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Autore: Half_Feather    13/03/2015    1 recensioni
It is time to act, just act, saying nothing. Silencio.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Dominique Weasley, James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nuova generazione
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Silencio.

Capitolo d’introduzione.
 
Dominique Weasley alzò gli occhi grigi dal romanzo un’ultima volta.
Non si può dir che la bambina avesse il medesimo carisma della sorella, la solarità di Lily Luna Potter o la voglia di mettersi in gioco dei fratelli maggiori di quest’ultima. Non si può dire, a parlar meglio, che a Dominique piacesse far qualcosa che non fosse leggere uno dei suoi innumerevoli libri d’amore, qualcosa che significasse rompere la pace & la tranquillità che sempre riempivano le sue giornate. Non si può dire che a Dominique piacesse vivere con gioia ed allegria i suoi tredici anni. Lei voleva essere matura, svolgere i suoi servizi senza essere disturbata da nessuno dei suoi “stupidi” ed “infantili” cugini.

«No, Lily, non voglio giocare con te» disse con tono severo alla cugina più piccola, che, con le migliori intenzioni, aveva chiesto a Dominique – appunto – di giocare con lei; a cosa, poi, nemmeno l’aveva specificato. La risposta della bionda tredicenne, comunque, non sarebbe stata differente. Sbuffò, Dominique Weasley, prima di tornare a leggere il suo romantico romanzo.

Non amava l’amore. Non faceva per lei, questo. Non se la riguardava in prima persona. Le piaceva, però, leggere le storie degli altri. Non tentava di immedesimarsi nei personaggi. Restava distante.

«Ci aiuti a lanciare gli gnomi oltre la siepe?» osò chiedere la piccola Lucy Weasley a Dominique. Il lancio degli gnomi oltre la siepe, alla Tana, aveva sempre riscosso un grande successo. Non era soltanto un modo per ripulire il giardino, bensì un gioco divertente che entusiasmava ogni singolo Potter o Weasley. Tutti meno Dominique, naturalmente. Lucy Weasley non era ingenua come Lily, il più delle volte. Aveva un forte caratterino, la bimba. Incrociò le braccia sul petto, piatto poiché la pubertà non le aveva ancora fatto visita. «Allora?»

Sbuffò più forte, la bionda Dominique, quando abbassò il libro ed alzò gli occhi verso l’altra cugina. Le urlò contro, questa volta, prima di tornare alla sua lettura, sperando di non essere più interrotta da nessuno degli invadenti parenti. «Vattene via!»

«Brutta stupida» commentò Lucy, mostrando alla cugina un viso furbetto dipinto con una smorfia indecente, prima di correre via e raggiungere gli altri, pronti a giocare a lanciare via gli gnomi. Non si era fatta intimorire dallo sguardo glaciale di Dominique, Lucy, quando aveva parlato. L’aveva chiamata “brutta stupida” perché sapeva che l’altra non avrebbe reagito. Sapeva che, nella sua testa, Dominique l’avrebbe mandata a quel paese più volte, ma non poteva importargliene. Sapeva che sarebbe rimasta immobile, seduta sotto il portico, a leggere il suo libro, come sempre, mentre tutti gli altri sarebbero stati vivacemente impegnati nel precedentemente citato gioco-faccenda domestica. E così fu, infatti.

Hugo urlava dicendo che il suo gnomo aveva raggiunto i sette metri di distanza, nel lancio, mentre Rose diceva che quelli non erano stati neanche quattro metri. La risata di Albus echeggiava nel giardino della Tana. Fred Junior e Roxanne, pieni di vita, gareggiavano fra loro perché il vincitore avrebbe vinto tutte le Cioccorane del perdente, senza quindi badare agli altri parenti. I Weasley mancanti e Lily Luna Potter sceglievano se difendere Hugo o dar ragione a Rose. Dominique era immersa nel suo romanzo. Ogni tanto strizzava gli occhi, perché gli strilli dei cugini la deconcentravano dalla sua appassionata lettura. Altrettante volte, lanciava occhiatacce a questi, mentre la parola “infantili” veniva più volte ripetuta nella sua testa.
Tentò di continuare la sua lettura; aggrottò la fronte e cercò di concentrarsi.
“…e Byron giurò alla donna che ci avrebbe provato, che avrebbe tentato di rimediare a tutti gli errori da lui commessi, anche se…”
«Oops!» esclamò una voce furba, alle spalle di Dominique, mentre gli occhi grigi di lei si fecero sempre più confusi alla vista delle sue mani vuote, solo pochi secondi prima impegnate a mantenere con cura il prezioso romanzo. Smise d’osservare le dita affusolate e si voltò immediatamente verso il luogo da cui era provenuta la voce familiare.
«“…perché amare è scegliere, baciare è il sigillo della scelta”» pronunciò James Sirius Potter con enfasi, leggendo ad alta voce le parole scritte sul libro che aveva ora fra le mani – quello che, con veloci movimenti, era riuscito a rubare a Dominique. Gli occhi furbi e marroni di lui viaggiarono rapidi sulla pagina del volume e, quando arrivarono al piè di questa, li puntò sul volto della cugina, il Potter dai ricci capelli castani. Arricciò le labbra in una smorfia divertita, schifata da cotanta dolcezza, cotanta bellezza, dalle frasi del libro sull’amore.

