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Autore: d r e e m    16/03/2015    2 recensioni
Non si era saputo con certezza il luogo, l’ora o la dinamica degli eventi. La notizia si era diffusa come un cicaleggio allegro per i corridoi della scuola: Stiles Stilinski era riuscito finalmente a baciare Lydia Martin. Per la verità in molti omettevano il ‘per la seconda volta’, ma probabilmente ciò accadeva perché in pochi erano a conoscenza di quel bacio-quasi-bacio i cui unici testimoni erano stati gli armadietti dello spogliatoio maschile. [...]
“Non sono la tua cottarella” sbottò Lydia serrando le braccia al petto, in fila come Stiles dinanzi alla porta dell’aula di Economia, in attesa di essere chiamati per sostenere l’ennesimo esame finale prima del diploma. Stiles, che era un fascio di nervi, a malapena si accorse del farfugliamento della banshee – complici gli ettolitri di caffè e due notti insonne.“Cosa?” chiese mentre allungava il collo per vedere a che punto fosse arrivata la lista che Finnstock teneva tra le mani.“O un bel faccino”
[ AU-ish ; Future!Stydia ; Funny!Fic ; cap:III ; stato: completa ]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ben ritrovati amici del fantamondo di Efp! Vi ringrazio per le recensioni lasciate nel precedente capitolo e per avermi incoraggiato a continuare questo delirio Stydia comico e a tratti demenziale, ma penso che questi battibecchi siano un toccasana per il progressivo – ahimè – allontanamento di questi due paperotti çwç Ribadisco ciò che ho detto in precedenza ovvero che si ambienta post 3A, circa un anno dopo (senior year), nessun nogitsune, no Kira e no Malia – probabilmente con la partecipazione straordinaria di Aiden, oltre che di personaggi sporadici disseminati nei capitoli. Dopo un breve riepilogo, non mi resta che lasciarvi a questo proseguito invitandovi come sempre –e se lo vogliate – ad esprimere le vostre considerazioni in merito. A me non può che fare piacere.
Buona lettura!

 

Storyline: Stiles, bambino esuberante, adocchia Lydia dal loro primo giorno di scuola insieme. Pur progettando marachelle di vario genere, Stiles sa bene che ci vuole di più per guadagnarsi l’interesse della piccola Martin. Il suo piano decennale prevede i più disparati modi per farla innamorare di Stiles Stilinski, ma se c’era una cosa che quel piano non menzionava, era il baciare Lydia Martin – cosa che per la verità era avvenuta con una dinamica particolare.

 

[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]

 

Ten years plan – come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

 

Non si era saputo con certezza il luogo, l’ora o la dinamica degli eventi. La notizia si era diffusa come un cicaleccio allegro per i corridoi della scuola: Stiles Stilinski era riuscito finalmente a baciare Lydia Martin. Per la verità in molti omettevano il ‘per la seconda volta’, ma probabilmente ciò accadeva perché in pochi erano a conoscenza di quel bacio-quasi-bacio i cui unici testimoni erano stati gli armadietti dello spogliatoio maschile.

 
Molto probabilmente non contava.

 

*

 

Stiles Stilinski. Lo scarabocchiò in cima al suo quaderno di appunti mentre in sottofondo la lezione di spagnolo continuava a svolgersi. Più che ‘in sottofondo’, la professoressa stava starnazzando con accento castigliano, ma a Stiles andava bene anche così.

Rimarcò a tratti le due esse e ricalcò i punti delle i. Anche se non era il suo vero nome, gli piaceva firmarsi in quel modo. Onomatopeico lo considerava lui. Lydia l’avrebbe definito meglio come cacofonico, ma non importava.

Stiles Stilinski. Lo riscrisse di nuovo, questa volta facendo attenzione che le lettere non sporgessero al di sotto della linea retta del rigo.

