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Autore: Lerenshaw    15/03/2015    1 recensioni
La città era ormai sotto assiedo da giorni. Un'orda di morti viventi, comunemente definiti zombie, aveva seminato il terrore nel giro di poche ore, giungendo poi a decimare il numero della popolazione e prendendo rapidamente "controllo" della città. Regnavano il caos, la disperazione, la paura... l'apocalisse era arrivata.
La breve storia del gruppo di Kougaiji durante l'epidemia di zombie.
Presenza dell'avvertimento "DEATH CHARACTER"
Fanfiction partecipante al "Beware... the Warning Contest" di Rota23
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dokugakuji, Kogaiji, Lirin, Yaone
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La città era ormai sotto assiedo da giorni. Un'orda di morti viventi, comunemente definiti zombie, aveva seminato il terrore nel giro di poche ore, giungendo poi a decimare il numero della popolazione e prendendo rapidamente "controllo" della città. Regnavano il caos, la disperazione, la paura... l'apocalisse era arrivata.
I pochi superstiti si rifugiavano nei luoghi più disparati pur di scappare a quelle orride creature e avere un attimo di tregua. La sopravvivenza era l'unico obiettivo che si prefiggevano, la loro unica possibilità di salvezza.
***
 
Non c’erano segnali che facessero presagire quella catastrofe. Sembrava una giornata come tante altre, scandita semplicemente dal ripetersi delle loro abitudini. Non avrebbero mai immaginato che quello potesse essere l’ultimo giorno in cui sarebbero stati una famigliola felice. Eppure, l’inevitabile accadde...

Correvano senza sosta da una quindicina di minuti. Di un buon riparo non vi era l’ombra e la periferia era ancora molto lontana. Ogni posto pareva brulicare di zombie e per loro non c’era un attimo di tregua. Cercavano un luogo sicuro, un luogo che potesse assicurargli la sopravvivenza e per questo avevano intrapreso quella folle corsa verso l’ignoto. La triste realtà non tardò a farsi sentire.

