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Autore: General_Winter    16/03/2015    5 recensioni
AU! Hunger Games.
Dal testo:
Abbandonando il suo posto, evitando i pacificatori, si era portato davanti al moro, come a proteggerlo, tenendolo al sicuro dietro alla sua ampia schiena e aveva urlato parole mai dette in quel piazzale, in quel distretto prima di allora, gridate troppo velocemente e troppo seriamente per avere rimorsi «Mi offro volontario come tributo al posto di Feliciano Vargas!»
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Genere: Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III: LE REGOLE DELLA SOPRAVVIVENZA
 

Il localizzatore prudeva ancora nel braccio. Ludwig si passò una mano sul segno della puntura, frizionandolo.
Attendeva che il fratello gli porgesse la giacca per poi entrare nel tubo che lo avrebbe condotto all’arena. Non ascoltava le parole concitate dell’albino, tanto era sicuro che nemmeno lui sapesse cosa stesse dicendo, tanta era l’agitazione che permeava l’aria in quei momenti.

Gilbert lo invita ad avvicinarsi, aiutandolo ad infilare la giacca « Come puoi sentire è molto pesante e imbottita: ci sarà freddo nell’arena; non scendere dal piedistallo prima della fine del tempo: sai già cosa accadrebbe; appena si inizia, corri sempre in una direzione, se ti capita di trovare uno zaino per terra mentre corri, raccoglilo in fretta, ma non azzardarti a fermarti alla Cornucopia, è un bagno di sangue ogni volta » parlava concitato, senza fermarsi nemmeno per respirare e nemmeno per guardare Ludwig in faccia. Lo fece solo quando una voce annunciò che tutti i tributi dovevano entrare nei tubi.

Gli occhi cremisi tentavano di tutto pur di tenere intrappolate le lacrime che minacciavano di scappare. Lo fecero non appena lo sguardo del mentore incontrò quello blu e spaventato del più giovane. Gilbert passò entrambe le braccia intorno alle spalle di Ludwig, stringendolo a sé in un caloroso di abbraccio di buona fortuna e, forse, addio. Il biondo ricambiò, un po’ titubante la stretta, che si accentuò ancora di più quando alcune parole furono sussurrate al suo orecchio « Lud, fra poche settimane al massimo ti voglio a casa, è chiaro? » e al più giovane venne da ridere al pensiero che quella frase fosse stata sussurrata quasi con lo stesso tono con cui Gilbert, anni prima, lo ammoniva sull’ora in cui doveva ritornare la sera.

I loro sguardi si incatenarono l’ultima volta quando, nel tubo, il tributo veniva spinto nell’arena: sperava di poterlo rivedere, un giorno.
 
L’arena era abbagliante. E non per il sole. Quello faceva appena capolino tra la coltre di nubi.
È uno scherzo, vero?

Quello era l’unico pensiero che si aggirava tra le menti di tutti i tributi quando si ritrovarono immobili sui piedistalli, che erano bloccati all’interno di un lago ghiacciato. Tutt’intorno ( le alture, gli alberi, la Cornucopia ) era avvolto da uno spesso strato di candida neve. Il vento freddo tagliava le guance, lo strato di ghiaccio dell’acqua minacciava di rompersi da un momento all’altro.

I secondi che li separavano dall’inizio brillavano al di sopra della fredda Cornucopia e le collinette si estendevano al di là di questa.
Quindici secondi.
Forse i suoi ultimi attimi di vita. No, non doveva pensarci, doveva solo correre, afferrare uno zaino e correre di nuovo. Doveva essere veloce. Si guardò intorno: Raivis era qualche postazione più in là.

Dieci secondi.
Ripensò a Raivis, Gilbert, Elizavetha, Feliks … e Feliciano. Il suo amato moretto che forse in quel momento lo stava osservando o forse stava facendo di tutto per non guardare il suo fidanzato massacrato in quell’arena. Ripensò all’ultima volta che avevano fatto l’amore. A quelle labbra sottili che lo baciavano dappertutto, a quel corpo esile che si agitava ad ogni sua spinta.
Ludwig sorrise: se quelli erano i suoi ultimi pensieri prima di morire, allora era contento.

