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Autore: tixit    14/03/2015    2 recensioni
Non una storia a puntate, ma una raccolta di favole raccontate da André ad Oscar, negli anni. Non so quante, sinceramente.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di chiunque possieda diritti su Lady Oscar, al seri, i Manga, il film ... questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 

Le Favole di André

 

C’era una volta una famiglia di contadini

 
Il ragazzino bruno si strinse sconsolato nelle spalle magre.

“Ma la conoscerai pure una favola da raccontare bene. Una che non sbagli in continuazione! Una, dico!” puntualizzò il ragazzino biondo, ranicchiato sotto le coperte.

“Ho provato a raccontartene una, lo sai... lo sai che ci ho provato!” Il ragazzino bruno si agitò a disagio, nella poltroncina vicino al caminetto.

“Quella la conoscevo già, e la conoscevo pure meglio di te! Dovevo correggerti in continuazione e così non era divertente per niente...”

“Non ne conosco altre, di favole” sospirò lui con aria di scuse, “vorrei tanto andare a dormire...”

“Non puoi se non te lo dico io, sei mio! Hai sentito mio padre? Qui, con te, decido io! E io adesso voglio che tu mi racconti una favola! E che non la sbagli!” Il ragazzino biondo era veramente petulante.
Anche perché era una femmina! Ah le femmine, impossibili da sopportare!
Lui se ne era accorto quasi subito che non era un maschio, ma tutti, qui, facevano finta che lo fosse.

Il ragazzino bruno annuì “Va bene, ti racconterò una storia che conosco...”

“Non la sbagliare!”

“Questa non credo proprio che la conosca anche tu...”

“Vedremo... io conosco un mare di favole!”

“C’era una volta una famiglia di contadini che aveva molti figli, tutti alti, forti e belli, con i capelli neri e gli occhi verdi...”

“Io preferirei una favola con una principessa, o una contessa, o con il figlio di un generale... Cosa mai può succedere di interessante a dei contadini?”

“Le storie che conosco io con le principesse le conosci già, mi pare...” il ragazzino bruno ribatté stancamente, “... e molto meglio di me...”

“Va bene, ma se mi annoio lo dirò a Nonnina e poi vedrai!”

“... questa famiglia era molto felice, e i figli erano forti come alberi della foresta, tutti tranne gli ultimi due, due gemelli, nati molto dopo gli altri e che da piccoli si erano ammalati e crescevano più lentamente.
Ma quell’anno il papà morì in un incidente e l’inverno fu freddo e troppo lungo, la madre tossiva sempre e non riusciva a lavorare e venne la grandine quando avrebbe dovuto esserci il sole e venne il sole quando avrebbe dovuto piovere e alla fine, anche se tutti avevano lavorato tanto, non c’era abbastanza cibo per l’inverno successivo...”

“Avrebbero potuto comprarlo al mercato,  e organizzarsi come fa Nonnina, che ha sempre la dispensa piena di cose buone” disse il bambino biondo, con aria sussiegosa.

“Forse... “ sospirò il bambino bruno.

“E avrebbero dovuto fare le marmellate. Come Nonnina, che ci lavora per dei giorni a ogni stagione, ogni stagione ha la sua frutta e i suoi giorni di marmellata, lo sai? e poi le lascia al buio almeno un mese...”

 ”Avrebbero dovuto... hai ragione... ma forse non gli venne in mente: staccavano la corteccia dagli alberi del bosco e la bollivano perché si ammorbidisse...”

“Bleah!”

“Si, non era molto buona, ma capirono che, anche così, consumando poco poco, non c’era cibo per tutti e che bisognava fare una scelta, così presero i due bambini più piccoli e li lasciarono nel bosco.”

“Questa favola la so e tu la racconti proprio male! Non lasciarono solo due bambini, li lasciarono tutti, ma il più piccolo si era messo in tasca dei sassolini bianchi!” il bambino biondo lo interruppe trionfante.

“No,  non aveva senso che morissero tutti: i più grandi potevano lavorare e fare la loro parte, erano i due più piccoli che erano un peso, erano troppo piccoli per qualsiasi cosa, e avevano sempre fame, e non sapevano di non doverlo dire. Non crescevano abbastanza veloci da raggiungere gli altri in tempo, non sarebbero mai stati alti e forti come gli alberi della foresta... non per quell’anno, almeno. Era solo sfortuna, una serie di coincidenze sfortunate!”

“Ma il più piccolo li aveva i sassolini, vero?”

“I due più piccoli giocavano tutto il giorno e non capivano quanto sarebbe stato lungo e brutto l’inverno, non sapevano nemmeno bene i nomi delle stagioni e contare i giorni... e non pensavano proprio che i loro fratelli li avrebbero portati nel bosco e lasciati lì, da soli, a piedi nudi e senza niente per coprirsi, per cui no, non raccolsero nessun sassolino!”

“Almeno le briciole di pane...” mormorò il bambino biondo sgomento.

“Non ce l’avevano il pane!” il ragazzo bruno era molto irritato “Se vuoi sentire la storia, non mi devi più interrompere!”

“Scusa...”

“Il bosco era un bosco, era buio, era freddo, e faceva paura. Faceva paura di giorno e faceva paura di notte. Di giorno faceva paura perché non trovavano da mangiare e di notte faceva paura perché pensavano che i lupi li avrebbero mangiati!”

