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Autore: Phoebus    15/03/2015    1 recensioni
Sette anni dopo la feroce battaglia, Dublino.
Un viso conosciuto, visto e accarezzato mille volte.
O semplice fantasia? Mera illusione?
Un solo obiettivo: ricordarti.
Genere: Drammatico, Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Famiglia, Weasley, Il, trio, protagonista, Minerva, McGranitt, Neville, Paciock | Coppie: Ginny/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Il gruppo scese le scale composto, per quanto si possa essere composti da legati, e silenzioso, almeno apparentemente. Qualche bisbiglio si agitava, incurante dell’ordine perentorio di muoversi e tacere.
 
“Ed ora cosa facciamo?” – Harry era uno dei pochi che ci provava.
“Niente, ci fidiamo.”
“Di chi, Hermione? Della tua dolce innamorata che ci sta portando alla morte?! Oppure, perché no, fidiamoci direttamente di Voldemort e facciamola finita da soli.”
Hermione non poteva scuoterlo, eppure avrebbe voluto tanto farlo: erano legati ai polsi e le bacchette erano troppo lontane dalla loro portata. Disarmati, in un’unica parola.
“Ha detto che è qui per aiutarci. Saprà quello che sta facendo.” – rispose lei, cercando di non farsi sentire, cercando di sussurrare il più piano possibile. L’intonazione però la tradiva.
“Certo! Certo, fidiamoci. Fidiamoci di un Mangiamorte e diciamo addio alla possibilità di vivere e di salvare Hogwarts.”
 
“Smettetela voi due. – Draco, a pochi passi e incatenato allo stesso modo, li aveva sentiti fin dall’inizio, cercando di ignorarli. Adesso però iniziava a spazientirsi – Ci ha detto di seguirla. Non abbiamo altra scelta, Harry!”
Harry lo guardò come si guarda il nemico mortale, pensando per la prima volta dopo tanti anni a qualcosa di cui si stava già pentendo in partenza.
“E’ inutile che ti arrovelli tanto. – continuò Draco, il ciuffo biondo spettinato – E smettila di pensare quelle cose.”
“Non sto pensando proprio a niente.”
“Ah no? Ricordati che io non sono un Mangiamorte. Non lo sono più e non vi sto tradendo, come devo dimostrarlo? Ho quasi ucciso mio padre prima! Non ti basta per smettere di avere tutti quei dubbi che ti circolano nel cervello?”
“Potrebbe essere una finta. E smettila di leggermi il pensiero, non lo sopporto.”
“Harry!” – anche Hermione sussultò a quella insinuazione poco schermata.
“Una finta?! – riprese Malfoy con gli occhi divenuti scuri – Credimi, lo avrei preferito. E invece siamo su due strade del tutto opposte. Non ci salveremo entrambi, o io o mio padre. Se pensi che sia io il traditore qui dentro ti sbagli di grosso.”
“Draco, non ho detto questo.”
“In tutti questi anni non hai capito proprio niente di me.”
Ad Hermione balenò qualcosa nella mente, doveva muoversi. Il loro tempo stava per scadere! Erano quasi arrivati ai piedi della scala e lei sapeva benissimo che poi non avrebbero più avuto l’opportunità di parlare tra loro.
“Draco, che cosa sai? Che cosa hai letto finora? – la voce le tremò appena, spaventata da quella che poteva essere la verità – Chi ci ha traditi, chi ha detto ai Mangiamorte come entrare e soprattutto che questo era il momento più propizio per farlo?”
Ma Hermione non sentì mai la risposta dalla bocca del suo amico. Le scale erano terminate e una dozzina di uomini e donne incappucciate stava già bramando la loro fine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Proprio un bel lavoro, Weasley. – una delle tenebrose figure si avvicinò alla sua alleata appena giunta. Entrambe erano vestite di nero, ma Ginevra non aveva la maschera e risaltava su di lei il bianco immacolato della camicia. Dalla voce però, era chiaro che anche quella nuova arrivata fosse una donna – Non avrei mai pensato che, con un colpo solo, tu potessi riunire tutti i marmocchi Grifondoro, Draco Malfoy, una professoressa e il Prescelto.”
La sua voce era una miscela mal riuscita di ammirazione e disprezzo.
 
