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Autore: TheDoctor1002    16/03/2015    8 recensioni
Dopo molti anni di fuga, Artemis sembra aver trovato un equilibrio. La morte di Rocinante, evento che la segnerà per il resto della sua esistenza, deve essere superata in modo tale che lei riesca a prendersi cura del piccolo Trafalgar, ancora troppo giovane e ora solo. Gli anni risanano le sue ferite e vedere il suo figlioccio crescere fa si che le ombre del passato vengano dimenticate.
Un sogno, tuttavia, basta a ridestare antiche paure e una terribile profezia sembra destinata a compiersi. Cosa vuol dire poter gettare uno sguardo nel futuro?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donquijote Doflamingo, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi siedo sul materasso con il cuore a mille. Sento la testa che gira e all’improvviso nel mio campo visivo c’è solo oscurità, ma non è più il buio minaccioso di poco fa. È solo la quiete della mia stanza. Solo la placida calma della notte. Solo un sogno, di nuovo. 

Resto a fissare il vuoto per qualche secondo, impietrita dalle immagini ancora nitide di quell’incubo. Non è solo immaginazione, ho imparato a riconoscere quando il futuro vuole dirmi qualcosa. 
“Non lui.” sussurro “Non di nuovo e non lui.” 
Sento le guance bruciare come fiamma viva, le scopro umide di lacrime ad un tocco. Mi faccio strada a tentoni in quella stanza che sembra all’improvviso tanto stretta, cammino scalza lungo i corridoi del sottomarino. Devo ricordare ai muscoli delle gambe come tenermi in piedi, li sento tremare e fornirmi un sostegno quasi nullo. 
Dalle stanze dei miei compagni proviene un russare sommesso, sembrano dormire un sonno tranquillo e ristoratore. 
Quando raggiungo la cucina ho ancora il fiato corto e ad ogni respiro mi sembra che nei polmoni entri meno aria. Afferro dalla credenza una bottiglia squadrata, riempita di un liquido ambrato e dolciastro, forte abbastanza da eliminare ogni male, o almeno così dicono. Non mi curo nemmeno di prendere un bicchiere, appoggio le labbra direttamente al vetro liscio e freddo, bevendo un lungo sorso di rum nella speranza che possa cancellare quelle ombre dalla mia mente. 
È un pugno in pieno viso, riesco a sentire ogni goccia scorrere sulle pareti della gola ancora riarsa dalla paura. Per qualche istante resto stordita, percepisco solo il sapore forte e dolcissimo del liquore, poi l’alcol colpisce dritto nel segno, prendendo di mira testa e cuore. Dio, che sensazione orribile. Non ho mai retto troppo bene gli alcolici e dà il senso che il cervello possa esplodere da un momento all’altro ma, se non altro, riesce a scacciare gli ultimi residui di quell’incubo: la sensazione del sangue che scorre a fiumi sulla mia pelle. 
Mentre provo a berne un altro sorso, è una mano familiare a sottrarre il rum alla mia presa incerta e a sostituire la bottiglia con un bicchiere di acqua. 
“Sintomi da attacco di panico. L’alcol non aiuta a ridurre l’adrenalina, finirai per avere solo una sbornia.” diagnostica il Chirurgo della Morte, rivolgendomi una lunga occhiata. 
Bevo a piccoli sorsi, senza mai fissarlo, anche se il contatto visivo è palesemente ciò che cerca. 
“È già la terza volta da inizio mese.” continua lui, rimproverandomi.
“Sono solo incubi” gli ripeto per la terza volta da inizio mese “Ne ho sempre avuti. Tutti ne hanno.” 
Con chi parli, Artemis? Con lui o con te stessa? 
“Certo, sono diventati più frequenti.” Constata il ragazzo moro, sedendosi sul bancone, con i capelli ancora scompigliati dal sonno, ma lo sguardo tagliente di sempre. “Dovresti parlarne, ti aiuterebbe.”
“Sai che ci sono questioni di cui non posso parlare.” Borbotto a mezza voce. 
“Questioni da Signora del Tempo? Visioni?” 
Annuisco, appoggiando il bicchiere nel lavabo. “Sono cose orribili, quelle che vedo. Ombre che credevo lontane, demoni che speravo non potessero più farmi alcun male.” 
Non serve che io dica altro. Non serve che pronunci alcun nome: lui sa. Mi rivolge un genere di sguardo che ho imparato a riconoscere: è quello che mi lancia ogni volta che capisce chi tiene in ostaggio la mia mente, ma è solo un istante, la sua espressione si addolcisce subito. 
“È ancora molto presto, l’alba sorgerà tra qualche ora. Se può calmarti, puoi restare da me, come ai vecchi tempi.” 
Un sorriso malinconico si fa strada prepotentemente sul mio volto. Ricordo bene di quando lui non era che un bambino e, per aiutarlo a dormire nonostante le piaghe del Piombo Ambrato, restavo intere nottate a vegliare su di lui. 
“Erano altri tempi. Allora ero io a prendermi cura di te, non il contrario.” 
Lui sfiora la mia fronte con le labbra, un gesto d’affetto a dir poco inconsueto, da parte sua. 
“A volte anche i grandi hanno bisogno di sicurezze.” Sussurra “Siamo una famiglia, Artemis. Per quanto questi ultimi anni abbiano dimostrato il contrario, non sei la mia bambinaia, sei un’ Heart Pirate ed è mio dovere, come capitano, assicurarmi che tutti i membri della mia ciurma stiano bene, te inclusa.”
Mi porge la mano, invitandomi a seguirlo. Io, accennando ad un debole sorriso, accetto. Sembra sollevato dalla mia scelta e, inutile negarlo: dopo quell’incubo, averlo vicino è forse l’unica cosa di cui ho bisogno.