Lydia invece aveva un nome e un cognome lineare, senza montagne russe o giravolte esorbitanti. Era Lydia ed era Martin, due diversi suoni ma circa della stessa lunghezza. Mentre il suo Stilinski aveva tutte quelle esse sibilanti e quelle curve, più o meno come la propria personalità.

“Señor Stilinski?” lo richiamò l’anatra spagnola e Stiles rinsavì dai suoi guazzabugli mentali.

Con la gommina rosa sull’altra estremità della matita cancellò la grafite che componeva il proprio nome. Giusto lo spazio, realizzò il ragazzo impugnando nuovamente la matita dal lato corretto.

Lydia Stilinski. Lo riscrisse di nuovo, questa volta per intero.

Lydia Stilinski. Suonava proprio bene.

E per gioia della banshee, non era cacofonico.

 

*

 

Lydia Martin era strana.

Nonostante avesse un quoziente intellettivo di molto superiore alla media dei suoi coetanei, rimaneva pur sempre un esponente del genere femminile e, banshee o meno, aveva quella nota di isteria sempre a portata di lingua.

“Quindi la signorina Finch ti ha detto che non esiste il–?”

“Teorema di Cauchy-Kovalevskaya. No che non esiste. Ma che l’ho applicato erroneamente” lo rimbeccò una volta sedutasi a mensa nel suo stesso tavolo.

“Ho ricontrollato la dimostrazione e i casi in cui si applica e a, rigor di logica, il problema era solvibile anche con quel metodo. Non capisco cosa intendeva per erroneamente”.

Lydia si ricoprì il mento con la mano a sostegno della testa mentre osservava Stiles progettare con gli occhi quale pietanza consumare per primo, se tuffarsi sull’insalata di pollo o al contrario divorare l’hamburger.

Ah” concluse sconfortato lo Stilinksi che di triangoli e ragionamenti matematici conosceva solo quelli utilizzati in centrale per la risoluzione di omicidi. Non che la sua indole matematica si fermasse solo a questo, ma non arrivava neanche lontanamente ad eguagliare le conoscenze della Martin.

Lydia apparve delusa da quella risposta secca – e stupida.

Stiles notò che davanti alla camicetta della banshee non c’era alcun vassoio.

“Vuoi?” chiese sventolandole sotto il naso la barretta di riso soffiato al cioccolato che aveva scartato ma non ancora addentato. Lydia si concesse quel piccolo peccato di gola accettandone metà e restituendo il resto al proprietario.

“Grazie” balbettò Stiles, non sapendo con esattezza per cosa la stesse ringraziando.

Forse per avergliene lasciata un pezzo. Forse per aver accettato.

 

*

 

“Non c’era bisogno di farci compagnia fino a quest’ora per una ricerca di storia”

Stiles comprese l’occhiata di scuse scoccata da Allison per il tono – acido era un eufemismo – piccato con il quale l’amica aveva esordito per l’ennesima volta, percorrendo il corridoio buio e silenzioso della scuola.

I due faticavano a tenere il passo della Martin la quale, sebbene i notevoli centimetri sotto i piedi, si ostinava a non rallentare l’andatura.

“Lydia, hai presente quante volte questa scuola di notte è diventata il covo di esseri sovrannaturali assetati di sangue e di vendetta?” chiese ironico Stiles, affiancandola con un’ampia falcata e lasciando a malincuore la Argent alle sue spalle.

Lydia sembrò non badare a quelle giustificazioni – a detta di Stiles ragionevolissime.

“No, dico: ti rendi conto dell’alta percentuale di cadaveri che hanno rinvenuto in questa scuola?” continuò imperterrito lo Stilinski, lanciando di tanto in tanto segnali d’aiuto alla cacciatrice, la quale, di tutta risposta, se la rideva sotto i baffi.

“Conta più defunti che studenti!”. “Stiles?!”

Lo Stilinski si arrestò e quasi non finì addosso alla banshee. Per la verità avrebbe tanto voluto finirle addosso, ma meglio non peggiorare ulteriormente la situazione.

