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Autore: Lerenshaw    15/03/2015    0 recensioni
La città era ormai sotto assiedo da giorni. Un'orda di morti viventi, comunemente definiti zombie, aveva seminato il terrore nel giro di poche ore, giungendo poi a decimare il numero della popolazione e prendendo rapidamente "controllo" della città. Regnavano il caos, la disperazione, la paura... l'apocalisse era arrivata.
La breve storia del gruppo di Kougaiji durante l'epidemia di zombie.
Presenza dell'avvertimento "DEATH CHARACTER"
Fanfiction partecipante al "Beware... the Warning Contest" di Rota23
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dokugakuji, Kogaiji, Lirin, Yaone
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava essersi calmata, finalmente. Le aveva suggerito di riposarsi per recuperare le forze, chiedendo a Yaone di prendersi cura di lei come al solito. La ragazza era riuscita ad arrangiare una semplice fasciatura, ma entrambi sapevano che Lirin aveva bisogno di cure mediche immediate. Tuttavia, non c’erano ospedali nei dintorni. Senza un mezzo di trasporto era impossibile muoversi in una città così grande.
 
Lasciò la mano della ragazzina e si congedò dall’altra, raggiungendo il moro che, a pochi passi da loro, fremeva dal senso di colpa.
Non appena il rosso gli fu vicino, Dokugakuji sussurrò le sue scuse, guardando in volto il rosso con sguardo afflitto. Cercava il suo perdono, o una frase che gli togliesse quel peso dalla coscienza. Kougaiji si fidava di lui e gli aveva affidato sua sorella in custodia solo per un breve lasso di tempo, e lui... aveva fallito, aveva messo a repentaglio la vita di una povera ragazza destinata ora a una morte certa. Guidato dal senso di colpa, non riusciva a tenere a freno il dolore e l’unica cosa che poteva fare era prendersela con se stesso.
-Smettila.- tuonò l’altro, cercando di mantere basso il tono della voce. -Non è stata colpa tua. Non potevi prevedere una cosa simile.-
Lo fissava dritto nelle sue iridi blu, in quel momento rivolte verso il basso.
-Non sono arrabbiato con te. Non potrei esserlo. Hai fatto molto per la mia famiglia e so benissimo che in una situazione diversa avresti protetto mia sorella con più efficenza. Ma ciò non significa che io serbi rancore nei tuoi confronti. Nessuno può biasimarti per quello che è successo. Certo, è doloroso e difficile da sopportare, ma voglio credere che troveremo un modo per salvarla. Proprio per questo, non possiamo farci prendere dal panico. Dobbiamo mantenere la calma e fare tutto il possibile per aiutarla.-
Pendeva dalle sue labbra, ricambiando la seria occhiata di Kougaiji con un’espressione perplessa, vagamente disorientata: il senso di colpa era tanto forte da spingere il moro a credere che quell’incidente avrebbe deteriorato il loro rapporto, portando il primo ad assumere un atteggiamento diverso nei suoi confronti. Fu lieto di constatare che non era così. Non era arrabbiato e mostrava ancora premura per le sue attuali condizioni, rincuorandolo e facendolo ricomporre. Con un discorso così carismatico, il più piccolo era riuscito a trovare il modo per placare il caos in cui versava la sua mente. Poteva negarlo tante volte, ma aveva delle doti innate come leader e chiunque lo avrebbe seguito ciecamente dopo aver udito un suo discorso.
-L’ospedale è troppo lontano e probabilmente sarà il covo di quelle creature, quindi ci sposteremo verso il centro medico più vicino e sosteremo lì. Faremo rifornimento di medicinali e cureremo Lirin. Ho bisogno del tuo aiuto, perciò... Mi serve che tu sia calmo e concentrato. Conto su di te.-
Dokugakuji annuì, rispondendo con un sonoro sì. Era convinto della sua decisione: proteggere i suoi signori. Aveva giurato fedeltà tempo addietro, ma ora rinnovava nuovamente quella promessa con una volontà più forte e con maggiore impegno. Aveva sbagliato precedentemente, ma si riprometteva di non abbassare più la guardia e di dare il meglio di sé.
 
