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Autore: northerntrash    15/03/2015    2 recensioni
"Grazie per aver ascoltato" disse Thorin, alzandosi in piedi. "Spero di poter ricambiare il favore, un giorno."
L'uomo nel letto non rispose, ma dato il fatto che era in coma da più tempo di quanto Thorin lo conoscesse, non fu del tutto sorpreso.
Bagginshield Modern AU | SlowBurn | Not a somnophilia story | Storia originale su Archive of Our Own | 38 capitoli
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bilbo, Dìs, Fili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della Traduttrice
Questo capitolo non finiva mai! Ci saranno sicuramente millemila errori, ma ora non posso proprio revisionarlo tutto xO Magari lo sistemo poi...
Edit: capitolo revisionato! Ora va un po' meglio~
Buona lettura! ♥

Capitolo 35

C'era il ronzio della voce di Frerin, ma lui non riusciva a sentirla davvero.

La cucina odorava di basilico e lievito, uno sbuffo di farina nell'aria quando il sfiorò il bancone con il gomito.

Chiamò, e la propria voce gli suonò strana.

C'era un cellulare, il cellulare di Bilbo, sul pavimento nel corridoio.

Perché era nel corridoio?

Il gocciolio d'acqua da qualche parte in fondo.

Seguì il suono, l'unico suono, fino al bagno; la doccia era chiusa solo parzialmente, un sottile rivolo d'acqua scorreva ancora nella vasca.

Allungò la mano per chiuderla, ma poi una vivida macchia di rosso sul bianco gli catturò lo sguardo.

Bilbo non era in casa, ma c'era del sangue sul lato della vasca.

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All'inizio Bilbo si rese conto che qualcosa che non andava quando, di ritorno da una serie di radiografie alla testa, trovò Thorin e Frerin che litigavano animatamente con l'infermiere fuori dalla sua stanza, pretendendo, sembrava, di sapere di preciso dove fosse Bilbo e cosa c'era che non andava. L'infermiere, un uomo gentile con solo un po' di grigio intorno alle tempie, aveva l'aria piuttosto esausta mentre cercava di spiegare ai due che non poteva dire loro nulla, legalmente parlando, perché non erano familiari, e non sembrava che loro la stessero prendendo molto bene.

"Non preoccuparti, Bard," disse all'infermiere, sussultando mentre passavano sotto una luce piuttosto abbagliante che gli provocò una fitta di dolore alla testa, anche se decisamente meno intensa rispetto a qualche ora prima. "Li conosco, va bene."

Bard annuì, aprendo la porta della stanza di Bilbo per far entrare i due, anche se continuò a guardare Thorin in modo poco amichevole. Bilbo si chiese cosa, esattamente, si fossero detti prima che arrivasse. Thorin aveva l'aria decisamente furibonda, un'espressione che aveva visto solo in stralci prima d'ora: rabbia e frustrazione avevano lasciato una smorfia dura sul suo viso, e per la prima volta Bilbo capì perché le persone potevano trovarlo minaccioso. Sembrava che qualche mano primordiale l'avesse scolpito dalla roccia.

"Stai bene?" chiese a Thorin, mentre l'infermiere parcheggiava il suo letto al centro della stanza. "Mi dispiace di non aveti potuto chiamare per avvertirti che non ci sarei stato, io-"

"Non sapevo dov'eri!" la voce di Thorin era aspra come la sua espressione, aggrottata in un cipiglio arrabbiato.

"Scusa, ho chiamato un'ambulanza e poi mi sono dovuto stendere," rispose, notando solo ora la tensione che permeava ogni linea del corpo di Thorin, e inclinò la testa di lato, guardandolo. "Stai bene?"

Sembrò che Thorin non l'avesse neanche sentito.

"Tutto quello che ci hanno detto, dopo aver capito che eri qui, è che ti trattenevano per una possibile commozione cerebrale, pensavo…" si interruppe, abbassando lo sguardo sul pavimento. "Come hai potuto essere così avventato?"

