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Autore: zaynseyes_    14/03/2015    2 recensioni
"Spalancai gli occhi, completamente inerme e senza parole. Dopo quello che mi era sembrata un'eternità, riuscì solo a pronunciare un "L-Louis"
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi seduto in cucina con un bicchiere d'acqua in mano a riflettere su quanto fossi cambiato. Come sempre. Qualche anno fa non mi sarei mai immaginato che potessi finire in queste condizioni, per di più per un ragazzo.

Semplicemente non sono uno che si comporta in questo modo ma...beh, in realtà è cambiato molto in questi anni.

"Ciao Harry" biascicò un ragazzo dai capelli mori, salutandomi in imbarazzo. Aveva tutti i vestiti stropicciatati e i capelli in disordine.

"Ciao Alex" dissi, ricambiando il saluto.

Sentì la porta di casa chiudersi rumorosamente e poi il silenzio. Adesso ero solo.

Sorseggiai il mio bicchiere d'acqua ripensando alla serata appena passata. Di certo ieri non era mia intenzione andare a caccia di ragazzi ma, beh, se mi si presentavano di fronte con la voglia di divertirsi non gli dicevo di certo di no.

A ripensarci bene, ero stato io a presentarmi ad Alex. È un ragazzo davvero dolce e timido e appena l'ho visto, con il suo aspetto gracile e da ingenuo, non ho potuto fare a meno di conoscerlo.

Mi ricordava molto....no, ho chiuso con i ragazzi. Con tutti. Lui fa parte del passato e continuerà ad esserlo.

Mi passai una mano sul viso, tentando invano di svegliarmi un pò. Feci correre una mano fra i capelli spettinati.

Decisi di farmi una doccia e perciò salì le scale, diretto in bagno. Mi diedi un'occhiata allo specchio. Occhiaie molto evidenti e...Dio, i capelli erano messi molto peggio di quanto pensassi: indomabili e sparpagliati ovunque. Beh, per questo forse dovevo dare la colpa ad Alex.

Mi lavai, togliendomi di dosso l'odore di sesso e ripensando a quanto fosse stata piacevole la serata appena passata. Forse...forse lo stavo dimenticando davvero. Scossi la testa, togliendomi di testa quei pensieri fastidiosi.

Uscì dalla doccia, mi asciugai e avvolsì un asciugamano attorno al corpo. Anche se ero solo in caso, mi vergognavo lo stesso a girare nudo per casa. Andai in camera mia e mi vesti semplicemente con una maglietta grigia e dei jeans neri.

Oggi non volevo restare chiuso in casa, volevo girovagare un pò per le strade ed andare a fare colazione in centro.

Misi perciò il cappotto, uscì di casa e scesi le scale del condominio in cui vivevo, facendomi poi accogliere dal freddo invernale della città. C'era ancora un cartello con su scritto "vendesi" in bella vista, ma ormai tutti ci avevano perso le speranze: nessuno avrebbe mai comprato quel costoso appartamento in centro.

Mi piaceva camminare con una meta ben precisa in testa o semplicemente andare in giro senza aver una minima idea di dove fossi diretto. Diciamo che mi piaceva camminare e basta.

Il bar in cui di solito andavo era uno di quelli accoglienti e colorati, che attirava l'attenzione dei passanti e che ti invogliava ad entrare, anche se sai che hai altro da fare piuttosto che passare una mattinata in un locale.

O perlomeno, questo era quello che era successo a me.

Entrai senza esitazione e mi diressi al mio solito tavolo, vicino al vetro. Pochi minuti dopo una cameriera si avvicinò e mi chiese cosa volessi. Gli risposi e subito dopo la biondina corse via, non senza farmi un occhiolino, ovvio.

Ghignai. Lo sapevo di essere attraente, ma non capivo come potessero essere così insistenti alcune persone. Continuava a provarci con me nonostante le avessi detto più volte che non fossi interessato. Insomma, ero pur sempre un ragazzo consapevole delle proprie scelte, non andavo letto con tutti.

Quando la cameriera ritornò con un vassoio in mano, le sorrisi cordiale e lasciai che posasse il cibo sul tavolo.

Presi in mano la tazza di caffè bollente e scoprì che sotto la tazzina c'era un foglio di carta ripiegato su se stesso. Ecco, adesso avevo il numero della cameriera del mio bar preferito. Di nuovo.

