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Autore: verystrange_pennylane    14/03/2015    4 recensioni
Paul McCartney conduce una vita praticamente perfetta: lavora come professore in un paesino della Scozia, è stimato e ben voluto da tutti e sta per sposarsi con l'amore della sua vita, Linda.
Quello che non sa è che, in diretta nazionale, il suo migliore amico Ringo farà una dichiarazione su di lui che gli cambierà per sempre la vita. E che farà crollare tutte le sue certezze, una volta per tutte.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Everybody's Got Something to Hide

Capitolo 10




Paul aprì la porta, sistemandosi i capelli con una mano, mentre con l’altra stringeva a sé il pigiama di pile.
“Sono arrivate le piz- oh.” gridò, tutto elettrizzato e felice, prima di vedere il proprio entusiasmo franare addosso alla persona infreddolita e bagnata che gli stava davanti.
“Disturbo?”
No, non era decisamente l’uomo delle pizze.
Paul sentì il sorriso formarsi spontaneamente, e pensò di essere spaventosamente simile ad una ragazzina davanti alla prima cotta.
John aveva un debole per quel sorriso, così immediato, così solare, così bello, e coprì rapidamente i pochi centimetri che li separavano. Dio, bramava un bacio come se la sua vita dipendesse da quello.
Eppure, al contrario di quello che si aspettava, Paul si scostò immediatamente, bloccandolo con le mani sul petto.
“Ma che?” chiese John, confuso e preoccupato. Non lo vedeva da due settimane e quello era ciò che ne riceveva in cambio?
“Avevi detto che saresti tornato domani!” sussurrò il collega, stizzito, stringendosi nel pigiama. Il freddo lo stava facendo tremare, e dalla sua bocca uscivano piccole nuvolette di condensa.
Questa era strana: Paul non lo faceva nemmeno entrare in casa, anzi, sembrava insistere per farlo restare sull’uscio, tenendo la porta mezza chiusa alle sue spalle. Eppure John stava chiaramente gelando, il suo naso rosso e gocciolante ne era un segnale evidente!
Preoccupato, cercò di spiare nello spiraglio della porta socchiusa, per scoprire cosa teneva nascosto Paul, ma non riuscì a vedere né sentire nulla, se non il calore invitante di una casa ben riscaldata e un vago profumo di incenso.
“Sì, Macca, volevo farti una sorpresa, non ne potevo più di starti lontano.” Cercò di riavvicinarsi e riuscì quasi ad affondare il naso gelato nel collo di Paul, prima di venire scacciato di nuovo in malo modo. Grugnì offeso, incrociando le braccia. Questo era il colmo, cosa stava succedendo? Si erano sentiti ogni giorno durante quelle settimane e tutto sembrava filare liscio. Aveva provato, durante la lontananza forzata, a sgattaiolare via qualche notte per andare a trovare Paul, ma il collega aveva ricominciato a lavorare e si addormentava prestissimo. Senza considerare che, appena John saliva in macchina, si sentiva in colpa e tornava da Julian ancor prima di provare ad infilare la chiave nel quadro.
“Tutto bene?” disse una voce, alle spalle di Paul.
“George?”
“John?”

“Cosa ci fai qui?” si chiesero all’unisono, prima di scoppiare a ridere.
“Oh, fantastico! Lennon e Harrison riuniti! Il mio peggiore incubo. Dai, vieni dentro.” commentò Paul, stizzito, facendogli un rapido cenno con il capo e sbuffando sonoramente. “Mi sporcherai tutto il pavimento, già lo so.”
 
George e Paul, a quanto pareva, si erano ritrovati con la scusa di vedere un film, e sparse ovunque c’erano tazze usate, incensi bruciati e confezioni vuote di cibo spazzatura.
I primi minuti i tre si limitarono a fare qualche discorso impacciato e formale; dopodiché arrivò la pizza e John si divertì a rubarne metà a Paul, mentre George divideva la sua con Pattie.
Il fatto che una bambola gonfiabile non avesse bisogno di mangiare era un problema secondario.
In fondo, a John cosa gliene importava? Bastava stare con Paul. E Dio se era difficile trattenersi dal guardarlo continuamente! La cosa divertente era quando l’altro alzava lo sguardo e notava che John lo stava fissando. Diventava rosso come un peperone, abbassava il capo e si mordeva il labbro, sorridendo di rimando.