Una piccola ragazzina dai capelli rossicci si fermò, prendendo a respirare rumorosamente. Aveva il fiato corto e respirava con difficoltà. Voleva davvero riposarsi, regolarizzare il suo respiro e riposare le sue stanche membra, ma non poteva farlo. Non poteva permettere al gruppo di rallentare a causa sua. Senza dire una parola, cercava di restare al passo con gli altri, ma il suo corpo andava gradualmente perdendo vigore, fino ad aumentare la distanza da loro. Voleva chiamarli, chiedere loro di fare una una sosta, o di rifugiarsi in uno dei locali che vedeva, eppure non aveva né il coraggio, né la capacità di farlo. Contrariamente all’immagine di ragazza sciocca e spensierata che dava di sé, era ben conscia delle situazione in cui si trovavano. Non riusciva a comprenderla appieno, né riusciva ad accettarla, ma sapeva benissimo quanto fosse rischiosa. Proprio per questo non poteva azzardare una richiesta tanto pericolosa.
Provò a sforzare maggiormente le sue gambe, continuando a correre più velocemente possibile, cercando di mantenersi quanto più vicina possibile al trio. Non ce la faceva: era al limite. A un tratto, le sue gambe smisero del tutto di muoversi, pesanti e dolenti, e si ritrovò bloccata con un nodo alla gola e un respiro affannoso.
Fratellone! Fratellone, aiutami! Ti prego... Fermati! Fratellone!
Nella sua mente, la sua voce chiamava disperatamente la figura a cui più di tutte teneva: suo fratello. Lo vedeva allontanarsi velocemente e questo la spaventava. No, ti prego! Non andartene! Aspettami! Fratellone! Non lasciarmi indietro! Ti scongiuro...a...
Sentiva quel nodo alla gola bloccarle ogni possibile suono, la voce incapace di uscire e di pronunciare parole. Delle calde lacrime presero a rigarle le guance e un sentimento di sconfitta la pervase. No, non poteva darsi per vinta. Non poteva permettersi di perderli di vista. Se la sua voce non l’avrebbe aiutata, sarebbe stato il suo corpo a farlo. 
Nonostante fosse difficile, soprattutto a causa del dolore, decise di muovere le gambe, fino a che non le sembrava di camminare più velocemente, di avere uno sprint. Il fiato non era dalla sua e si faceva sentire sempre più pesante.
Ti prego, fratellone! Voltati! Aiutami!
Sperava con tutto il cuore che in qualche modo la sua voce, seppur muta, potesse raggiungerlo. Era stata una sciocca a credere di potercela fare, a credere che tutto sarebbe andato bene e che non sarebbe stata un peso per loro. Già... desiderava così tanto mostrarsi adulta e capace di reggere una simile esperienza e, invece, aveva fallito. La sua ostinazione nel non volersi arrendere, o nel non chiedere prima a suo fratello di fermarsi, l’avevano portata a questo. Certo, nonostante stesse spingendo il proprio corpo oltre i limiti, riusciva ancora a vedere la loro schiena all’orizzonte, ma temeva il peggio. Cosa avrebbe fatto se avesse perso vista del gruppo? E se fosse rimasta davvero sola? Beh, lo era già, ma in cuor suo sperava ancora che Kougaiji notasse la sua assenza e si precipitasse a soccorrerla.
Scacciò dalla mente quei pensieri funesti, dicendosi di continuare a correre e di provare a chiamare ancora una volta suo fratello. Aprì la bocca, imponendosi di parlare e finalmente riuscì a pronunciare qualche suono indistinto, poi chiamò il suo adorato fratello.
-Fratellone... FRATELLONEEEE!-
La sua voce riecheggiò appena in quella strada apparentemente deserta. Non si diede per vinta e lo chiamò ancora qualche volta, mentre il suo corpo rallentava una seconda volta. Era esausta e non ce la faceva più. Voleva soltanto trovare un riparo e riposarsi. 
-Fratellone, aspettami!- gridò ancora una volta.
Ma prima ancora di capire se avesse raggiunto il suo obiettivo, la ragazza realizzò che il suo piano aveva attirato delle attenzioni indesiderate. Sentiva quei versi poco umani, indescrivibili a parole. Erano loro ed erano vicini. Era... Era diventata la loro preda!
Iniziò a guardarsi attorno, alla ricerca di sagome umane. Non riusciva a individuarle, ma era sicura della loro presenza. Quei respiri rumorosi, il rumore che producevano quando individuavano la loro vittima e si apprestavano ad assalirla... Aveva già assistito ad un loro attacco attraverso il vetro della sua stanza, quando ancora tutti credevano che la loro casa fosse un posto sicuro e inespugnabile. Desiderava essere ancora lì, anziché ritrovarsi in quella maledetta strada da sola. Oh, se solo uno di loro fosse qui... pensava, mentre la paura prendeva possesso del suo corpo.
Iniziava a tremare. La sua mente non riusciva a non pensare al peggio,considerando il peggior scenario possibile e contemplando così la sua morte. No, non sarebbe successo. Credeva nei miracoli e adesso ne sarebbe accaduto uno. Eppure, non riusciva a smettere di piangere. Gli occhi avevano preso a lacrimare, rendendo tutto offuscato e indistinguibile. Si portò le mani agli angoli degli occhi per asciugare le lacrime, ma la sua vista non sembrava migliorare. C’era una figura nel suo campo visivo e non riusciva a capire chi fosse. Aveva paura, tanta paura. Fratellone... Fratellone!
-Kyaaaaa!-

Chiuse gli occhi istintivamente, coprendosi il volto con le braccia. Non aveva la più pallida idea di cosa fare, non aveva armi e, soprattutto, era in preda al panico. Frignava senza sosta, emettendo dei gridolini ogni qualvolta sentiva il verso disumano di quelle cose. Perché non era ancora arrivato nessuno? Perché non sentiva nessun rumore, né una voce che le diceva di tenere duro? Dov’erano tutti quanti? Dov’era il suo fratellone?
Sentì lo zombie avvicinarsi sempre più, così urlò ancora una volta.
-Fratellone! Aiutooooo!-
La sua disperata richiesta non ricevette alcuna risposta. Sentì di nuovo il verso di quel mostro che le si avvcinava, ma aveva paura di guardare. Se avesse aperto gli occhi e lo avesse visto dinnanzi a sé, cosa avrebbe potuto fare? 

