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Autore: Martyx1988    13/12/2008    0 recensioni
La giovane Hanon è tormentata da un ricordo della sua infanzia da ormai molte notti: un bambino con la schiena squarciata, ricoperto di sangue, la guarda con occhi imploranti. Anche Murtagh rivede nei sogni lo stesso episodio, solo dal punto di vista del bambino insanguinato riverso a terra. Il destino li farà incontrare più volte e li metterà di fronte ad un segreto che Selena aveva meticolosamente tenuto nascosto a entrambi...
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Twins

CAPITOLO 2

Hanon si svegliò di colpo, sudata, con ancora quella scossa nel corpo, come ogni volta che sognava quell'episodio. Ormai erano passati quasi sedici anni da quando era successo, eppure ne ricordava ancora ogni singolo dettaglio. Si ricordava di essere svenuta dopo aver toccato il bambino e di essersi svegliata nella sua stanza. La porta era semiaperta e aveva potuto sentire distintamente Olga parlare con lady Selena. La donna aveva detto alla levatrice che non era più sicuro stare a palazzo, nè per lei nè per Hanon, anche se non aveva mai capito perchè fosse un pericolo per lei restare a palazzo. Il giorno dopo tutte e tre partirono all'alba per raggiungere, intorno a mezzogiorno, un tempio vicino al monte Utgard dedicato alla dea della caccia. Lì Hanon venne affidata ai sacerdoti, che la accolsero e la crebbero amorevolmente, insegnandole tutto ciò che sapevano, dalla medicina alla religione alla storia. Pochi anni dopo al tempio arrivl anche un altro bsmbino che i genitori avevano destinato a diventare sacerdote a causa di un voto fatto alla dea. Si chiamava Galet e dal primo giorno lui e Hanon divennero inseparabili.
Quasi un anno prima, però, Hanon aveva incominciato a fare quel sogno quasi tutte le notti. Non cambiava mai, rivedeva quell'episodio sempre nello stesso modo. Le immagini si susseguivano sempre nella stessa sequenza, i volti delle persone erano nitidi. E la scossa sembrava ogni giorno sempre più vera.
Consapevole che non sarebbe più riuscita a chiudere occhio, Hanon uscì dalla cella dove dormiva, nell'ala ovest del tempio, e andò fuori. Stava quasi per sorgere il sole, l'orizzonte si stava già tingendo di rosa, ma non si vedeva bene per via degli alberi intorno alla zona. Allora andò sul retro, dove una scaletta a pioli portava direttamente sul tetto. Senza troppi indugi, iniziò a salire, piolo dopo piolo, fino ad arrivare col naso al tetto.
"BUH!!" le urlò Galet in faccia, sbucando da chissà dove. Hanon urlò per lo spavento e rischiò di cadere all'indietro, ma il ragazzo l'afferrò in tempo.
"Sei impazzito, per caso?" gli chiese la ragazza, col cuore a mille per lo spavento "Hai rischiato di ammazzarmi e di svegliare i sacerdoti e lo sai che si innervosiscono se li svegli prima dell'alba"
"Quei nonnetti dormono come dei sassi. Non basterebbe un ruggito di drago a svegliarli"
"A proposito di draghi, come ti senti?"
"Nervoso, parecchio"
Quando un drago compariva in cielo, per i sacerdoti era segno che i novizi potevano essere iniziati al culto della dea ufficialmente. Era da quasi un secolo che non se ne vedeva uno, come dimostrava la veneranda etàdei sacerdoti, ma qualche giorno prima era avvenuto il miracolo. Hanon era andata a raccogliere le erbe per la preparazione dei medicinali, quando aveva sentito una specie di ululatiìo in lontananza. Alzando gli occhi aveva visto nitidamente un drago azzurro volare verso sud a gran velocità. Era rimasta ad osservarlo per qualche minuto, finchè non si era ridotto ad un puntino piccolissimo, quindi era corsa al tempio per dare la notizia ai sacerdoti. Subito non le avevano creduto, ma quando anche un viandante di passaggio disse di aver visto qualcosa di simile, se ne convinsero e inziarono a preparare la cerimonia, che sarebbe dovuta avvenire esattamente sette giorni dopo.
Quei giorni erano quasi passati e alla mezzanotte sarebbe iniziata la cerimonia di iniziazione per Galet.
"Sei convinto di volerlo veramente?" chiese Hanon all'amico, sedendosi sul tetto vicino a lui.
"Certo! Solo mi chiedo come sarà la mia vita da sacerdote, ma soprattutto se sarò in grado di servire la dea al meglio. E' lei che mi ha permesso di sopravvivere, dando la possibilità a mio padre di cacciare quel cervo e potermi sfamare durante la malattia, quindi voglio ripagarla per quella che ha fatto"
"Ne hai tutte le capacità, devi solo avere fiducia in te stesso"
"Grazie Hanon"