Cinque secondi.
Un urlo di una voce minuta squarciò l’aria: tutti i tributi, nello stesso istante si girarono verso il dodicenne del distretto 6 che gridava al cielo frasi a stento comprensibili « LUDWIG! RICORDA NOSTRA PROMESSA! »

Un moto di sorpresa invase i cuori di ogni singolo ragazzo lì in attesa che scoccasse anche l’ultimo secondo per iniziare la mattanza.
Quello del diciassettenne si fermò del tutto quando vide la gamba di Raivis lasciare il suo posto prima del tempo e l’altra seguirla.
L’esplosione arrivò sonora alle orecchie sconcertate e spaventate di tutti.
E Ludwig non capì il perché di quel rumore, sentiva solo il freddo.
Un corpicino esile, bruciato e con gli occhi vuoti cadde lento verso la superficie ghiacciata del lago.
E Ludwig non capì perché al posto di Raivis ci fosse quel fantoccio inanimato, sentiva solo le membra pesanti.
Tutti i tributi guardarono inorriditi il corpo carbonizzato di quello che era uno del distretto 6.

E Ludwig capì la promessa fatta la sera prima.
Ignorò il mondo intorno a sé. Dimenticò quello che era appena successo. Guardò avanti e, come mosso da un’entità superiore, cominciò a correre, mentre tutti gli altri lo fissavano sorpresi, ancora scossi da ciò che era avvenuto. Come appena risvegliati da una trance, si resero conto che gli Hunger Games erano iniziati e subito i ragazzi cominciarono a correre per raggiungere la cornucopia e Ludwig, che imperterrito aveva continuato ad avanzare, incurante delle crepe che si formano sotto i suoi piedi e del vento che gli schiaffeggiava il volto.

Quando raggiunse la terra ferma gli parve un miracolo. Doveva sbrigarsi, doveva fregarsene della neve che gli stringeva i piedi in una gelata morsa. Prese al volo uno zaino, pronto a scappare di nuovo, a fuggire da tutti gli altri tributi che lo avevano ormai raggiunto. All’improvviso una pessima idea gli balenò in mente. Di scatto, voltò la testa: lì, in bella mostra su un porta armi, stava una lucente spada.

Non ci rifletté a lungo, non poteva permetterselo, così seguì l’istinto che gli intimava di afferrarla e poi scappare. Era un bene che non riuscisse a sentire le maledizioni che venivano scagliate contro di lui dal fratello che, con il cuore in gola, osservava, al sicuro, l’inizio dei giochi.

Ludwig afferrò l’elsa dell’arma, pronto a fuggire, ma altri tributi, nella confusione generale, lo avevano raggiunto.
Grida di dolore e schizzi di sangue volavano nell’aria concitata. Gemiti di sforzo e ansiti di stanchezza gli perforavano l’udito. Doveva andarsene da lì il più in fretta possibile.

Il sibilo gli passò vicino all’orecchio, un deja vù. Troppo vicino. La freccia si piantò nella neve. Con timore, si girò lentamente, incontrando lo sguardo serio e quasi pentito di Tino. Sembrava addirittura scusarsi per le proprie azioni. Incoccò un’altra freccia nello stesso istante in cui una voce sprezzante gracchiò « Tanti saluti, distretto 6 » Vash, con gli occhi determinati, prendeva la mira tenendo stretta in mano una manciata di coltelli. Il lampo metallico si avvicinò al volto di Ludwig a grande velocità. Per mero istinto di sopravvivenza, agitò la lama di fronte a sé, serrando le palpebre.

Lo stridio di due corpi metallici che collidevano fece riaprire gli occhi al biondo: lo aveva deviato. Per puro miracolo, ma lo aveva fatto.

Non pensò ad altro e fuggì, sotto lo sguardo meravigliato di quella prodezza degli altri due, che immediatamente si ritrovarono gettati di nuovo nel caos del bagno di sangue.

Ludwig corse finché le gambe non lo ressero più in piedi. Su per l’altura, dentro la boscaglia innevata, con il gelo che dilaniava le vesti e la carne.

Si diede pace solo quando pensò di essere abbastanza lontano da tutti. Solo in quel momento la stanchezza e la consapevolezza di quello che era successo lo invasero: era sopravvissuto; Raivis si era sacrificato per quello; lui aveva una vita sulla coscienza e un ennesimo motivo per non crepare in quel luogo.

Doveva resistere fino alla fine. Doveva trattenere le lacrime, non era affatto il momento di mostrarsi deboli.
L’attenzione poi gli cadde sul suo bottino. Lo zaino era rimasto integro nonostante gli attacchi.

Lo aprì, ispezionandone il contenuto. I due massicci stivali gli saltarono immediatamente all’occhio. Più resistenti e imbottiti di quelli che indossava. Si cambiò subito e il caldo gli invase le gambe. Trovò inoltre un coltello da caccia, rampini e un accendino.