Le sopracciglia di Bilbo scattarono su fino all'attaccatura dei capelli; sebbene capisse che la reazione di Thorin dipendeva più da paura e frustrazione che altro, era comunque inappropriata, e gli faceva decisamente troppo male la testa per mettersi a mitigare la sua rabbia, come avrebbe fatto in altre occasioni.

"Calmati, va bene?" rispose, facendo del suo meglio per trattenere l'irritazione e mantenere la voce tranquillizzante. "Va tutto bene, sono solo scivolato nella doccia-"

"Non c'è nessun 'solo' se finisci di nuovo nel fottuto ospedale!"

I pugni di Thorin erano stretti ai suoi lati ora, e Bilbo sentì uno sprazzo d'irritazione spuntare tra la nebbia degli antidolorifici.

"Senti, la smetti di urlarmi addosso? Capisco che sei agitato, ma devi rilassarti, io-"

"Ti amo, non puoi aspettarti che mi calmi quando vado a casa tua e non c'è nessuno, solo sangue sul pavimento e il tuo telefono in corridoio, e non posso contattarti e non ho idea di dove tu sia andato-"

Bilbo gli lanciò un'occhiataccia.

"Oh andiamo, dove pensavi che fossi andato? Cos'è, pensavi che Lobelia mi avesse rapito per riprendersi casa mia?"

Qualcosa baluginò negli occhi di Thorin, indicando chiaramente che tutte le peggiori ipotesi gli erano venute in mente, e sbuffò. "Sei ridicolo!"

"Ero preoccupato!" scattò Thorin, ma le sue mani si stavano rilassando e il suo tono era meno tagliente, in qualche modo più vuoto.

"So che lo eri!" Bilbo ribatté, mentre Frerin trascinava i piedi in mezzo a loro, a disagio. "Mi sarei preoccupato anch'io! Ma non posso farci niente e va tutto bene quindi calmati."

"Sono calmo!"

Frerin si schiarì la gola. "Thorin, io-"

Suo fratello lo interruppe prima che potesse finire qualunque cosa stesse dicendo. "Lascia perdere, Frerin," sbottò, prima di andare alla porta e uscire infuriato, sbattendola con decisione dietro di sé.

Frerin sospirò, appoggiandosi al muro con un'occhiata minacciosa alla porta, prima di riportare l'attenzione su Bilbo.

"Stai bene?"

"Sto bene. Sono stanco. Sono.." s'interruppe, incerto su cosa fosse in quel momento. Frerin sembrò accorgersene e si tirò via dal muro, andando alla brocca sul tavolo.

"Vuoi un po' d'acqua?"

Bilbo sospirò, strofinandosi gli occhi.

"Per favore."

Frerin canticchiò lievemente mentre versava, e passò il bicchiere a Bilbo.

"Non sapevo che tu e Thorin foste alla fase del 'ti amo'," commentò distrattamente, e Bilbo sbuffò una risatina amara.

"Neanch'io," rispose, nascondendo la frustrazione con un lungo sorso.

"Io- oh."

Frerin rimase in silenzio per un po', a disagio, mentre Bilbo respirava profondamente e faceva del suo meglio per calmarsi.

"È strano," disse Frerin, alzando lo sguardo sul soffitto. "Non penso che Thorin mi abbia mai chiamato per chiedere un consiglio."

Bilbo lo fissò, sorpreso. "Cosa?"

Frerin annuì, allungandosi per riempirgli il bicchiere d'acqua.

"Mi ha chiamato dopo essere andato a casa tua, per chiedermi se… beh, non sono certo di cosa stesse chiedendo, davvero. Penso che avesse solo bisogno di sentirsi dire che andava tutto bene, anche se l'ha detto specificatamente."

Le spalle di Bilbo si afflosciarono un po'.

"E poi mi ha chiesto cosa dovesse fare, e gli ho detto che avrei chiamato l'ospedale per vedere se eri stato ricoverato."