Ormai Murtagh era convito che quel sogno, quel ricordo, era un ammonimento. Se non voleva diventare come suo padre, se non voleva infliggere dolore alla gente come Morzan aveva fatto con lui, doveva andarsene. Certo, i progetti del re potevano sembrare encomiabili, ma quanto sangue sarebbe servito per poterli attuare? Una cosa era certa, lui non avrebbe contribuito.
Poteva ancora sentire la scossa nelle sue ossa, vedeva ancora gli occhi dolci della bambina che lo fissavano con dolcezza quasi materna. L'avrebbe fatto per lei e per sua madre, le uniche che gli avevano dimostrato affetto in quell'istante. Sebbene non sapesse dove fosse sua madre e non conoscesse nemmeno l'identità della bambina, sebbene non fosse nemmeno sicuro che fosse vera, sarebbe scappato per loro.
Prese il suo spadone ad una mano e mezza, arco e frecce, si coprì col mantello e si calò dalla finestra della sua stanza fino nel giardino. Corse fino al muro di cinta, dove aveva scavato un cunicolo che lo avrebbe portato fuori dal palazzo. Legato ad un albero lì vicino trovò Tornac, lo slegò e vi montò sopra. Doveva fare in fretta, stava per scattare il coprifuoco. Cavalcò al massimo della velocità lungo le strade più nascoste della città, ma quando arrivò al portone primìncipale, vide che lo stavano per chiudere. La sua unica possibilità era correre ancora più veloce. Spronò Tornac e la bestia aumentò notevolmente la sua velocità, riuscendo ad uscire dal portone poco prima che venisse chiuso, sotto lo sguardo allibito dei soldati. Quando fu fuori, Murtagh si guardò indietro, soddisfatto. Una freccia che gli passò a pochissimi cemntimetri dalla testa lo riportò alla realtà e riprese a cavalcare verso la prateria. I soldati dalle mura continuavano a prenderlo di mira, ma ormai, pensò, doveva essere fuori gittata. Dovette ricredersi quando un freccia lo colpì al fianco di striscio. Continuò a cavalcare finchè non sparì dalla vista dei soldati.