Si guardò intorno: sicuramente non ci sarebbero stati problemi di acqua; il vero guaio era il cibo.
Chiuse gli occhi, inspirando intensamente: a quello ci avrebbe pensato dopo.
Resta nascosto per alcuni giorni, non farti trovare da nessuno.
Gli insegnamenti che Gilbert aveva impartito ad entrambi i tributi gli tornarono in mente in quel momento.

Evita i sentieri che sembrano troppo battuti.
Il biondo cominciò a camminare, doveva allontanarsi dal lago e dalla cornucopia. Si strinse di più nella giacca per far fronte al freddo. Lentamente, mise un piede davanti all’altro, sentendo la neve scricchiolare sotto il suo peso.

Cammina sempre in una direzione, raggiungi i confini dell’arena e resta nelle loro vicinanze: sei per certo protetto alle spalle.
In quel preciso istante, i colpi di cannone vibrarono nell’aria. Ludwig si bloccò, restando in ascolto.
Quando l’ultimo risuonò, il biondo fece i calcoli: sette rimbombi, aveva altri sedici avversari da eliminare.
Riprese il suo cammino.

Camminò per due giorni, durante le quali il cannone tuonò un’ottava volta.
Ricorda, cerca alleati. Forma un’alleanza con altri tributi, uno, massimo due. Alleanze troppo numerose creano problemi fin da subito.

A quello ci avrebbe pensato il giorno dopo, ora doveva trovare del cibo. Forse ce n’era alla cornucopia, ma era troppo pericoloso tornare e rischiare di incappare in qualche avversario, magari tra i favoriti.

Il lago ghiacciato di apparente acqua dolce che trovò poco dopo gli sembrò perfetto: probabilmente, sotto la superficie gelata, si aggiravano dei pesci.
Incise il ghiaccio col coltello, aprendone un foro.

Mentre tentava in tutti i modi di procacciarsi qualcosa con cui cibarsi, intuiva che la difficoltà di quel gioco non erano gli altri tributi da cui difendersi; quello era solo un problema in più. Il vero ostacolo da superare era la sopravvivenza ad un terreno ostile a cui non erano minimamente preparati.

Sarebbe stato complicato, ma non si sarebbe arreso: aveva una promessa da mantenere.
 

I giorni successivi furono freddi e vuoti. La temperatura si stava abbassando sensibilmente.
Se cerchi un luogo per dormire, sali su un albero o nasconditi in una grotta. Rimani il più discreto possibile.

Con quel freddo, aveva evitato gli alberi. Era sicuramente più saggio cercare spaccature nelle rocce, il problema che sorgeva però era che probabilmente anche altri tributi avrebbero fatto il suo ragionamento. Doveva tenersi pronto ad un eventuale scontro con chiunque. Il cannone aveva tuonato un’altra volta, per un totale di nove caduti prima dello scadere della prima settimana.

La fortuna, anche quella volta, parve sorridergli: aveva trovato una grotta, che scendeva in profondità, completamente deserta. Si sistemò il più lontano possibile dall’entrata, sia per ripararsi dal vento freddo della notte sia per farsi notare di meno nel caso fosse arrivato un qualche altro tributo con la sua stessa idea.

Provò a chiudere gli occhi, ma si scoprì ancora incapace di dormire, nonostante la stanchezza che gli tormentava le ossa. Il pensiero che qualcuno potesse arrivare e tagliargli la gola mentre riposava lo costringeva a stare con un occhio aperto.

Sospirò, guardando il cielo scuro che si intravedeva dalla fenditura. All’improvviso cominciò ad illuminarsi: i volti di tutti i caduti cominciarono a comparire troppo velocemente perché Ludwig potesse riconoscerli tutti. Im Yong Soo, distretto 3; Lukas Bondevik, distretto 4; Matthew Williams, distretto 5; Raivis Galante, distretto 6; Eirik Stinnson. Distretto 8; entrambi i tributi del 9; Toris Lorinaitis, distretto 11; Heracles Karpusi, distretto 12.

Almeno sapeva che doveva ancora temere Vash, Tino e la pericolosa triade Yao, Alfred ed Ivan.
Tentò di nuovo di dormire, tenendo vicino a sé la spada, ricordando le notti di quando era piccolo e dormiva accanto al fratello maggiore, che lo sorvegliava nel sonno.
 

