Garfield era agitatissimo. Era talmente agitato da non riuscire a stare fermo, mentre Dimitri, santo ragazzo, cercava di allacciargli la cravatta.
«Se
non stai fermo, ti strangolo» lo minacciò.
«Ci
provo» gracchiò l’altro, riuscendo
nell’intento per ben cinque
secondi.
«Basta,
io ci rinuncio!» esclamò Dimitri, ingarbugliando
la
cravatta per l’ennesima volta nel giro di cinque minuti.
«Faglielo tu» aggiunse,
all’indirizzo di Kota, che guardava la scena divertito. Il
suo sorriso si
spense all’improvviso, davanti alla cortese offerta
dell’amico.
«Mi
spiace, ma non sono capace di annodare le cravatte»
dichiarò
il giapponesino.
Sia
Garfield che Dimitri lo guardarono con tanto d’occhi.
«Che
c’è?» chiese, sulla difensiva.
«Ehm…
Potrei farti notare, così, en passant, che stai indossando
una stramaledetta cravatta, perfettamente annodata?» rispose
Dimitri, iniziando
ad avere un tic nervoso all’occhio destro. Quei due
l’avrebbero fatto uscire matto
da lì.
«Oh»
fu tutto quello che poté dire il ragazzo, arrendendosi
all’evidenza
e accingendosi ad annodare la cravatta al suo amico.
Dopo
altri cinque minuti di tremori vari e maledizioni colorite,
finalmente la maledetta cravatta fu domata e Garfield era pronto per il
suo
appuntamento.
«Non
sembri nemmeno tu! Ma sei sicuro di non essere un alieno?»
esclamò Kota, soddisfatto, ammirando principalmente il
frutto delle sue
fatiche, ma concedendo all’amico di essere davvero elegante.
«In
realtà ancora non ci credo che stia succedendo proprio a
me…»
ammise Garfield, un po’ imbarazzato. Lui non stava per uscire
con Rachel Roth. Doveva
essere tutto un sogno, a momenti si sarebbe svegliato e tutto sarebbe
finito.
«Gar?»
«Cosa?»
domandò, riavendosi dai suoi pensieri.
«Sei
in ritardo» gli dissero in coro i due compagni di stanza,
pacifici come non mai.
Il
biondo si alzò e corse fuori dalla stanza, imprecando a gran
voce contro quei due maledetti.
Rachel
aspettava, fuori dalla sua stanza, che Garfield arrivasse.
Non aveva detto che sarebbe passato a prenderla alle sette e mezza?
Magari aveva
capito male lei, le aveva detto le otto e mezza… O le sei e
mezza? Lanciò un’altra
occhiata al cellulare: le 19.38. Sospirò sommessamente,
cercando di calmarsi. Era
tutto a posto, Garfield era solo un po’ in ritardo, come suo
solito. Quindi non
serviva a niente agitarsi. Sarebbe arrivato e sarebbero andati a cena
tranquillamente…
…
Prima della catastrofe imminente. No, non doveva pensare alla
partenza di Garfield per la Florida e nemmeno a sua madre.
In
quella, il telefono iniziò a squillare: era Richard. Col
cuore
in gola, rispose: «Pronto?»
«Ehi,
cuginetta! Pronta per la grande serata?» Suo cugino era
decisamente euforico, da quel che poteva sentire.
«Rich!
Come sta la mamma?» chiese, ignorando bellamente la
domanda.
«Volevo parlare di
te,
Rachel, per una volta… Comunque non sta né meglio
né peggio. I medici non sanno
più cosa pensare, non ci capiscono più nulla, ma
continuano a non darle grandi
aspettative. Mi dispiace.»
La
ragazza, sentendo la tristezza nella voce del cugino,
addolcì
un po’ il tono: «Presto sarò
lì anche io e allora sono sicura che andrà tutto
bene.»
«Ma
sarai lontana da Garfield. Proprio ora che vi siete avvicinati
così tanto…» le fece notare Richard.
«Lo
so. Io non vorrei lasciarlo ora, ma…»
«Ma
cosa, Rach?»
«Ma
se ne andrà lui. Ha detto che gli stanno facendo pressioni
dalla Florida per trasferirsi là e…»
«Sono
sicuro che troverà un modo per non andare. Lui ti adora,
Rachel, dal profondo del cuore. E non si lascerà certo
scoraggiare da una cosa
del genere. È più forte di quel che sembra,
fidati. E sono sicuro che ti
sorprenderà.»
«Rich?
Cosa sai che io non so? Richard?» lo interrogò la
ragazza,
insospettita. Che cosa le stava nascondendo, suo cugino?
«Assolutamente
nulla, buona serata, cuginetta!» E con questo le
mise giù il telefono.
Rachel
fissò rabbiosa lo schermo scuro del cellulare, masticando
due o tre insulti da scaricatore di porto. Quando alzò lo
sguardo, vide
Garfield che correva verso di lei, un’espressione di puro
terrore dipinta sul
viso.
«Scusa!
Sono in ritardo! Assolutamente, innegabilmente in ritardo!
Perdonami!» esclamò senza fiato, quando la
raggiunse.