Prima o poi avrebbe dovuto dire a Paul l’effetto che quel sorriso aveva avuto e aveva tuttora sul suo povero cuore. Nemmeno durante le prime cotte aveva provato qualcosa del genere. Solo con un dannato sorriso, Paul sembrava dargli la possibilità di una seconda adolescenza, di una nuova vita, e questo era semplicemente straordinario.
Mentre pensava queste cose, John masticava lentamente la pizza, cercando di sforzarsi di guardare da un’altra parte, senza successo, finché la mano di Paul non si appoggiò sulla sua coscia, come un segnale che lo pregava di distogliere lo sguardo da lui.
Purtroppo però la mano delicata di Paul ebbe un altro effetto su John. Abbassò lo sguardo e, sgranando gli occhi, appoggiò distrattamente il tovagliolo sul cavallo dei pantaloni, gonfio. Cosa diavolo gli stava succedendo? Aveva di nuovo diciassette anni e non se n’era accorto? Arrossì in preda all’imbarazzo, e sminuzzò meticolosamente il suo spicchio di pizza, sperando che aiutasse a calmare i bollenti spiriti.
Nonostante gli sforzi, i due continuarono a guardarsi sorridendo e arrossendo, sotto lo sguardo divertito e curioso di George.
“Voi due sembrate andare d’accordo, all’improvviso. Che cosa bizzarra.”
Paul si soffocò con l’ultimo boccone di pizza e John si concentrò con eccessivo entusiasmo al compito di dargli delle pacche mirate all’altezza dei polmoni.
Una delle prime cose su cui avevano concordato sin dagli inizi, era quella di tenere la loro relazione lontana dall’ambiente lavorativo. Innanzitutto per rispetto verso Linda e per evitare di dar adito ai pettegolezzi dei loro colleghi, già fin troppo impegnati a creare gossip dove non c’erano. E poi perché temevano che, una volta arrivato alle orecchie del preside e dei genitori degli alunni, questa cosa potesse portare ad un loro allontanamento. Ed era proprio ciò che volevano evitare.
Insomma, si trovarono a dirsi, quanto poteva essere difficile celare una relazione?
Evidentemente molto, se solo dopo cinque minuti George aveva già avanzato un sospetto.
Ma, si trovò a pensare John, era colpa di Paul, che era così attraente anche con un pigiama infeltrito.
“D’accordo? Noi due? Ma vorrai scherzare. Vero, Macca?” commentò alla fine, con un ghigno divertito, dando a Paul una pacca più forte tra le scapole.
“Mi hai infettato, Lennon, non mi toccare.” Replicò l’altro, quando riuscì a respirare normalmente, liberandosi dai colpi.
George sorrise di rimando a quella scenetta così famigliare, e si dedicò ad accarezzare i capelli biondi di Pattie, sussurrandole qualcosa nell’orecchio. Beh, se non altro, anche avesse capito qualcosa, nessuno avrebbe creduto alle parole del professore di religione.
Finita la pizza, si spostarono a bere del vino sul divano e mentre Paul preparava il dolce in cucina, George si trovò in salotto da solo con il suo migliore amico. All’inizio stettero un po’ in silenzio, tamburellando i piedi al ritmo della musica in sottofondo, un vinile dei Fleetwood Mac, ma poi, tra un bicchiere e l’altro, il clima stranamente teso si sciolse.
“Non mi hai ancora detto per quale motivo sei qui, John.”
“Mi avevano detto che c’era una festa tra colleghi, a quanto pare si sono sbagliati o mi hanno preso in giro.”
Dio, che scusa del cazzo, pensò mordendosi il labbro. Nemmeno George se l’era bevuta, era ovvio da come lo guardava, tra un sorso e l’altro di vino.
A quanto pare. E Julian come sta?”
“Fermi tutti, voglio sentire anche io!” esclamò Paul, stringendo tra le proprie mani tre piattini da dessert, su cui troneggiava una fetta spessa di Red Velvet. Si sistemò comodamente tra George e John, e aspettò che il collega di arte ricominciasse a parlare. Non che non fosse già a conoscenza di tutte quelle informazioni, aveva anche fatto una videochiamata con il piccolo Julian, non appena si era sentito meglio e aveva ricominciato a parlare.