Ignorai il foglio di carta e mi concentrai sul mio caffè. Rivolsi lo sguardo verso la strada, osservando le persone che camminavano freneticamente sul marciapiede, diretti chissà dove.

A volte mi chiedevo cosa avessero da fare di così urgente, perché dovevano sempre correre tutti. A volte era meglio prendersi una pausa da tutto, riposarsi, chiedersi se la direzione dove si sta andando sia quella giusta. Oppure semplicemente fermarsi e prendersi una cioccolata calda.

Mi chiedevo che fine avesse fatto lui, se mi avesse dimenticato, se come me si sentisse morire ogni volta che mi pensava, se fosse stato felice della scelta che aveva fatto, se quando baciava o scopava qualcuno rivedeva nella mente solo i nostri momenti insieme.

Gli occhi mi si appannarono dalle lacrime e cercai di ricacciarle indietro. Non dovevo piangere per qualcosa che non mi apparteneva. Non più.

Lanciai un'occhiata all'orologio sul polso e mi resi conto che forse era meglio tornare a casa.

Mi alzai, mi misi il cappotto e pagai il conto, uscendo frettolosamente dal locale.

Oggi era una giornata particolarmente nuvolosa ed io, ovviamente, avevo dimenticato l'ombrello a casa. Nonostante sapessi che a Londra pioveva un giorno si e l'altro pure, non ricordavo l'oggetto essenziale della maggior parte della popolazione inglese.

Fortunatamente riuscì a ritornare a casa prima che potesse succedere l'imprevisto. Ringraziai mentalmente tutti i santi che conoscevo: in fondo mi ero fatto la doccia quella mattina e non era mica facile dare una forma a quei ricci che avevo in testa.

Salì le scale e arrivato al mio piano notai delle scatole piene zeppe di oggetti e una porta aperta vicino a quella del mio appartamento. Osservai sorpreso gli scatoloni: fnalmente qualcuno si era deciso di trasferirsi qui. Magari più tardi gli avrei fatto una visita per compiere il mio dovere da buon vicino di casa.

Misi la chiave nella toppa e aprì la porta di casa. Non ebbi nemmeno il tempo di entrare dentro che:

"Harry" sentì sussurrare.

Gelai sul posto. Non-non poteva essere lui. Sicuramente me l'ero solo immaginato. Adesso dovevo solo entrare in casa e far finta che la mia stupida mente mi avesse fatto immaginare tutto. La curiosità però ebbe la meglio e voltai lo sguardo verso quellavoce.

Spalancai gli occhi, completamente inerme e senza parole. Dopo quello che mi era sembrata un'eternità, riuscì solo a pronunciare un "L-Louis"

Lui mi guardò, stupito quanto me e poco dopo distolse lo sguardo sulle sue Vans.

Obbligai il mio sguardo a non vagare sul suo corpo e a mantenerlo sul suo viso. Tre anni cambiano molte cose, adesso non avevamo più diciotto anni, non eravamo più adolescenti.

E lui, da quel poco che avevo visto, era più muscoloso, tonico e (dovevo ammetterlo) più sexy. La sua pelle chiara metteva in evidenza la mascella e le guance incavate, e i suoi capelli scompigliati lo facevano sembrare un bambino. Un bambino sexy, ovvio.

Lui alzò lo sguardo sul mio. I suoi occhi erano rimasti però sempre gli stessi: azzurri e meravigliosi come sempre. Stavolta fui io quello a distogliere lo sguardo, in imbarazzo.

"Beh, quindi...mh, co-cosa ci fai qui?" dissi, balbettando. Stupido. Stupido. Stupido.

"Oh, si, beh, in poche parole ero stufo di vivere con i miei e quindi mi sono messo alla ricerca di un appartamento e...questo era quello più carino che avessi visto. Uhm, si, adesso vivo qui" disse lui così frettolosamente che quasi non riuscì a capire la risposta.

Io semplicemente annuì, non essendo in grado di dire nient'altro, e quasi sull'orlo delle lacrime spalancai la porta di casa mia e velocemente entrai dentro, come se stessi quasi scappando da lui. Prima che chiudessi la porta riuscì però a sentire un "Mi dispiace" sussurrato, non so se riferito al fatto che adesso viveva qui o per il fatto che mi avesse lasciato con uno stupido messaggio.

Louis era stato il mio tutto: la mia prima vera cotta, la mia prima volta, il mio primo amore. Avevamo perfino fatto dei progetti per il futuro: lui era quello che avrebbe lavorato in una grande azienda e che avrebbe comprato una casa in centro per entrambi e poi avremmo adottato insieme dei bellissimi bambini.