Ridefiniti gli ultimi dettagli assieme al moro, Kougaiji avvertì Yaone del loro piano. Caricarono sulle spalle del più grande la ragazzina e da lì si apprestarono a lasciare il parco.
 
***

Avevano camminato per una ventina di minuti, evitando le strade più “affollate” e sostando ogni tanto per controllare le condizioni di Lirin. Si agitava in preda al dolore e in preda movimenti involontari, prendendo poi a tossire frequentemente. Fortunatamente, erano vicini alla loro meta. Infatti, il centro medico in questione era un piccolo studio situato in uno di quei locali.
Il rosso si offrì di cercarne l’entrata, esaminando ogni targhetta posizionata sul muro. Quando lo trovò ed ebbe la certezza di potervi accedere, fece cenno al suo seguito di raggiungerlo.
 
Accesero subito la luce, poiché il sole stava iniziando a calare e volevano evitare sorprese. Con molta cautela si avvicinarono allo studio e adagiarono la ragazza sul lettino, mentre Yaone correva a frugare fra le attrezzature mediche.
Lirin continuava a tossire più frequentemente e gravemente, come se avesse la bronchite, gemendo non appena tentava di respirare. Si domandavano se quei sintomi fossero collegati all’epidemia che aveva trasformato in zombie gli abitanti di quella città, ma di una cosa, però, erano certi: il morso di quell’essere l’aveva infettata, trasmettendole qualsiasi cosa avesse.
Inoltre, la grossolana medicazione era un modo temporaneo per evitare che il sangue continuasse a sgorgare dalla ferita -ed evitare che questa li attirasse. Seppur non avesse rudimenti di medicina, Yaone ritenne necessario disinfettare e fasciare nuovamente la zona infetta, per poi dedicarsi alla ricerca di farmaci che potessero contrastare i sintomi mostrati dalla più piccola. Kougaiji dovette tenerla ferma per permettere alla prima di medicarla, poiché continuava ad agitarsi. Tra l’altro, la situazione sembrava essere peggiorata. Il colorito era più pallido, opaco, e le goccioline di sudore che grondavano dalla sua fronte erano palesemente visibili, mentre si facevano strada lungo la fronte di Lirin. Il corpo si muoveva per i brividi e lei stessa richiedeva qualcosa che la riscaldasse.
Il rosso aprì un armadietto lì nelle vicinanze e trovò il camice di un dottore. Non era il massimo, ma forse poteva aiutarla.
-Mio signore,- Yaone richiamò la sua attenzione con voce funesta. -Ho disinfettato la ferita, ma... Credo che tutto questo sia opera di un qualche virus. Il piede è gonfio e la zona morsa ha un brutto colore violaceo. Temo che...-
Il ragazzo si fece in avanti per ascoltare ciò che aveva da dire, ma ne presagiva già il finale. L’altra non volle continuare, soprattutto perché Lirin era accanto a loro e non voleva dirle chiaramente che era destinata a morire. Ormai non c’erano più speranze per lei e con molta probabilità, anche amputando la parte interessata, il virus si era già diffuso in tutto il corpo. Quello era l’unico modo per spiegare gli improvvisi sintomi che ella aveva mostrato.
 
Impallidì non appena intuì ciò che la donna stava per dire. Non... Non voleva crederci. Erano in un posto che forniva medicine e ogni tipo di attrezzoatura medica. Era un posto in cui le persone dovevano essere salvate, non condannate! 
Aveva mentito a se stesso dicendosi che avrebbe salvato sua sorella, ma ora si ritrovava faccia a faccia con la triste realtà. I sentimenti che aveva represso negli ultimi tempi iniziavano ad affiorare dolorosamente, facendogli tremare le labbra e facendogli luccicare gli occhi. No, non avrebbe pianto. Non poteva permettersi una simile debolezza in quel momento. Doveva essere forte e dare un esempio a tutti loro. Non si sarebbe arreso e avrebbe cercato ad ogni costo un modo per salvare la ragazzina. Doveva pur esserci!
 
