IX
FAMIGLIA
“È
vero, dunque..” mormorò Poseidone
“Mio fratello minore Zeus è..”.
Era, sposa e
sorella di Zeus, non
riusciva a crederci e rimaneva ferma, in silenzio, con sguardo smarrito
e
confuso. Gli Dèi si stavano radunando nella casa del padre
delle divinità, e
genitore di quasi tutti loro, per porgere gli ultimi saluti.
“Saga!”
quasi gridò Atena,
raggiungendolo ed abbracciandolo.
Il sacerdote
sobbalzò, non
aspettandosi una cosa del genere. Lei piangeva, ripetendo
“padre mio” fra i
singhiozzi. Lui non sapeva cosa dirle.
“Cosa
ci fai qui, Saga?” domandò la
Dea, in lacrime.
“Storia
lunga”.
Lui, con
l’elmo rosso del gran
sacerdote ben calcato in testa, non sapeva da che parte iniziare.
Però doveva
dirle la verità, ormai era il tempo.
“Dove
cazzo eravate tutti quanti voi
mezz’ora fa?” esclamò, infastidito,
Deimos.
Il Dio si
avvicinò a Saga e lo chiamò,
con discrezione. Non capiva bene perché quella Dea stesse
così avvinghiata al
fratellino.
“Cosa
c’è, Deimos?” domandò il
sacerdote.
“Ares
ti vuole vedere”.
“Perché?”.
“Non
lo so. Ma muoviti”.
“Ha
capito quello che ho fatto?”.
“Non
lo so, ti ho detto!”.
“Che
hai fatto?” si allarmò Atena
“Che hai combinato?!”.
Il sacerdote non
rispose e seguì
Deimos, lasciando la sua Dea piuttosto preoccupata.
“Dove
sono i miei figli?” fu la prima
cosa che disse Ares, riaprendo gli occhi.
“Stai
calmo, fratellino” lo ammonì
Apollo “Non sei messo molto bene”.
“Dove
sono i miei figli?”.
“Stai
calmo! Le tue ferite sono
gravi!”.
“Dove
sono? Cosa è successo? Perché
io ricordo una spada che..”.
“Una
cosa alla volta. Ora stai calmo,
o rischi di peggiorare la situazione”.
“Hai
guarito i miei figli? Phobos era
accanto a me e..”.
“Smettila!
Devo sedarti?!”.
“Dimmi
dove sono. Quanti di loro sono
morti? Ti prego, fratello..”.
“Calmati.
Stanno tutti bene”.
“Bene?”.
Phobos
entrò nella stanza, sollevato
nel vedere il padre cosciente. Ares lo guardò, senza capire.
“Ma
io..ti ho visto morire! Eri
accanto a me! Ed anche Deimos, Arles..”.
“Ti
sei sbagliato. Era tutta
un’illusione”.
“Un’illusione?!
Intendi dire che..”.
“Il
piccolo di casa è bravo. Ha fatto
fessi i nemici, convinti di averci uccisi, e così ce la
siamo cavata e siamo
relativamente illesi”.
“Arles
ha fatto una cosa del genere?
Un’illusione che ha imbrogliato non solo me, ma anche tutte
le divinità
nemiche?”.
“Esatto”.
“E
l’illusione da quando è
iniziata?”.
“Dovresti
parlare con lui. Penso da
circa quando sei stato colpito la prima volta da Marte”.
“Ma
quindi state tutti bene?”.
“Sì,
papà. Cerca di rilassarti. Le
tue ferite non sono un’illusione”.
“Sono
morto d’infarto, vacca troia!
Come faccio a rilassarmi?! Credevo vi avessero ammazzati!”.
“Lo
capisco, però..”.
“Chiama
subito Arles. Fallo venire
qui”.
“È
qua fuori, assieme ad Atena”.
“Fallo
venire qui, subito!”.
“Sì,
padre..”.
Piuttosto
spaventato, il gran
sacerdote di Atena era davanti alla porta. Oltre quell’uscio,
suo padre Ares
era steso a letto, con Apollo che si prendeva cura di lui.
“Puoi
entrare” lo invitò Phobos
“Però
ti avviso: non è di buon umore”.
“Lo
immaginavo..”.
Phobos poi
uscì, seguito da Apollo,
lasciando da soli in stanza il padre ed il figlio minore.
“Vieni
vicino a me, Arles” parlò il
padre, a bassa voce.
“Io..”.
“Preferisci
ti chiami Saga? Bene,
Saga, vieni qui!”.