Ginevra rise più cupa di quanto già non avesse fatto l’altra. I suoi denti si scoprirono, rivelando un candore che si opponeva alla veste che indossava.
Tutti i suoi sottoposti presenti pendevano da quelle che sarebbero state le sue parole. La donna lì di fronte per prima.
 
“Vedi Selwyn, - disse Ginevra - a differenza di molti di voi, io agisco. E quando decido di farlo, è sul serio.”
 
La donna si fece piccola, ancora più piccola di quanto già fosse.
La sua maschera era d’oro e rame.
“Non ho mai dubitato sul fatto che tu saresti stata la nostra carta vincente. L’Innesto puro.”
A sentire quella parola, tutti i Mangiamorte chinarono il capo: rispetto. Era il loro modo di dire che da quel momento in avanti avrebbero accettato qualsiasi suo ordine perché lei agiva per conto diretto del Signore Oscuro. Era il suo rappresentante, il suo luogotenente primario.
 
 
 
 
 
“Cosa…tu…tu sei l’Innesto puro!? Non…non può essere…”
“Zitta Hermione!” – Draco richiamò la sua amica all’ordine, ma era troppo tardi: su di loro si abbassò lo sguardo di Selwyn e di altri coperti dalla maschera.
La Mangiamorte, di costituzione esile e dalla pelle liscia e scura, si avvicinò: il suo passo spedito lasciava trasparire il fastidio provato per essere stata interrotta. Arrivò così vicina ad Hermione che lei poté coglierne il respiro e percepirne la giovane età; dalla maschera, sbucavano fluenti ciocche castano chiaro.
 
 
 
“Hermione Granger, la professoressa più giovane che Hogwarts abbia mai reclutato. – il tono di Selwyn era del tutto derisorio. Afferrò i capelli di Hermione senza preavviso e tirò, provocandole una scossa al cuoio capelluto - E così, Weasley, è lei quella di cui tanto si parlava. Non è vero?”
Ginevra non si voltò, dava le spalle alla situazione. Come aveva sempre fatto.
“Sì, è lei.”
“Oh! Ma che piacere, mia cara. – continuò Selwyn. Hermione la trovò più odiosa di chiunque altro. Sorrideva così sguaiatamente che le si rivoltò lo stomaco – Sai, ora possiamo dirtelo. È giusto che tu lo sappia. Anzi! È giusto che tutti voi, coraggiosi Grifondoro, sappiate come abbiamo fatto ad entrare qui.”
“Io non ho paura di te.” – rispose Hermione, dura come non lo era mai stata.
“Invece dovresti. E come, se dovresti.”
“Né di te né di quello che dirai.”
La donna alzò la mano, mentre con l’altra continuava a tenere la giovane per i capelli. E con un sonoro ciaff le colpì tre volte il viso.
Con tutto l’odio che aveva.
 
“Dovresti. Dovresti avere molta paura di noi. – poi prese il mento di Hermione e la costrinse a guardarla tramite le fessure della maschera mortuaria – E’ tutto merito tuo se siamo qui.”
 
 
 
 
Harry e Draco sgranarono gli occhi. Ginevra continuava a restare voltata, fredda.
I ragazzi della scuola non riuscivano nemmeno a respirare per la paura: i Mangiamorte li avevano circondati.
 
 
 
 
 
Hermione non poteva crederci. Non poteva. Non ci riusciva.
Qualcosa dentro le gridava che non poteva essere.
 
“Io non...non ho fatto niente!”
 
 
“Esatto, mia cara! – rispose la donna - Non avrei potuto dirlo in modo più azzeccato. Tu non hai fatto niente per ostacolarci, niente di niente. Al nostro arrivo, era già tutto pronto. Le porte erano spalancate e non abbiamo dovuto far altro che…entrare. Qualcuno ha agito alle tue spalle, ti ha raggirata come voleva e, tramite te, ha scoperto che oggi era il momento perfetto. Sei stata così ingenua…così sdolcinata…così… - una risata amara, l’ennesima – …innamorata! Talmente rimbecillita da non vedere niente. Complimenti, professoressa Granger.”
 