Si voltò in direzione della scrivania e prese a guardare i fogli in cerca di qualcosa che potesse tornargli utile. Dokugakuji lo affiancò per aiutarlo. Sapeva benissimo cosa stesse provando e ancora se ne sentiva responsabile. Voleva redimersi trovando un modo per curare la sua piccola amica. Impiegarono del tempo a rovistare tutte le cartelle cliniche e i fogli sparsi casualmente sul tavolo, leggendone velocemente il contenuto, ma nessuno di quelli pareva essere rilevante in quel momento.
Si voltarono di scatto non appena Lirin prese a tossire con più forza, facendo ricadere del sangue sul petto.
-..ra...te...lone...- iniziò, la voce rauca e il respiro affannoso, molto più simile ad un rantolo. -Mi sen...o...stra...na...-
Voleva avvicinarsi e darle supporto, tenerle la mano stretta e rassicurarla, dirle che le sarebbe stato vicino e che con lui al suo fianco non c’era nulla di cui avere paura. Yaone si alzò di scatto, raggiungendo i ragazzi intimorita. Cosa potevano fare? Doveva pur esserci un rimedio, un antidoto... Insomma, doveva pur esistere qualcosa che vanificava gli effetti di quel contagio! Non poteva lasciarla morire così, lasciare che diventasse una di loro e...
 
-Frat...ello...e-
La sua debole voce lo richiamò ancora una volta.
-Lirin... Sono qui. Andrà tutto bene, tieni duro!- fece il rosso, avvicinandosi appena.
Ma presto, la ragazza tossì e sputò dell’altro sangue, spargendolo sul lettino e sul pavimento, mancando per un pelo Kougaiji.
-Mio signore, si mette male. Cosa facciamo?- bisbigliò Yaone mostrando grande preoccupazione.
Se solo ci fosse una soluzione. Se solo avessimo una chance...
Non aveva idea. Sapeva soltanto di non poter lasciare la piccola Lirin in fin di vita lì, da sola. Tuttavia, sapeva che presto sarebbe diventata uno zombie, vista la veloce diffusione del virus all’interno del suo corpo. Era una questione di minuti, o forse ore, e nessuno di loro era preparato al peggio.
Dokugakuji non ebbe bisogno di farselo dire e corse a cercare un’arma da usare, in caso di bisogno.
E fu allora, nel momento in cui il moro ebbe lasciato la stanza, che il piccolo corpicino di Lirin prese ad agitarsi convulsamente sul lettino, tra urla di dolore strazianti e gemiti. Yaone si portò una mano alla bocca per trattenere un urlo. Era così spaventata e lentamente i suoi occhi avevano iniziato a bruciarle, fino a lacrimare, offuscando la triste visione. Per il suo padrone la scena fu altrettanto shockante. Era impietrito, desideroso di stare accanto a sua sorella e di fare il possibile per aiutarla. Non poteva, però. Se si fosse avvicinato, avrebbe potuto rischiare di esserne contagiato. Era combattuto da due forze interiori che lottavano l’un l’altra per una decisione, mentre dei forti sentimenti di dolore gli laceravano il petto. Una visione agghiacciante, quella, tale da fargli rizzare i peli sulle braccia. Sentì le labbra tremargli e i suoi occhi minacciae di versare lacrime. Finalmente, l’altro tornò dalla stanza con un’asta di ferro in mano.
-Kou, sta’ indietro!- esclamò quello, posizionandosi fra lui e il lettino su cui poggiava Lirin.
Le convulsioni finirono e la ragazza tossì ancora una, due volte, facendo schizzare del sangue, poi si spense. Le sue membra smisero di muoversi e la testa scivolittò ricurva verso un lato.
Cadde il silenzio.
 