La sua stanza è disordinata, confusionaria, ma accogliente. Il piumone, rivoltato sul letto, è la prova più evidente della fretta con la quale è arrivato in mio soccorso. Lui si trascina verso il materasso, stendendosi lentamente, afferrando la coperta e tenendone sollevato un lembo con il braccio. Sembra l’ala di un angelo. Mi accoccolo tra le sue braccia come una bambina spaventata e subito la trapunta mi avvolge come uno scudo. Riesco a sentire il battito del suo cuore e l’odore della sua pelle, cerco di paragonarli a quelli nei miei ricordi.
Quando era piccolo, i suoi battiti erano talmente flebili da far temere per la sua vita ad ogni pulsazione, oggi hanno la forza della tempesta, come se potessero spezzare la prigione di costole in cui il suo muscolo cardiaco si agita. Porta sollievo, riesce a calmare ogni mia paura più di tutto il rum della Rotta Maggiore. 
“Hai sempre fatto così tanto per me” sussurra sfiorando la stoffa grossolana della mia maglia. Lascia scorrere le mani sulla mia schiena come se si aspettasse di trovarci profonde ferite da risanare. 
“Vuoi sapere la verità, moccioso?” Chiedo a lui e, per la prima volta, la mia voce dimostra tutti gli anni che i miei poteri riescono a celare. Lui apre gli occhi, mi fissa, aspetta di sapere. “La verità è che ho paura. Non ne ho mai avuta così tanta, se non prima che Rocinante…” 
Qui la mia voce si spezza, la frase viene stroncata a metà dai ricordi di quel periodo, così dannatamente simile a questo “Ho già perso così tanto per colpa di quell’uomo…” 
Le grida che risuonavano nei miei sogni sono le stesse che tormentano i miei incubi oggi, lo stesso sangue scuro macchia i miei abiti, solo il corpo che mi trovo a stringere tra le braccia è diverso. 
Non esiste idioma capace di descrivere questo dolore. Non è la perdita di un amico, neppure quella di un familiare. Neanche la mia stessa morte mi farebbe così male. È un buco nero che divora il mio cuore a piccoli bocconi, che assaggia la mia sofferenza e si sazia delle maledizioni che rivolgo all’unico uomo che è stato in grado di annientarmi. 
Trafalgar mi abbraccia forte, lascia che il mio viso trovi posto vicino alle sue clavicole e cerca disperatamente di tenere insieme i cocci nei quali mi sto sgretolando.
Da quando è il figlio che consola la madre?
Dovevo proteggerlo, dargli sicurezza, ma come posso portare a termine la mia crociata se non sono capace di conservare neppure la mia sanità mentale?
“Non ti farà mai più del male” mi rassicura con voce ferma “giuro che non permetterò mai che Doflamingo alzi un solo dito su di te. Mai più.”

"Ci sono ferite che fanno più male di qualsiasi pugnalata, non è così, colombina mia?" sento ancora la sua voce divertita insinuarsi nella mia mente, affibbiarmi quel nomignolo mentre attorno a me si proietta di nuovo quella scena. Il mio corpo tremante, la giacca premuta sull’emorragia di Cora-san per fermare il sangue, il mio sguardo terrorizzato riflesso nelle lenti a specchio di Doflamingo. 
“Una morte rapida è stato il mio ultimo dono per il mio fratellino. Con te sarà molto più divertente: non c’è paura più grande nel cuore degli uomini se non quella insinuata dall’incertezza. Ho imparato a conoscerti, Artemis: so bene cosa ti terrorizza e so che nessuna tortura fisica ti spaventerebbe, per quanto efferata. Ma perdere chi ti sta a cuore sarebbe tutta un'altra questione, non è così?"
Quelle parole sono come un fulmine, mi colpiscono in pieno, smuovendomi nel profondo.
Dottorino.
Lui estrae ancora una volta la pistola, sembra puntarla verso di me, poi sposta la mira di qualche centimetro, esplodendo un colpo verso le casse. Con il gesto più rapido che il mio corpo intorpidito dalla paura mi concede, mi metto tra Law e un proiettile che non arriva. Doflamingo ride fragorosamente alla mia reazione "Sei stata davvero fortunata, colombina: la pistola era a salve. Ad ogni modo, ti saresti fatta colpire per difendere il contenuto di quei bauli nonostante l'oro non necessiti certamente di uno scudo umano. Questo mi spinge a pensare che, in realtà, celi qualcosa di molto più fragile di un tesoro. Un bambino, forse? Ti faresti addirittura ammazzare per tenere in vita quell'ingrato. È l'unica persona a cui tu tenga ancora, non è così? Sarà divertente vederti annaspare nell'incertezza. Non saprai mai quando dire addio a questo mondo nè quanto perderai prima di morire. Ti toglierò ogni cosa: adesso è Rocinante, prima o poi sarà quel moccioso a cui tanto tieni, infine, se mi sarò divertito abbastanza, sarà la tua vita. Non ci sarà luogo in cui potrai nasconderti da me, non ci sarà progetto che riuscirai a portare a termine, nessun sogno che tu riuscirai a realizzare. Sarò sempre lì ad aspettarti. Ti dimostrerò cosa vuol dire tradire la famiglia Donquixote.”

"Non è per me che temo" ho appena la forza di sussurrare. 
Nitido come uno sparo, chiaro come la luce del giorno, nella mia mente c’è ancora il sorriso folle del Joker, accarezzato dalle piume rosa del suo mantello. Nel totale silenzio del sottomarino degli Heart Pirates, riesco a sentire ancora le parole che mi rivolgeva in quel terribile incubo: “Mi piacerebbe vedere lo shock sulla tua faccia quando troverai qui disteso il cadavere di Law.”

   
 
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