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Autore: Master Chopper    18/03/2015    5 recensioni
'Conosci i motivi per cui sono convinto che la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.
Per tanto comprenderai la mia stolta richiesta di collaborare, nuovamente, a favore di questa causa che intendo portare avanti finché morte non me lo conceda:
In Giappone, precisamente nella mia città natale, Nanimori, ho lasciato da cinque anni mio figlio:
Tengoku Marco Sawada.
Confido nelle tue capacità, Reborn.
Tuo Eterno Amico, Sawada Tsunayoshi
VONGOLA X ‘
- CONCLUSA - Attualmente in corso su: ' [SoF] Saga dei Sette Peccati Capitali '
ATTUALMENTE IN REVISIONE. ATTENZIONE, ALLA FINE DELLA REVISIONE I CAPITOLI POTREBBERO ESSERE STATI MODIFICATI RISPETTO ALLA VERSIONE ORIGINALE. Capitoli revisionati: 3.
Genere: Azione, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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Target Number 4: Per non lasciare altre nuvole nel cielo...



13 Gennaio
Ospedale di Nanimori. Ore 10:20

 

Già. Le ultime tre settimane, e di conseguenza tutto il periodo natalizio, Tengoku le aveva passate a guardare i muri della clinica, ottenendo raramente il permesso di girare per le sale.

Il cibo gli faceva schifo, la notte era impossibile dormire a causa del via vai dei dottori e dei lamenti da parte dei suoi compagni di stanza.
Reborn non gli aveva detto niente a riguardo di quelle vongole, ma per farlo stare così male dovevano essere TUTTE guaste!

Fortunatamente, anche a quell’ora Azura gli mandava le foto di quello che stavano facendo in classe, perché per loro la scuoal era ricominciata. 

Sorrise, pensando che era giorni che faceva così e nessun professore l’aveva mai scoperta. Spesso i suoi amici venivano a trovarlo (stranamente nessuno di loro era stato male come lui), ma tanto quel pomeriggio sarebbe tornato a casa, quindi doveva solo pensare a come occupare quelle ore rimaste.


Senza dire niente si alzò, uscendo dalla stanza. Sapeva che se fosse rimasto ancora un po’ su quel letto sarebbe morto di noia, altro che intossicazione alimentare.

“Succo, succo,succo ♪” Canticchiò, usando gli spiccioli trovati nella tasca del giubbotto per comprare un succo di frutta dal distributore.

Mentre sorseggiava la bevanda, decise di affacciarsi ai vetri, per godersi il sole.

 
Era davvero ben curato il cortile: sebbene pochi pazienti lo visitassero, veniva usato come sala d’attesa quando non pioveva.  Si potevano trovare bambini, mamme, padri … ma quella mattina …

 
Un ragazzo era seduto sul grosso tronco del ciliegio, immerso nella lettura di un libro.

Era molto alto, dai folti capelli rossicci legati in una corta coda, incorniciando il viso mascolino. Sembrava il tipico belloccio, sicuro della sua qualità, ma il suo atteggiamento schivo si notava anche da piccoli comportamenti. Gli occhi erano neri, oppure di un colore così scuro da non essere visibile in altre tonalità.
La pelle era abbronzata, coperta da un gilè di pelle e da dei pantaloni leopardati neri, a macchie bianche. Le scarpe erano color onice, coperte di borchie.

Sentendosi osservato alzò lo sguardo, facendo brillare i piercing sul lobo sinistro.
 



Tengoku si nascose improvvisamente, col fiatone che impediva al succo di scendere giù per la gola.
 

“Q-quello è KEVIN! Che ci fa qui?!”


Paonazzo, decise di allontanarsi dal vetro, richiudendosi nella sua stanza.

“Oddio. Voglio ritornare a casa, subito!!”
 

 
 


|||
 
 
 

 
Nanimori Middle School

 
“ Akane, sul serio sei stata scelta come rappresentante della tua classe?”

Azura non appena sentita la melodia che annunciava il cambio dell’ora, si era fiondata verso la zona nel cortile dove le ragazze si riunivano per discutere, stringendo l’amica più grande a se.

“ Si, ma perché sei così felice?” Chiese lei, trovando molto difficile mangiare il suo sandwich con le braccia della rossa a stringerla in un abbraccio.

