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Autore: SagaFrirry    15/03/2015    1 recensioni
La Dea Atena risveglia i suoi cavalieri, condannati nella roccia dopo aver abbattuto il muro del pianto. Tutti gli Dei greci richiamano i loro sottoposti e creano alleanze. Perché? Non me ne vogliano i puritani della mitologia..in questa storia gli Dei greci lottano contro le divinità romane. L'Olimpo è troppo piccolo!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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IX

 

FAMIGLIA

 

“È vero, dunque..” mormorò Poseidone “Mio fratello minore Zeus è..”.

Era, sposa e sorella di Zeus, non riusciva a crederci e rimaneva ferma, in silenzio, con sguardo smarrito e confuso. Gli Dèi si stavano radunando nella casa del padre delle divinità, e genitore di quasi tutti loro, per porgere gli ultimi saluti.

“Saga!” quasi gridò Atena, raggiungendolo ed abbracciandolo.

Il sacerdote sobbalzò, non aspettandosi una cosa del genere. Lei piangeva, ripetendo “padre mio” fra i singhiozzi. Lui non sapeva cosa dirle.

“Cosa ci fai qui, Saga?” domandò la Dea, in lacrime.

“Storia lunga”.

Lui, con l’elmo rosso del gran sacerdote ben calcato in testa, non sapeva da che parte iniziare. Però doveva dirle la verità, ormai era il tempo.

“Dove cazzo eravate tutti quanti voi mezz’ora fa?” esclamò, infastidito, Deimos.

Il Dio si avvicinò a Saga e lo chiamò, con discrezione. Non capiva bene perché quella Dea stesse così avvinghiata al fratellino.

“Cosa c’è, Deimos?” domandò il sacerdote.

“Ares ti vuole vedere”.

“Perché?”.

“Non lo so. Ma muoviti”.

“Ha capito quello che ho fatto?”.

“Non lo so, ti ho detto!”.

“Che hai fatto?” si allarmò Atena “Che hai combinato?!”.

Il sacerdote non rispose e seguì Deimos, lasciando la sua Dea piuttosto preoccupata.

 

“Dove sono i miei figli?” fu la prima cosa che disse Ares, riaprendo gli occhi.

“Stai calmo, fratellino” lo ammonì Apollo “Non sei messo molto bene”.

“Dove sono i miei figli?”.

“Stai calmo! Le tue ferite sono gravi!”.

“Dove sono? Cosa è successo? Perché io ricordo una spada che..”.

“Una cosa alla volta. Ora stai calmo, o rischi di peggiorare la situazione”.

“Hai guarito i miei figli? Phobos era accanto a me e..”.

“Smettila! Devo sedarti?!”.

“Dimmi dove sono. Quanti di loro sono morti? Ti prego, fratello..”.

“Calmati. Stanno tutti bene”.

“Bene?”.

Phobos entrò nella stanza, sollevato nel vedere il padre cosciente. Ares lo guardò, senza capire.

“Ma io..ti ho visto morire! Eri accanto a me! Ed anche Deimos, Arles..”.

“Ti sei sbagliato. Era tutta un’illusione”.

“Un’illusione?! Intendi dire che..”.

“Il piccolo di casa è bravo. Ha fatto fessi i nemici, convinti di averci uccisi, e così ce la siamo cavata e siamo relativamente illesi”.

“Arles ha fatto una cosa del genere? Un’illusione che ha imbrogliato non solo me, ma anche tutte le divinità nemiche?”.

“Esatto”.

“E l’illusione da quando è iniziata?”.

“Dovresti parlare con lui. Penso da circa quando sei stato colpito la prima volta da Marte”.

“Ma quindi state tutti bene?”.

“Sì, papà. Cerca di rilassarti. Le tue ferite non sono un’illusione”.

“Sono morto d’infarto, vacca troia! Come faccio a rilassarmi?! Credevo vi avessero ammazzati!”.

“Lo capisco, però..”.

“Chiama subito Arles. Fallo venire qui”.

“È qua fuori, assieme ad Atena”.

“Fallo venire qui, subito!”.

“Sì, padre..”.

 

Piuttosto spaventato, il gran sacerdote di Atena era davanti alla porta. Oltre quell’uscio, suo padre Ares era steso a letto, con Apollo che si prendeva cura di lui.

“Puoi entrare” lo invitò Phobos “Però ti avviso: non è di buon umore”.

“Lo immaginavo..”.