“Dicevo, Jules agli inizi non ha risposto bene alle terapie, e il dottore era preoccupato che avesse un rigetto del cuore trapiantato. Fortunatamente, dopo solo pochi giorni, le nuove flebo hanno ottenuto l’effetto sperato, e al termine della seconda settimana dall’operazione Julian ha ricominciato ad alimentarsi in modo naturale. Ci hanno fissato un sacco di controlli, abbiamo la fisioterapia da seguire, una dieta rigidissima e alcune indicazioni categoriche, sia per quanto riguarda la temperatura da mantenere in casa che l’attività fisica da fargli fare obbligatoriamente. Insomma, un gran casino, ma la cosa bella è che Jules l’altro ieri è finalmente uscito dall’ospedale ed eravamo così felici tutti e tre insieme, e sembrava tutto come prima della malattia.” disse, strofinandosi gli occhi stanchi e lucidi.
Paul sussultò appena, davanti al dolore di John. Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto riempire di piccoli baci quel viso segnato dallo stress, ma non poteva, quindi cercò di far sentire la propria presenza attraverso delle piccole carezze circolari sulla schiena.
“L’importante è che ora Jules stia meglio.” Disse alla fine George, finendo la sua fetta di torta e raccogliendo le briciole con la forchettina.
“Sì, finalmente. Io e Cynthia agli inizi ci divideremo il carico: io mi occuperò delle visite e della fisioterapia, lei delle medicazioni e dell’assistenza quotidiana. Sarà dura, ma sono felice di potermi occupare di mio figlio. Finalmente, sarò un padre per lui.”
“Lo sei sempre stato.” Gli rispose George, stringendo a sé Pattie, e Paul annuì a quell’affermazione.
“Oh, al diavolo, vi sto rovinando la serata. Credo di essere solo molto stanco.” John trangugiò tutto d’un fiato il suo bicchiere di vino e lo appoggiò con un tonfo sul tavolino. Non voleva far vedere a Paul quanto gli tremasse la mano e quanto si sentisse insicuro, ma sembrava tutto così difficile. E pensare che sperava di passare una serata tranquilla!
“Non ti preoccupare, amico. Io e Pattie andiamo a casa ora. Si è fatto tardi anche per noi, vero, amore?”
In un solo colpo, i tre uomini si alzarono dal divano, stiracchiandosi pigramente. L’orologio segnava le dieci e per Paul era ancora troppo presto per separarsi da John. Avrebbe voluto chiedere al collega di trovare una scusa e di restare lì con lui, ma George gli aveva chiesto un passaggio con la macchina, e all’improvviso il padrone di casa si trovò costretto a salutare tutti i suoi ospiti, Pattie inclusa.

Più tardi, mentre lavava i piatti, a Paul piombò addosso un profondo senso di tristezza. Dio, John era venuto lì per lui, gli aveva fatto una sorpresa, e l’aveva lasciato andare via senza nemmeno provare a trattenerlo, senza fargli capire quanto avesse bisogno di lui, dopo tutte quelle settimane di lontananza. Allo stesso tempo, gli era sembrato che anche John necessitasse di compagnia, e non poteva sopportare di lasciarlo da solo, in mezzo al nulla della campagna scozzese, in preda ai suoi pensieri.
Cercò il cellulare e provò a chiamarlo un paio di volte. Con un po’ di fortuna sarebbe riuscito a contattarlo prima che si allontanasse troppo.
Sbuffando, si rese conto che i suoi rimproveri sull’uso del telefono non erano serviti a molto: il collega non rispondeva. Al diavolo, sarebbe andato lui a Southend a casa di John. Tutto, pur di non lasciarlo da solo.
Si infilò scarpe e cappotto sopra il pigiama infeltrito e fece per lanciarsi fuori da casa, quando andò a sbattere contro una figura ferma davanti alla porta.
John?” era davvero lui o aveva le traveggole, date dal mix letale di tisane, alcolici e incensi?
“Dove diavolo stai andando, Macca?”
Sì, era davvero il suo maledetto Lennon. Era lì, sempre più bagnato e sempre più infreddolito. Senza nemmeno provare a rispondergli, Paul si fiondò su di lui, baciandolo.