Improvvisamente, sentì il rumore di passi, poi un colpo seguito da un tonfo.
-Lirin!-
Capì che poteva riaprire gli occhi e che qualcuno di familiare era giunto in suo soccorso.
-Dokugakuji!- esclamò con occhi grandi per lo stupore.
Il ragazzo rispose con un sorriso, tornando poi ad occuparsi delle creature che avanzavano verso di loro. La sua arma era soltanto di una spranga di ferro e di fronte a sé c’erano ben tre nemici, compreso quello che aveva appena steso. Non aveva molti dettagli utili per lo scontro, ma sapeva che quelli erano tipi duri a morire. La sola spranga poteva atterrarne un paio per un breve lasso di tempo, permettendo così la possibilità alla ragazzina di allontanarsi e di raggiungere il resto del gruppo. Se non avessero fatto in fretta, altri zombie sarebbero arrivati e la situazione si sarebbe complicata ulteriormente. Dokugakuji prese ad agitare la spranga in avanti, cercando di tenere le creature alla larga, ma senza ottenere l’effetto desiderato. Era come se non temessero le armi, né i colpi subiti. Inoltre, non c’erano ripercussioni a livello psicologico, né fisico. Una volta messi al tappeto, si rialzavano e tornavano all’attacco. 

Kougaiji e Yaone, anch’essi armati, giunsero con un leggero ritardo e si apprestarono a soccorrere la piccola. Il rosso la fece salire sulla sua schiena e richiamò gli altri, ordinandogli di ritirarsi. L’altro mugugnò qualcosa, prima di sferrare l’ennesimo colpo e dar retta al rosso. Riuscì a tenere i suoi inseguitori a bada e a tentare la fuga, raggiungendo finalmente i tre.
-Dobbiamo trovare un posto sicuro, Kou!-
-Questi posti brulicano di zombie. Non possiamo fermarci qui!-
-Mio signore, forse, potremmo fermarci alla stazione di polizia. E’ a pochi isolati di qui. Inoltre, potremmo anche rifornirci di armi.- disse Yaone, offrendo loro una buona alternativa a quella sfrenata corsa.
Non riusciva a vederlo in faccia, Lirin, ma sapeva benissimo ciò che suo fratello pensava. In cuor suo desiderava che accettasse il suggerimento della ragazza, ma conoscendolo, sapeva benissimo che il suo caro fratellone stava considerando i rischi e la realtà che avrebbero trovato in quel luogo.
-Ti prego, andiamoci.- sussurrò con voce bassa e melancolica.
Il ragazzo si fermò e guardò negli occhi i suoi sottoposti, pronto a comunicare la sua decisione. Teneva a cuore sua sorella e ognuno di loro, i loro sentimenti, le loro idee. Nonostante fosse sempre risoluto in una normale soluzione, adesso temeva la possibilità di ogni errore. Non poteva permetterselo, poiché la posta in gioco era troppo alta. Non voleva perdere nessuno di loro. Nella sua mente non c’era una persona sacrificabile, né l’idea del sacrificarsi per gli altri. Non era un eroe, non era un moralista, non era un esempio; era semplicemente un ragazzo che metteva al primo posto la vita e gli altri. Aveva ipotizzato il possibile rischio a cui stavano per andare incontro, ma se loro ne avevano bisogno, lo avrebbero fatto: sarebbero andati alla stazione di polizia.
-Ci andremo.- rispose con tono alquanto serio, rimettendosi in marcia.
-Grazie.- fu la risposta della sorellina che gli giunse all’orecchio come un bisbiglio.
 