“E’ orribile questa favola!”

“Si, è una storia che fa paura e stanotte non dormirai!” lo ammonì il ragazzino bruno, “Ma sei tu che l’hai voluto, poi non ti lamentare!”

Il bambino biondo scosse la testa “Io dormirò lo stesso stanotte perché non ho paura di niente! Io da grande sarò un soldato!”

“Se lo dici tu...” il ragazzino guardò la bambina bionda... forse nemmeno lei sapeva di essere una femmina? “Se ti aspetti che i due bambini riescano a tornare a casa, o che finiscano in quella dell’orco, ti avviso subito che non succede: ai due bambini venne la febbre e si accoccolarono abbracciati sotto un albero. Li trovò una donna che viveva in una casa isolata nel bosco – avevano girato tanto, ma sempre in tondo e non erano andati da nessuna parte.” Il tono del ragazzino bruno era molto amaro.

“Ah, una donna anziana?”

“Non aveva nipotine con le mantelle rosse, te lo dico subito!”

“Peccato...”

“Se le avesse avute forse non avrebbe portato a casa sua quei due bambini...” aggiunse pensieroso il ragazzino magro “... o forse lo avrebbe fatto lo stesso, perché era una donna gentile e curò i due bambini come meglio sapeva, e quanto a curare era brava perché la gente quando qualcuno stava davvero male andava sempre a cercarla.”

“Era una strega?”

“Forse. Anche se lei diceva che la magia non esiste!”

“E’ una bella favola, ma un po’ corta: i due bambini vissero per sempre felici e contenti con la strega... e impararono  a fare le mele candite!”  disse il bambino biondo soddisfatto

“Non finisce così. Solo uno dei due bambini riuscì a superare la febbre e la tosse quella tosta che fa male alla schiena e non ti lascia respirare, l’altro era sempre più debole e un giorno andò a dormire e non si svegliò più...”

“E' orribile questa favola! Orribile!"

"E' vero, per un momento me ne ero dimenticato..."

"Però mi fa piacere, che almeno uno dei due fratellini sia salvato... rimase per sempre con la strega?”

“No, la strega lo tenne fino all’estate, quando il piccolo si era rimesso e sembrava non si fosse mai ammalato. Beveva sempre il latte di capra tutte le mattine e una fettina di mela di quelle messe a seccare per l’inverno, dolce dolce, così dolce che nemmeno te lo immagini! E la domenica un cucchiaino di miele bruno con il latte, spalmato sul pane.”

“Tornò dai suoi genitori, allora?”

“Tornò alla casa dei suoi genitori in estate, ma la mamma non aveva superato l’inverno e anche gli altri avevano preso il suo male ed erano morti tutti...”

“Gli sta bene!”

“Non gli sta bene per niente!” il ragazzino bruno era molto arrabbiato, “non gli sta proprio bene per niente e tu non capisci nulla di nulla!!”

Il bambino biondo si raggomitolò arrabbiato, voltando le spalle al ragazzino bruno. Rimasero in silenzio tutti e due per alcuni minuti che sembravano non passare mai.
Poi il bambino biondo si girò verso il ragazzino bruno...“Non ti arrabbiare... la favola è tua e decidi tu a chi sta bene cosa..."

Il ragazzino bruno non rispose, continuava a fissare il fuoco del camino.
Il bambino biondo sospirò "Allora, racconta... che succede dopo?”

“Succede che la donna lo tenne con sé ancora due anni, perché il paese era piccolo e in fondo tra di loro erano tutti un po’ parenti, per cui era giusto così, non era elemosina. La donna lo diceva sempre, che non era elemosina.” Il ragazzino bruno si passò, nervoso, una mano tra i capelli.

“Ne sono sicuro” annuì il bambino biondo.

“E gli insegnò molte cose che solo lei sapeva, ma poi gli disse che al mondo c’era qualcosa di più che pascolare le capre e così lo portò da sua sorella”

“Dove?”

“In un grande palazzo di pietra, doveva viveva un bambino a cui tutti davano sempre ragione. I suoi genitori gli compravano qualunque cosa, aveva un cavallino tutto suo da cavalcare e un calessino tutto suo da guidare e biscotti da mangiare e panna e torta di mele ogni volte che voleva e una camera tutta per sé solo per dormire, con un camino sempre acceso, e coperte calde e il braciere sotto le coperte perché non soffrisse mai il freddo...”

“ Un bambino simpatico?”

Il ragazzino bruno fissò il fuoco per alcuni istanti imbarazzato, poi disse “Portarono il figlio dei contadini in quella casa perché i suoi genitori volevano comprare un amico per quel bambino, quindi non ne aveva di suoi. Di amici intendo. Se i suoi genitori dovevano addirittura comprargli un amico, secondo te questo bambino come era?”

“Ho sonno e voglio dormire e adesso la tua storia non mi interessa più!” annunciò il bambino biondo, serrando gli occhi.

“Secondo me fai finta!”

“Secondo me ti conviene se te ne vai, altrimenti ti chiedo un’altra favola, perché questa fa proprio schifo!” rispose il bambino, arrabbiato.

Il ragazzino dai capelli scuri si alzò e se ne andò, abbozzando un inchino.
   
 
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