“Si?” le balbettò ad un palmo di naso.

“Non è morto nessuno oggi” sentenziò soddisfatta regalando una pacca sulla spalla a Stiles e invitando l’amica a seguirla nel parcheggio retrostante.

“Credo che ti abbia appena ringraziato” spiegò Allison ad uno Stiles incredibilmente sbigottito.

“Perché lo credi?”. “Perché quando lo fa, dimentica qualcosa” concluse la Argent sventolandogli davanti il quaderno che Lydia aveva scordato tra le mani di lei.

In qualche modo Stiles le fu riconoscente per quella delucidazione.

 

*

 

Tanya

Stiles alzò lo sguardo dal settimo quesito di una comprensione del testo e lo rivolse alla ragazza distesa prona sul suo letto. Tanya, chi era Tanya? Lo Stilinski cercò di elaborare il nome.

“O forse Melanie” incalzò Lydia ispezionando le punte dei suoi capelli. Il quaderno davanti a lei già riempito con il saggio per il giorno dopo. “Decisamente non Paula”.

Stiles fu sul punto di girarsi e lasciar perdere l’interessantissima spiegazione su ‘l’eterogenesi dei fini’, ma non era curioso. Davvero. Diversamente disinteressato, forse. Ecco, sì.

“Di chi stai parlando?” chiese ruotando con la sedia girevole e finendo con il cozzare con il proprio letto a tre palme di naso dalla banshee. Okay, forse curioso era il termine più corretto.

“Della ragazza che esultava per te durante gli allenamenti di lacrosse” insinuò la Martin retrocedendo sul letto e mantenendo le giuste distanze. Dannate distanze, convenne Stiles.

“Ho fatto schifo agli allenamenti di lacrosse” obiettò lo Stilinski aprendosi nelle spalle. La verità aveva un gusto amaro in bocca.

“Appunto. Ottimo modo per capire che le piaci davvero” cantilenò Lydia sorniona cosciente dell’elevato tasso di imbranataggine di Stiles, il quale non seppe se immusonirsi o esultare.

“Lo credi davvero?” le domandò, speranzoso di ottenere una risposta compiuta e non una delle solite occhiatacce. Ma stava parlando con Lydia Martin e, ahimè, le occhiatacce erano il suo pane quotidiano.

“Che fine ha fatto la povera Bethany?” lo interpellò, rigirando la frittata già sul punto di bruciarsi.

Questa volta fu Stiles a non rispondere.

 

*

 

Alcuni avevano giurato di averli visti rinchiudersi in uno sgabuzzino. Altri ancora avevano insistito col dire che era stata tutta colpa di una stampante. Ma quasi tutti concordavano nel dire che fosse stato merito del Coach.

Finnstock, dal canto suo, non diede mai la sua versione dei fatti.

 

Il caso rimase irrisolto.

 

*

“Più su”

Era da circa quarantacinque minuti che Lydia lo vezzeggiava cantilenando quelle parole sino allo sfinimento. Stiles, che in quei quarantacinque minuti aveva metabolizzato rassegnato l’evento, si era promesso di tradurre il linguaggio della Martin ad uno più confacente alla sua statura. Per esempio aveva appreso che il suo ‘continua’ voleva dire ‘solo una volta’ e i suoi ‘basta’ erano ‘ancora un altro po’’. Era quel ‘più su’ che rimaneva intraducibile rapportato ai suoi centosettantadue centimetri.

“Va bene?” chiese uno Stiles sulla sommità di una scala, in procinto di spalmarsi sulla parete, con le braccia stese a lisciare un lenzuolo che puzzava di colori acrilici. Attività ricreative le chiamavano.

“A destra” avanzò la banshee, non del tutto convinta della perpendicolarità dell’opera in questione.

“La mia destra” puntualizzò. “Così?”