Il sacerdote si
mosse lentamente,
spostandosi dalla parete e camminando nell’ombra. Era
piuttosto spaventato ma
non voleva farlo capire al Dio. Si avvicinò ulteriormente,
sotto richiesta di
Ares. Quando fu abbastanza vicino, il Dio scattò ed
afferrò per l’elmo il
figlio, facendolo chinare. Fissandolo negli occhi, per un tempo che al
sacerdote parve interminabile, non lo lasciò andare. Poi
sorrise, quasi
divertito.
“Occhio
per occhio, ragazzo mio”
ghignò “Mi hai fatto prendere uno
spavento..”.
“Lo
so..io..”.
“Sento
il tuo cuore battere
all’impazzata e percepisco la tua paura. Bene, vuol dire che
qualcosa la so
ancora fare, dopotutto”.
Il Dio si
rilassò, lasciandosi cadere
sul cuscino. Il sacerdote tolse l’elmo, liberando una cascata
di capelli neri. La
capigliatura di Ares, al contrario, si stava schiarendo.
“Ti
dona il nero” commentò il Dio.
“Anche
a te il biondo” ribatté il
mortale.
“Non
sono in collera con te, Arles,
come puoi notare dal prevalere del mio lato meno sanguinario”.
“Ok..”.
“Non
mi correggi? Non mi dici che non
sei Arles, ma Saga?”.
“Fa lo
stesso”.
“Perfetto.
Arles mi è più semplice da
ricordare”.
“Siete
ferito?”.
“Purtroppo
sì, ma non a morte come
pensavo. La tua illusione mi ha salvato. Ci ha salvati tutti”.
“Era
l’unico modo. Mi spiace se
questo non rientra nei canoni del Dio della guerra”.
“Fuggire
quando si è messi alle
strette? È perfettamente nei canoni!”.
“Oh..”.
“Ho
una richiesta da farti,
illusionista..”.
“Illusionista?”.
“Come
vedi..” continuò Ares,
ignorandolo “..io sono ferito. Non riesco a sentirmi le gambe
ed è molto
probabile che non riesca mai più ad usarle nel modo
corretto. È quindi per me
alquanto difficile vendicarmi. Tocca a te, ed ai tuoi fratelli. Vendica
padre
Zeus. Loro hanno preso le mie gambe, voglio le loro teste”.
“E
come credi che possa io, mortale,
accontentarti?”.
“Usa
il drago”.
“Drago? Quale drago?”.
“Sono sicuro che, se ci rifletti, ci arrivi da solo..”.
“No, non credo. Siate più chiaro”.
“Usa il drago. Stacca la testa a quel figlio di troia di Marte”.
“Ma quale drago?”.
Ares non rispose. Era stanco, aveva perso molto sangue.
“Quale drago?!” insistette il sacerdote.
“Lo capirai, ne sono sicuro” mormorò Ares “Dentro di te, la sai la verità. Siamo simili. Non combattere la tua natura, che di cose da combattere là fuori ce ne sono troppe, senza dover anche lottare contro sé stessi”.
“Avete ragione. Ma..”.
“Gli
uomini sono di due tipi, Arles. Il primo tipo
vive la propria vita lasciandosi guidare dalla corrente, come
veleggiando su un
fiume. Placido, tranquillo, probabilmente vedrà accadere
molte cose ma poche di
queste lo toccheranno per davvero. Accumulerà saggezza ed
anni di esistenza e
solo raramente mostrerà la sua presenza, la sua ira.
Probabilmente per molti
passerà del tutto inosservato, senza né gloria
né infamia. Il secondo tipo è
molto diverso. Esso attende e cresce, nascondendo
dentro sé capacità ed
energia. Poi, di colpo, sboccia come un fiore. In mezzo al verde del
prato
dell'avvenire, si espanderanno i suoi colori e tutti vedranno il suo
splendore
e la sua grandezza. Purtroppo, però, presto
sfiorirà, appassirà e morirà.
Sarà
effimero, seppure magnifico. Quanti di questi fiori vedrà
mai l'uomo che sceglie
di vivere come il fiume? Ed avrà mai rimpianti,
perché nessuno noterà quei
colori? E tu che uomo sei? Cerchi forse di convincermi che, prima di
appassire,
vuoi tentare di salire su quella zattera sgangherata che ti
porterà fino alla
foce della morte? O forse i tuoi veri colori ancora non li ha visti
nessuno?"
“Non
capisco..”.
“Capirai.
Ora, per favore, vorrei riposare”.