Neanche James amava l’amore. Non perché, come Dominique, avesse un cuore di pietra; non amava l’amore perché era inutile, per un bambino qual era lui. Era troppo smielato, era troppo poco divertente ed era troppo impegnativo.

Scattò in piedi, Dominique. «Ridammelo!» urlò, lei, in faccia al coetaneo cugino, il quale iniziò, in quell’esatto momento, a sfogliare le pagine del romanzo. Lo tenne in alto, così che Dominique, se solo ci avesse provato, non sarebbe riuscita ad afferrarlo. Non tentò di prenderlo, lei. Posò, senza la grazia che caratterizzavano i suoi movimenti, le piccole mani sui fianchi propri. Sperava che il sol guardare James in cagnesco avrebbe fatto a lei tornare l’amato romanzo. Invece, James si mise addirittura a ridere, leggendo a voce alta una nuova frase smielata, tratta dallo stesso libro. Il volto della Weasley non fu lento a colorarsi di rosso scarlatto. Strinse i pugni.

«Davvero leggi questa roba? Non ti facevo così sdolcinata, Dom!»
Decisamente, James l’aveva provocata. Lo faceva spesso, il Potter, con gli altri. Lo faceva spesso, con Dominique. La provocava. Rubava i libri dalle mani sue e scappava via con questi, così che Dominique dovesse lottare per riaverli indietro. Era un modo per giocare con lei, dato che la Weasley non lo faceva mai con i suoi cugini. Sembrava un’estranea nella sua famiglia, delle volte, la piccola bionda, ed era per questo che James ne inventava spesso di nuove per divertirsi con lei. Per giocare con lei. Perché non le rubava soltanto i libri. Le rubava le piume, le pergamene, i fermacapelli. Uno dei fermacapelli di Dominique era ancora nascosto nel baule di James. Lui prendeva i suoi beni, scappava ed era contento che lei lo inseguisse per riavere indietro tutto. Succedeva sempre così. Tranne questa volta.

«Dammi il mio libro» richiese con tono maturo, lei. «Non farmi perdere tempo.»

Si sentì Fred urlare dalla gioia, perché era stato lui a lanciare lo gnomo più lontano rispetto agli altri, oltre la siepe. James non si voltò verso di lui. Dominique era la persona che aveva scelto di osservare. Chiuse il libro. La luce scomparve dai suoi occhi quando sentì la cugina parlargli con quel tono severo e fermo. Freddo.
James voleva ancora giocare, non aveva intenzione di dargliela vinta, di far tornare il libro così presto nelle mani della bambina. Chiuse il volume, sì, ma lo tenne fra le proprie dita. Dominique non si mosse, invece. Aspettava di riavere indietro il suo libro. Non avrebbe urlato a James che lei non era una persona a cui piacevano le cose tanto smielate, che era solo una storia da leggere, quella; non avrebbe strillato un’altra volta per riavere indietro l’oggetto che le apparteneva. Invece, parlò a lui nuovamente con calma. Con gli occhi fermi. Con gli occhi di ghiaccio. «Adesso.»

Dov’era? Dov’era il divertimento, per James? Perché Dominique doveva essere così dannatamente… Dominique? Perché doveva comportarsi sempre d’adulta? Non lo era, aveva solo tredici anni, come lui! Perché non voleva giocare con James, perché doveva essere così noiosa? Il primogenito di Ginevra Weasley ed Harry Potter assottigliò lo sguardo. Non era mai riuscito, in tanti anni, ad analizzare il volto della cugina. Non era mai riuscito a comprenderla, così come mai nessuno ci era riuscito, d’altronde. L’unica differenza stava nel fatto che James non s’arrendeva con lei, solitamente. Che lui continuava a provarci. E spesso, James riusciva a strappare un sorriso alla cugina.

Come lei, neanche lui si mosse. O almeno credette di non muoversi. Non diede il libro alla proprietaria, ma nemmeno lo allontanò da lei, come al solito. Senza che potesse accorgersene, l’oggetto era arrivato all’altezza del suo petto, James non lo teneva più in alto. Era stato probabilmente per questo che Dominique aveva avuto la brillante idea di prenderselo da sola, il libro. Dopotutto, non vi erano ostacoli, da quanto vedeva. Allungò una mano verso quella di James per afferrare il volume e, nello stesso momento in cui agì, decise di pronunciare alcune parole. Così, «stupido ragazzino!» disse, avvicinando al proprio petto il libro, ormai lontano dalle mani del bambino, al sicuro da James, circondato dalle esili braccia di Dominique.