***
 
L’edificio era lì dinnanzi ai loro occhi. Nei ditorni c’erano zombie, come previsto, e non c’era modo di entrare senza essere visti. Osservavano con attenzione i loro lenti movimenti, sperando di “trovare” l’opportunità giusta. Dokugakuji portò una mano sulla spalla del più giovane, lanciandogli un’occhiata. Seduta sul ciglio del marciapiede, dietro di loro, Lirin osservava l’occhiata complice che il più grande dava a suo fratello, il quale ricambiava con un cenno di disapprovazione. Non capiva cosa si fossero detti con quello sguardo, ma aveva un brutto presentimento. 
-Potremmo passare dal retro.- esordì la ragazza più grande, troncando la discussione che stava per nascere.
Kougaiji la osservò, meditando su qualcosa. Non sembrava affatto convinto e non trovava buona l’idea di andare in un posto palesemente pericoloso. Il semplice fatto che ci fossero degli zombie non lo convinceva, aveva ripetuto per l’ennesima volta. 
-Forse è meglio se lasciamo perdere la stazione di polizia. Dovremmo cercare un posto più sicuro.- aggiunse freddamente.
-Mio signore, l’episodio di prima è la prova che non possiamo continuare a scappare. Dobbiamo trovare un posto in cui riposare, prima di proseguire. Abbiamo anche bisogno di armi e...-
-Yaone, non contraddirmi. Il tuo pensiero è importante e apprezzo la preoccupazione che dimostri per mia sorella, e non solo, ma ho un presentimento: quel luogo potrebbe essere pericoloso.-
La ragazza ammutolì all’istante, abbassando il capo. Dokugakuji stava per prendere le sue difese e sostenere la sua tesi, ma lei scosse la testa.
-Cosa proponi di fare, Kou?-
La sua espressione era piuttosto facile da leggere: era a corto di idee e non voleva trovarsi lì a prendere una decisione tanto importante. Si capiva chiaramente quanto detestasse avere la responsabilità di ben tre vite su di sé.
La più piccola voleva fare qualcosa per aiutare il suo tormentato fratello, ma anche lei non sapeva cosa dire, né cosa fare. Voleva confortarli tutti, dire che ogni decisione sarebbe stata buona e che qualunque fosse stato il loro destino, la colpa non poteva essere loro, ma, piccola com’era, non poteva capire la mentalità e la visione dei più grandi e per questo rimase in disparte, in silenzio.
-Se non te la senti, possiamo proseguire.- disse ad un tratto, assumendo un tono serio.
Kougaiji si voltò per ascoltare il suo parere.
-Voglio dire, lo state facendo per me, giusto? Non voglio esservi di peso. Continuiamo pure. Quel luogo è pericoloso, ma lo sarà ancor di più rimanere qui. Scegliamo la prossima meta e allontaniamoci in fretta.-
-Ha ragione, Kou.- disse l’amico, sorridendo. -Faremmo meglio ad allontanarci. Ormai avranno già avvertito la nostra presenza.-
Annuì, perché era esattemente quello che pensava. Era ancora incerto sulla prossima meta. La città era grande e la strada verso la periferia era piuttosto lunga. Certo, se avessero avuto un mezzo di trasporto, forse il tragitto non sarebbe stato così lungo, ma doveva considerare la situazione corrente. Queste creaturea apparentemente morte, ma al tempo stesso vive vagavano per la città, accrescendo il numero di alleati. Sapevano ben poco e la televisione non trasmetteva nulla a parte strisce colorate e segnali di interruzione del programma, perciò la loro conoscenza si limitava a ciò che avevano imparato osservandoli durante i turni di guardia a casa loro. Non avevano capito bene come funzionasse la “trasformazione”, ma avere un contatto fisico con una di quelle creature poteva risultare fatale.
I volti impazienti dei suoi sottoposti lo riportarono alla realtà e alla decisione.
-La strada avanti a noi è fuori discussione e quella dietro di noi lo è ancor di più. Potremmo prendere uno dei vicoli che si diramano in questa zona. Tuttavia, tenete gli occhi ben aperti. Potrebbero tenderci un’imboscata, o potremmo ritrovarceli addosso in un niente. Le strade sono strette, perciò cammineremo in fila indiana.-
Era piuttosto serio e sembrava avesse già pensato ad un possibile incontro con degli zombie lungo il nuovo tragitto. Si avviarono nel vicolo alle loro spalle e si mossero con estrema cautela, seguendo la strada ovunque portasse.