Le labbra di John, anche se fredde e screpolate, erano l’unica cosa di cui aveva bisogno. L’unica cosa in grado di farlo stare meglio.
“Oh, ora sì che si comincia a ragionare.” Commentò malizioso John, infilando le mani sotto il cappotto di Paul per riscaldarsi, e per poterlo afferrare meglio e avvicinare a sé.
“Forza, entriamo.” Paul armeggiò con la porta mentre continuavano a baciarsi. Fortunatamente l’ingresso non si era chiuso ed entrarono senza troppe difficoltà. Le chiavi di casa finirono a terra con un tonfo, assieme al cappotto e alla sciarpa.
“Macca, forse sarebbe il caso di…” un altro bacio lo zittì, e il resto della frase si trasformò in versi gutturali di piacere.
Il rigonfiamento dei pantaloni di John faceva ben intendere come sarebbe finita la serata e Paul si sorprese di volere che succedesse.
Un paio di volte al telefono la voce di John gli aveva provocato uno strano brivido alla schiena e al collo, eppure aveva sempre pensato di aver bisogno di tempo prima di fare un passo così importante. Certo, non era un ragazzino alla prima storia, aveva già fatto sesso parecchie volte, ma sempre e solo con delle donne. Dunque, l’idea di qualcosa che conosceva solo in teoria, e nemmeno troppo bene, lo spaventava molto. Aveva già pensato ai discorsi da fare a John, e sperava di non risultare troppo patetico, mentre gli chiedeva di aspettare un po’ prima di quel passo.
E invece eccolo lì, dopo solo poche settimane da San Valentino e dal suo outing, a mordere le labbra di John e a riempire di caldi baci il suo collo e il suo petto. La verità era che si sentì sorprendentemente sicuro di se stesso e di quello che voleva, finché si trattò di spogliare l’altro e di agire. Ma quando le mani di John slacciarono velocemente la cerniera del suo pigiama e si concentrarono sul laccio dei suoi pantaloni infeltriti, la sua sicurezza vacillò, e un leggero tremito lo percosse. John se ne accorse, e si staccò, col fiatone, accarezzando appena la guancia di Paul con il suo naso, per avvicinarsi al suo orecchio.
“Forse dobbiamo aspettare.”
“No. Lennon, ti voglio.”
Dopo quattro anni di vera e propria tensione e dopo settimane di litigi, confessioni e telefonate, Paul era stanco di rimandare ogni cosa, di fingere. E poi sentiva il bisogno di essere in tutto e per tutto di John, al diavolo il resto. Una volta convinto se stesso, un altro dubbio gli si insinuò nella mente, e stringendo il volto del compagno tra le proprie mani, scrutò il suo sguardo, alla ricerca di stanchezza o tristezza.
“E tu? Vuoi?” disse alla fine, facendosi coraggio.
“Non sai quanto.”
Paul rise e lo abbracciò. Se avesse visto dall’esterno quella scena, si sarebbe preso in giro da solo. Eppure era lì, nel bel mezzo della stretta con John, e non poteva non comportarsi come uno stupido.
“Una parola, una parola sola e mi fermo, Macca.”
Gli diede un leggero bacio sul collo, appena sotto il lobo, e un brivido violento di desiderio gli attraversò la schiena. Paul scosse il capo violentemente, incapace di dire alcunché.
Solo stringendo ancora più forte a sé John, sembrò riuscire a recuperare un po’ di forze e l’uso della parola.
“No, va tutto bene. Andiamo in camera?”
John lo guardò intensamente, sorridendogli e facendo appoggiare le loro due fronti. Fu uno sguardo intenso che racchiudeva tante domande, ma Paul vi lesse soprattutto un “sicuro?” a cui rispose con un leggero annuire del capo.
Prese la mano di John e lo trascinò su per le scale, guidandolo nella semi oscurità della casa per raggiungere la sua camera. Lì accese la piccola abatjour del comodino, e non ebbe neanche il tempo di sistemare un po’ il letto che John si era distratto a guardare le foto di Paul da piccolo e a studiare i vari soprammobili.
“Ma devi per forza farlo adesso?”
“Sono troppo divertenti! Guarda qua che faccia!”