Rimase in attesa di un segno, di un suono, di qualcosa che interrompesse quel momento carico di tensione. Dokugakuji si mosse verso di lei con molta cautela e le sollevò il polso, per sentirne il battito. Scosse la testa. Ormai, Lirin, era morta.
 
Si sentì come se una parte di sé fosse venuta meno in quell’istante. L’intero corpo tremava, mentre osservava a bocca aperta il corpo esanime di sua sorella. Perché? Perché proprio lei? Perché doveva morire proprio lei? Si sentiva mancare il respiro. Non avrebbe retto a lungo. Il suo dolore era troppo grande, grande come l’affetto che provava per lei. Erano fratellastri, ciononostante l’amava più di quanto amasse suo padre e la sua matrigna. Già, era l’unica persona, oltre ai suoi sottoposti, che poteva considerare davvero parte di una Famiglia. E ora, lei non c’era più.
 
Yaone gli prese una manica della giacca, chianando la testa sulla spalla. “Mi dispiace” sussurrava, ma la sua debole voce non era sufficiente per destarlo da quello stato di shock. Dokugakuji era di fronte a loro e continuava ad esaminare il suo corpo, la mano libera ben salda sull’asta. Si voltò verso di loro e quasi si sentì in colpa a richiamarli.
-Sembra morta. Dobbiamo andare. Se si risveglia, siamo fritti. Questo luogo è troppo piccolo.-
-No. Non possiamo andarcene così!- tuonò il rosso, riprendendosi, mostrando loro le lacrime del suo dolore. -Dobbiamo darle una sepoltura. Dobbiamo evitare che diventi una di loro!-
-Kou, non abbiamo tempo! Non sappiamo quando accadrà e portarla con noi sarebbe un rischio enorme!-
-Mio signore, non è nostra intenzione contraddirla, ma Dokugakuji ha ragione. Dobbiamo andar...-
-E lasciare che diventi uno zombie? Mai! Non lo permetterò mai!- rispose l’altro, andando su tutte le furie.
Perché non capivano? Non era difficile capire che quella ragazza non meritava di esser lasciata così, in balia di altre creature, o peggio ancora, di farla diventare come loro e mietere vittime. Non lo avrebbe sopportato. Non avrebbe sopportato una cosa simile.
-Kou... Scusami, ma non possiamo permetterci di morire adesso. Dobbiamo andarcene alla svelta.- disse il ragazzo, incamminandosi verso la porta.
-Fa’ pure. Se vuoi andartene, fa’ pure. Io... Semplicemente non posso farlo.-
-Mio signore...-
Sembrava sull’orlo di pinagere, la ragazza. Riposava ancora la testa sulla sua spalla, combattuta sul da farsi. Voleva rimanere con lui e assicurarsi che stesse bene, ma era pienamente d’accordo con l’altro: non avevano più nulla da fare lì, ora che lei era morta. Dovevano cercare un’altro rifugio il più in fretta possibile. Magari una casa, un appartamento, qualunque posto sarebbe stato utile pur di riposarsi e dimenticare gli eventi di quella triste giornata. La periferia? Se ci sarebbero arrivati, sarebbe stato solo grazie ad un miracolo. Per il momento desiderava semplicemente essere viva.
 
