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Autore: tylica_tmr    15/03/2015    1 recensioni
“Non mi ricordo più, ma sono sicuro di aver amato una ragazza indimenticabile”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

I can't remember 




Per B, G, S, M, F, sempre e comunque.




Meno male che esisteva il Passage, con i suoi colori accesi, i bicchieri profondi e i tavoli in legno grezzo, chiassoso quasi quanto i suoi clienti. 
Forse era un locale un po' trasandato ma non aveva pretese e pregiudizi. Erano le quattro pareti più oneste di Sydney, quelle. E le migliori.
Meno male che esisteva Victoria Street, dove tutti correvano e nessuno passava. Il cuore pulsante della città, il centro delle attività culturali, finanziarie e tutte le altre stronzate era perennemente intasato dal traffico. Anche se tutti ci erano passati migliaia di volte, nessuno sarebbe riuscito a descriverla eliminando i contorni sfocati che assumeva sotto le luci accecanti dei lampioni. Tutti la vedevano, ma nessuno la guardava. Ecco perché era ancora così bella. Quella via era l'unica a non essere stata rovinata dagli sguardi ipocriti della gente.
Meno male che esisteva il sabato sera, quando la vita ti sembra eterna ed indistruttibile, quando ti senti intoccabile e sai che quel mondo cinico e spietato che hai attorno non ti può sfiorare nemmeno con un dito, anche se solo per una notte alla settimana.
Meno male che c'era quella città, che tutto sommato al signor Hood non dispiaceva. Era così grande che potevi perderti tranquillamente dentro questa quando i pensieri diventavano troppo complessi e intricati per essere risolti. Scappare in un labirinto più grande per evitare di perdersi in quello più piccolo della quotidianità. Sydney ti accoglieva a braccia aperte, se questo era il tuo scopo, calda ed entusiasta, ma soprattutto autentica. Continua. Reale. Vera.
Meno male che c'era qualcuno con cui Calum poteva trascorrere quel sabato sera. E non importava anche se erano gli stessi tre immaturi di sempre. Andava bene lo stesso, era anche meglio.
E meno male che c'era la tequila, soprattutto.
La tequila che svuotava la testa, scioglieva la lingua e rompeva il silenzio e non permetteva di mantenere la lucidità.
Il loro tavolo era ricoperto di bicchieri più o meno piccoli, spicchi di limone e fazzoletti accartocciati. 
Un foglio sudicio e stropicciato giaceva abbandonato in un angolo.
Era il testo della canzone che Luke e Calum avevano scritto solamente una settimana prima. Non era il massimo, dal punto linguistico, ma a livello strumentale superava di molto Gotta Get Out. 
Qualche ora prima, appena arrivati nel locale, l'avevano analizzata tutti e quattro insieme, arrivando alla conclusione che era un lavoro senz'altro valido, prima che arrivasse la tequila ad alleggerire i loro pensieri.
Quel sabato di gennaio erano usciti perché dovevano festeggiare.
Cosa?
Pochi giorni prima, un ragazzo inglese, dall'altra parte del mondo, aveva condiviso su Twitter la loro cover di Teenage Dirtbag. 
E cosa ci sarebbe di strano? Vi chiederete.
Niente, a parte il fatto che questo ragazzo si chiamava Louis Tomlinson e faceva parte della boyband più famosa degli ultimi anni.
Tantissimi avevano seguito il suo consiglio e le visualizzazioni del canale dei 5 Seconds of Summer erano schizzate alle stelle, prima che i ragazzi potessero rendersi conto di ciò che stava succedendo: quasi 50.000 in due giorni.
Si trattava di una questione talmente grande che solo pensarci faceva paura.
Così non lo fecero: in fin dei conti avevano ottenuto più del successo che avevano sempre desiderato, anche se coloro che li sapevano apprezzare veramente si trovavano dalla parte opposta del pianeta. 
C'erano: questo era già fondamentale.
Ma nemmeno Ashton, che era sempre stato quello che puntava più in alto, che sognava concerti irrealizzabili e folle deliranti ad attenderli aveva capito che il tweet di Louis avrebbe avuto delle conseguenze decisamente più grandi.
E come sarebbero riusciti ad accorgersi di questo se erano così incastrati nel terreno melmoso della cultura chiusa dei loro coetanei? Per loro, in quel momento, la massima ambizione era suonare in qualche locale, fare un piccolo concerto acustico ad Hyde Park, magari.
Anche i sogni più grandi sono gratuiti e alla portata di tutti, certo, ma a volte richiedono troppa immaginazione, soprattutto per chi deve fare i conti con la realtà, come erano obbligati a fare loro.
Quindi continuavano ad ingerire alcool, ridere ed urlare e voi, guardandoli dall'esterno, avreste immediatamente pensato che fossero completamente pazzi (considerazione in parte vera, ne convengo), ma non vi sareste mai accorti della chimica che li legava l'uno all'altro: composta di frasi non pronunciate, sguardi e bisbigli colti al volo.
Era una semplice amicizia tra quattro ragazzi, ma era vera.