Poi un giorno, mi arrivò un suo messaggio, con un "Addio" alla fine che sembrava volesse uscire dal telefono e prendermi a pugni. Forse essere picchiati faceva meno male dell'essere delusi dalle persone che si amano.

Non mi aveva mai dato una motivazione vera e propria, non che non gliel'avessi mai chiesta. Quando ritornai a scuola il giorno dopo, non mi rivolse neanche un'occhiata di sfuggita e così ogni giorno fino al giorno del diploma. Solo Dio sa quanto piansi.

So che era passato tanto tempo ma non ero ancora riuscito a togliermelo dalla testa.

Scivolai contro la porta dell'ingresso, mettendomi le mani sul viso. Non potevo crederci, lui era qui. A soli due passi da me.

Mi alzai ed andai in cucina a prendermi un bicchiere d'acqua. Forse questo mi avrebbe calmato, almeno un pò.

Dovevo uscire, prendere una boccata d'acqua, ma non potevo rischiare di rivedere lui.

Che stupido. Sapevo che prima o poi l'avrei rivisto, solo non volevo forzare i tempi. Per adesso bastava.

Mi sdraiai sul letto chiudendo gli occhi e cercando di immaginare che fosse tutto un sogno.

Fortunatamente, riuscì ad appisolarmi per quella che credevo un'oretta. Al mio risveglio la realtà mi colpì in pieno viso come un secchio pieno d'acqua ghiacciata.

Stavolta dovevo davvero uscire fuori da queste quattro mura. Presi un profondo respiro ed aprì la porta. Non c'erano più gli scatoloni sparsi sul pianerottolo e inoltre non c'era nessun segno di vita: perfetto. Scesi le scale così velocemente che pensavo di cadere e rompermi un osso del collo.

L'aria fresca mi aiutò a schiarirmi le idee. Non mi ero nemmeno accorto che fosse già notte. Ma quanto avevo dormito?

Forse in questi giorni, tra serate movimentate e notti insonni, avevo perso un sacco di ore di sonno.

Camminai tanto, molto, troppo. Non sapevo dove mi trovavo, sapevo solo che stavo riuscendo a non pensare a nulla.

Le strade erano buie e deserte ma poco mi importava. Continuano a proseguire nel buio della notte con le mani nella tasca del giubbotto e il viso rivolto sulle mie vecchie scarpe da ginnastica.

Ad un certo punto mi sentì strattonato per un braccio e portato in un vicolo stretto e maleodorante.

La paura mi immobilizzò il corpo e la mente si offuscò. Cosa diavolo stava succedendo?

Qualcuno mi sbattè contro il muro e mi tenne fermo le braccia.

"Ehi John, guarda chi abbiamo qui" disse quello che mi teneva fermo, rivolto alla persona che aveva a fianco.

"Questa volta direi che ci è andata bene, Mark" sghignazzò l'altro.

"C-cosa volete?" chiesi con un filo di voce.

"Oh niente dolcezza, ti prenderemo solo tutto quello che hai di valore addosso" disse il secondo, John credo che si chiamasse.

"Io avrei anche un'altra idea, in realtà..." disse il primo, maliziosamente.

"Non essere sciocco Mark, non voglio rischiare così tanto per una cazzata. Facciamo quello che dobbiamo fare e andiamocene" disse John duramente.

"Oh andiamo, non posso lasciarmi sfuggire una dolcezza del genere" disse l'altro, premendo il suo corpo contro il mio e toccandomi dappertutto.

Avevo la nausea, non volevo che mi toccasse con quelle luride mani. Non riuscivo a respirare, la paura cresceva ancora di più dentro di me, mi sentivo schiacciare da quell'uomo, volevo solo che se ne andassero via.

Colpa mia che cammino di notte, colpa mia che decido di fare camminate in luoghi del genere, colpa di Louis per essere arrivato e aver mandato a puttane la mia sanità mentale.

Lacrime cercano di sfuggire dal mio controllo e riversarsi fuori, ma io tenni duro e mi mostrai più forte di quello che in realtà fossi.

"Va bene, basta che ti sbrighi" disse John, guardandosi attorno nervosamente.

Quello che presumo dovesse chiamarsi Mark, mi guardò come si guarda un dolce delizioso e rapidamente mi slacciò i pantaloni.