“ Ma come?! Sai che significa: potrai andare alle riunioni con il Comitato Disciplinare e magari …” E qui un sorrisetto furbo le fece gelare il sangue.

“Potresti farci avere una stanza d’onore per il nostro gruppo!”

“Q-quale gruppo?” La mora, notando che gli sguardi delle sue coetanee erano fissi su di loro, provò a spingere via l’amica.

“ La Famiglia Mong … ugh!” fortunatamente la ragazzina fu prontamente fermata dalla mano della sedicenne, che impulsivamente continuava a trascinarla via dal cortile.

“Ascolta, Azu-chan … meno persone sanno che siamo dei Vongola fino all’arrivo di Decimo, meglio è.”
 
 
Il silenzio venne subito coperto da gridolini di gioia e schiamazzi incomprensibili, provenienti dal campetto di basket.
 

Le due andarono subito a controllare, curiose come erano, rimanendo sorprese di trovare … una partita di basket in corso, con gli spalti riempiti da sole femmine.


“Ohhh, non mi dire …” la più piccola sbruffò innervosita, come se avesse già capito tutto. Cosa che, in effetti era vera.
 
Di fatto, il più grande dei fratelli Schlmit capitanava la sua squadra, inneggiato dalle sue ammiratrici, come se fosse un dio della pallacanestro.
 
Mentre tutti, avversari compresi erano stanchi, lui era fresco e tranquillo, per non dar a vedere gli otto punti di vantaggio con cui stava vincendo.
 
Finita la partita, il biondo si asciugò il sudore con la canotta sportiva, mandando un’occhiata al pubblico.
 
Scrutò con gli occhi semichiusi tra la folla, fino a quando non si fermò, con un sorriso enigmatico.
 

Con un occhiolino scatenò urla confuse e stridule.
 

“Stava guardando me!” 

“Ma che dici?! Era a me!”

“ Siete pazze!? Si vedeva lontano un miglio che puntava me!!!”
 
 
 
Le uniche femmine rimaste calme e composte erano sempre loro.

Una rossa in viso, l’altra leggermente confusa.
 
“Akane … guardava te?”

“I-io … lo odio!”
 

 
 
 
|||
 


 
Tengoku continuava a girovagare per l’edificio, stringendo sempre più nervosamente il cartoncino colorato.
 
“Quanto ci mettono … ora più di prima questo posto mi da i brividi.”
 
La passeggiata si interruppe quando notò, decine di piccoli petali di ciliegio sul pavimento freddo.

 
Dopo un attimo di perplessità, dovuta al fatto che non c’era l’ombra di una finestra, individuò una porta socchiusa alla sua sinistra.
Provò una sensazione irrefrenabile, come se dovesse per forza guardare attraverso l’anta scorrevole, nonostante non ci fosse un reale motivo.


Vide una normale camera singola, con le normali pareti verde bottiglia e i normali mobili.

Solo che sul letto sotto l’unica finestra aperta, vi era una bambina.

I lunghi e boccolosi capelli color miele ricadevano sul materasso e sulle coperte, incorniciando un viso angelico dalla carnagione perlacea.

Gli occhi erano chiusi e sembrava una bambola, sotto la luce del sole che filtrava tra i ciliegi.

“E’ bellissima…”

Tengoku ritrasse la testa, notando una targa argentea sul muro al suo fianco.

‘Angelyca Celeste’

Questo era il nome riportato.
 
Il ragazzo si voltò nuovamente verso la camera, con la speranza di dare un’ultima occhiata alla bambina, ma qualcosa glielo impedì.


Una forza erculea lo sovrastò, sollevandolo da terra per la gola. Fu così veloce che non ebbe il tempo di vedere niente, se non un bagliore proveniente dal cielo.

Mentre lottava per aprire gli occhi e respirare, una voce già sentita lo vece rabbrividire.

“ Ma guarda un po’, il nostro Tenbaka.”  

Ten avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille.

Riuscì a vedere il suo aggressore, accorgendosi di aver avuto ragione.

 
Kevin lo teneva sollevato di venti centimetri dal pavimento, frapponendosi tra lui e la porta.

Lo fissava con uno sguardo divertito, mentre i suoi occhi scuri da predatore ridevano beffardi della sua impotenza.

“Sai che mi sei mancato? Non ti vedo più tanto spesso a scuola. Che ti è successo, non lo vuoi dire al tuo Kevin-sama ?” Continuò a
schernirlo il rosso, cantilenandolo con una finta voce socievole.
 