Improvvisamente, sentirono un verso. Sgranarono entrambi gli occhi per lo spavento, immaginando che il momento fosse giunto. Posarono il loro sguardo con attenzione sul corpo di Lirin e notarono che aveva degli scatti, dei movimenti involontari.
Kougaiji osservava in silenzio il corpo, dicendosi che era stata soltanto la sua immaginazione. Non poteva essere... 
-Mio signore... Andiamo via, Vi prego.- bisbigliò l’altra, tirandogli il braccio, prendendo poi ad osservare la stanza in cerca di vie di fuga.
Ci fu un altro verso e stavolta la ragazza parve rianimarsi, alzandosi. Sgranò maggiormente gli occhi e Yaone lanciò un urlo, facendo accorrere nella stanza Dokugakuji, il quale si lasciò scappare anche lui un grido. Non c’erano più opzioni: dovevano ucciderla per davvero, prima che uno di loro potesse divenire la prossima vittima.
La creatura si muoveva con lenti movimenti verso il duo, il quale stava indietreggiando. Non avevano armi, loro, ma lui sì. Realizzò che non aveva chance e che era l’unica persona in grado di salvarli. Così si fiondò sulla ragazzina, colpendola con forza alla testa. Non sembrava aver subito il colpo, né sembrava risentire del dolore. Si girò, guardando con occhi vuoti e privi di vita il suo aggressore e cambiò subito obiettivo.
No, non aveva paura. Era armato e pur di salvare i suoi compagni avrebbe affrontato Lirin da solo. Portò l’asta davanti a sé e si mise in posizione, colpendo ancora una volta la ragazza, la quale sbandò di lato a causa dell’attacco.
-Adesso, scappate!- ordinò loro il più grande, indicando la finestra sul lato corto della stanza.
Cosa credeva di fare quel pazzo? Voleva forse sacrificarsi per il loro bene? Ne era quasi certo: Dokugakuji voleva mettere in gioco la propria vita per farli scappare. Scosse la testa, cercando di sopraffare i suoi sentimenti. Aveva paura, vero, ed era ancora scosso da quella serie di eventi, ma quello non era il momento di lasciarsi intimidire. A causa della sua stupidità, adesso era l’altro a trovarsi in pericolo e non poteva permettere una cosa simile. No, non voleva perdere un’altra persona a lui cara. 
 
Yaone aspettava una sua risposta, un suo cenno: qualunque cosa avesse deciso, lei l’avrebbe accettata. Eppure, il rosso era lì immobile, gli occhi color ametista fissi su quella che una volta era sua sorella.
-Signor Kougaiji...?- domandò con un sussurro.
Dokugakuji, intanto, di fronte a loro, continuava a colpire con la lunga asta la ragazzina. Non importava quanti colpi subisse, quella continuava sempre a rialzarsi e a protendere le sue braccia verso di lui, desiderosa di affondare i denti nella sua carne. Ad un tratto, Lirin riuscì a bloccare l’asta e impedire che l’attacco andasse a segno. 
-Dokugakuji!-
La voce del rosso tuonò grave nella stanza e prima che gli altri due potessero accorgersene, egli si ritrovò sul corpo della ragazzina, prendendola dalle spalle, le braccia che dovevano immobilizzarle la testa.
-Kou!- esclamò il moro, sgranando gli occhi.
Cosa...?
-Colpiscila alla testa! Forza, colpiscila!- gli ordinò, continuando a bloccare la ragazza.
-Signor Kougaiji!-
 
Era un momento cruciale per tutti. Il signorino teneva a bada la ragazza con grande difficoltà, stringendole il più possibile le braccia intorno al collo, mentre quella cercava di divincolarsi muovendo la testa. Il rischio era enorme, ma in quel momento non gli importava molto. Doveva salvare Dokugakuji a qualunque costo!
L’altro era in preda al panico e non sapeva se eseguire o meno la sua richiesta. Era... Era insensata! E se l’avesse colpito? Voleva fare lui l’eroe adesso? Con molta cautela si chinò a raccogliere l’asta che Lirin aveva precedentemente bloccato, e che era caduta a terra nel momento in cui suo fratello l’aveva assalita, e la impugnò saldamente con entrambe le mani.
-Presto! Ora!- esclamò l’altro, implorandolo di attaccare.
Non... Non poteva farlo. Temeva di colpirlo o di sbagliare il colpo. Era un grande rischio, uno di quelli che non avrebbe mai voluto correre. Aveva bisogno di molta concentrazione per farlo e...
 