Sembrava tutto tranquillo e nella norma, ciononostante, proseguivano tenendo gli occhi ben aperti. Dokugakuji, munito ancora della spranga di ferro, era in cima al gruppo, pronto a usare la sua forza in caso di necessità. Dietro di lui, Kougaiji proseguiva a ispezionare con gli occhi ogni singolo dettaglio di quell’apparente paesaggio deserto: i suoi occhi violacei si posavano con grande sospetto su ogni angolo buio, o su ogni finistra rotta, porta aperta, o anche chiusa, temendo il peggio. Lirin gli teneva stretta la mano, impaurita. Aveva i brividi lungo la schiena e non poteva scacciare anche lei dei mesti pensieri, proprio come faceva suo fratello. Inoltre, era ancora shockata per il triste episodio che aveva vissuto poco tempo prima. Per scacciare la paura e la tensione, scambiava due chiacchiere con l’altra ragazza, la quale non perdeva occasione di rincuorarla. Era così coraggiosa e non aveva paura di nulla, pensava la più piccola. Le sembrava che la donna avesse una buona padronanza di sé e delle sue emozioni, mostrandosi quasi impassibile agli eventi che li vedevano protagonisti. Se solo fossi come lei, non sarei un problema per tutti...

Ad un tratto, il rosso si fermò.
-Fratellone, che succede?- domandò la ragazza con un filo di voce; aveva già una mezza idea di cosa si trattasse.
Dokugakuji aveva allungato un braccio, facendo loro segno di stare indietro. Era all’erta e aveva portato la spranga di fronte a sé, in posizione da combattimento. Finalmente, le sentì anche lei. Erano voci umane indistinte, due o tre, e gridavano. Presto seguì uno sparo, poi un altro e in seguito ci fu un susseguirsi di urla strazianti, versi macabri e... Infine vi fu il silenzio, interrotto poco dopo dal gracchiare di un uccello.
Istintivamente, Lirin si aggrappò al braccio del fratello, chiudendo gli occhi e iniziando a tremare come una foglia. Sentiva il sangue ghiacciarsi nelle vene, i peli rizzarsi. Qualcuno ci aiuti! Ho paura!
Kou le poggiò una mano sui capelli rossicci e le diede una pacca.
-Sta’ tranquilla. Finché ci sarò io, andrà tutto bene.- le dise il ragazzo con voce dolce.
Annuì senza pensarci, portandosi dietro la sua schiena e aspettando che il ragazzo più grande desse l’ok per procedere.
Dokugakuji fece cenno con la mano di seguirlo, prendendo un’altra stradina non appena se ne presentò l’occasione. Marciavano senza fiatare, senza dire una parola. I più grandi e, molto probabilmente anche Lirin, pensavano a quelle urla disperate sentite poco prima. Altre vittime di quelle creature... Se fossero giunti in tempo, avrebbero potuto salvarli? Sarebbe stata un’ipotesi, ma a nulla serviva rimuginarci e porsi degli interrogativi senza risposta. Probabilmente, era destino che la loro storia finisse lì.