Il professore di musica incrociò le braccia, sbuffando, ma niente, l’altro continuava a persistere nello studiare la sua stanza, ridendo sotto i baffi. A grandi passi, dunque, coprì la distanza tra loro due e lo abbracciò da dietro, accarezzandogli con le mani fredde il petto nudo e posando delicati baci sulle sue scapole.
Questo doveva aver funzionato meglio del precedente tentativo, perché all’improvviso a John non sembrava più interessare molto delle fotografie di casa McCartney. Mantenendo la stretta, si girò a guardare Paul negli occhi, e catturò le sue labbra in un altro bacio.
“Va bene, va bene, le guarderò domattina mentre dormi.” Disse alla fine, ridendo.
“Non ti sveglierai mai prima di me.”
“Mh, vero anche questo.” Ghignò, e spinse l’altro sul letto.
Paul stette così, sdraiato a pancia in su sul letto, mentre l’altro con movimenti lenti e studiati si posizionava sopra di lui.
“Non sai quanto ho sognato questo momento, Macca. Quattro anni…” una volta raggiunto il suo viso, John lo baciò con desiderio e con disperazione, come se effettivamente da quel momento specifico dipendessero le loro vite.
Paul era paralizzato, non tanto per la paura, ma per il sentimento straordinario che sentiva. La persona davanti a lui, l’uomo che aveva sempre pensato di odiare, in realtà provava per lui qualcosa di così bello e intenso, qualcosa che lo portava ora a guardarlo in quel modo. Ma si meritava davvero tutta quella felicità? E perché, a dispetto di quello che sentiva, non riusciva a fare alcunché per ricambiare? Era come se fosse impotente, davanti al suo stesso sentimento, davanti ad un amore mai provato prima.
Continuarono a guardarsi e stettero così, immobili, ognuno preda dei propri pensieri. Alla fine John distolse lo sguardo solo per ammirare la persona stretta sotto di lui, e si morse il labbro pensando che non aveva mai visto un uomo bello come Paul.
“Sai, Macca. Quattro anni sono lunghi, e ti devi far perdonare.” Bisbigliò, tornando a guardarlo fisso negli occhi. Un ghigno divertito si era impossessato della sua faccia, e Paul deglutì rumorosamente, in preda all’eccitazione.
“E come posso fare per ottenere il tuo perdono, Lennon?” gli rispose, ridendo del suo stesso tono serio.
“Ho un’idea.” sussurrò John, cominciando a baciargli il collo.
 “Questo è per la prima volta che ci siamo visti…”
Paul si divincolò con poca convinzione, in preda ai brividi di eccitazione, e aprì la bocca per lamentarsi, ma il suono che uscì dalle sue labbra fece sorridere John, e lo spinse a continuare.
“Questo è per ogni volta che cercavi un pretesto per litigare con me…”  
Dopo avergli sussurrato quelle parole all’orecchio, cominciò a scendere, leccandogli il petto. Si staccò dal suo meticoloso lavoro solo per ricominciare a parlare.
“Questo è per tutte le volte che mi guardavi con la puzza sotto il naso…”
Cominciò ad abbassarsi, riempiendo di baci umidi il basso ventre di Paul, spostando appena i pantaloni.
 “Questo è per aver creduto di odiarmi durante tutti questi anni.” Con un colpo rapido gli gettò via i pantaloni, ammirando per qualche istante le lunghe gambe pallide.
Quando alzò lo sguardo e vide che il volto di Paul si era tinto di un rosso interessante, John si ritenne abbastanza soddisfatto della sua opera. Dunque si rialzò lentamente, riavvicinandosi al volto del compagno con movimenti studiati e fece in modo di far sfregare il proprio naso con quello dell’altro.
Paul lo guardò sorridendo e lo baciò, prendendo all’improvviso l’iniziativa e stringendo le proprie braccia dietro il collo di John, per avvicinarlo a sé.
“Questo, mio caro Lennon, questo è perché ti amo.”
John davanti a quella improvvisa dichiarazione sgranò gli occhi e arrossì impercettibilmente.
Certo, non era la prima volta che qualcuno dichiarava di amarlo, soprattutto prima del sesso. Era capitato, e Cynthia glielo aveva detto spesso. Eppure alle sue orecchie, il “ti amo” era sempre arrivato come un qualcosa di falso e fastidioso, da ripetere meccanicamente solo per accontentare la persona davanti a sé. Stavolta invece, quella semplice dichiarazione gli arrivò in modo diverso, più intenso. Quasi gli mancò il respiro dalla felicità che provava e si sentì ridere senza un vero e proprio motivo, come uno stupido o un folle.
