Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Anne_Wolf    16/03/2015    1 recensioni
Mettiti nei panni di una semplice studentessa di scuola superiore, che abita in un modesto appartamento a New York.
Cosa faresti se un giorno ti ritrovassi prigioniera di una terribile Creatura della Notte per un brutto scherzo del Destino?
E se scoprissi che i tuoi genitori non fossero chi dicevano di essere?
Una guerra segreta che dura da secoli, un'alleanza che deciderà le sorti del mondo intero...
Quanto sei disposto a sacrificare per portare alla luce del Sole un passato tanto oscuro e misterioso da far scappare perfino la più potente delle creature? Saresti pronto a sacrificare la tua stessa anima ad una Creatura della Notte oppure resisterai ai suoi magnetici occhi color cremisi?
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Mi stai ascoltando?- Lyvia ebbe un piccolo e impercettibile sussulto. La delicata voce di Kail l’aveva risollevata dai suoi mille pensieri…pensieri che le albergavano la testa da quella stessa mattina. La morte dei suoi genitori era avvolta nel mistero. Il cielo di quel pomeriggio era terso e prometteva pioggia. Lo stesso cielo di quel lontano giorno. Un cielo grigio e opprimente, con le nuvole cariche di pioggia e cattivi presagi.
-Lyvia?- La chiamò ancora Kail, oramai cosciente del fatto che la sua amica non lo stesse minimamente ascoltando. Lyvia lo guardò.
-Dimmi.- Riprese leggermente disorientata lei.
-Ti stavo dicendo….Questa sera, a casa mia, si terrà una festa. Vieni?-
-Festa? Che genere di festa?- Chiese disorientata
-Ma come? Non ti ricordi? Te lo avevo già detto, Lyvia! Allora è vero che non mi ascolti mai!- Kail voltò la testa indignato e corrucciò la fronte, come un bambino quando la madre si rifiuta di comprargli un gelato.
-Scusa…- Si limitò a dire lei.
-Guarda che stavo scherzando, Lyvia… Non sono seriamente arrabbiato. Comunque…oggi si festeggia la laurea di mio fratello. Avevi detto che saresti venuta.-
La laurea del fratello di Kail...Già, Lyvia lo aveva totalmente rimosso. Aveva promesso al suo amico che ci sarebbe stata.
-Ok. Ci sarò. Dimmi per che ora!- Disse per poi sorseggiare la sua tazza di caffè fumante.
-Per le otto di sera a casa mia.- Posò un cucchiaio su un piattino di porcellana dolcemente decorato da disegni astratti dorati.
-Ci vediamo lì!- Detto questo, si alzò in piedi lasciando sul tavolo i soldi di ciò che aveva mangiato. Stampò un bacio in fronte a Lyvia e corse fuori dal bar. Raggiunta la strada voltò a destra e prese un taxi. L’autista partì a gran velocità e, nel giro di qualche minuto, l’automobile gialla scomparve alla vista di Lyvia.
Ora era rimasta sola in quel piccolo e austero bar, con gli sgabelli tutti malmessi e le cameriere che sembravano uscite da “sex and the city”.
Sospirò e, sorseggiando il suo caffè, tornò con la mente al giorno in cui i suoi genitori erano morti.
 
Erano le tre del pomeriggio. Lei stava aspettando da brava bambina a casa che i suoi genitori tornassero. Erano andati a trovare la nonna che abitava non molto lontana da loro. In macchina ci avrebbero impiegato poco più di un quarto d’ora, tuttavia avevano deciso di andare a piedi, sostenendo che alla nonna il rumore del motore dell’automobile potesse dar fastidio.
Da lì a qualche ora Lyvia avrebbe festeggiato il compleanno e la sua mamma e il suo papà le avevano promesso che, se si fosse comportata da brava bambina, non solo sarebbero tornati nel giro di poco, ma anche che, come regalo, le avrebbero dato quell’orsacchiotto che aveva visto al negozio di giocattoli, qualche giorno prima.
Aveva appena salutato Kail e stava colorando quando qualcuno suonò il campanello. Corse alla porta, sicura che fossero i suoi genitori con il regalo. Dopotutto era stata una brava bambina anche quel giorno.
-Chi è che suona alla mia porta?- Chiese tutta allegra, aspettandosi come risposta la voce gentile del padre. Invece il tono che udì era tutt’altro che gentile. Anzi, sembrava arrabbiato.
-Apri piccola!- Tuonò la voce.
-Chi sei?-
-Un tuo amico. Fammi entrare.- Riprese la voce misteriosa. Ora il tono era più morbido e gentile, mellifluo.
-La mia mamma e il mio papà mi hanno detto di non aprire agli sconosciuti…- Sussurrò Lyvia leggermente allarmata.
-Ma io sono un tuo amico. Mi chiamo Mack…Devo parlarti.-
Lyvia esitò per un’istante, poi aprì la porta. Davanti a lei comparve una grande figura maschile che entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Un poliziotto che aveva tra le mani un dono.
 