Bilbo annuì. "Mi sono svegliato qualche minuto dopo aver sbattuto la testa," disse a Frerin, "e ho chiamato l'ambulanza- avrei guidato, ma mi sentivo ancora un po' stordito."

"Buona idea," disse Frerin. "Non penso che vogliamo aggiungere un incidente stradale alla lista dei tuoi ultimi incidenti. Ma l'ospedale ha detto che non eri qui, a quanto pare solo perché i tuoi documenti non erano stati ancora registrati, e non eri ancora nel sistema."

Bilbo guardò l'orologio sul muro, che segnava l'una meno un quarto del mattino.

"Quindi ci è voluto un po' per capire dove fossi. Alla fine siamo venuti qui comunque, per controllare di nuovo, e il tuo amico Beorn ci ha visti e ha riconosciuto Thorin - a quanto pare aveva il doppio turno al pronto soccorso quando sei stato ricoverato."

Bilbo annuì, ricordando vagamente; era tutto un po' sfocato. Aveva aspettato un po' per farsi mettere i punti alla testa finché qualcuno ad un certo punto aveva visto la sua cartella medica e si era reso conto che, dopo solo qualche mese dal coma, era sulla lista rossa per i traumi alla testa e necessitava di attenzione immediata. Dopodiché le ore erano volate, il taglio sulla sua testa era stato sistemato, aveva aspettato i risultati dei test e gli erano stati dati degli antidolorifici.

Si era preoccupato a sufficienza, sapeva dov'era e che sarebbe stato bene con un po' di riposo; Thorin invece non sapeva nulla.

Ci fu un lieve bussare alla porta, e per un momento ebbe un tuffo al cuore, ma poi non fu Thorin ad aprirla, ma un medico dai capelli grigi e l'aria stanca. Aggrottò la fronte alla presenza di Frerin prima di salutare Bilbo a voce piuttosto alta.

"Uhm, salve," offrì Bilbo, sussultando per il volume.

"Ora," disse il medico, sistemandosi l'apparecchio acustico. "Abbiamo i risultati, non c'è gonfiore o altri problemi, ma siccome hai perso conoscenza vogliamo tenerti in osservazione per la notte, va bene? Solo nel caso ci fosse qualche commozione o qualche problema che potrebbe presentarsi più avanti."

Bilbo annuì con entusiasmo. Una notte era più che accettabile, rispetto alla sua ultima visita.

"Le ore di visita sono finite, sa." Disse minacciosamente a Frerin, lanciandogli un'occhiata con la coda dell'occhio, ma Frerin si limitò a sorridere allegramente e non accennò ad andarsene. Alla fine il dottore si schiarì la gola e si rivolse al paziente.

"In ogni caso, puoi dormire ora, che sarebbe anche una buona idea data l'ora. Ma un infermiere passerà ogni due ore per controllarti, va bene?"

"Certo," rispose Bilbo. "Grazie."

Il medico lanciò a Frerin un altro sguardo esasperato e poi se ne andò, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Bilbo poté solo scorgere un momento il corridoio vuoto e qualcosa si strinse nel suo petto, all'improvviso Thorin gli mancava terribilmente. Aveva alquanto bisogno di qualcuno che gli baciasse la fronte e gli dicesse che sarebbe andato tutto bene, anche se sapeva logicamente che era così: e non avrebbe decisamente chiesto a Frerin di farlo.

"È divertente," arrivò la voce di Frerin, aprendosi un varco tra i suoi pensieri. "Sembri proprio lui quando pensa a te, ora. Un po' perso e un po' speranzoso e un po' spaventato, tutto insieme."

Bilbo raccolse le ginocchia al petto, posandovi il mento, e non rispose. Frerin si passò una mano tra i capelli, appoggiandosi di nuovo al muro.

"Sai, penso che avrebbe voluto essere lui a trovarti," disse dopo un lungo momento. "Thorin, intendo. Non per poterti prendere tra le braccia e portarti come un principe azzurro, non per poterti salvare, ma per poter fare qualcosa. Non reagisce bene al non fare nulla, a non poter far nulla."