Lirin si divincolò dalla presa, facendo cadere dietro di sé suo fratello e si avventò sul moro, il quale non ebbe il tempo di contraccare. Nonostante l’asta li separasse, la ragazza cercava di imporsi sempre di più su di lui, spingendolo contro il muro di un corridoio, mettendolo così alle strette. L’asta gli cadde per terra, ormai sconfitto dal peso della ragazzina, e istintivamente si portò un braccio per coprirsi il volto. Ed infine, ella affondò i suoi denti nel braccio del moro, staccando via un lembo di pelle.
Kougaiji, il quale si era appena rielzato, portò velocemente lo sguardo al pavimento. Individuò subito l’asta e si lanciò ad attaccare la ragazzina, la quale cadde lateralmente con un tonfo sonoro.
 
-Presto, uscite dalla porta!-
-Vieni via con noi!- gli intimò Kougaiji, afferrandolo per la stoffa dell’abito.
-Pazzo! Porta in salvo Yaone. Potete ancora farcela.-
-Dobbiamo andare, mio signore.- fece la ragazza.
-No, non è detta l’ultima parola! Non ti mollo qui!- continuò ad insistere il rosso, strattonando il moro.
-Andate, su!-
Non se lo lasciò dire due volte. Yaone prese per il braccio il ragazzo e lo strattonò, forzandolo a seguirla.
 
Continuava a guardare dietro di sé, mentre lasciavano quel posto, lasciandosi dietro una parte della famiglia. Yaone lo trascivana, correndo in quei vicoli deserti e pericolosi, ingannevoli, ma lui non se ne curava. Aveva perso due persone importanti nel giro di così poco tempo, senza avere il tempo di accettare la loro morte. Era troppo doloroso e non riusciva ancora a capacitarsene. La realtà,in quel momento, perdeva ogni significato, mentre la sua mente si perdeva nel ricordo di quelle persone a lui care. Vedeva i volti sorridenti della piccola Lirin, i momenti in cui lui e Dokugakuji ridevano e scherzavano, i felici momenti in cui loro quattro sembravano un’allegra famigliola... Tutto ciò era ormai andato, tutto a causa di una strana epidemia che aveva seminato il panico nella città. Non gli importava più niente ormai. Morire? Forse sarebbe stato meglio che restare in quell’inferno. Se reclamavano il suo corpo, potevano venire a prenderselo. Non aspettava altro. No, no, ma cosa stava dicendo?! Quei funesti pensieri erano semplicemente dettati dall’immenso dolore che stava provando. Aveva ancora una persona da proteggere, una persona a cui teneva. Era la stessa persona che con coraggio adesso lo stava trasciando per le vie di quella città, seminando ogni creatura che incontrava sulla sua strada. La meta gli era ignota, ma adesso... L’unica cosa che gli importava era...
 
Una finestra si ruppe e uno zombie afferrò Kougaiji, trascinandolo a sé.
-Signor Kougaiji!- urlò la ragazza, togliendo le mani di quell’essere dal suo padrone.
L’altro cercò di divincolarsi, ma senza successo. Sentiva la bocca di quella cosa posarsi sul suo collo, seguita dal caldo e puzzolente respiro, e infine i suoi denti penetrargli la carne e marchiare anche lui, imponendogli la sua sentenza.
Urlò per il dolore, mentre quella cosa continuava a strappargli la pelle a morsi. Guardò Yaone con disperazione e le intimò di fuggire
-Salvati! Almeno tu... Mettiti in salvo!-
La ragazza scosse la testa, lasciando che delle lacrime prendessero a rigarle le guance, e tirò a sé il braccio del ragazzo con tutta la forza che aveva in corpo. Riuscì a staccarlo dalla presa dell’orrenda creatura e continuò a trascinarlo con sé.
   
 
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