Il mortale
annuì. Con l’elmo stretto
fra le mani, lasciò la stanza. Più di qualcuno lo
osservò con aria stranita,
notandone l’aspetto. Lui non ci fece caso e cercò
con lo sguardo i suoi
fratelli.
“Saga!”
si sentì chiamare.
Al suo fianco,
Atena lo stava
fissando. Si capiva che era lievemente spaventata e confusa. Dietro di
lei
c’era Kanon, colui che l’aveva accompagnata fino a
quel luogo.
“Cosa
fai tu qui, Kanon?” domandò il
sacerdote.
“Potrei
farti la stessa domanda”
rispose lui “Assieme a tante altre”.
“Volevo
parlarvene”.
“E
quando? Fra me e te non dovrebbero
esserci segreti”.
“Hei,
siamo gemelli, non compagni di
vita! Per quel che mi riguarda, puoi avere tutti i segreti che
vuoi!”.
“Ma
non un segreto così grande!”.
“Da
quando lo sai?” si intromise
Atena “Da quando sai di essere figlio di..?”.
“Da
subito dopo il matrimonio di
Hades ed Eleonore. È passato un po’ di tempo. Ma
non sapevo come dirlo. Non ero
nemmeno sicuro”.
“Ora
lo sei?”.
“Sì,
mia signora”.
Atena rimase in
silenzio, qualche
istante, a capo chino. Poi risollevò lo sguardo.
“Come
sta?” domandò “Il divino Ares,
come sta? Ha ferite gravi?”.
“Pare
non possa più camminare”.
“Ares
è stato ridotto così male?” si
stupì Kanon.
“Erano
in molti i nemici. Mi stupisco
che sia ancora vivo. Marte è noto per la sua ferocia,
esattamente come Ares.
Come sono andate le cose?” parlò ancora la Dea.
“Ve lo
spiegherò” rassicurò il
sacerdote “Ma ora vorrei riposarmi e riflettere”.
“Che
ti ha detto Ares? Qualche
notizia importante?”.
“Mi ha
chiesto la testa di Marte, per
vendicare Zeus”.
“Anche
la somma Era ha espresso lo
stesso desiderio”.
“Lo
immaginavo..”.
“Ed
anch’io faccio lo stesso..”.
Sacerdote e
divinità si fissarono.
Lui non si aspettava una rivelazione del genere.
“È
tempo di smetterla di difenderci.
È tempo di combattere” annuì lei
“Nessuno può uccidere il mio amato padre,
ferire fratello Ares e sperare di passarla liscia”.
“Anche
loro hanno subito delle
perdite”.
“Non
abbastanza..”.
“Adesso
calmatevi, mia signora. È la
rabbia che vi fa parlare”.
Atena
scoppiò a piangere di nuovo,
non sapendo che altro fare. Kanon le poggiò una mano sulla
spalla, piuttosto
impacciato con le donzelle disperate.
“Cosa
fai ancora qui?” sbottò Era,
fissando il sacerdote “Mio figlio ti ha dato un ordine, mi
sembra”.
“Sì,
è così. Ma..”.
“Niente
ma! I tuoi fratelli sono pronti
a trovare una strategia di offesa. Il tuo posto non è qui a
cianciare con
divinità piagnucolanti”.
“Signora,
io sono solo un mortale. E
poi il drago di cui mi ha parlato Ares..”.
“Il
mio adorato marito è stato
ucciso. Il mio amato figlio è gravemente ferito. Ma tu lo
hai salvato, ne sei
stato in grado. Questo ti eleva in alto. Mortale, ma al pari di grandi
eroi del
passato, tuoi fratelli. Non avere pietà alcuna ed io ti
prometto che l’inferno
che tanto temi per te non arriverà”.
“Vi
ringrazio, divina Era”.
“E tu,
Atena, non piangere. Reagisci
e combatti. Sei la Dea della guerra, non delle lagne!”.
“Chiedo
scusa, avete ragione” annuì
lei.
“Zeus
avrebbe voluto questo. I romani
ci hanno soppiantati e sì, è vero, per anni non
abbiamo fatto nulla. Senza reagire,
ci siamo lasciati sopraffare nei secoli e ora è giunto il
momento di tornare
sull’Olimpo e prendere a calci nel culo questi stronzi, che
hanno copiato i
nostri ruoli e rubato la fede che ci spettava. È tempo di
reagire, figli miei.
Vecchie e nuove generazioni, troveranno un modo”.