Phobos poi uscì, seguito da Apollo, lasciando da soli in stanza il padre ed il figlio minore.

“Vieni vicino a me, Arles” parlò il padre, a bassa voce.

“Io..”.

“Preferisci ti chiami Saga? Bene, Saga, vieni qui!”.

Il sacerdote si mosse lentamente, spostandosi dalla parete e camminando nell’ombra. Era piuttosto spaventato ma non voleva farlo capire al Dio. Si avvicinò ulteriormente, sotto richiesta di Ares. Quando fu abbastanza vicino, il Dio scattò ed afferrò per l’elmo il figlio, facendolo chinare. Fissandolo negli occhi, per un tempo che al sacerdote parve interminabile, non lo lasciò andare. Poi sorrise, quasi divertito.

“Occhio per occhio, ragazzo mio” ghignò “Mi hai fatto prendere uno spavento..”.

“Lo so..io..”.

“Sento il tuo cuore battere all’impazzata e percepisco la tua paura. Bene, vuol dire che qualcosa la so ancora fare, dopotutto”.

Il Dio si rilassò, lasciandosi cadere sul cuscino. Il sacerdote tolse l’elmo, liberando una cascata di capelli neri. La capigliatura di Ares, al contrario, si stava schiarendo.

“Ti dona il nero” commentò il Dio.

“Anche a te il biondo” ribatté il mortale.

“Non sono in collera con te, Arles, come puoi notare dal prevalere del mio lato meno sanguinario”.

“Ok..”.

“Non mi correggi? Non mi dici che non sei Arles, ma Saga?”.

“Fa lo stesso”.

“Perfetto. Arles mi è più semplice da ricordare”.

“Siete ferito?”.

“Purtroppo sì, ma non a morte come pensavo. La tua illusione mi ha salvato. Ci ha salvati tutti”.

“Era l’unico modo. Mi spiace se questo non rientra nei canoni del Dio della guerra”.

“Fuggire quando si è messi alle strette? È perfettamente nei canoni!”.

“Oh..”.

“Ho una richiesta da farti, illusionista..”.

“Illusionista?”.

“Come vedi..” continuò Ares, ignorandolo “..io sono ferito. Non riesco a sentirmi le gambe ed è molto probabile che non riesca mai più ad usarle nel modo corretto. È quindi per me alquanto difficile vendicarmi. Tocca a te, ed ai tuoi fratelli. Vendica padre Zeus. Loro hanno preso le mie gambe, voglio le loro teste”.

“E come credi che possa io, mortale, accontentarti?”.

“Usa il drago”.

“Drago? Quale drago?”.

“Sono sicuro che, se ci rifletti, ci arrivi da solo..”.

“No, non credo. Siate più chiaro”.

“Usa il drago. Stacca la testa a quel figlio di troia di Marte”.

“Ma quale drago?”.

Ares non rispose. Era stanco, aveva perso molto sangue.

“Quale drago?!” insistette il sacerdote.

“Lo capirai, ne sono sicuro” mormorò Ares “Dentro di te, la sai la verità. Siamo simili. Non combattere la tua natura, che di cose da combattere là fuori ce ne sono troppe, senza dover anche lottare contro sé stessi”.

“Avete ragione. Ma..”.

“Gli uomini sono di due tipi, Arles. Il primo tipo vive la propria vita lasciandosi guidare dalla corrente, come veleggiando su un fiume. Placido, tranquillo, probabilmente vedrà accadere molte cose ma poche di queste lo toccheranno per davvero. Accumulerà saggezza ed anni di esistenza e solo raramente mostrerà la sua presenza, la sua ira. Probabilmente per molti passerà del tutto inosservato, senza né gloria né infamia. Il secondo tipo è molto diverso. Esso attende e cresce, nascondendo dentro sé capacità ed energia. Poi, di colpo, sboccia come un fiore. In mezzo al verde del prato dell'avvenire, si espanderanno i suoi colori e tutti vedranno il suo splendore e la sua grandezza. Purtroppo, però, presto sfiorirà, appassirà e morirà. Sarà effimero, seppure magnifico. Quanti di questi fiori vedrà mai l'uomo che sceglie di vivere come il fiume? Ed avrà mai rimpianti, perché nessuno noterà quei colori? E tu che uomo sei? Cerchi forse di convincermi che, prima di appassire, vuoi tentare di salire su quella zattera sgangherata che ti porterà fino alla foce della morte? O forse i tuoi veri colori ancora non li ha visti nessuno?"