"Lo so," disse Bilbo, sentendosi all'improvviso molto stanco. "Lo so che era frustrato per non avermi aiutato, ma non è un dovere."

"Ma lo è," lo interruppe Frerin. "Non importa quanto tu possa dire il contrario, se ami qualcuno, sembrerà sempre che sia tuo dovere salvarlo. Se la situazione fosse invertita, non pensi che ti saresti sentito in colpa a non essere lì?"

"Si," concordò Bilbo senza esitare, e poi sospirò, l'irritazione che scivolava via.

"Sai che si è occupato di noi da quando aveva diciannove anni? È stato lui a portarmi a farmi fare la lavanda gastrica quando mi sono intossicato con l'alcool il giorno del mio diciassettesimo compleanno, è stato lui a convincere Dis a fare coming out alla famiglia quando aveva sedici anni. È stato lui a spingere Dwalin a prendere la laurea, ed è stato lui ad aiutare Balin con il divorzio; ha aiutato Vivi a superare i ripensamenti prima del matrimonio suo e di Dis e ha insegnato a Fili come camminare con le stampelle quando si è slogato la caviglia l'anno scorso.

"Quando ho iniziato l'università avevo così tanta nostalgia di casa che ho finito per chiamarlo quasi in lacrime, e lui ha guidato per ore nel mezzo della note per venire a parlarmi. È stato lui a parlare con i dottori quando Dis era in ospedale quando Kili è nato; è stato lui a stare alzato con me tutta la notte quando ero ancora grave dopo che mi hanno pugnalato. Era lì, questo è il punto, e questa è la differenza con te- non c'era. E non c'è mai stato- veniva da te e ti portava la pizza ma non ti stava aiutando, non secondo lui, e andava bene quando miglioravi, ma poi non era lì quando sei caduto, e non riesce a superarlo."

Bilbo si accigliò. "Cosa stai dicendo?"

Frerin scosse la testa. "Non sto cercando di insinuare nulla. Sto solo cercando di farti capire chi è e cos'ha passato, perché ad essere onesti lui fa schifo a farlo e non ne sarà in grado. E non capirmi cale, è stato uno stronzo e ti deve delle scuse, ma… ha buone intenzioni. Davvero. E ti ama, e io gli voglio bene, e voglio che lui abbia qualcuno che lo capisca, per lui."

E la cosa era, che Bilbo poteva capire. Poteva davvero.

Non aveva mai lasciato che Thorin lo aiutasse, non aveva mai lasciato che si avvicinasse troppo, e Thorin aveva provato a dirglielo, quel giorno sulla spiaggia, che non era pietà che lo faceva allungare la mano per tenerlo in equilibrio. Non era pietà, era compassione, speranza, affetto, era amore.

E Bilbo era lì a cercare freneticamente di capire come confessarsi a Thorin, se provasse lo stesso o no, quando per tutto il tempo era stato lì, crescendo silenziosamente, costruendosi, formandosi, appena pronto a sbocciare perché loro lo riconoscessero. L'amore non compare mai dal nulla; l'amore cresce, e cercare di pianificare il momento per riconoscerlo è inutile. Bisogna solo barcollare insieme finché non si può far altro che dirlo ad alta voce, inciampando sulle parole con il peso dei sentimenti.

Sentiva l'amore scaldargli il petto, l'irritazione completamente dimenticata, gli faceva male la testa e gli faceva male il cuore e ora Frerin lo guardava divertito, scuotendo leggermente la testa.

"Tornerà presto," rassicurò. "Si sta solo dando una calmata."

"Non l'ho mai visto arrabbiato," disse Bilbo sorridendo, perché ora non poteva smettere di farlo. "Non davvero. Solo una volta è uscito così da una stanza prima d'ora, ed è stato perché io gli ho urlato contro. Immagino che abbiamo chiuso il cerchio, con quest'ospedale."

Frerin si limitò a scrollare le spalle pigramente.