Molte
divinità annuirono. Phobos e
Deimos capirono che, con il padre ferito, toccava a loro guidare gli
eserciti,
pur non volendolo. Fra la folla, videro la Dea della bellezza Afrodite,
loro
madre, con accanto altri loro fratelli: i gemelli Eros ed Anteros e la
bellissima Armonia. Tutti i figli di Ares e della Dea più
bella, si lanciavano
sguardi preoccupati. Vicini l’uno all’altro, si
rivedevano nello stesso posto
dopo tanto tempo.
“Ci
siamo tutti?” domandò Eros.
“Mancano
un paio di amazzoni e colui
che ha sempre di meglio da fare” rispose Deimos.
“Intendi
Priapo? Accetterai che, fra
fare la guerra e fare sesso, sia meglio al seconda opzione!”.
“Spero
gli bombardino il culo! O quel
suo cazzo sempre per aria”.
“Sei
sempre così acido, Deimos!”.
“Ma
stai zitto, Pokemon!”.
“Io
non sono un Pokemon! Lo dirò alla
mamma..”.
“E
piantatela!” interruppe Anteros
“Piuttosto..quello vicino ad Atena è quello
nuovo?”.
“Sì,
è lui” confermò Phobos.
“Come
lo inquadri? È valido?”.
“Sa il
fatto suo”.
“Detto
da te, è un gran complimento”.
Eros, il
più curioso della compagnia,
senza alcun contegno mise un braccio attorno al collo di Saga, che
stava ancora
discutendo con Kanon.
“Smettila
di perderti i chiacchiere”
interruppe il Dio dell’amore “Dobbiamo
parlare!”.
“Non
vedi che sta già parlando con
me?!” sbottò Kanon “Sparisci!”.
“E tu
chi saresti, scusa?”.
“Kanon,
il mio gemello” spiegò il
sacerdote.
“Ah,
ma allora pure tu sei della
famiglia!”.
“No!”.
“A
volte capita, sai? Ma sempre
l’altro gemello è dotato di notevoli
capacità. Quindi potresti risultare molto
utile”.
“Potresti
lasciarmi? Ci conosciamo?”
protestò Saga.
“Scusami,
hai ragione! Sono Eros, Dio
dell’Amore e tuo fratello maggiore. Come butta?”.
“Sta
lontano da me, tu e le tue
frecce”.
“Oh..ok.
Beh..volevo scusarmi, sai?”.
“Scusarti?”.
“Sì,
per la faccenda di Eleonore. Mi
sono così incazzato! Non sai quanto sia difficile trovare
abbinamenti perfetti,
non mi vengono quasi mai, ma
in quel
caso ci ero riuscito. Però hanno rovinato tutto. La cosa mi
ha fatto davvero
girare le palle! Non era così che volevo andasse. Mi
dispiace”.
“Non
sei stato tu ad ucciderla,
giusto? Solo che gradirei non avere a che fare con il sentimento che
governi,
d’ora in poi”.
“Come
preferisci. Ma, tornando a
noi..chi è tua madre?”.
“Non
lo so”.
“Non
è una Dea?”.
“No”.
“Ah,
ecco perché sei mortale!
Controllerò fra le mie liste. Papà Ares ha buon
gusto. Si scopa solo le più
belle e quindi di certo tua madre sarà stata una gran bella
topa!”.
“Hei!”
si indispettirono, in coro,
Saga e Kanon.
“Scusate,
mio fratello è ubriaco”
interruppe Anteros “Parlando di cose serie..che ti ha detto
papà Ares? Qualcosa
di utile per la battaglia?”.
“Mi ha
detto che devo usare il drago”
rispose il sacerdote.
“Drago?
Quale drago?”.
“Esattamente
quel che ho detto pure
io”.
“Non
hai un drago?”.
“No.
L’unico drago che conosco è lui,
che sotto Poseidone aveva l’armatura del dragone del mare. Ma
non credo che
intenda questo..”.
“E
perché no?! Brandisci il mortale!”
rise Eros, prima di prendersi uno scappellotto dal gemello.
“Forse
intende l’armatura” ipotizzò
Anteros.
“Quale
armatura?” domandò Kanon,
incuriosito.
“Phobos
e Deimos, ed Ares ovviamente,
combattono indossando armature chiamate draghi. Non so..forse ne hanno
una
anche per il nuovo arrivato”.
“E
dove?”.
“Non
lo so. Lo scoprirai”.
“E se
non lo scoprissi?”.
“Cazzi
acidi per te. La tua armatura
d’oro contro tanti Dèi non
servirà”.
“Senza
contare che l’armatura d’oro
adesso è mia!” specificò Kanon.
“Ancora
meglio. Cazzi doppiamente
acidi!”.