“Stupido ragazzino”.

Dominique non l’aveva mai definito così. Aveva definito gli altri “infantili”, “disastrosi”, “perditempo”, “tremendi” o alcuni, a volte, anche “scemi”. Ma non aveva mai dato a James dello “stupido ragazzino”. Non a James, che era l’unico, fra tutti, che riusciva a coinvolgerla nei suoi giochi.

Il cugino aveva la sua medesima età. Era un vero appassionato degli scherzi, del gioco, del caos in generale. James Sirius Potter faceva a gara con Fred Junior per chi, trai due, fosse il più casinaro, il più simile a George Weasley. Però, James era molto intelligente, aveva un cervello niente male. Non soleva prendere “E” in tutte le materie, ma se la cavava più che egregiamente a scuola. James Sirius Potter non era solo un eccellente mago, era una meravigliosa persona. Aveva i suoi mille difetti, ma chi non li aveva? Poteva sembrare idiota, certe volte. Ma non era uno stupido ragazzino, come Dominique l’aveva voluto definire.
Inutile dire che queste due parole, per lui, furono una pugnalata, un colpo al cuore. No, non al cuore. Quello era intatto. Al petto, forse.
S’era sinceramente offeso. No, peggio, era rimasto deluso. Deluso dal fatto che sua cugina potesse aver, con tanta serietà, definitolo in quel modo. Perché era palese che Dominique dicesse sul serio; insomma, lei non scherzava mai!
Le labbra del ragazzo non presero più una dolce curva all’insù, il sorriso non comparve ancora sul bello e giovane volto suo. Gli occhi di James non erano grigi come quelli della Weasley, eppure, improvvisamente, sembrarono essere più freddi dei suoi. Era difficile dire se i suoi muscoli del viso fossero o meno rilassati. Quel che era certo era che mai, prima, Dominique avesse visto il cugino tanto serio. Più di quanto lo fosse lei.

«Bene» decise allora d’annunciare. «Allora ti lascio leggere in santa pace. Socializzare potrebbe ucciderti.»

Dominique Weasley non rispose alle parole amaramente sarcastiche e piene di delusione di James. Dominique Weasley alzò semplicemente le spalle e, a testa alta, s’allontanò dal cugino di qualche passo, si sedette sulle scale del portico dov’era prima e ricominciò a leggere il suo romanzo. Nessuno dei due disse più nulla. James scosse la testa, ancora più deluso, e raggiunse i suoi altri numerosi cugini, per giocare con loro al lancio degli gnomi oltre la siepe.

Adesso che erano lontani, Dominique alzò lo sguardo dal suo romanzo. I suoi parenti sembravano divertirsi. Anche James sembrava essere riuscito a riacquistare la felicità. Lei, solamente lei, era lì, senza nessuno, con un libro poggiato sulle ginocchia. Non credeva di essere infelice, a lei bastavano i suoi romanzi. Pensava di avere tutto il necessario.
Sembrava una bella famiglia, la sua. Eppure, non era mai riuscita realmente a sentirsene parte. Sospirò, osservandoli felici.

Non riuscì mai ad ammetterlo, ma si pentì. Si pentì di aver detto a James che egli fosse uno “stupido ragazzino”. Si pentì, ma non fece nulla per rimediare. A lei, la sua vita andava bene anche così. Anche se era distante da tutto e tutti.

Dominique Weasley lo sarebbe stata, distante. Lo fu.
Si allontanò ancor di più dai suoi cugini. E l’unico cugino che ci aveva sempre provato a stare con lei, l’unico che non voleva che lei fosse lontana, decise di smettere di cercarla. Passarono anni, prima che Dominique tornasse effettivamente ad essere una Weasley, a sentirsi parte della sua famiglia.
Si concluse presto l’estate e, una volta tornata ad Hogwarts, iniziò i suoi studi del terzo anno e non parlò mai più con nemmeno uno dei suoi cugini. Non salutò nessuno di loro. Non osò guardarli in faccia. Per anni. Neanche James. S’allontanò sempre più. Sino a che…




———「 Nota dell'autrice. 」

Potrete chiedervi perchè mai io abbia descritto una situazione tanto ovvia. Perchè lo è, no, una scena banale? Ebbene, sì, ho narrato una scena stereotipata! So che questa cosa potrebbe non piacervi, tuttavia avevo semplicemente intenzione di mostrare come la vita di Dominique (e un po' di tutti, alla Tana) funzionasse e ─ ehy!, scena più adatta non esisteva! Giuro solennemente che le seguenti situazioni saranno più... originali? Un James vivace che ruba un libro ad una solitaria Dominique ci voleva! Okay, è un'introduzione proprio stupida e non mi piace neanche un po', ma mi serviva per spiegarvi come mai Dominique sarà lontana dal cugino per i prossimi lunghi quattro anni!  Io dico che fa schifo, però spero vi piaccia comunque e ─ lalalalalala, Jaminiqueee! 
   
 
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