Gli occhi di Hermione erano fessure incandescenti.
Si alzò in piedi furiosa, continuando ad avere le mani legate dietro la schiena.
“Dimmi che non è vero! – urlò, più forte che poteva, più rabbiosa e incazzata di quanto fosse mai stata in vita sua – Dimmi che non è come dice lei! Dimmelo!”
Si agitava, stretta nelle morse di quelle catene saldamente affatturate.
E non si rivolgeva a Selwyn. Non si rivolgeva al destino, insensibile ai suoi sentimenti.
Non si rivolgeva a Draco, che tentava in tutti i modi di placarla. Non si rivolgeva ad Harry, l’unico che aveva provato a reagire.
Né a tutti quei neri uomini incappucciati.
Hermione sbraitava solo a lei.
Solo a quella che pensava fosse lei.
Tutta la sala d’ingresso era vuota in quel momento.
Non c’erano finestre, porte, morti, rumori, odori, ansia.
Non c’era niente, nient’altro che non fossero loro due. Come sempre, solo loro due. Sempre.
Continuamente.
Come una danza senza tregua. Estenuante.
“Dimmelo Ginevra!” - c’era solo quella ferita al costato, appena inferta.
 
 
Ma Ginevra non si voltava.
Ginevra non l’ascoltava. Era chiusa nel mantello nero da cui si riusciva a vedere solo il bianco perlaceo della camicia, l’unica parte chiara della sua figura. Nemmeno gli occhi splendevano d’azzurro.
Era chiusa dentro se stessa.
Prigioniera.
Fuori dal mondo. Dentro di lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Fa male, vero? – continuò a inveire la Selwyn, come un coltello che scende più a fondo nel taglio fresco, godendo di ogni centimetro di pelle dilaniato – Cosa si prova a capire di essere stata usata? Tradita. Tradita da chi ti ha promesso tutto solo per averti una volta. Solo per possedere il tuo corpo che, per quanto delizioso, non basterà. Le belle parole, i bei gesti, la gentilezza. Oh, credimi Granger, so benissimo quanto deve essere stato bello essere conquistata da lei. Ci sa fare, tremendamente. Ma è finita e ora lo senti. Lo senti il vuoto, vero? E chissà cosa proverai, quando tu e tutti i tuoi amichetti morirete per mano sua. Per la stessa mano a cui ti sei concessa come una stupida, incurante della verità.”
“Maledetta! – Hermione continuava a sbraitare – Maledetta!”
Exulcero.”
 
La voce della Mangiamorte fu delicata, ormai aveva raggiunto il suo obiettivo. Era calma, estasiata e placata, ma l’esito del suo incantesimo non fu altrettanto docile.
Dalla sua bacchetta, poggiata sul fianco di Hermione, si sprigionò una scossa potente che investì la ragazza e la circondò di un alone denso.
 
 
 
 
“Hermione!”
“No!” – Harry non poteva niente, nonostante provasse in tutti i modi a liberarsi dalla stretta.
“Ginevra! – anche Draco era totalmente inerme, ma gridò verso la Mangiamorte di spalle che, fino a poco fa, credeva di conoscere - Dannazione, fa qualcosa!”
 
 
Miasma scuro.
Colore indefinito. Niente.
Ginevra era ancora di spalle, ferma come il tempo che scorreva attraversandola, per poi spaccarle il cuore con quella visione non guardata con gli occhi.
Ma la sentiva.
La sentiva come il per sempre che aveva rincorso disperatamente e che ora le stava scappando di mano, proprio ora che Hermione urlava di dolore e lei rimaneva così. Ferma. Di spalle. In silenzio.
 
Epismendo.
Draco avvertì qualcosa nell’aria: qualcuno aveva lanciato la contro fattura. Senza parlare e senza muovere bacchetta.
 
 
Ancora qualche secondo ed Hermione stramazzò a terra, con un tonfo sordo. Aveva perso i sensi.
 
 
 
 
 
 
 
“Bene. – disse soddisfatta Selwyn – Per il momento può bastare. Ti assicuro, Granger, che non finisce qui. Purtroppo però non spetta a me tale onore.”
 
 
 
Finalmente un mantello nero si mosse, se pur impercettibile.
“Prendi Potter e portalo via.” – la voce di Ginevra intervenne gelida.
“Dove?”
“Dove sai.” - non osava ancora voltarsi.
“Subito. – la donna puntò il dito a due Mangiamorte molto robusti al suo fianco – Forza, avete sentito? Prendetelo e andiamo.”
Senza far troppo rumore, le catene di Harry si divisero da quelle di Draco ed Hermione con un colpo di bacchetta e il ragazzo fu sollevato di forza e condotto, tramite le scale in movimento, in una delle innumerevoli zone ai piani alti del castello.
 
