.
“Dicesi
previdente. Comunque, spero
che anche voialtri vi facciate delle domande in proposito”.
“A che
proposito?”.
“Discendenza.
Successione. Se dovesse
morire Zeus, chi ne prenderebbe il posto?”.
“Morire
Zeus? Tu stai delirando!”.
“Siamo
in guerra, potrebbe succedere.
Ed in quel caso che accadrebbe? I figli si scannerebbero per stabilire
il
migliore? Si sgretolerebbe la famiglia? Oppure si sa già chi
può prenderne il
posto? Io, nel mio piccolo, ho sistemato la faccenda, evitando
così che si crei
inutile casino al tempio quando non necessario”.
“Ma
così lasci intendere che non sei
necessario, che sei sacrificabile”.
“Non
è così?”.
“Arles..”.
“Sono
Saga”.
Ares fece per
avvicinarsi, quando
entrò Atena. Con un largo sorriso, la Dea parve rassicurata
nel vedere il suo
sacerdote.
“Come
ti senti, Saga? Ti piace la
tredicesima, come è stata sistemata?”
domandò.
“Ho un
po’ di mal di testa, ma
passerà” rispose lui “Ora smettetela di
preoccuparvi per me ed occupatevi della
guerra”.
“Non
fare lo scorbutico”.
“Non
sono scorbutico!”.
“Hai
ringraziato il divino Ares? Ti
ha salvato lui, altrimenti saresti morto schiacciato”.
“Come
uno scarafaggio scemo, lo so.
Grazie, divino Ares”.
“Di
niente. Ma vedi di non rifarlo”
sbottò il Dio della guerra “Non ho certo tempo da
perdere!”.
“Non
ne dubito”.
“Mie
care, credete che ci tocchi
intervenire?” parlava Hades, rivolto alle sue due consorti.
“Nella
guerra? Immagino di sì”
rispose Persefone.
“Ma
qui nessuno è venuto a darci
fastidio. Che ce ne facciamo dell’Olimpo noialtri?”.
“Sì
ma si tratta comunque della
vostra famiglia” si aggiunse Eleonore.
“Siete
voi due la mia famiglia”
sorrise Hades, accarezzando il viso della sua fresca sposa.
“Fiera
di sentire questo, ma non
siamo solo noi. Poi, dovreste pensare al futuro”
continuò lei.
“A che
futuro? Sto nell’oltretomba a
governare su di esso e basta. Non ho grandi prospettive”.
“Intendo
al futuro della famiglia”.
“Continuo
a non seguirti, Eleonore”.
“Parlo
di famiglia che cresce”.
“Una
terza moglie? Per ora non ci
penso..”.
“Non
intendevo questo..”.
Persefone
guardò Eleonore e sorrise,
senza nascondere lo stupore. Hades, invece, continuò a non
capire. Le due donne
scossero la testa, divertite.
“Che
mi nascondete, voi due?”
borbottò il Dio.
“Diventerai
papà, Hades” spiegò
Persefone.
“Sarebbe
la prima volta..” si stupì
lui.
“C’è
sempre una prima volta” sorrise
Eleonore.