Il suo
sguardo da cane bastonato non poté fare a meno di
intenerirla. «Nessun problema, Garfield.»
«Sono
un vero disastro!» si lamentò il ragazzo,
spettinandosi
tutti i capelli.
«Ahahah,
non è vero» ridacchiò lei, riuscendo
finalmente a
distoglierlo dalla sua depressione autoindotta. Al suono della sua
risata, il
morale del ragazzo si risollevò e con fare assai
cavalleresco le porse il
braccio.
«Prego,
signorina. Il ristorante aspetta solo noi.»
«Grazie
mille, signore» rispose lei, stringendosi a lui con
gratitudine. «A proposito, ti sta bene la cravatta. Ha un
nodo molto elegante.»
Garfield sobbalzò colpevole, prima di replicare:
«Grazie. Sai, sono un esperto
di nodi alle cravatte.» E si lanciò in una
dissertazione senza né capo né coda
sulla difficile arte di annodare le cravatte, mentre guidava la sua
dama verso
un ristorantino poco distante.
La
serata passò tranquillamente, senza che i due si trovassero
mai
a corto di argomenti: era come se stessero recuperando il tempo perduto
negli
anni in cui si erano praticamente ignorati. Garfield era curioso di
conoscere
Rachel e altrettanto lo era lei di conoscere lui. Fu quindi con vero
dispiacere
che abbandonarono il ristorante per tornare al dormitorio in tempo per
il
coprifuoco.
Giunsero
davanti alla scala del dormitorio femminile, tenendosi
per mano.
«Grazie
mille per la bella serata, Garfield» lo ringraziò
Rachel,
sorridendogli.
«Dici sul serio? Ti sei
divertita? Non sono stato
troppo invadente?» domandò lui, arrossendo come un
pomodoro.
«Garfield…»
«Cosa?»
domandò il ragazzo, guardandola con due occhi da cervo
illuminato dai fanali in mezzo ad un’autostrada.
«Andava
tutto benissimo. Non sei stato affatto invadente. Sei stato
dolcissimo. Grazie ancora» lo rassicurò la
ragazza, dandogli poi un leggero
bacio sulla guancia. «Buonanotte.»
«Buonanotte»
rispose lui, come in estasi, prima di avviarsi verso
la sua camera.
Quando
entrò nella stanza, i suoi compagni lo accolsero con un
interrogatorio talmente serrato che nemmeno il Mossad o il KGB. In
risposta
alle mille domande degli amici, Garfield cominciò a cantare:
Though I've tried before
to tell her
Of the feelings I have for her in my heart
Every time that I come near her
I just lose my nerve
As I've done from the start
«Oddio,
Garfield, che hai combinato?» domandò Dimitri,
prendendosi la testa fra le
mani, disperato.
Every
little thing she
does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on
«Oh,
dai, è innamorato…» fece Kota, solidale.
Do
I have to tell the
story
Of a thousand rainy days since we first met
It's a big enough umbrella
But it's always me that ends up getting wet
«Beh,
effettivamente, da quel che ci hai detto, non era proprio uno
zuccherino, con
te…» ridacchiò Dimitri, ricevendo una
gomitata da Kota.
«Che
c’è? È
vero!» si difese, massaggiandosi il
braccio.
Every
little thing she
does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on
«Sì, ma
quindi… Cosa avete
combinato?» chiese curioso il ragazzo russo.
I
resolve to call her up
a thousand times a day
And ask her if she'll marry me in some old fashioned way
But my silent fears have gripped me
Long before I reach the phone
Long before my tongue has tripped me
Must I always be alone?
«Ha
detto che dovreste restare amici?» domandò
preoccupato Kota.
Every
little thing she
does is magic
Everything she do just turns me on
Even though my life before was tragic
Now I know my love for her goes on
«Ragazzi,
è andata alla grande!» esclamò
Garfield, una volta conclusa
la canzone. «Resta però il problema che domani lei
partirà per Jump.»
«Cavolo,
è vero!»
«Eheheh,
ma io ho un asso nella manica, diciamo
così…» E con un
gesto che voleva essere elegante, ma che risultò piuttosto
goffo, il biondo
estrasse dalla tasca della giacca un biglietto aereo per…
«Jump
City? Torni anche tu in California?!?» esclamò
stupito Kota,
alzandosi di scatto dal suo letto per controllare da vicino il
biglietto che il
suo amico sventolava beatamente.
«Proprio
così. Le farò una sorpresa e andrò con
lei a Jump. Non può
farcela da sola. E vedrete che torneremo più forti di prima.
Ve lo garantisco»
raccontò il ragazzo, entusiasta.
«E
io ti garantisco che ti ucciderà, quando scoprirà
che sei
pronto a rinunciare a questa opportunità per lei»
commentò Dimitri.
«Perché
dovrebbe farlo? Lo faccio per lei!» obiettò
ingenuamente l’altro.
«Proprio
perché lo fai per lei. Non so se hai notato, ma non
è una
persona che dispensa amore ad ogni passo.»
«Sono
sicuro che capirà. E ora, buonanotte» chiuse il
discorso
Garfield, preparandosi per andare a dormire. Rachel avrebbe capito cosa
lo
spingeva a tornare in California con lei.