Draco si precipitò a terra accanto ad Hermione e, col cuore che picchiava all’impazzata, sentì che la ragazza respirava ancora.
Selwyn portò con sé gran parte dell’esercito oscuro: per il Prescelto occorrevano tutte le precauzioni possibili.
Con Ginevra rimasero solo tre di loro.
 
 
 
 
“Professoressa…” – un vocio sommesso proveniva dai ragazzini, alcuni piangevano senza avere il coraggio di far rumore. Tremavano.
 
 
 
Ma il ragazzo biondo a terra no: gli avevano tolto quasi tutto per aver ancora paura.
“Non hai nemmeno il coraggio di guardarla! – urlò Malfoy, rosso di rabbia. Una vena sul collo sembrò quasi aprirsi – Che razza di persona sei, Ginevra Weasley? Guarda che cosa le hai fatto! Guardaci!”
 
 
La stanza parve sprofondare in un silenzio irreale; ogni suono, che non fosse di passi in lontananza, cessò.
 
 
 
 
 
 
 
“Tiger.”
“Sì.” – il Mangiamorte chiamato si avvicinò alla sua comandante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Al mio tre, afferra Hermione e voltatevi.
 
L’ha quasi uccisa! Respira a malapena!
 
Al tre. Prendila e voltati.
 
 
 
 
 
Ginevra continuò, incurante, a dare ordini. Draco era ipnotizzato da quella loro conversazione tra i pensieri.
 
“Io mi occupo dei ragazzi, Tiger. Tu di Malfoy e Granger.”
“Va bene, con vero piacere.” – Tiger sfoderò la bacchetta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nessun altro rumore.
Nello stanzone sembravano aleggiare solo i pensieri che, sopra le teste di tutti, vorticavano per poi intrecciarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Uno.
 
Stai per farci uccidere e mi apri la tua mente per cosa? Che senso ha?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Tiger, un’ultima cosa.” – disse Ginevra, slacciando il mantello e facendolo posare solo sulle spalle.
“Sì?”
“Vedi di non deludermi.”
“Non preoccuparti di questo. Li ucciderò con tutta la crudeltà che meritano una Sanguemarcio e un infedele Purosangue.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Ginevra parlava a Tiger guardando finalmente la scena che aveva davanti. Ma fissava Draco e in modo intenso, come volesse trasmettergli qualcosa, fosse anche solo l’intensità del momento.
 
 
 
 
Prendila e voltati. Fa’ come ti dico. Ai ragazzi ci penso io.
 
Tu non capisci. Harry aveva ragione, aveva ragione su tutto, tu ci stai facendo uccidere. Per quanto mi riguarda posso anche capirlo, non ti sono mai andato a genio, ma lei che colpa ne ha!? Lei si è solo innamorata di te!

Due.
 
 
 
 
 
 
 
“Bene, Tiger. Non mi resta che salutarti.”
“Ti raggiungo appena termino qui, Weasley. Non ci vorrò molto.”
“No. Temo che tu non abbia capito. – Ginevra si sgranchì le dita – Noi due ci rivedremo sì, ma all’inferno, non più qui.”
“Cosa?” – Tiger non capì, vide solo che Ginevra Weasley alzò la mano verso di lui e allora, prima di qualsiasi altra mossa, puntò la bacchetta su Draco ed Hermione e gridò.
 
 
 
 
 
 
 
Tre.
 
Ginevra, rifletti…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Crucio!”
 
Draco prese Hermione, semicosciente, l’avvolse stringendola a sé e la costrinse a voltarsi.
Una luce accecante si liberò nell’androne di ingresso, seguita subito da un fuoco immenso.
Tiger era troppo vicino all’origine della fiamma: per lui e gli altri due Mangiamorte, l’impatto fu letale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Al secondo piano del castello, due uomini studiavano le prossime mosse. C’era una guerra da vincere.
“Bene Bill, ci siamo quasi. Passami la maschera.”
“Quanto durerò ancora?”
“Questo non so dirlo. Dipende da quello che il Signore Oscuro ha voluto quando ti ha creato.”
L’uomo che stava parlando prese l’ampia tenuta nera e una maschera in gesso d’ottone ridefinito in oro bianco. La guardò estasiato e poi la indossò, cercando di nasconderci dentro tutta la chioma corvina.
 