Io spalancai gli occhi, rendendomi conto che le cose stavano peggiorando irrimediabilmente.

L'uomo fece scorrere la mano sotto la mia maglietta e sotto i miei jeans, incominciandosi poi a slacciare i pantaloni.

Strizzai gli occhi chiusi e aspettai che tutto questo finisse velocemente e che mi lasciassero in pace una volta per tutte.

Grazie a Dio, in lontananza sentimmo il suono della sirena della polizia.

I due velocemente si guardarono in faccia e cercarono di riflettere su quello che fosse più conveniente: derubare e stuprare un ragazzo rischiando di essere colti sul fatto ed essere arrestati o darsela a gambe levate e salvarsi dalla galera.

Ovviamente, i due scelsero la fuga. Prima che mi lasciasse andare, però, l'uomo premuto su di me mi diede un disgustoso bacio bagnato sulle labbra.

Dopo che i due se ne andarono, io mi ricomposi, aprì gli occhi e corsi via più veloce che potei, asciugandomi le guance, bagnate di lacrime che erano sfuggite al mio controllo, e le labbra, per togliere addosso il sapore di quell'uomo.

Riuscì a pensare lucidamente solo dopo aver svoltato l'angolo e aver fatto un paio di metri, continuando a correre.

Mi avevano quasi stuprato.

Le lacrime scendevano copiose sul viso e non potei più trattenerle. Forse mi avrebbe fatto bene sfogarmi.

Non so come, arrivai sotto il palazzo dove vivevo. Non riuscivo a vedere nulla, le lacrime mi offuscavano la vista.

Corsi, ancora una volta, fino al mio piano e bussai alla porta. Non mi importava cosa avrebbe pensato di me, di come gli sarei sembrato. Avevo bisogno di lui.

"Harry, cosa diavol-"

Strizzai gli occhi, mettendo a fuoco la figura del ragazzo, mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Più che altro mi aggrappai a lui, sia fisicamente che mentalmente.

Lui all'inizio si irrigidì, non aspettandosi probabilmente niente del genere, ma poi ricambiò l'abbraccio, stringendomi forte a sè.

"Che ne dici di entrare? Ti preparo una tazza di tè, mh?" mi disse lui, con voce preoccupata.

Io annuì imbarazzato e lasciai la presa sulla sua maglietta, rendendomi conto solo adesso di quello che avevo fatto.

Mi fece entrare in casa e mi guidò verso il salotto facendomi sedere sul divano. Poi si diresse verso quella che pensavo essere la cucina.

Mi guardai intorno sentendomi sempre più in imbarazzo. Perché diamine l'ho fatto? Accidenti, adesso che penserà di me? Che sono uno stupido, ecco cosa.

"Ci vuoi lo zucchero nel tè, giusto?" disse lui, spuntando nel salotto.

Sobbalzai, come se con tutti questi anni mi fossi dimenticato il suono della sua voce. Annuì ancora una volta. Wow, devo ammetere di essere molto socievole, stasera.

Louis scomparì dalla stanza e ricomparì pochi minuti dopo con due tazze di tè in mano. Me ne porse uno ed io lo presi, non con poco riluttanza. Insomma, avevo bussato alla sua porta in lacrime e senza un motivo valido, probabilmente disturbandolo. Forse non voleva più avere niente a che fare con me.

"Ti va...ti va di dirmi che è successo?" mi chiese gentilmente, sedendosi vicino a me sul divano.

"Io...non so da dove iniziare" dissi sinceramente, senza guardarlo in faccia.

"Prenditi tutto il tempo che vuoi, io sono qui" disse lui sorridendomi.

Alzai lo sguardo e rimasi colpito dalla sua bellezza. A distanza di tre anni era così diverso ma allo stesso tempo così simile. Adesso però, rispetto a prima, aveva un pò di barba accennata sul viso e sembrava anche leggermente più basso. O forse ero io troppo alto. Fu il suo sorriso a darmi il coraggio necessario per iniziare il discorso.

"Ecco...avevo deciso di fare una camminata notturna per le strade di Londra, poi non so come, io...camminavo e c'erano due tipi e-" incominciai senza sapere bene cosa dire, mentre le lacrime rischiavano di fare di nuovo la loro comparsa. Mi voltai verso Louis, che mi guardava attentamente cercando di decifrare ogni mia parola e ogni mia espressione.

"Harry, non tenermi sulle spine, che è successo? Che hanno fatto quei due tipi?" disse lui, arrabbiandosi un pò.