● 

Sono rarissime le amicizie autentiche, e spesso sono rapporti talmente complessi che non possono essere nè spiegati nè approfonditi: la cosa migliore da fare, se mai vi dovesse capitare di imbattervi in una vera amicizia, sarebbe senz'altro viverla.
Trovare le parole adatte è spesso difficile ma è indispensabile e fondamentale per comprendere tutto ciò che è intorno a noi e dentro di noi: in questo caso, invece, è deleterio.
Delimitare e definire con dei bei discorsi i veri amici significa impoverirli con l'arroganza di chi crede di sapere tutto.
"Chi trova un amico non trova un tesoro".
Non é vero.
Chi trova un amico trova un amico.
E ve lo assicuro, vale molto più di qualsiasi bene materiale.
Le cose più belle e più terribili che la nostra vita ci offre non possono essere spiegate: non possiamo spiegare perché la linea dell'orizzonte che unisce e divide terra e mare è infinita e perfettamente dritta, non possiamo spiegare perché il sole rovente non è ancora caduto sulla nostra terra e non ha ancora bruciato tutto ciò che i nostri occhi hanno visto, non possiamo spiegare la nascita o la morte: possiamo solo subirle, rispettarle e contemplarle, ammirandole o temendole.
Non possiamo spiegare il rapporto indissolubile ed esclusivo che si forma tra poche, fortunate, persone e che ci induce a sorridere quando i nostri amici sorridono e a piangere quando stanno male. 
Non possiamo spiegare la sensazione di essere completi quando siamo con loro e il vuoto che ci pervade non appena se ne vanno.
Non possiamo spiegare l'intima convinzione che, senza di loro, tutto sarebbe spento e triste, come un film muto e in bianco e nero.
Così la chiamiamo solo amicizia.
Ashton, Calum, Luke e Michael erano perfettamente consapevoli di questo.
Perciò non si facevano domande ma non davano nulla per scontato: si tenevano stretti gli uni agli altri come se la loro amicizia fosse la loro ricchezza più grande.
Effettivamente era così.