“Lucius Malfoy ti aspetta all’ingresso della Stanza delle Necessità. Il Padrone ha deciso che lì si realizzerà l’unione degli Innesti. Voi due siete la sua linfa vitale.”
“Molto bene.” – disse il Mangiamorte, finendo di sistemarsi.
Il servitore si bloccò un momento, rapito in tutti i suoi sensi.
“Sei perfetto. – lo guardava pervaso da un’ebbrezza contemplativa – Sei davvero perfetto. Nessun altro avrebbe potuto essere più appropriato. In te splende la purezza della magia più vera e la brama di potere, propri del Padrone.”
“Smettila adesso. Nessun altro deve sapere che io sono il secondo Innesto! O il piano fallirà. E stavolta, dopo sette lunghi anni, il Signore Oscuro deve avere la sua vendetta. Hogwarts sarà nostra.”
 
I due non parlarono oltre. Presero tutto ciò che avevano utilizzato per il cambio d’abiti e uscirono dalla stanza in penombra.
 
 
 
“Mangiamorte! Attenzione, ci sono Mangiamorte nei corridoi!”
Un ragazzino in blusa gialla con risvolto nero aveva dato l’allarme vedendoli sbucare di soppiatto. “Avada Kedavra.”
Il Tassorosso non ebbe nemmeno il tempo di essere udito da altri: il suo cadavere giaceva in una pozza di sangue lungo il corridoio con la testa staccata dal busto.
I due Mangiamorte lo calpestarono con disprezzo e corsero via.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Adesso statemi bene ad ascoltare! Correte, correte più che potete verso la serra di Erbologia e restateci per tutto il tempo. Non una parola, nemmeno un sussurro deve uscire da voi mentre andate. È pieno di Mangiamorte qui intono! Avete capito o devo confondervi per farvi correre da muti?”
Ginevra risultava al quanto difficile da capire per un gruppo di studenti ignaro di tutta la storia.
Del resto, lei era un rebus anche per i protagonisti.
Fino ad un attimo prima aveva quasi fatto uccidere Hermione, l’aveva difesa udita solo dall’Occlumanzia di Malfoy, poi aveva ordinato a Tiger di ucciderla davvero aggiungendoci anche Draco, poi aveva steso Tiger ostacolando il suo attacco ed ora…ammoniva gli studenti affinché facessero massima attenzione ai Mangiamorte nel castello.
Ma non si curò oltre delle facce stralunate dei ragazzini Grifondoro e tese le braccia su di loro.
Desilludo. - su tutte le teste scese una cappa di nebbia che li avvolse, indifferente al loro sospiro di sorpresa – E adesso via, correte! Alla serra, svelti!”
Lo scalpitio che si udì fece capire che i giovani stavano ascoltando il consiglio di quella stranissima strega.
 
 
“Vado con loro! – Draco adagiò Hermione e si alzò velocemente – Mimetizzami.”
Ginevra, invece di mimetizzarlo, gli cinse il collo: lo abbracciò.
Fu un gesto che nemmeno la migliore delle premonizioni della professoressa Cooman avrebbe mai dato come minimamente possibile.
“Grazie.”
“Ora non… - Draco era in evidente imbarazzo, non se lo aspettava ma dovette ammettere che, in un meandro sperduto del suo cuore, gli fece piacere - …non c’è tempo. Prenditi cura di lei e, appena potete, mettetevi in salvo. Ci incontreremo alla serra e ce la faremo.”
Così si staccarono, increduli della loro stessa vicinanza.
“Portala con te…”
“No! – rispose subito il ragazzo, senza pensarci due volte - No, Ginevra. Guardala, si sta riprendendo e tu hai bisogno di lei. Hermione sa tutto di Hogwarts ed è uno dei membri più capaci dell’Ordine. Ne avrai bisogno, non puoi affrontare tutto da sola.”
“Dì a Piton che l’ho ascoltato, ho seguito il suo consiglio.”
“Non preoccuparti di questo, lo saprà appena mi vedrà arrivare con uno sciame di Grifondoro alle calcagna! È un ottimo legilimens. Tu piuttosto, sta attenta a lei e non preoccuparti, parlerò subito con Fleur. Appena possibile.”
“E’ proprio necessario?” – Ginevra appariva umana per la prima volta dopo tantissimo tempo.
“Era suo marito, lei deve sapere. – poi come se si fosse ricordato di qualcosa di estrema urgenza, Draco saltò sul posto – Non perdiamo altro tempo! Forza, altrimenti quei ragazzini mi scapperanno. Rendimi invisibile!”
Ginevra gli prese la mano e, dopo aver pronunciato la stessa formula che aveva usato sui Grifondoro, lo sentì allontanarsi. Era leggero.
E, per la prima volta, un amico.
 