Stiles aveva acquisito da madre natura diversi doni, ma sicuramente nella lista non erano compresi i riflessi pronti. Per cui, spingendosi oltre l’inverosimile per raggiungere la famigerata destra indicata da Lydia, non poté quindi impedire quando, con un gesto maldestro, si sporse così tanto dalla scala da spintonare il barattolo semivuoto di vernice.

Per fortuna, pensò riacquistando nuovamente l’equilibrio, ma dovette rimangiarsi in fretta quelle parole quando si rese conto del danno appena commesso.

“Stilinski, non so se sia più irritante la tua presenza o la vernice che mi è finita negli occhi” esordì laconico Bob Finnstock ricoperto in viso da una mistura blu brillantata.

“E’ idropittura” tentò di minimizzare ma Lydia lo fulminò con lo sguardo.

“Rimarrete qui a compilare questi moduli in sala informatica!” li apostrofò entrambi non sapendo bene dove guardare per via della pittura negli occhi. “Alla vostra età ci verniciavano i culi delle scimmie con questa” borbottò infine.

“Coach, non ha senso quello che ha detto”. “Zitto, Stilinski!”

Greenberg, non ho bisogno di un asciugamano! riuscì solo a sentire poco dopo che Lydia lo ebbe trascinato in aula informatica.

Quel suo ‘ti uccido’ non aveva alcuna possibilità di essere tradotto – o frainteso.

 

*

 

Non erano soliti andare d’accordo. Per la verità era Lydia che stracciava ogni sillaba pronunciata dallo Stilinski mentre il suddetto si limitava per lo più a cacciar le mosche dall’entrata della propria bocca ogni qual volta che la Martin si infervorava – umettandosi continuamente quelle labbra – per dimostrare che, sì, la sua tesi era corretta. Discutevano. Eccome.

Su di una cosa però furono per la prima volta fermamente concordi: era stata tutta colpa di Danny!

 

*

 

“Qual è il problema?” sputò Lydia Martin dalla postazione numero ventisei dietro uno dei tanti computer della scuola. Stiles passò in rassegna l’alternativa di risposte da poter propinare alla banshee mentre l’ennesimo trillo d’allarme proveniente dalle casse audio segnalava l’ennesimo errore del sistema. Lo Stilinski scoccò un’occhiata interrogativa all’esperto Danny, seduto accanto a lui, come a chiedergli se ciò che avevano combinato era effettivamente così grave come appariva. L’espressione di Danny non prometteva nulla di buono.

“Non è un problema,” esordì Stiles con tono pressoché convincente – per la verità tentava di convincere più se stesso che Lydia. “E’ quello che scaturisce da questo ad essere un problema. Uno di quelli grossi” ribadì ricevendo in cambio un’occhiata furiosa dalla ragazza in fondo all’aula.

“Me ne intendo” intervenne prontamente Danny a risposta delle parole di Stiles, il quale peraltro fraintese.

“Di problemi – non di…” tentò di rimediare di fronte ad uno Stilinski boccheggiante, ma il velo di leggero imbarazzo venne interrotto dal tacchettio dei passi della Martin.

“Mi dispiace interrompere il vostro flirt, ma gradirei risolvere il problema e alla svelta”

Dopo peregrinazioni cibernetiche varie, ingarbugliamenti di fili e non, il problema era stato individuato dall’acume di Lydia in una minuscola spia gialla lampeggiante.

“La carta per la stampante?” si interrogò uno Danny imbronciato ammettendo che sì, forse stava in quello il problema. Una raggiante Lydia si offrì volontaria per andare a recuperare la carta così da completare l’opera e Stiles non ebbe bisogno di congedarsi da Danny che già era attaccato alla sua gonna – figurativamente parlando.

“Come hai fatto?”

“Non era così grosso come pensavate” cinguettò Lydia sorpassando lo Stilinski.

Il problema, si ripeteva Stiles mentalmente. Il problema.