Lyvia spalancò gli occhi. Pensare a quel giorno le faceva ancora male…Se solo in quel momento avesse esitato...se avesse esitato ancora un po’ probabilmente sarebbe corsa in camera e si sarebbe nascosta, buttandosi addosso il profumo che le aveva regalato la mamma, proprio come le era stato detto di fare. Se lo avesse fatto sarebbe riuscita a scappare dalla realtà che la circondava.
L’uomo che si era presentato alla sua porta, il poliziotto che si definiva “amico”…Se Lyvia non gli avesse aperto, probabilmente, non si sarebbe trasformata nella “Regina di Ghiaccio”. La felicità, che le cresceva nel petto come un fiore, in quell' infausto giorno, finì con l’appassire. Le lacrime trasformarono il sorriso in sospiri di rammarico e la gioia si tramutò in solitudine e disperazione…Due sensazione che la fecero chiudere in sé stessa. Un dono che doveva portare allegria, portò, invece, solo lacrime e la straziante sensazione di essere stata vittima di una bugia. Lyvia si mise ad osservare il cielo, poi le persone che vi camminavano al di sotto. Esseri umani come lei, vittime della straziante e noiosa routine, vittime della solitudine...Vittime di quella crudele realtà che non lascia spazio ai sogni e che, al contrario, li schiaccia, facendoli esplodere come bolle di sapone che fluttuano nel cielo per poi scoppiare in una cascata di minuscole gocce d'acqua e sapone, gocce che, a contatto con gli occhi, bruciano e fanno piangere, esattamente come tutta la tristezza che Lyvia provò in quel giorno.

