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Autore: splash    15/03/2015    6 recensioni
Il cartone e il personaggio che ho amato di più in assoluto, non potevo che cominciare da qui.
Oscar è sopravvissuta a quel terribile 14 luglio, ma la malattia non le lascia un momento di tregua. Dal suo temporaneo ricovero in casa Chatelet ella assiste impotente agli eventi tragici del post-rivoluzione, accudita amorevolmente da una Rosalie più matura e forte di un tempo, che custodisce ancora uno sconfinato affetto per la sua benefattrice. Ma l'amarezza di Oscar è grande: le speranze che animarono giovani, vecchi, donne, e che la spinsero a schierarsi dalla parte di ciò che allora sembrava più giusto a costo di sacrificare tutto quanto aveva di più caro, sembrano adesso sempre più lontane. Oscar trova l'unico conforto nelle lettere indirizzate ad un vecchio amico...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ah ! ça ira, ça ira, ça ira !
Les aristocrates à la lanterne,
Ah ! ça ira, ça ira, ça ira !
Les aristocrates on les pendra !

 
Parigi, 10 agosto 1793
Mio dilettissimo amico, 
Ho affidato questa lettera a persona di fiducia affinché ve la consegnasse, per questo sarà l'unica a contenere il riferimento esplicito alle nostre persone, e a quelle a noi care.
Né posso far altro per informarvi di quanto accaduto in vostra assenza, come solo chi conosce e comprende gli intimi affanni del vostro cuore può fare.
Vi prego, mio caro amico, di non recarvi a Parigi per nessun motivo. Questa mia premura non è da giudicarsi inopportuna né eccessiva, dacché a quest'ora sarà giunta anche a Voi la notizia del processo alle Loro Maestà, ed io temo che in un impeto possiate commettere la grave imprudenza di voler presenziare a quello che si terrà fra qualche mese.
Molte cose sono accadute in Francia, alle quali io stessa ho preso parte, e molte ne accadranno nei giorni a venire. Nei vicoli e, ora, nelle strade principali, si sente una sola canzone inneggiante alla morte di ogni nobile: "Ca ira1" intona il canto della gente, sono certa che ciò riecheggerà nella vostra mente come il ricordo di quando combatteste al seguito del Generale LaFayette. Ora a quelle parole fanno seguito altre, ben più dure.
La rabbia dei parigini nei confronti della nobiltà è senza freno, e come dar loro torto? Per troppo tempo hanno sofferto tribolazioni che né Voi né io riusciamo ad immaginare: vessati da tasse inique e privati perfino del conforto della fede, non v'era altro modo in cui potessero reagire. Sì, mio caro amico, i vostri occhi non s'ingannano: anche Nostro Signore sembra aver dimenticato il popolo di questa città. Ho saputo dai miei soldati che tra la povera gente è un lusso perfino il consacrarsi marito e moglie dinanzi a Dio: l'invito2 che il nostro affabile sovrano rivolse al clero, di celebrare gratuitamente i sacramenti per i cittadini più poveri, è sempre rimasto inascoltato.
Oh, quante cose si ignoravano, tra le splendide pareti di Versailles e ancor più nel Petit Trianon! Mi rammarico oggi, di non aver rinunciato prima all'incarico di Comandante delle Guardie di Palazzo! Se mi fossi allontantata per tempo dal mondo distante della Reggia, avrei saputo consigliare meglio la nostra Regina... Ma non è questo il tempo, né il luogo, per tali rimpianti. La folla, mio caro Fersen, ha molte membra e un solo volto, ma temo che sia cieca. 
André è morto.
Perdonate, ma non riesco a scriverlo altrimenti.
Dispongo di pochi fogli, ed è questa l'unica maniera per non bagnare ancora di lacrime l'inchiostro.
Il caro, caro André, al quale troppo tardi mi sono unita in moglie come una donna del popolo, è morto davanti ai miei occhi e tra le mie braccia, da soldato.
Mi trovo ora nella spiacevole condizione di non poter far nulla, né per la Francia, né per colei alla quale, nonostante tutto, continuo ad essere legata da un profondo affetto. Sono ospite in casa di amici e, con grande vergogna, sono tutt'ora costretta a necessitare delle loro cure.
Vi ricorderete di Rosalie? La dolce ragazza che un tempo condussi a Versailles e che abitò presso di me, a Palazzo Jarjayes? A prendersi cura di questo inutile soldato è lei, ora. Dipendo da lei per il mio sostentamento, il mio cibo, le medicine.
Fui ferita dinanzi alla Bastiglia mentre impartivo gli ordini ai miei cannonieri.
Sì, mio buon Fersen. Fui io a dar ordine di mirare alla prigione. Coi miei soldati e col mio uomo mi schierai dalla parte del popolo, contro la Regina. Non mi pento di ciò che feci, poiché durante il mio servizio nella Guardia Cittadina vidi e toccai la tragedia del popolo francese giorno dopo giorno, ingiustizia dopo ingiustizia, fino a quando non mi giunse l'ordine di sparare contro di loro. Voi cosa avreste fatto, Fersen? Dio solo sa quanto mi costò tradire ciò in cui avevo sempre creduto, che avevo sempre protetto con tutta me stessa. E anche voi lo sapete. Sapete tutto quanto.
Non si può chiedere a un comandante di guidare i propri uomini verso qualcosa di così palesemente ingiusto. Lei sapeva che avrei disobbedito, qualora un simile ordine mi fosse stato impartito. Oggi so che non me ne fece una colpa, poiché Rosalie la assiste ogni giorno, per come può, nella sua cella.
Diedi ordine ai miei soldati di mirare alla Bastiglia, e la Bastiglia cadde. I pochi vecchi generali rimasti fedeli al loro rango, più che alla corona, si arresero. Non assistei alla loro resa, poiché altri mirarono al mio petto, ma dovette essere quello il momento in cui la storia mutò il suo corso, irrimediabilmente. Ed io, che fui portata via ferita, assaporando il gusto dolce della morte urlai di continuare a sparare, poiché non udivo più i cannoni.
Oui, Fersen.  Ordinai di continuare perché era giusto. Lo scettro di un sovrano è pesante, oltre che dorato, ed un re e una regina non possono dimenticare di essere il padre e la madre di un popolo intero. La mia Regina, la dolce e triste Maria Antonietta, fu forse troppo acerba, o troppo sfortunata, ma giunse troppo tardi a ravvedersi.
Credetemi, Fersen, Parigi conobbe in quei giorni una smisurata speranza, ed in cuor mio nutrivo anch'io la stessa fiducia di tutti nelle illuminate menti di coloro che parlarono agli Stati Generali. Mai avrei creduto che si arrivasse a tali eccessi. Che perfino con la loro guida si spingessero a tanto.
Se vorrete, continuerò ad informarvi di quanto riguarda la nostra comune amica, ma desidero che siate voi a darmene il permesso: ciò che leggereste potrebbe lasciarvi ancor più ferito di quanto già non siate. Per ora sappiate che ella è in questi frangenti assai più bella e ancor più regale di quanto voi non ricordiate. La sua dignità lascia ammutolita la folla feroce e il suo contegno è, ora più di prima, quello della Regina di Francia.
Ma aspetto il Vostro consenso, per parlarvi di lei.
Da parte mia lascio a Voi l'arduo compito di giudicare la mia condotta, sappiate che comprenderò.
Se vorrete rispondere a questa mia, firmatevi come Antoine Moriat ed indirizzatele a Bernard Chatelet, rue du Théatre Francais3. Rosalie, sua moglie, me le consegnerà. Egli è molto amico di Maximilen Robespierre, e la sua corrispondenza non desta alcun sospetto, tuttavia non fate alcuna menzione diretta alla vostra persona, né alla mia, né a quella di lei, ed io vi risponderò sotto il nome di Marianne Lamorlière.
Non tornate in Francia. E se la Vostra stessa natura vi imporrà di farlo, pensate che in questo modo mettereste Lei in una condizione ancor più miserevole.
Vostra, affezionatamente
Oscar.