Avanzarono ancora fino a giungere alla fine del viottolo, il quale sboccava su una strada principale. Lo scenario era pessimo: c’erano macchine dannegiate in fila, probabilmente a causa di un incidente su larga scala, e c’erano degli zombie in piedi qua e là. Avrebbero potuto superare tranquillamente quell’ostacolo sfruttando le macchine come riparo, suggerì Yaone, un’idea brillante che gli altri non tardarono ad acconsentire a mettere in atto. Si appostarono dietro una macchina vicino al vicolo e si abbassarono, attendendo il momento giusto per passare all’altra, ripetendo l’operazione diverse volte, finché non furono quasi prossimi all’entrata del parco. Dovevano solo raggiungere una piccola scalinata, salirla e addentrarsi nel parco, poi avrebbero cercato un punto in cui sostare e recuperare le forze. Un piano semplice da seguire, ormai completo. Dovevano fare solo un ultimo sforzo e probabilmente sarebbero stati ricompensati.
La prima ad andare fu la più grande, la quale trovò riparo dietro una macchina lì vicino, poi fu la volta del rosso. Quando giunse il turno di Lirin, si udì un rumore metallico e sordo. Il loro cuore batteva all’impazzata per l’improvviso spavento. I due si voltarono a vedere cosa fosse successo e fu allora che videro la porta posteriore dell’auto sul marciapiede. Aspettarono qualche secondo, impietriti, pronti al peggio, ma non successe nulla. La ragazzina tirò un sospiro di sollievo.
-Lirin, attenta!-
Non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo, poiché tutto d’un tratto qualcosa le afferrò il piede sinistro e la tirò con forza, facendola cadere per terra. Si sentì tirare verso la parte inferiore dell’auto e non appena lo vide, emise un urlo di terrore. Il moro le prese un mano tirandola a sé e con l’altra cercò di colpire con la spranga sotto l’auto, al fine di colpire lo zombie. Mentre la tirava, la creatura le sfilò una scarpa e senza esitazione abbassò la testa sulla pelle ambrata della ragazzina, tirandole un morso. Levò un urlo di dolore non appena i denti di quella cosa affondarono nella carne, strappandole via la pelle.
-Dokugakuji!-
Il ragazzo menò dei fendenti colpendo in testa l’essere. Era invano, però. Non aveva grande agibilità in un simile spazio e, inoltre, la creatura non sembrava mostrare segni di alcun danno. Tentò di strappare dalle grinfie di quell’orrenda bestia la ragazzina, prendendola per il petto e tirandola a sé con forza. Ci riuscì, lasciando una scia di sangue che colava fin dove il piede di Lirin adesso riposava. Quella cosa seguiva la traccia strisciando verso di loro. Senza pensarci due volte, prese in braccio la ragazza e si diresse verso le scale del parco, seguito dagli altri due. Corsero per un po’, fino a che non ebbero la certezza di essere soli. C’erano solo alberi davanti a loro e qualche panchina posizionata lungo un percorso di pietra. Adagiarono la ragazzina su una e Yaone si precipitò a prestarle primo soccorso, lacerando una parte della gonna per fasciare la ferita.
Si dimenava dal dolore e piangeva, cercando disperatamente col braccio la mano del fratello. Kougaiji gliela strinse e si accovacciò accanto a lei.
-Dannazione!- esclamò il moro, stringendo i pugni. -È tutta colpa mia, Kou. Ti chiedo scusa. Io...-
Il padrone lo fulminò con lo sguardo, facendo un cenno con la testa per indicare la sorella. Lamentarsi in sua presenza avrebbe complicato le cose e per il momento dovevano farla calmare, assicurarle che non sarebbe diventata uno zombie. Non la smetteva di farneticare qualcosa al riguardo e a supplicare suo fratello di ucciderla per evitare la mutazione.
-Adesso basta! Non diventerai una di loro!- la rimbeccò, mettendole le mani sulle spalle. -Non ti succederà nulla! Ci sono qui io, ricordi?-
Pronunciò quelle parole con freddezza e rigidità, innervosito per ciò che andava farneticando. Sapeva benissimo che presto sarebbe diventata uno zombie, ma voleva sperare che non succedesse, che ci fosse un modo per salvarla. Un antidoto, un’erba particolare, qualsiasi cosa sarebbe stata sufficiente per salvarla, l’avrebbe usata allo scopo di salvare la sua unica e adorata sorella. La abbracciò, stringendola forte al petto, chiudendo gli occhi per nascondere la loro lucidità. Stave per piangere, ma voleva trattenersi. Non poteva mostrarsi debole dopo un simile discorso. Quella ragazza aveva tutto il diritto di lamentarsi ed esporre le sue sofferenze, ma voleva che le sue ultime ore trascorressero in tranquillità, piuttosto che nella disperazione e nella presa di coscienza della sua futura natura. Portò una mano sui capelli rossicci di Lirin e la accarezzò, dicendole che per il momento doveva soltanto riposare.

Chiuse gli occhi e provò ad immaginare qualcosa di piacevole. Kougaiji aveva fatto di tutto per tranquillizzarla. In realtà, sapeva benissimo che le stava mentendo. In circostanze diverse avrebbe creduto alle sue parole, convincendosi che il suo fratellone avrebbe trovato un modo per salvarla, invece questa volta era tutto diverso. Sapeva benissimo la verità, non perché avesse visto cosa capitava a coloro che venivano in contatto con quegli esseri, ma perché era il suo corpo a comunicarle il cambiamento. Era una sensazione particolare ed indescrivibile, dolorosa e la stava letteralmente facendo sprofondare nell’oscurità. Molto presto il suo vero io sarebbe affondato insieme al senso di coscienza. Presto...
Scusami, fratellone. Senza volerlo, io ho finito col causarvi un grosso problema. Tra non molto, io...
   
 
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