 
Il poliziotto le diede ciò che portava. Un piccolo orsacchiotto con una macchia di fango sul muso. Era bagnato, segno che la pioggia lo aveva colto impreparato.
-Vieni con me…- Disse “l’amico”. Prese per mano Lyvia e la scortò fuori. La fece salire in macchina e partì verso una collinetta.
-Dove sono la mia mamma e il mio papà? Stiamo andando da loro?- Chiese la piccola, con un tocco di allegria, che sfumò lasciando il posto alla preoccupazione quando, arrivata alla collina, vide i due grandi letti di legno.
-…….Lì dentro ci sono la mia mamma e il mio papà? Stanno dormendo?- Il viso contorto in un sorriso straziante. Si avvicinò titubante, desiderosa di alzare gli enormi e pesanti coperchi che nascondevano i volti dei suoi genitori, volti a lei tanto familiari resi tanto sconosciuti dal colore pallido che la morte porta con sè. Allungò la mano ma subito fu fermata da un prete che, dopo averle riservato un’occhiata rabbiosa, disse delle frasi che Lyvia non comprese. Sembravano formule magiche pronunziate da uno stregone, come quelle delle favole che le leggeva la sua mamma. Lyvia osservò il prete fare un gesto della mano e i letti nei quali i suoi genitori riposavano furono calati in due enormi buchi scavati nel terreno reso fangoso dalla pioggia. Lyvia guardava incredula. Dunque i maghi esistevano davvero. Uno di loro stava proprio lanciando un incantesimo sui suoi genitori, un incantesimo che li avrebbe scagliati sotto terra, che li avrebbe costretti a vivere nell'opprimente buio eterno. Lyvia sapeva bene che, una volta entrati lì sotto, la sua mamma e il suo papà non avrebbero più fatto ritorno.
-ASPETTATE!!! MORIRANNO SE LI CHIUDETE LI’ SOTTO!!!- Gridò con quanta più voce aveva in gola. Sapeva che i suoi amati genitori non erano più in vita, tuttavia sperava che, estraendo i loro corpi dalle bare e tenendoli al caldo, si sarebbero ripresi. Alcune parole le morirono nella trachea non appena i due fossi furono coperti di terra. Oramai non vi era un solo spiraglio che lasciava intravedere quelle costruzione in legno che a prima vista le erano parsi lettini tanto caldi.
Si inginocchiò a terra, piangendo disperata. Iniziò a scavare nel fango con le sue esili mani, gridando. Una presa salda le afferrò le spalle e la tirò su. Era il poliziotto. A quel punto Lyvia iniziò a colpirgli il petto con i pugni, singhiozzando.
-BUGIARDO!!! AVEVI DETTO DI ESSERE UN AMICO!!! E ALLORA PERCHE’?! PERCHE’ MI HAI MENTITO DICENDO DI ESSERE UN LORO AMICO PER POI MOSTRARMI LA MIA MAMMA E IL MIO PAPA’ SENZA VITA?!?!?!-
Il poliziotto la allontanò leggermente da sé, in modo da guardarla dritta negli occhi. Lyvia scorse un bagliore di disperazione balenare nelle iridi dell’uomo.
-Lyvia…non ti ho mentito…io conoscevo la tua mamma e il tuo papà.. Eravamo amici….- Detto questo la lasciò, mettendosi dritto.
Lyvia guardò le incisioni sulla pietra posta nel punto in cui erano stati seppelliti i suoi genitori. Guardò l’orsacchiotto macchiato di fango, il suo regalo di compleanno, che assisteva impotente accasciato ad un albero. Si chinò ancora una volta sul fango, stringendo forte le foto dei suoi genitori, che erano state appoggiate alle tombe. Foto di due ragazzi sorridenti, che ancora dovevano compiere trent'anni...Ragazzi ai quali la Morte impedirà di crescere. 
-SIETE DEI BUGIARDI!!!!!!!! AVEVATE PROMESSO CHE SE MI FOSSI COMPORTATA DA BRAVA BAMBINA, VOI SARESTE TORNATI SUBITO!!!!! E ALLORA FORZA!!! COSA ASPETTATE?!?! VENITE A PRENDERMI!! IO SONO UNA BRAVA BAMBINA!!!!-
Continuò ad urlare con tutto il fiato che possedeva, con il capo chino al suolo. Le lacrime che si mescolavano alla pioggia. L’unico essere vivente, proprio nel mezzo di quel cimitero. Una piccola e indifesa creatura di soli sei anni che piange, con la consapevolezza che, nonostante si comporti da brava bambina, i suoi genitori non torneranno.
 
Quando Lyvia si destò da quei pensieri, si ritrovò a piangere nuovamente da sola, proprio come quel giorno.
-Bugiardi…..lo avevate promesso eppure….io sono ancora qui…mentre voi siete chissà dove…- Disse in un sussurro tremante, asciugandosi le lacrime.
Uscì dal bar ancor più triste di quando ci era entrata. Si incamminò verso casa sua, con il cielo che tuonava rabbioso. Scivolò tra la folla di persone come un’anguilla che si muove tra le rocce. Camminava solitaria, accompagnata solamente dall’orrenda sensazione di essere osservata.
 
********************************************
Angolo dell’autrice:
Eccomi tornata! Mi scuso se ci ho messo tanto ma tra la scuola ed i vari impegni non ho trovato molto tempo da dedicare alla stesura di questo capitolo. Non volevo che fosse un lavoro superficiale, volevo focalizzarmi bene nelle sensazioni di Lyvia, nel senso di solitudine che ha provato. Spero che questo capitolo trasmetta le stesse emozioni che ho provato io nello scriverlo (non mi vergogno a dire che qualche lacrima ha accompagnato la stesura di questo capitolo).
Se notate qualche incoerenza e/o errore grammaticale, vi prego di segnalarmelo ed io cercherò di sistemarle, poiché delle volte qualche erroruccio scappa. 
 
Baci e al prossimo capitolo! ^^
_Anne
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Anne_Wolf