Note:
 1 - "Ah, ca ira ca ira!" era un canto molto famoso ai tempi della Rivoluzione Francese. Esso prende ispirazione delle parole di Benjamin Franklin il quale, durante il suo soggiorno francese, rispose alle domande sulla Guerra di Indipendenza, appunto: ca ira, che vuol dire "riuscirà, andrà". Il canto originale è meno "rancoroso" di quello che poi cantarono i sanculotti e a cui faccio riferimento nella lettera. Quest'ultimo inneggia apertamente all'uccisione dei nobili infatti il ritornello dice: "Appenderemo gli aristocratici ai lampioni". In realtà dice cose anche molto più volgari... per tutto il resto, ci sono Edith Piaf e Wiki ;)

2 - Da qualche parte ho letto che nel 1770 ci fu un invito da parte del re a celebrare gratis i matrimoni di chi non poteva permettersi di pagare la chiesa. Tale invito fu fortemente osteggiato dal clero e non se ne fece mai nulla, almeno fino alla rivoluzione. Come conseguenza di ciò tra i più poveri, non potendosi permettere di pagare per ricevere il sacramento, era diffuso per lo più il concubinato. O.O

3 - Rue du Théatre Francais non è un nome a caso! Pare che il Bernard Chatelet che noi tutti conosciamo sia ispirato a un personaggio realmente esistito: Camille Desmoulins, amicone e discepolo di Robespierre che gli fece pure da testimone di nozze.
Nell'atto di nascita di suo figlio c'è questo indirizzo, quindi ho pensato di usarlo come indirizzo della casa di Bernard e Rosalie. Loro però figli non ne hanno, almeno nella mia immaginazione. Poi, se il personaggio da cui è tratto Bernard è diverso pazienza, almeno è una strada realmente esistita ai tempi della Rivoluzione ;)


Note a parte: Se vi state chiedendo (ve lo state chiedendo veramente???) per quale motivo nella data io abbia scritto "agosto" e non "Termidoro" come vorrebbe il calendario rivoluzionario, è presto detto: la lettera è datata agosto, appunto, del 1793, mentre il calendario rivoluzionario entrò in vigore nell'ottobre di quell'anno.
 
  
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