"Loro volevano derubarmi, poi però.." deglutì il nodo alla gola "uno di loro ha incominciato a toccarmi, accarezzarmi e-e io non sapevo che fare, ero immobilizzato sul muro, io.." non riuscì a trattenermi e piansi.

Louis probabilmente sconvolto dalle mie parole restò a bocca aperta per un paio di minuti. Poi, come risvegliandosi da un sogno (o forse da un incubo) si avvicinò e mi cullò fra le sue braccia.

"Ehi, shh, tranquillo ci sono io adesso" mi disse dolcemente.

Dopo che Louis sciolse l'abbraccio, mi alzò il mento e mi guardò negli occhi "Harry, non è... non è successo quello che penso vero? Dimmelo, ti prego"

"N-no, fortunatamente i due sono scappati via, però.." dissi, non riuscendo a completare la frase guardando i suoi occhi quasi blu per quanto erano profondi e intensi in quel momento.

"Cosa Harry? Che è successo?" chiese lui, stringendomi leggermente il mento fra le dita.

"Mi..mi ha baciato. Uno di loro mi ha baciato" dissi disgustato, ripensando a quel momento.

Il viso di Louis cambiò espressione. Si alzò, mettendosi le mani fra i capelli e tirandoseli leggermente.

"Accidenti. Non...perché proprio te? Non capisco, dannazione" disse arrabbiato, camminando per la stanza nervosamente.

"Louis, poteva succedere di peggio, in fondo" gli ricordai, asciugandomi nuovamente il viso.

"Hai ragione." affermò lui, avvicinandosi e sedendosi di nuovo sul divano "Io...solo mi dispiace. Per tutto. Harry, non volevo che ti accadesse una cosa del genere, mi dispiace"

"Tu-tu non hai fatto nulla" dissi, trovando più interessante guardare la punta delle mie scarpe,

Louis mi fece voltare lo sguardo in modo che guardassi lui e non da qualche altra parte "No, io devo darti delle scuse. Quando...quando ti ho lasciato non l'ho fatto perchè lo volevo. Un mio 'amico' aveva scoperto della nostra relazione e mi aveva minacciato di dirlo a tutti, perfino ai tuoi genitori, Harry. Sapevo che loro fossero omofobi e che avevi bisogno di tempo per trovare il momento giusto per dirglielo. Volevo solo...proteggerti"

Io restai a bocca aperta, stupito e incazzato "Cosa? Tu...non ci posso credere. E perché non me l'hai mai detto? Perché non mi hai cercato, dopo?" dissi alzandomi e guardandolo infuriato.

Anche lui si alzò dal divano, guardandomi intensamente "Harry, te l'ho detto: volevo proteggerti. Se l'avessero saputo tutti gli altri, ti avrebbero preso in giro fino alla fine delle superiori e se l'avessero saputo i tuoi ti avrebbero vietato di vedermi e probabilmente sarebbero stati delusi del fatto che non fossi stato tu a dirglielo o addirittura ti avrebbero cacciato di casa. E poi non sai quante volte ho cercato di rintracciarti ma sembravi disperso, credevo addirittura che ti fossi dimenticato di me"

Non sapevo che rispondergli, ero senza parole. Per anni pensavo che fosse stata colpa mia, che non fossi abbastanza per lui. E adesso mi dice che l'aveva fatto per proteggermi, che mi aveva cercato, che non mi aveva dimenticato.

Risi e abbassai lo sguardo sul pavimento, incredulo di quello che avevo appena sentito. Mi voleva ancora.

Tenni fisso lo sguardo sul pavimento, cercando di rielaborare quello che era appena successo.

Insomma, tutti questi anni allora erano stati solo una sofferenza inutile: i pianti, le notti insonni, le profonde occhiaie, le mattinate passate solo a rimuginare dove avessi sbagliato, vedere ogni giorno Louis ridere insieme agli amici e camminare tra i corridoio senza poterlo nemmeno salutare.

Proprio per questo lui incominciò ad evitarlo: ogni volta che lo vedeva in giro scappava via; quando avevano le stesse materie insieme cercava stupidamente di nascondersi dietro a un libro o faceva finta di messaggiare oppure quando lo chiamava al cellulare lui non rispondeva.

Cercava in tutti i modi di evitarlo. In fondo se l'aveva lasciato, come aveva sempre pensava lui, c'era un motivo. Dopo le sue prime risposte vaghe e inconsistenti sul perché di tutto quello, smise di chiederglielo, e poi da lì iniziò l'indifferenza.