 

 

Non gliel’aveva ancora detto, ma aveva la gonna sgualcita. Lydia Martin odiava essere in disordine e quella era una delle poche e rare volte in cui lo era. Saranno state forse le otto ore trascorse a scuola – o, meglio, in compagnia di Stiles Stilinski. Il ragazzo la osservava mentre, tutta trafelata, cercava di estrarre una risma di fogli da stampante da una mensola dello stanzino del bidello. Chissà in quanti avevano avuto il privilegio di vederla in quello stato – senza contare ovviamente quella volta del ripasso notturno di chimica organica.

“Stiles potresti pure renderti utile” sentenziò la Martin facendo ricascare le braccia troppo corte lungo i fianchi e incitando lo Stilinski a fare qualcosa. Del resto Stiles non se lo fece ripetere due volte. Nonostante lo sgabello adoperato poco prima dalla banshee e l’essersi messo in punta di piedi, tanto da far vergognare una ballerina di danza classica, quella maledettissima risma di carta non ne voleva proprio sapere di farsi prendere.

Avranno assunto l’uomo più alto del mondo per bidello, non c’era altra risposta logica, continuava a pensare.

“Ci provo io” propose nuovamente Lydia notando uno Stiles sfiancato e dal colorito pressoché cianotico in viso. Lo Stilinski non si privò di riservarle un’occhiata che aveva tutta l’aria di dirle come quell’idea fosse tutto fuorché intelligente.

 

 

Lydia Martin era un genio. Non tanto perché il sistema sinaptico dei suoi neuroni aveva partorito infine una soluzione a quel cruccio – cosa che per la verità era stata ben apprezzata da Stiles – piuttosto per l’aver implicitamente realizzato una delle fantasie più recondite del ragazzo in questione il quale non poté far altro che arrossire.

“Ci arrivi?” balbettò a capo chino, cercando di spostare col pensiero l’orlo della gonna che gli solleticava la fronte. Perché sì, Lydia Martin aveva elaborato la stupenda idea di salire sulle spalle dello Stilinski, idea che era stata gradevolmente accettata dal suddetto con tanto di due chiazze rosse a far comparsa sulle guance.

“Quasi” rispose a denti stretti la banshee mentre si ergeva, serrando le proprie cosce attorno la testa di Stiles per paura di cadere.

Guarda in basso Stiles. Guarda. Basso.

“Presa!” esultò assestando un calcio al torace dello Stilinski il quale, vuoi per la frenesia causata dagli ormoni, vuoi per il dolore data la sua gracilità innata, fece capitombolare a terra banshee e fogli.

 

 

Non lo aveva progettato nel suo piano. Non l’aveva fatto neanche quando aveva avuto l’occasione – da intendersi una Lydia Martin stesa sul suo letto a due spanne dalle sue labbra. Eppure era accaduto.

Lydia si era alzata ancora tutta d’un pezzo recuperando la risma di carta con i pochi fogli che erano fuoriusciti; Stiles si era lamentato per aver picchiato la testa e nel mentre chiedeva preoccupato alla banshee di eventuali ferite mortali che le erano state inferte durante la caduta sugli scatoloni e prodotti detergenti; lo Stilinski aveva poggiato le mani attorno alle tempie per assicurarsi che non avesse sbattuto la testa.

Le guance arrossate di lei, gli occhi verdi lucidi per la stanchezza, il fiato corto per lo spavento.

Ed era successo.

Stiles si era chinato quanto bastava per far incontrare le sue labbra a quelle di lei le quali, per istinto, si schiusero.

 

*

 

Quando Scott Mccall quella sera invitò il proprio migliore amico a casa sua a mangiare una pizza insieme non riuscì neanche a fiutare la sorprendente notizia che Stiles non riuscì a tenere per sé. “Ho baciato Lydia”. No, il suo udito da lupo mannaro non l’aveva affatto tradito. Non c’erano stati mezzi termini o frasi ambigue. Era tutto chiaro come alla luce del sole.