"Non si arrabbia spesso," disse, "anche se è sempre impressionante quando lo fa. Litigava continuamente con nostro padre, prima. Ha cercato di controllarsi quando eravamo solo noi tre."

Bilbo allungò la mano, allora, e prese quella di Frerin, stringendola, e l'altro sorrise al pavimento.

"Pensi di poter dormire?"

Bilbo annuì, placato dalla contentezza nel suo cuore. "Probabilmente. Dovresti andare a casa e riposarti anche tu," rispose, lanciando uno sguardo all'orologio sul muro, che indicava che ora erano quasi le due- decisamente troppo tardi per essere ancora svegli e sobri, secondo lui. "Mi dispiace che tu sia dovuto rimanere così a lungo."

Ma con sua sorpresa, Frerin non annuì e non andò alla porta; invece si lanciò sulla sedia di fianco al suo letto, scrollandosi di dosso la giacca di pelle per drappeggiarla casualmente sul proprio petto.

"Alla fine gli ho tirato fuori tutta la storia, sai," disse, ruotando le spalle nella sedia. "Su come è finito per caso nella tua stanza, mesi fa, quando Kee è nato. E penso che la cosa che lo abbia turbato di più, la cosa che lo turba ancora di più, è che l'infermiere gli disse che non avevi molte visite, e che quando ti sei svegliato eri solo. Avrebbe voluto essere lì, penso, anche se non lo conoscevi."

Bilbo chiuse i pugni intorno alle coperte del letto, torcendo la stoffa tra le dita.

"E se pensi," Frerin continuò, appoggiando i piedi sul telaio del letto e puntandogli contro un dito accusatore, "Che qualcuno di noi ti lascerà a svegliarti un'altra volta da solo in un ospedale, allora devi davvero farti vedere la testa."

Abbassò velocemente gli occhi sulla cartella ai piedi del letto, dove c'erano i risultati dei veri esami al cranio e al cervello, e fece una smorfia.

"Sai cosa intendo," disse, e Bilbo sbuffò una lieve, piccola risata.

"Ora va' a dormire," disse Frerin, allungandosi per spegnere la luce principale con la lunga corda che pendeva al fianco del letto. "È un'ora ridicola e ho bisogno di una dormita, e per l'appunto, anche tu."

Chiuse gli occhi poi, con una certa decisione, ma sbirciò di nuovo quando Bilbo cominciò a ridere.

"Va bene," rispose. "E sonno sia."

E il sonno arrivò velocemente, per fortuna, la notte scura lo avvolse per tirarlo giù.

-------------------------------------------------

La notte passò, il sole sorse, e Thorin rimase seduto nell'atrio dell'ospedale ignorando il via vai di gente intorno a lui, ignorando il rumore e la calca delle persone che si affrettavano attraverso le porte per il pronto soccorso, fissando invece le proprie mani.

Era arrabbiato, era ferito, era frustrato; più che altro a sé stesso ora, ma non era ancora pronto ad ammetterlo ad alta voce.

Sta bene, si ripeteva ancora e ancora. Sta bene, è stato solo uno spavento, il sangue nel bagno non era grave come pensava che fosse, solo un taglio sulla nuca e qualche istante di incoscienza secondo Beorn, che probabilmente non gli avrebbe dovuto dire nulla, sta bene.

Thorin cercò di respirare, ma il sapore degli antisettici e della candeggina nell'aria gli si bloccò in gola, provocandogli un'ondata di nausea.

Si strofinò gli occhi stanchi con i pugni mentre il grumo di rabbia che gli aveva stretto il petto cominciava a dissolversi, allentando lentamente la stretta sul suo cuore e sui suoi pensieri, e lui poté vedere chiaramente che non era la rabbia, non davvero, ma la paura che lo aveva fatto sbottare a Bilbo. La paura che lo aveva fatto fissare ciecamente la strada mentre guidava verso l'ospedale, la paura che gli aveva fatto sputare fuori che amava Bilbo nel mezzo di un litigio, per fargli capire quanto fosse stato difficile pensare di perderlo.