Non sapeva quanto quell’immagine fosse vicina alla realtà: infatti Gilbert, da quando erano cominciati i giochi, non aveva staccato gli occhi dallo schermo, intento a seguire ogni azione del minore, commentando le sue scelte sottovoce.

Non si era mosso dalla sua posizione per giorni e a niente erano valse le parole di Elizavetha che gli intimavano di riposare in quanto non potevano essere di aiuto ai tributi. Lui non l’aveva ascoltata, scacciandola pure in malo modo, con conseguente lite. In quel momento se ne pentiva, soprattutto per tutti i lividi che si ritrovava sul corpo.

Ed era ancora, in piedi, ad osservare ogni movimento del fratello, mentre un rumore di passi si avvicinava a lui. Non reagì male quando la suddetta persona gli comparve alle spalle, poiché l’aveva già riconosciuta. Avrebbe saputo capire a chi apparteneva quella camminata tranquilla e posata anche tra mille altre « Hai ancora intenzione di stare a guardare cosa succede in quell’arena, mon ami? » chiese in tono quasi preoccupato Francis Bonnefoy, guardando la schiena dell’albino « Sì. E sappi che lo farò finché Ludwig non tornerà a casa con il Magnifico »

L’uomo guardò le spalle del più giovane, passandogli un braccio intorno e mettendosi al suo fianco, cominciando a contemplare anche lui le immagini che gli scorrevano davanti.

Li legava una strana amicizia: quel ragazzo gli era simpatico sin da quando gli si era parato davanti all’ultima serata prima di entrare nell’arena. E quando gli aveva augurato di vincere lo aveva fatto davvero. Era stato sollevato quando lo aveva visto uscire vincitore e poche settimane dopo lo aveva chiamato. Era stata una telefonata lunga e, all’inizio, diffidente; poi, con il passare del tempo, più rilassata e tranquilla. La strana e solida amicizia alla fine era sbocciata.
« Gilbért! Reste tranquille! Il pubblico sembra adorare tuo fratello! Non verrà lasciato morire tanto facilmente! »

Il vincitore sembrò poco convinto, ma si abbandonò all’abbraccio fraterno elargito dall’uomo « Andiamo a dormire, mon ami » un sorriso tirato comparve sul volto di Gilbert, che seguì il conduttore fuori dalla stanza.
 

Erano passati sedici giorni. Il cannone aveva tuonato altre sei volte.
E Ludwig si stava maledicendo. Aveva fatto un errore madornale: le alleanze, nell’arena, si erano formate e lui era rimasto da solo. Sapevano che era ancora vivo, li aveva sentiti una notte.
 
« Deve per forza essere rimasto da solo, non è morto e non può essere uscito dall’arena. Allora dov’è?! »
« Calmati Alfred-aru! Urlare servirà solo a farci scoprire! » Ivan, seduto su un masso gelato, assisteva in silenzio al battibecco.
 
Le paure di Ludwig si erano rivelate fondate: Ivan, Yao e Alfred avevano formato un’alleanza; la stessa cosa, era venuto a sapere, era accaduta anche con Vash e Tino. Ed entrambi i gruppi lo stavano cercando ed era facile intuirne il motivo: era solo ed aveva ottenuto uno dei punteggi più alti. Era una minaccia, ma facilmente eliminabile. Poi entrambi avrebbero pensato ad eliminarsi a vicenda per poi prestare attenzione agli ultimi rimasti.

Alla mattina del diciassettesimo giorno, il biondo era distrutto: non aveva praticamente chiuso occhio per tutta la notte, troppo impegnato a captare qualsiasi movimento nelle vicinanze della grotta in cui si era spostato e troppo occupato a riflettere come agire, pensando seriamente di rimanere invisibile a tutti finché anche l’ultimo tributo non sarebbe deceduto.

Si alzò, distendendo i muscoli, pronto ad intraprendere una nuova giornata di sopravvivenza, ringraziando che, fino a quel momento, non si era dovuto sporcare le mani di sangue, ma ben consapevole che presto o tardi sarebbe diventato un assassino anche lui.

Uscì dalla grotta. Tutto si aspettava quella mattina, ma non di certo che la lama lunga e sottile di una spada gli desse il buongiorno « Muoviti e ti uccido » gli sussurrò all’orecchio una voce spaventata quasi quanto lo stesso Ludwig. Il biondo voltò lentissimamente la testa, riconoscendo immediatamente il suo futuro carnefice:
distretto 3, Kiku Honda.
  
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