Non poteva di certo dimenticare quello che aveva passato.

Alzai lo sguardo e lo incrociai con quello serio e intenso del ragazzo di fronte a me "Non posso perdonarti, Louis"

Il suo viso assunse un espressione stupita. Forse non si aspettava una risposta del genere.

"Non capisco, Harry. Cosa c'è che non va?" mi chiese perciò, in cerca di spiegazioni.

Gli voltai le spalle "Tu non sai quello che ho passato. Non lo puoi sapere perché non c'eri. Dici che mi hai lasciato per..per difendermi." sorrisi aspramente.

Voltai appena lo sguardo verso di lui, senza incontrare i suoi occhi di ghiaccio "Se veramente ci tenevi a me, non mi avresti lasciato così, avresti lottato, avresti chiesto la mia opinione a riguardo. Sai Louis, forse non ti sei reso conto che quella doveva essere anche una mia scelta. Forse io non volevo che tu mi proteggessi" sputai sprezzante.

"Harry non dire stronzate. Sai bene che non avresti retto tutto quello stress e mi avresti dato la colpa di tutto, facendomi sentire una merda." si avvicinò, annullando i pochi centimetri che ci separavano, appoggiò una mano sul mio braccio e mi fece voltare "Non credere che sia stato facile per me, ho sofferto quanto te. E non averti potuto spiegare il perché è stato anche peggio"

Lo guardai con un misto tra rabbia e incredulità "Oh, ma certo! Allora perché non mi avevi risposto quando te l'ho chiesto, il giorno dopo? Non raccontarmi cazzate Louis, a te non ti è mai importato di me"

Louis spalancò gli occhi. Pochi secondi dopo poggiò entrambe le mani sulle mie spalle e mi sbattè al muro "Se la pensi veramente così, non hai nemneno capito quanto fossi fottutamente innamorato di te. Ho passato giorni di inferno pensando a cosa stessi facendo, se mi avessi dimenticato, se mi avresti mai perdonato. Dovevo convivere ogni giorno con un peso allo stomaco che non mi faceva respirare e per questo decisi poi di dirti tutto, di spiegarti il perché. Ma ogni volta che mi avvicinavo per parlarti, scappavi via e poi- poi ti sei trasferito ed io...non sapevo più che fare"

I nostri visi erano così vicini ed io non potevo pensare lucidamente. Guardavo le sue sottili labbra muoversi e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che mi mancava baciare quelle meravigliose e sottili labbra.

Mi resi conto di avergli fissato le labbra troppo a lungo e che lui aveva già finito di parlare. Si sarebbe insospettito troppo se non gli avessi risposto il prima possibile, perciò cercai di formulare una frase di senso compiuto.

"Non...non ti credo" oh, che risposta degna di Oscar, Harry, davvero complimenti.

Louis sospirò frustrato "Come devo fartelo capire Harry? Io..." lo vidi deglutire in difficoltà "io ti amo, va bene? Ti amo e l'ho sempre fatto"

Spalancai gli occhi incredulo "C-cosa? Davvero?"

"Solo un'idiota come te non poteva averlo capito prima" disse scherzosamente, alzando gli occhi al cielo.

"Ehi, come ti perm-"

Non potei completare la frase perché le sue labbra premettero sulle mie, dolci e morbide.

Un bacio dolce, pieno di scuse e di mancanza. Poi divenne tutto un movimento frenetico di lingue che si cercavano e si volevano.

Un bacio mi fece dimenticare tutto, offuscandomi il cervello e la ragione, facendomi pensare solo a godermi appieno il momento.

E forse non era il bacio in sè a farmi questo effetto ma il ragazzo che stavo baciando, che adesso, continuando a tenere premuto il suo corpo contro il mio, mi spingeva verso la camera da letto.

E poi fu tutto un insieme di toccarsi, volersi, di 'ti amo' gridati nel cuore della notte e di 'scusami' sussurrati all'orecchio.

Il resto? Beh, il resto erano solo particolari di poco conto, perché se Louis ed Harry stavano insieme il mondo si azzerava e il loro universo si accendeva.

 

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Spero che non sia stato così terribile da leggere ahaha

L'unico modo per sapere se è stato minimamente decente dipende se recensite o meno, quindi...non fate i timidi!

Spero alla prossima♥

  
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