● 

Intorno a mezzanotte la tequila aveva ormai offuscato i loro pensieri e tutti avevano passato il limite della razionalità per abbandonarsi nel dolce e amaro mondo di chi, la domenica mattina, ricorda a malapena la causa del proprio malessere.
Si erano appena lanciati nell'imitazione dei loro compagni di scuola, argomento che offriva loro parecchie divagazioni e approfondimenti.
Ashton enfatizzava e ridicolizzava ogni singolo gesto dei ragazzi popolari, quelli con gli occhiali da sole e la giacchetta di pelle anche in pieno inverno, con il ciuffo impiastricciato di lacca e la camminata da predatori della savana, o dei finti alternativi, o delle ragazze che passavano le giornate a limarsi le unghie e ad affilare la lingua e di tutte le altre persone vagamente interessanti che frequentavano la Norwest.
Avendo ormai perso ogni freno inibitore, Luke cominciò ad imitare tale Nicholas Holdy, assumendo un'aria da imprenditore adulto e annoiato con una sigaretta spenta che pendeva dall'angolo della bocca.
Erano tutti e tre intendi a sentire la prima battuta della scenetta dell'amico quando il cellulare di Calum si mise a suonare, distogliendo la sua attenzione.
"Sarà mia madre, probabilmente dovrei rispondere" pensò distrattamente lui.
Dato che la sua mente era appannata dall'alcool e dall'aria viziata del locale, e il suo stomaco cominciava ad avere qualche problema a reggere tutto ciò che aveva bevuto, si alzò e uscì dal Passage velocemente.
"Pronto?" 
Non era sua madre.
Calum non aveva mai sentito quella voce prima, poteva trattarsi di un ragazzo, ma sembrava che stesse parlando un'altra lingua.
"Pronto?" Ripetè, e, anche se il suo interlocutore continuava a parlare, lui non riusciva a cogliere il senso di quei suoni.
La capacità di pensare di Calum era rallentata dall'alcool quindi ci mise qualche minuto per capire che non era un'altra lingua.
Era inglese, ma inglese autentico. Accento britannico.
La domanda era: perché mai un ragazzo sconosciuto lo stava chiamando all'una di notte dall'Inghilterra?
Tre parole dall'altra parte del telefono dissolsero i dubbi di Calum.
"Sono Louis Tomlinson" 
Ah-ah.
Chi era questo Louis poi?
Un suo compagno forse?
"Chi scusa?"
"Louis Tomlinson, degli One Direction"
Uhm.
Interessante questa.
A Calum pareva di ricordare che questi One Direction fossero una band.
O forse una squadra di calcio.
"Calum? Puoi parlare?"
Ma che brutto accento che aveva questo calciatore, pensò lui. Non si capisce proprio niente, chissà da dove viene.
Mah.
"Sì, dimmi" biascicò Calum.
"La mia band sta cercando un gruppo che apra il nostro tour in Inghilterra e, dato che ho sentito le vostre canzoni su YouTube e mi sono piaciute parecchio, ho proposto voi quattro; siete in quattro giusto?"
"Mh-mh"
"Oggi abbiamo parlato con i nostri manager e abbiamo deciso ufficialmente di proporvi di venire in tour con noi"
Un calciatore che fa un tour. 
Bizzarro.
"Volevo solo darti questa notizia, poi vi faremo sapere tutti i dettagli, le procedure sono piuttosto complicate. So che si tratta di una scelta molto difficile, che deve essere valutata accuratamente, me ne rendo conto, ma sareste interessati?"
"Certo"
"Benissimo! Vi richiameremo tra un po' per una risposta definitiva"
Ma ti ho già risposto, pensò Calum.
"A presto" esclamò questo Louis con la voce che vibrava per l'entusiasmo.
Strano.
Calum tornò dentro, dove, nel frattempo, i suoi amici avevano fatto un ulteriore giro di tequila.
"Ehi! Non mi avete aspettato!" Urlò lui, offeso.
"Non c'è problema!" Esclamò Michael, ordinando un altro shot e cercando di non vomitare direttamente sui piedi della cameriera.
"Chi era al telefono?" Ashton urlava, pur essendo a pochi centimetri da Calum.
"Oh, niente di importante. Un certo Louis che sosteneva di essere uno della squadra degli One Direction o qualcosa del genere. Vi dice niente?"
Ma il loro ordine era arrivato e, anche se tutti avevano sentito, nessuno aveva abbastanza forza per concentrarsi su qualcosa che non fossero i quattro bicchierini pieni di liquido trasparente che giacevano  sopra il loro tavolo.
Nessuno tenne più il conto di niente, nè dei soldi, nè delle risate, nè delle parole con le quali erano stati cacciati dal locale, nè dei passi per tornare a casa.
Dopo aver accompagnato Luke, Ashton e Luke verso le rispettive abitazioni, arrivò al suo cancello e, con una mossa veloce, lo scavalcò, ritrovandosi in giardino.
Calum chiuse la porta dietro di sè, raggiunse camera sua barcollando e si addormentò come un bambino, completamente ignaro della piega inaspettata che stava per prendere la sua vita.








Note
Buonasera!
Sì, sono TERRIBILMENTE in ritardo, lo so. Perdonatemi, ma c'è questa cosa odiosa che si chiama scuola che si prende il diritto di tenermi impegnata tutti i giorni della mia vita.
Ma ditemi voi se è possibile.
Comunque il capitolo esiste e siamo arrivati finalmente al colpo di scena anche se i ragazzi non se ne sono ancora resi conto. Il titolo fa proprio al caso nostro.
Ops, sono un po' cattiva, okay.
E poi c'è questa mini dedica all'inizio che non commento perché ho già detto tutto.
Lasciatemi qualche commento su ciò che vi ha colpito, o interessato, se potete.
Grazie mille.
Veronica
   
 
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