 
 
Fu solo quando realizzò che i ragazzi si sarebbero salvati, perché avevano Draco e gli altri dell’Ordine vicini, che si voltò.
E la vide.
Le corse incontro mentre il mantello svolazzava e, raggiuntala, le si inginocchiò accanto. Hermione era seduta, con la schiena poggiata al muro ed ormai quasi del tutto cosciente, si teneva il braccio destro da cui usciva del sangue.
Gli occhi avevano ripreso quel guizzo luccicante che li caratterizzavano. Era lì la sua essenza.
Lentamente le stava tornando nello sguardo la curiosità che li ha sempre riempiti, seppur ora stanchi.
Era lei, bellissima e coraggiosa com’era sempre stata da quando la conosceva.
Com’era sempre stata fin dalla prima volta che, da piccolissima, l’aveva vista a King’s cross.
“Hermione… - Ginevra si chinò sul suo ventre mentre qualcosa le bruciava gli occhi. Che fossero lacrime,che fosse l’Amore, che fosse semplicemente lei - …Hermione…potrai mai… - Ginevra era tutta su di lei, rannicchiata nel più dolce dei modi - …potrai mai perdonarmi…”
E mentre parlava, gocce salmastre tinsero la maglia strappata di Hermione.
La professoressa socchiuse gli occhi, incurvando un sorriso; lasciò il braccio dolorante e, lenta, prese con entrambe le mani il viso di Ginevra fino a portarlo alla sua altezza e le baciò la fronte, gli occhi e le labbra.
Con la pace del dolore, la voglia della stanchezza e il bisogno irrequieto.
Su quelle labbra, Hermione trovò la forza per rialzarsi.
Su quelle labbra, Ginevra ritrovò la speranza di vivere oltre quella guerra.
Su quelle labbra, scoprirono di appartenersi ancora e da sempre, come un unico eterno richiamo di falco.
Poi Hermione la tirò a sé e l’abbracciò, stringendola come Ginevra aveva bisogno.
 
Nello stesso istante, alle spalle di Ginevra, la giovane Mangiamorte Selwyn tornava allegramente sui suoi passi, esaminando la propria bacchetta ed elencando i morti di cui si era glorificata. Alzò lo sguardo e le vide. Gli occhi le divennero braci.
“Weasley! Cosa…cosa stai facendo avvolta come una serpe a quella lurida nata babbana? Questa il Signore Oscuro non te la perdonerà. La pagherai cara. – strinse la bacchetta, la puntò sul mantello di Ginevra distante pochi metri – Molto cara!”
“Avada Kedavra.” – ma Hermione, stavolta, fu più veloce.
 