“Non capisco..”.

 “Capirai. Ora, per favore, vorrei riposare”.

Il mortale annuì. Con l’elmo stretto fra le mani, lasciò la stanza. Più di qualcuno lo osservò con aria stranita, notandone l’aspetto. Lui non ci fece caso e cercò con lo sguardo i suoi fratelli.

“Saga!” si sentì chiamare.

Al suo fianco, Atena lo stava fissando. Si capiva che era lievemente spaventata e confusa. Dietro di lei c’era Kanon, colui che l’aveva accompagnata fino a quel luogo.

“Cosa fai tu qui, Kanon?” domandò il sacerdote.

“Potrei farti la stessa domanda” rispose lui “Assieme a tante altre”.

“Volevo parlarvene”.

“E quando? Fra me e te non dovrebbero esserci segreti”.

“Hei, siamo gemelli, non compagni di vita! Per quel che mi riguarda, puoi avere tutti i segreti che vuoi!”.

“Ma non un segreto così grande!”.

“Da quando lo sai?” si intromise Atena “Da quando sai di essere figlio di..?”.

“Da subito dopo il matrimonio di Hades ed Eleonore. È passato un po’ di tempo. Ma non sapevo come dirlo. Non ero nemmeno sicuro”.

“Ora lo sei?”.

“Sì, mia signora”.

Atena rimase in silenzio, qualche istante, a capo chino. Poi risollevò lo sguardo.

“Come sta?” domandò “Il divino Ares, come sta? Ha ferite gravi?”.

“Pare non possa più camminare”.

“Ares è stato ridotto così male?” si stupì Kanon.

“Erano in molti i nemici. Mi stupisco che sia ancora vivo. Marte è noto per la sua ferocia, esattamente come Ares. Come sono andate le cose?” parlò ancora la Dea.

“Ve lo spiegherò” rassicurò il sacerdote “Ma ora vorrei riposarmi e riflettere”.

“Che ti ha detto Ares? Qualche notizia importante?”.

“Mi ha chiesto la testa di Marte, per vendicare Zeus”.

“Anche la somma Era ha espresso lo stesso desiderio”.

“Lo immaginavo..”.

“Ed anch’io faccio lo stesso..”.

Sacerdote e divinità si fissarono. Lui non si aspettava una rivelazione del genere.

“È tempo di smetterla di difenderci. È tempo di combattere” annuì lei “Nessuno può uccidere il mio amato padre, ferire fratello Ares e sperare di passarla liscia”.

“Anche loro hanno subito delle perdite”.

“Non abbastanza..”.

“Adesso calmatevi, mia signora. È la rabbia che vi fa parlare”.

Atena scoppiò a piangere di nuovo, non sapendo che altro fare. Kanon le poggiò una mano sulla spalla, piuttosto impacciato con le donzelle disperate.

“Cosa fai ancora qui?” sbottò Era, fissando il sacerdote “Mio figlio ti ha dato un ordine, mi sembra”.

“Sì, è così. Ma..”.

“Niente ma! I tuoi fratelli sono pronti a trovare una strategia di offesa. Il tuo posto non è qui a cianciare con divinità piagnucolanti”.

“Signora, io sono solo un mortale. E poi il drago di cui mi ha parlato Ares..”.

“Il mio adorato marito è stato ucciso. Il mio amato figlio è gravemente ferito. Ma tu lo hai salvato, ne sei stato in grado. Questo ti eleva in alto. Mortale, ma al pari di grandi eroi del passato, tuoi fratelli. Non avere pietà alcuna ed io ti prometto che l’inferno che tanto temi per te non arriverà”.

“Vi ringrazio, divina Era”.

“E tu, Atena, non piangere. Reagisci e combatti. Sei la Dea della guerra, non delle lagne!”.

“Chiedo scusa, avete ragione” annuì lei.

“Zeus avrebbe voluto questo. I romani ci hanno soppiantati e sì, è vero, per anni non abbiamo fatto nulla. Senza reagire, ci siamo lasciati sopraffare nei secoli e ora è giunto il momento di tornare sull’Olimpo e prendere a calci nel culo questi stronzi, che hanno copiato i nostri ruoli e rubato la fede che ci spettava. È tempo di reagire, figli miei. Vecchie e nuove generazioni, troveranno un modo”.