Nonostante avesse cercato di non darlo a vedere, Galet era più nervoso di quanto lui stesso credesse. A dispetto di Hanon, lui non aveva proprio chiuso occhio quella notte, sentendo sempre più vicina la mezzanotte del giorno dopo, il momento di svolta della sua vita, che non gli avrebbe più permesso di tornare indietro. Ma non era la convinzione di ciò che stava facendo a mancargli, quanto la sicurezza, come la sua amica aveva ben capito.
Per distrarlo, Hanon gli aveva proposto di farle compagnia mentre andava a caccia di erbe medicinali, come ogni mattina. Era incredibile quanti sieri riuscissero a preparare i sacerdoti in un solo giorno. Fortunatamente, le erbe non mancavano in quella zona. Con l'aiuto di Galet, riempirono un cesto in neanche due ore. Per passare il resto della mattinata decisero quindi di andare verso il ruscello, che scorreva in mezzo al bosco, a poca distanza da dove erano loro. Giunti alla riva si sdraiarono sull'erbetta lasciando che i raggi del sole accarezzassero i loro visi. In men che non si dica, caddero in un sonno profondo.
Un nitrito fece svegliare di soprassalto Hanon, che subito notò il sole, ormai alto nel cielo. Doveva essere quasi mezzogiorno.
"Il ringraziamento!" esclamò, ricordandosi della cerimonia che precedeva ogni pranzo al tempio, a cui Galet non poteva mancare proprio oggi.
Iniziò a scuotere l'amico per svegliarlo e questi le rivolse uno sguardo particolarmente assonnato.
"Il ringraziamento, Galet! Corri!"
Quelle parole sembrarono riportarlo improvvisamente alla realtà. Galet si alzò di scatto e corse verso il tempio, dopo aver salutato Hanon con un cenno. Anche la ragazza si rimise velocemente a posto, ma un altro nitrito attirò la sua attenzione. Forse un cavallo selvaggio, uno degli ultimi, si era allontanato dal branco. Si chinò a prendere il cesto, decisa a non interessarsi più di tanto all'animale, ma le giunse all'orecchio un terzo nitrito, seguito da un rumore di foglie scosse. Incuriosita, si diresse verso la fonte. Non le ci volle molto per trovare un cavallo, con le briglie impigliate tra i rami, che cercava in tutti i modi di liberarsi. Sorrise divertita e, dopo aver posato il cesto, si avvicinò con cautela alla bestia. Questa si voltò verso di lei, tranquillizzandosi un pochino, ma senza smetterla di dimenarsi.
"Piano, piano" sussurrò Hanon, portando le braccia avanti con i palmi ben in vista "Non voglio farti del male"
Il cavallo si tranquillizzò ancora. Hanon vide che era perfettamente sellato e armato. Da un fodero spuntava l'elsa di una spada, mentre dalla parte opposta della sella era appesa una faretra con arco e frecce dentro.
"Dov'è il tuo padrone?" chiese alla bestia, mentre slegava le briglia dai rami, quasi pensasse che potesse risponderle.
Appena fu libero, però, il cavallo tirò le briglie, ancora in mano ad Hanon, con uno strattone, a cui la ragazza rispose mollando la presa, per non cadere a terra. Pensò che il motivo di quel gesto fosse la voglia di correre a casa, ma l'animale si fermò poco dopo e tornò sui suoi passi, facendo ciondolare le biglie davanti ad Hanon.
"Vuoi che ti segua?" chiese la ragazza, non dubitando più dell'intelligenza del cavallo, che infatti le rispose sbuffando.
Sempre muovendosi con cautela, afferrò le briglie e assecondò i movimenti del cavallo, che la condusse attraverso il bosco verso un punto più alto. Usciti dagli alberi, la bestia si fermò. Il terreno, leggermente in discesa, portava alla riva del ruscello, dove, metà in acqua e metà fuori, giaceva un uomo.
"Ehi!" chiamò Hanon "Tutto bene?"
Non ricevette risposta. Preoccupata, scese verso riva fino ad arrivare a pochi passi dal corpo. Da lì notò che il fianco dell'uomo sanguinava e che la ferita iniziava a contornarsi di giallo, segno di un' infezione in corso. Sapeva curarle le infezioni, ma si ricordò di aver lasciato il cesto indietro. Risalì verso il cavallo, che era rimasto al limitare del bosco, e lo guardò dritto negli occhi.
"Ho bisogno del mio cesto" gli disse.
L'animale le diede le spalle e rientrò nel bosco, per poi tornare pochi minuti dopo col cesto in bocca.
"Grazie" disse Hanon, sempre più sorpresa, poi si precipitò dall'uomo. Si accovacciò al suo fianco per osservare meglio la ferita, ma quando entrò a contatto con l'uomo, una leggera scossa la percorse da capo a piedi. Anche lo straniero doveva averla sentita, perchè si mosse, sebbene in modo impercettibile, segno che era ancora vivo. Senza indugiare, Hanon prese alcune erbe dalla cesta e le sminuzzò con delle pietre, fino a farle diventare poltiglia, quindi le adagiò con delicatezza sulla ferità, sentendo un'altra scossa, più leggera. L'uomo, che in realtà era un ragazzo, emise un lieve lamento, ma si rilassò subito dopo, forse percependo il sollievo dato dalle erbe.
Finita l'applicazione, Hanon si alzò e vide che il cavallo era sceso. Gli accarezzò il muso, sorridendogli.
"Non ci resta che aspettare"


Ecco il secondo capitolo, sperando che susciti un pochino più d'interesse :)
Ringrazio Yum per il suo commento, e sperò che continuerà a leggere la mia storia!!
   
 
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