Baciò Paul intensamente e a lungo, prima di spostarsi sul collo, dove, succhiando e mordicchiando leggermente un piccolo angolo di pelle, John gli lasciò un segno rosso. Le mani gli tremavano e il cuore batteva così forte che credeva di morire. Doveva avere Paul il prima possibile, o sarebbe impazzito.
Si abbassò e lanciò via i propri pantaloni assieme ai boxer, togliendo anche quelli del compagno.
Ora erano entrambi nudi ed esposti, ed era troppo tardi per tornare indietro.
“Paul, amore, non credo di riuscire a fermarmi ora.” Le mani di John continuarono a tremare, e con la mente annebbiata non sapeva davvero dire se per l’eccitazione o per qualcos’altro di nuovo e mai provato prima. Eppure non era la prima volta che andava con una persona del suo stesso sesso. No, era diverso, perché con gli altri uomini non c’era mai stato alcun tipo di sentimento. Era stata solo una questione di fisica, ma con Paul non era così. Non lo era mai stato.
E il suo Macca poteva anche essere un adulto grande e vaccinato, ma quella era la sua prima volta e, anche se lo nascondeva bene, aveva paura. John non poteva deluderlo. Aspettò di ricevere una vaga risposta dall’altro, prima di toccarlo più intimamente, con le mani, le labbra, e qualunque parte di sé affamata di Paul.
Sentire l’altro contorcersi sotto il proprio corpo gli fece capire che non aveva più vent’anni, e che quei preliminari stavano durando decisamente troppo. Soprattutto perché si parlava di Paul, di quel collega che aveva desiderato per mesi, per anni e che finalmente ora aveva sotto di sé. Non poteva resistere ancora. Afferrò i fianchi di Paul e lo avvicinò a sé, occupandosi di lui mentre il compagno si divincolava, un po’ per colpa dell’eccitazione, un po’ per il disagio.
Quella strana posizione, così distaccata, infastidiva terribilmente John. Sentiva il bisogno di vedere bene il viso dell’altro. Inoltre voleva baciarlo, voleva sentire ogni angolo della loro pelle, calda e sudata, toccarsi. Dunque John afferrò i polsi di Paul e lo fece sollevare. Così, i loro due petti si scontrarono senza grazia in una sorta di eccitato abbraccio.
Oh, molto meglio, si trovarono a pensare entrambi. Ora il viso di Paul era a pochi centimetri dal suo, e John poteva finalmente ammirare quanto fosse adorabile quando arrossiva così. Gli diventava rosso persino il naso, quel naso così delicato su cui posò un piccolo bacio. Si prese un secondo per godere di quella vicinanza, e appoggiò la fronte a quella dell’altro, sorridendogli.
“Ciao, principessa.” Sussurrò, prima di mordergli il labbro e di baciarlo.
Paul affondò le mani nei capelli ramati del collega e inspirò profondamente il suo profumo di cannella, sentendosi all’improvviso più coraggioso e intraprendente. Dunque, spostò appena i fianchi in avanti e un brivido scosse entrambi.
Con uno sguardo d’intesa capirono che c’era il rischio che finisse tutto troppo presto, e nessuno dei due voleva. Dunque Paul mordicchiò appena il collo di John e, come sussurrando una preghiera, lo implorò di prenderlo. E Dio, questo andava contro tutto quello in cui credeva, contro il suo dannatissimo orgoglio, ma la sua mente non voleva che il suo Lennon, non gli interessava nient’altro.
Quando si unirono, la sensazione di essere una sola cosa con Paul, stordì John e lo lasciò senza parole e senza forza all’improvviso, come se non fosse pronto ad arrendersi ad una cosa così straordinaria e perfetta come quella. Poi, vergognandosi dei suoi pensieri da verginella alla prima notte di nozze, alzò la testa che era involontariamente affondata nel collo di Paul, e guardò negli occhi il compagno. Una volta appurato che l’altro stesse bene e che potesse cominciare a muoversi, ricambiò il bacio appassionato e inarcò la schiena sotto le mani di Paul, che si aggrappavano a lui, graffiandogli le spalle.