Ginevra riuscì a voltarsi appena in tempo per vedere la Mangiamorte stesa, avvolta dal verde intenso; un ultimo respiro e poi il rigore della morte.
E pensò che Draco, in fondo, aveva ragione: lei aveva tremendamente bisogno di Hermione.
“Bel colpo, accidenti. Mi hai…salvata…”
“Adesso che ci condannino insieme.”
“Cosa?” – Ginevra si perse un attimo. Stava aiutando Hermione ad alzarsi e fu colta dall’improvvisa e nuova vicinanza di quel volto da cui poteva scorgere il piacere del paradiso.
Possibile che anche nel bel mezzo del nulla, l’uomo senta l’amore?
“Il Wizengamot. – rispose Hermione, chiudendo un attimo gli occhi per il dolore al braccio – Ti hanno condannata per aver utilizzato la maledizione mortale su Bellatrix, ricordi? Mentre stava per uccidermi. Ora… - li riaprì, ambrati e profondi, intimi - …ora l’ho usata io…”
“Per me.”
“Sì, per te.”
“Che ci rinchiudano nella stessa cella, allora!”
Hermione rise: era in piedi e si reggeva abbastanza bene. Il viso liscio e luminoso, pieno di spietata perfezione.
“Non potrei chiedere di meglio.” - così dopo un bacio rubato, si incamminarono svelte alla volta della torre di Corvonero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La serra si aprì al suo tocco senza esitazioni; le protezioni funzionavano solo contro i Mangiamorte che, in effetti, non erano ancora riusciti a violare quel luogo. E lui, Mangiamorte non lo era più.
“Professore!”
Piton, nel bel mezzo della serra, sussultò.
“Draco! – lasciò per un attimo l’unguento che stava per cospargere sulla gamba di Malocchio, che naturalmente sbraitò nel vederlo allontanarsi, ma lui incurante andò incontro al ragazzo biondo – Sei solo? Come hai fatto a raggiungerci? Pensavo fossi con gli altri nel castello.”
“Lo ero. Ma a dire il vero, professore, non sono per nulla solo. Revelio.”
E, come funghi precoci, spuntarono tanti giovani quanti Godric Grifondoro avesse tra le sue fila scolastiche, uniti a tutti quelli che Malfoy era riuscito a portare via dal castello in fiamme.
“Ottimo lavoro Draco. Voi tutti, – il professore si rivolse ai suoi alunni appena arrivati e salvi – vi esorto all'assoluto silenzio. I maggiorenni aiutino i tre Tassorosso infondo alla serra nella preparazione di tutte le misture che vi verranno ordinate. Svelti!”
Malfoy rise tra sé ripensando a tutti gli ordini perentori che aveva ricevuto da quell’uomo in tema di Pozioni quand’era uno studente come loro.
Poi di colpo si fece serio, impaziente di parlare, di rivelare tutto quello che aveva scoperto.
“Professore, io devo dirle…”
“So tutto. Ma Fleur non è qui.”
Il giovane lord inglese impallidì, immaginando la risposta alla domanda che gli era sorta spontanea.
“Dov’è?”
“Lei… - Piton pareva esitare - …è venuta qui quando c’era anche Ginevra Weasley e non sapevamo ancora da che parte stesse. Perciò poi è andata via in fretta, con Ronald Weasley suppongo. Credo fossero diretti alla torre di Corvonero.”
“Perché non l’ha trattenuta?!”
“Non sapevo, Draco! Non sapevo niente. È stata Ginevra a dirmi tutto, non appena Fleur se n’è andata. Ero all’oscuro di ogni cosa!”
Draco imprecò prendendosi la testa tra le mani. Ed ora cosa ne sarebbe stato? Chi dirigeva tutto questo? Quella domanda gli tormentava l’anima.
Abbassò le mani, lo sguardo risoluto e freddo, e afferrò le spalle del professore.
“La prego. La prego, sia sincero! Secondo lei… - il giovane Malfoy tremava dalla rabbia di non comprendere - …secondo lei, chi c’è dietro tutto questo?”
Ma Piton non dovette nemmeno sforzarsi di parlare: Draco lesse la sua risposta pensata prima che lui potesse aprir bocca, con la semplicità con cui si nota tra miriadi di giornali un titolo a grandezza cubitale. E rimase scioccato.
Tutto stava precipitando e per colpa di colui che aveva sempre creduto suo amico.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Per di qua!”
Come schegge sparate, due figure galoppavano per il corridoio del terzo piano senza esitazioni.
“Sei sicura? Ho sempre pensato che alla torre Corvonero si accedesse dall’altro lato.”
“Vuol dire che hai sempre pensato male!” – la rimproverò, scherzando, Hermione.
Le due ragazze erano così tanto diverse da sembrare di mondi del tutto opposti: una, coperta di nero con la catena d’argento pendente dal taschino, come moda d’altri tempi; l’altra, luminosa e trasparente, con una camicia di jeans logora e aperta, audace quanto sarebbe bastato per entrambe.