Molte divinità annuirono. Phobos e Deimos capirono che, con il padre ferito, toccava a loro guidare gli eserciti, pur non volendolo. Fra la folla, videro la Dea della bellezza Afrodite, loro madre, con accanto altri loro fratelli: i gemelli Eros ed Anteros e la bellissima Armonia. Tutti i figli di Ares e della Dea più bella, si lanciavano sguardi preoccupati. Vicini l’uno all’altro, si rivedevano nello stesso posto dopo tanto tempo.

“Ci siamo tutti?” domandò Eros.

“Mancano un paio di amazzoni e colui che ha sempre di meglio da fare” rispose Deimos.

“Intendi Priapo? Accetterai che, fra fare la guerra e fare sesso, sia meglio al seconda opzione!”.

“Spero gli bombardino il culo! O quel suo cazzo sempre per aria”.

“Sei sempre così acido, Deimos!”.

“Ma stai zitto, Pokemon!”.

“Io non sono un Pokemon! Lo dirò alla mamma..”.

“E piantatela!” interruppe Anteros “Piuttosto..quello vicino ad Atena è quello nuovo?”.

“Sì, è lui” confermò Phobos.

“Come lo inquadri? È valido?”.

“Sa il fatto suo”.

“Detto da te, è un gran complimento”.

Eros, il più curioso della compagnia, senza alcun contegno mise un braccio attorno al collo di Saga, che stava ancora discutendo con Kanon.

“Smettila di perderti i chiacchiere” interruppe il Dio dell’amore “Dobbiamo parlare!”.

“Non vedi che sta già parlando con me?!” sbottò Kanon “Sparisci!”.

“E tu chi saresti, scusa?”.

“Kanon, il mio gemello” spiegò il sacerdote.

“Ah, ma allora pure tu sei della famiglia!”.

“No!”.

“A volte capita, sai? Ma sempre l’altro gemello è dotato di notevoli capacità. Quindi potresti risultare molto utile”.

“Potresti lasciarmi? Ci conosciamo?” protestò Saga.

“Scusami, hai ragione! Sono Eros, Dio dell’Amore e tuo fratello maggiore. Come butta?”.

“Sta lontano da me, tu e le tue frecce”.

“Oh..ok. Beh..volevo scusarmi, sai?”.

“Scusarti?”.

“Sì, per la faccenda di Eleonore. Mi sono così incazzato! Non sai quanto sia difficile trovare abbinamenti perfetti, non mi vengono quasi mai,  ma in quel caso ci ero riuscito. Però hanno rovinato tutto. La cosa mi ha fatto davvero girare le palle! Non era così che volevo andasse. Mi dispiace”.

“Non sei stato tu ad ucciderla, giusto? Solo che gradirei non avere a che fare con il sentimento che governi, d’ora in poi”.

“Come preferisci. Ma, tornando a noi..chi è tua madre?”.

“Non lo so”.

“Non è una Dea?”.

“No”.

“Ah, ecco perché sei mortale! Controllerò fra le mie liste. Papà Ares ha buon gusto. Si scopa solo le più belle e quindi di certo tua madre sarà stata una gran bella topa!”.

“Hei!” si indispettirono, in coro, Saga e Kanon.

“Scusate, mio fratello è ubriaco” interruppe Anteros “Parlando di cose serie..che ti ha detto papà Ares? Qualcosa di utile per la battaglia?”.

“Mi ha detto che devo usare il drago” rispose il sacerdote.

“Drago? Quale drago?”.

“Esattamente quel che ho detto pure io”.

“Non hai un drago?”.

“No. L’unico drago che conosco è lui, che sotto Poseidone aveva l’armatura del dragone del mare. Ma non credo che intenda questo..”.

“E perché no?! Brandisci il mortale!” rise Eros, prima di prendersi uno scappellotto dal gemello.

“Forse intende l’armatura” ipotizzò Anteros.

“Quale armatura?” domandò Kanon, incuriosito.

“Phobos e Deimos, ed Ares ovviamente, combattono indossando armature chiamate draghi. Non so..forse ne hanno una anche per il nuovo arrivato”.

“E dove?”.

“Non lo so. Lo scoprirai”.

“E se non lo scoprissi?”.

“Cazzi acidi per te. La tua armatura d’oro contro tanti Dèi non servirà”.

“Senza contare che l’armatura d’oro adesso è mia!” specificò Kanon.

“Ancora meglio. Cazzi doppiamente acidi!”.

   
 
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