“Paul, io…io ti…”
John prese una boccata di ossigeno. Per qualche istante stette fermo, come se non potesse più fare niente finché non avesse detto a Paul quelle due parole che erano imprigionate in gola e non sembravano voler uscire. Poi, man mano che i gemiti si facevano più rumorosi e l’aria più rara, ammise la sconfitta, e sentendo Paul sotto di lui implorarlo con i gesti e con lo sguardo di fare qualcosa, ricominciò ad amarlo.
Quando raggiunsero l’apice del piacere, Paul strinse ancora più forte a sé l’altro, affondando le unghie nella sua carne, e per John questo fu segnale. Come se, in un semplice istante, ogni cosa avesse all’improvviso acquistato un senso. Il nome di Paul gli rimbombava nella testa e Dio, se non era la cosa più straordinaria che gli fosse mai capitata in vita sua. Non credeva di aver mai provato nulla di così intenso per nessun altro, e ne fu spaventato, per un breve istante.
Stettero così, immobili e impotenti per qualche istante. Poi, quando John si ricordò come respirare, alzò la testa e posò un leggero bacio sulla fronte dell’altro.
Paul però continuava a sorridergli, anche mentre si muoveva lentamente dalla sua postazione, per spostare le braccia e stringere meglio John a sé.
“Tutto bene?”
Paul rise, pensando a quanto quella frase cliché da film romantico suonasse bizzarra, se detta dal compagno.
“Sì sì, grazie.”
“Perché ridi, Macca?”
“Perché sei così buffo e tenero, mio caro Lennon.” Sussurrò, dandogli un leggero bacio sulla spalla.
“Buffo e tenero? Io?” esclamò, staccandosi da quell’abbraccio con fare melodrammatico, “Ma io sono un uomo di una certa età! Chi credi di essere per mancare di rispetto agli anziani? Prova a ripeterlo se hai il coraggio!”
“Ah, mi sfidi? Lo sai che ti dico? Che sei la persona più buffa e tenera che io conosca.” E toccandogli il naso con la punta delle dita, lo guardò con aria di sfida.
Neanche il tempo di accorgersene, che un cuscino colpì il viso di Paul e lo fece affondare sul morbido piumone, tutto ingarbugliato ai bordi del letto.
“Ora ci penso io a te, Macca!” esclamò John, e si fiondò su di lui, ridendo.
“Nooo, vai via! Sei tutto sporco!”
“E di chi è la colpa, secondo te?” Paul arrossì, sfuggendo al solletico che il collega stava cercando di fargli.
Provò anche a mandarlo al bagno a lavarsi, eppure non sembrava riuscire ad avere la meglio contro John, che alla fine fingeva di andarsene ma tornava subito lì, da lui, sotto il piumone stropicciato.
Dopo l’ennesimo ritorno di John, si addormentarono così, abbracciati ed esausti, tra le lenzuola sfatte.
Paul si trovò nel dormiveglia ad accarezzare dolcemente la testa del compagno, appoggiata sul suo petto.
Il suo ultimo pensiero, prima di sprofondare nel sonno, fu che la felicità doveva proprio avere il profumo di John.
 
 







Angolo dell’autrice:
E ce la fecero. E no, non parlo di Paulie e John, ma delle due rotelle nella testa della scrittrice.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché purtroppo devo annunciarvi un momento di pausa per questa mia storia. Insomma, per i capitoli 11 e 12, i due capitoli finali, dovrete aspettare un po’ di più. Sto attraversando un periodo molto difficile a livello personale, e questo si riversa anche e soprattutto sulla scrittura, e non vorrei rischiare di rovinare la storia con un finale brutto o scritto male.
Scusatemi.
Un grazie a chi ha letto, recensito, messo tra i preferiti.
Un grazie a Workingclassheroine che è sempre superimpegnata ma trova sempre un momento per gli altri.
Un grazie di cuore a Paperback White che mi sopporta e allieta le mie serate e mi risolleva sempre, in un modo o nell’altro.
Un grazie immenso a Kia85, che ha fatto tantissimissimo per questo capitolo in generale, e soprattutto per me. Grazie, grazie, grazie, ti voglio bene.
Ci si legge presto, spero.
Un abbraccio,
Anya.
   
 
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