Lo amava, e glie l'aveva urlato.

Poteva quasi sentire Dis che gli faceva la predica sulle norme sociali.

Il cellulare gli vibrò in tasca, annunciando la batteria quasi scarica, e lo tirò fuori, guardando lo schermo che era ancora aperto sulla conversazione in messaggi tra lui e Bilbo. L'ultimo messaggio che Bilbo gli aveva mandato, e a cui lui non aveva neanche risposto; sarebbe potuto morire, e lui non avrebbe neanche mai risposto al suo ultimo messaggio.

E ora Bilbo era senza dubbio furioso con lui, o offeso, e probabilmente quello era peggio, e Thorin non sapeva neanche come cominciare a scusarsi o persino se dovesse farlo, se forse dovesse semplicemente andarsene…

Ma no, sapeva di non poterlo fare; aveva bisogno di vederlo.

Le ore passarono così, Thorin curvo sulla dura sedia di plastica, finché il primo mattino non arrivò di nuovo, e sebbene lui fosse stanco la sua mente era troppo carica per anche solo contemplare il sonno.

La luce del sole colpì le finestre dell'atrio, e Thorin si rese conto che il via vai era scemato un po', sembrava fosse ora che la giornata ricominciasse davvero.

Ci fu il rumore di una serratura che si apriva vicino a lui, abbastanza fuori luogo da distoglierlo dai pensieri, e alzò lo sguardo, cercandone la fonte.

Era il ragazzo da cui aveva comprato i fiori prima, quello con il sorriso onesto e i capelli castano rossiccio, che apriva il negozio degli articoli da regalo. Incrociò lo sguardo di Thorin e gli rivolse un piccolo, incerto sorriso.

"Ciao," disse, esitando un po'. "Non ti vedo da un po'. Cercavi altri fiori?"

Thorin aprì la bocca; poi, sorprendendo il ragazzo, sorrise.
 

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Bilbo fu svegliato varie volte durante la notte, dagli infermieri, ma ogni volta si limitava a lasciare che gli controllassero gli occhi e rispondeva a bassa voce alle domande che gli venivano poste prima di scivolare di nuovo nel sonno, senza neanche alzare la testa dal cuscino. Alla fine però si svegliò da solo; la luce della tarda mattinata filtrava attraverso le tende sottili, e la stanza era un po' fredda, ma non era certo se fosse stata una di quelle cose a riscuoterlo.

Sbatté le palpebre alla vista della fila di vasi sul tavolo, che decisamente non erano lì la notte precedente, e ai fiori che si riversavano fuori da essi, la vista ancora appannata dal sonno e dagli antidolorifici.

Tulipani.

Aprì la bocca.

Calle.

Rose bianche.

Fresie.

Peonie.

Orchidee.

Girasoli.

Si coprì la bocca con la mano per smorzare quella che poteva essere una risata, o un singhiozzo.

Lì, il più vicino a lui, c'era un vaso pieno di tulipani variegati, arancioni e gialli che si mescolavano insieme, come i fiori che ricordava vagamente di aver visto la prima volta che si era svegliato, qui in ospedale, quando aveva dormito così tanto, e non sapeva chi li avesse lasciati ma lo avevano confortato, con la loro vivace allegria, la luce del sole che risplendeva tra i petali e il vetro del vaso che la catturava, e-

Un sorriso si aprì sul suo viso, all'improvviso, quando abbassò lo sguardo sul letto. Lì c'era una figura ampia e alta, ancora nella sedia, che dormiva accasciata sul materasso, ma aveva capelli più scuri di quelli di Frerin.

"Hey," Bilbo disse lievemente, allungando una mano per accarezzare i capelli di Thorin. "Ti farà male la schiena a dormire così."

Thorin si svegliò di soprassalto, tracciando immediatamente con gli occhi le linee del viso di Bilbo, le sue spalle, le braccia, come per assicurarsi che andasse ancora tutto bene.