Le finestre lungo il tragitto erano spalancate e il sole si intravedeva ormai basso. Stava per scendere la sera.
Ma, della fine di quella guerra cieca, non se ne scorgeva nemmeno l’ombra.
“Almeno non ci sono morti in questa zona del castello. – disse Ginevra continuando a correre – E’ già tanto. Nella nostra casa comune, la situazione non è così rosea.”
Hermione rallentò fino a fermarsi; si mise una mano sul fianco, non aveva molto fiato per correre così disperatamente. La compagna la vide e, scivolando, fece marcia indietro.
“Non… - sospirò - …non è… - altro sospiro - …un…”
“Non affaticarti, Hermione! Non sprecare il fiato. Rilassati.” – Ginevra la sostenne e la portò a poggiarsi ad un arazzo appeso alla parete, raffigurante un giovane Merlino imberbe.
“Non è…un…”
“Hai la testa dura, Granger.”
“Mai…mai quanto te. – Hermione si teneva in piedi con un braccio ciondolante intorno alle spalle di Ginevra, le dita incespicavano nella seta del mantello – Non è un bel segno.” – riuscì alla fine ad ultimare la frase.
Ma la compagna sembrava non cogliere.
“Cosa, la tua testa dura? Si', lo so, anch'io ho sempre pensato che non fosse un bel segno. Preferisco quanto non pensi troppo.”
“Che non… - Hermione tenne duro - …che non ci sono cadaveri…né feriti, né altri. Non è…normale.”
Stavolta Ginevra non pote' fraintendere: forse aveva ragione. Se Hermione aveva una qualità superiore a lei, era che riusciva a vedere tutto un attimo prima.
C’era uno scontro aperto lì, una battaglia. Possibile che lungo quelle centinaia di metri non ci fosse nemmeno un'anima? Anche i fantasmi sembravano spariti.
“Che ne è stato di…Harry?”
“Non lo so.”
Hermione si ridestò, cercando di mettere più a fuoco la situazione.
“Sei stata tu, prima, a ordinare che fosse separato da noi. L’hai mandato via con Selwyn.”
“Sì, ma solo perché mi era stato ordinato di isolarlo e ho dovuto obbedire. Avrei dato troppo nell'occhio se non lo avessi fatto. Poi, se devo essere sincera, penso che lui se la possa cavare. A meno che…”
“A meno che?” – chiese con un tono di voce in più Hermione.
“A meno che non sia vero tutto quello che penso.”
“Cosa pensi? Credi che Voldemort sia con lui, che lo stia già torturando per poi ucciderlo? – Hermione chiedeva e immaginava mille cose, spinta dalla paura di perdere il suo migliore amico – Se è così, dobbiamo muoverci. Andiamo!”
Ginevra le cinse la vita e la bloccò dal tentativo di rincamminarsi. Le accarezzò il viso e, per un momento, desiderò fortemente di non doverglielo dire.
“Hermione…”
“Andiamo! Cosa stiamo aspettando? Potrebbe già essere troppo tardi. Io sto bene, posso farcela. Dobbiamo salvarlo!”
“Lui non sarebbe così clemente con te.”
Hermione si tirò indietro da quell'abbraccio, scansandosi da lei. Voleva guardarla bene negli occhi mentre ripeteva quello che aveva appena insinuato.
“Lui farebbe la stessa cosa per me.”
“Sì, forse sì. Per te sì, so che è innamorato di te. Lo so da quando eravamo a Dublino. – convenne Ginevra, facendo un passo verso di lei – Ma non farebbe la stessa cosa per tutti quanti noi. Non per Hogwart. Non per il mondo magico, né per quello babbano. Hermione, io…ho provato a leggere la sua mente e non ci sono riuscita, non so granché di Occlumanzia ma…”
“Parla chiaro, Ginny. Che vuoi dire? – Hermione aveva bisogno di vederci chiaro – Basta giri di parole. Io ho scelto di crederti, di stare con te. Vorrei che tu fossi sincera. Credo di meritarlo, almeno una volta.”
“Sì, certo ma…”
“Harry è importante per me. Non come io lo sono per lui, ma farei qualsiasi cosa pur di tirarlo fuori di qui sano e salvo.”
“Lo so e non è gelosia la mia, non del tutto almeno.”
“La verità, ti chiedo solo questo.” 
“Non la so la verità ma...”
Hermione non volle più ascoltarla: non le interessavano più le parole subliminali di tutti quei discorsi al vento e si incamminò, a passo zoppicante; era intenzionata a raggiungere la torre di Corvonero, a trovare il suo migliore amico, Ron, Fleur e tutti gli altri e a finire per sempre quella guerra che da anni toglieva loro ogni sogno di libertà.
La voce di Ginevra, però, la raggiunse ed infranse la sua aspettativa.
“Io credo che sia lui l’Innesto puro!”
A distanza di metri, Hermione si bloccò. Il braccio le diede una scossa allucinante e, per un attimo, senti' che il suo cuore non avrebbe retto l’urto.
  
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