Scott non lo confessò, ma quando Stiles scese giù a recuperare la pizza dal fattorino fuori dalla porta, rovistò tutti i cassetti per ritrovare il suo vecchio inalatore. Inspirò solo una volta e notò con suo disappunto che nel suo corpo da licantropo non faceva nessun effetto.

 

Lydia dovette calmare Prada per quella sua reazione esagerata a quella confessione. Era stata davvero una cosa così brutta? A pensarla come il suo animaletto domestico era stata una catastrofe. Avrebbe dovuto dichiarare lo stato di allerta per almeno le prossime due settimane.

Stiles l’aveva baciata. Non si era avvicinato-accidentalmente-alle-sue-labbra. L’aveva proprio baciata. E questa volta non era stata lei a baciare lui. Lei non aveva fatto proprio niente. O no?

 

Dopo una lunga telefonata con Allison la conclusione era la seguente: Stiles l’aveva baciata. La cosa peggiore era che lei lo aveva lasciato fare.

 

*

 

“Wow”

Wow. Aveva appena baciato Lydia Martin e l’unica parola che il suo cervello riusciva a formulare era un wow. Anni e anni di sproloqui e parlantina sempiterna sin da quando aveva imparato a gorgheggiare e tutto quello che riusciva a dire era un misero e stupido wow.

“Oh” esordì di tutta risposta la banshee ancora in punta di piedi e con i fogli da stampante a coprire la scollatura del seno.

Stiles si meravigliò: non era una risposta da Lydia. Si sarebbe aspettato un ‘e questo cosa sarebbe? ’ oppure ‘provaci di nuovo e sei morto’. Non si sarebbe mai immaginato un semplice, sciocco, vuoto e, soprattutto, monosillabico oh.

Lo Stilinski osservò di sottecchi la ragazza in evidente stato confusionale. Un brivido di paura gli percorse la schiena.

 

Giurò su sua madre: se Lydia Martin fosse rincretinita per quel suo bacio, non se lo sarebbe mai perdonato.

 

*

*

*

 

Note d’Autore:

Sarà insensato forse, ma nutro la paura che questa continuazione sia stata al di sotto delle vostre aspettative. Non vi nascondo che io per prima l’avevo immaginata leggermente più seria quindi mi scuso in anticipo per quei lettori che non avevano tenuto in considerazione il ‘fattore demenziale’. Tuttavia per quel che mi riguarda, continuo ad essere soddisfatta di questo progetto: è un modo per alleggerire anche il destino incerto che aleggia attorno questa coppia e che quindi permette di non pensare solo agli eventi dello show televisivo, ma rifugiarsi in questo universo parallelo in cui tutti – pur avendo a che fare con il soprannaturale – si comportano da studenti e da ragazzi come è giusto che sia.
Detto questo, è stata finalmente svelata la leggendaria dinamica del bacio! Spero di non averla resa troppo cliché, della serie ‘la donzella cade addosso alle labbra del giovin belloccio’: Lydia cade, è vero, pure Stiles, povero, ma il bacio non è affatto dovuto a scherzi del destino o a cadute, è frutto della pura volontà di Stiles – che poi sia stato in uno stanzino, dopo una caduta è un’altra storia.
Forse starete pensando ‘adesso si sarà conclusa la storia, ci ha già raccontato del bacio’, ebbene non è proprio così: sto progettando di dilatare la storia e di raggiungere i quattro capitoli, cercando sempre di non renderla monotona.
Perché se è vero che il bacio c’è stato, è anche vero che il cervellino iperattivo di Stiles dovrà pur tirare in ballo questo famigerato piano decennale per raggiungere il suo obiettivo.
Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato di loro spontanea volontà una recensione e prometto quanto prima di rispondere accuratamente.
Alla prossima!
Un bacio,
Sil <3

   
 
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