Non disse nulla, ma la sua bocca era curvata all'ingiù, la fronte ancora aggrottata, e Bilbo gli rivolse un piccolo sorriso.

"C'è spazio qui su, sai," disse, la voce ancora bassa, come se avesse paura che qualcuno origliasse. "Staremo stretti, ma…"

Si interruppe, ma i suoi occhi erano speranzosi, e Thorin sembrò capire cosa stesse chiedendo.

Era piccolo per due persone, ma Thorin si modellò sulla schiena di Bilbo, le ginocchia raccolte con le sue e la fronte poggiata sul suo collo, incurante dei ciuffi di capelli che gli sfioravano la pelle.

"Come ti senti?" chiese, ora che non poteva guardarlo negli occhi, e l'altro sorrise mentre tirava il braccio di Thorin intorno a sé, intrecciando le loro dita e spingendosi più vicino.

"Stanco," disse, gli occhi che gli si chiudevano involontariamente. "E un po' freddo."

Thorin si strinse immediatamente più vicino, allacciando il braccio ancora più fermamente intorno a Bilbo, strofinando un lento cerchio con il naso intorno alla protuberanza di una vertebra in cima alla sua colonna vertebrale.

"Mi piacciono i fiori," disse Bilbo, piano. "Grazie."

Thorin emise un basso suono e gli baciò la schiena, strofinando il pollice sulla sua mano.

"Non c'era bisogno che ne comprassi così tanti però."

Thorin emise un lieve, triste suono.

"Non riuscivo a sceglierne uno," rispose, e Bilbo rise.

Ogni tipo di fiore che Thorin gli aveva comprato quand'era stato lì la prima volta, dal primo all'ultimo, era disposto davanti a lui; chiedevano scusa, silenziosi e colorati.

"Non so come portarli tutti a casa," disse, e Thorin strofinò il naso nei suoi capelli.

"Ti aiuterò io," disse, e la sua voce era bassa e roca nella tenue luce del mattino. "E poi ti sistemerò la porta sul retro."

"Cos'hai fatto alla mia porta sul retro?" chiese Bilbo, sonnolento, la stanchezza che ritornava mentre Thorin tracciava motivi sulla sua mano.

"Non importa," rispose Thorin. "Il tuo vicino tiene d'occhio la casa."

Bilbo rise leggermente, e infilò i piedi intorno a quelli di Thorin.

"Ok," disse, senza preoccuparsi di indagare quando il sonno era così vicino.

Ci fu un lungo, lento momento in cui i loro respiri si accordarono, i loro petti che si muovevano l'uno contro l'altro.

"Ho pensato che potevi essere morto," mormorò Thorin contro la sua pelle, il naso sulla curva della sua spalla. "Ho pensato-"

"Lo so," rispose Bilbo, e tirò la mano di Thorin, portandosela alla bocca per baciare le loro dita intrecciate. "Va tutto bene."

"Mi dispiace," disse Thorin infine, dopo un lungo silenzio, incerto e un po' triste, e Bilbo sorrise anche se lui non poteva vederlo.

"Va tutto bene," ripeté, il più dolcemente possibile. Poteva sentire il respiro di Thorin sulla pelle del suo collo, lento e irregolare, come se stesse cercando di tenere le emozioni sotto controllo.

"Hei, Thorin?"

"Hmm?" arrivò la risposta, più come un rumore sentito attraverso il petto di Bilbo che una parola, quasi roca, come se Thorin provasse dolore, e non Bilbo.

Qualcosa di caldo e luminoso si avvolse nel suo petto, uno scoppio di speranza e felicità che non aveva un posto nel pronto soccorso ma c'era comunque, non intenzionato ad andarsene.

"Ti amo anch'io."
 

..Continua.

Note della Traduttrice - repriseI
Il prossimo è il mio capitolo preferito! ^o^ Ora scappo che ancora non faccio i compiti OAO

- Kuro

 

   
 
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