“Lasciamih…andare…e…” boccheggiò il bruno in cerca d’aria. Ora le immagini iniziavano a sfocarsi, come se stesse guardando in uno specchio d’acqua increspato.

“Oh, ma sei la mia preda preferita … chi mi dovrebbe impedire di giocare un po’ con te?”
 

“Noi!”
 
Due voci risuonarono nel corridoio semi-deserto.

Un ragazzo dai capelli castani scuri e una ragazza mora, stavano squadrando Kevin con aria intimidatoria.
 
“Giorgia-chan! Fratello!” urlò Tengoku, commosso,sentendo la presa intorno al suo pomo d’adamo allentarsi.

“E voi … sareste chi?” Al rosso quei due non facevano ne caldo ne freddo, ma lasciò comunque andare il poveretto, che gemette appena cadendo a terra.
 
“Preparati a passare dei guai!” Shigeru inforcò una flebo trovata lì di fianco, con fare minaccioso.

“Dei guai molto grossi!” Giorgia incrociò le braccia, continuando a fissare l’obbiettivo.

 Il castano si fiondò subito su Kevin, guadagnando la distanza in una frazione di secondo e sollevando l’asta.
Menò un fendente obliquo, parato con facilità estrema dal rosso.
 
“Ma fatemi l piacere.”

Un colpo secco, come il battito su un tamburo, venne seguito da un urlo agonizzante.

Shigeru dopo essere stato intercettato,  giaceva a terra, disteso con la testa rivolta verso il soffitto.

Il pesante stivale borchiato gli si era fiondato contro il centro del petto, emettendo un botto spaventoso.
 

Tengoku si mise le mani davanti alla bocca, per non urlare, mentre tremava come una foglia sotto una tempesta.

Giorgia, con le lacrime agli occhi per la rabbia, attaccò anche lei, incalzandolo con rapide mosse di kick boxing.

“Sul serio?” il ragazzo continuava a schivare con nonchalance gli assalti, deviando talvolta i colpi che gli si avvicinavano troppo.

Un pugno, che gli aveva sfiorato la spalla, venne bloccato, costringendo la mora a fermarsi.

“ Che preda grintosa” mormorò, sentendo i muscoli di lei continuare a tendersi nonostante la presa.

Negli occhi di Giorgia c’era rabbia pura, nonostante le lacrime gli occhi lanciavano fiammate.


Con la mano libera,la destra, frugò nervosamente nel borsellino  bianco a tracolla, estraendo il suo fedele chakram.

“No Giorgia! Non puoi ucciderlo!!” Urlò terrorizzato Tengoku, che aveva raccolto da terra Shigeru, ancora dolorante.
 

“Cosa?!”

Il bagliore venne riflesso per un secondo nella pupilla di Kevin, permettendogli di capire la situazione in cui si trovava.

Per una questione di riflessi, aveva bloccato la traiettoria del braccio della ragazza con il suo, piegato vicino alla sua faccia.

Alzando il gomito verso l’esterno la disarmò, facendola anche cadere a terra.


Con un gesto seccato si massaggiò l’avambraccio, leggermente indolenzito per l’urto.
 
Notò come l’italiana lo stesse guardando con meno sicurezza di prima, mentre i ragazzi erano terrorizzati da quello che avrebbe potuto farle.

“Stupidi.”

“Eh?”

Prese il mento della ragazza tra l’indice e il pollice, avvicinandosi istantaneamente.

“TU. Da oggi sei la mia preda.” E con quella sentenza le lanciò un sorriso tenero, prima di allontanarsi dal trio.
 

Shigeru tossì un po’ di bile, diversi secondi dopo. Si ripulì la bocca con la manica della camicia, mentre fissava gli amici con sospetto.

“Qualcuno mi spiega che cosa è successo?”

 


|||




Ore 12:58
 

“Forza! Non manca molto!” Urlò Azura, seguita da Akane e da Drake, facendosi largo tra gli studenti.

Questi guardavano il gruppo apparentemente male assortito, correre per i corridoi della scuola, urlando cose senza senso.
 
Salirono l’ultima rampa di scale, quella che portava al tetto.

La porta per l’esterno era chiusa, con un ragazzo alto e smilzo dall’aria parecchio annoiata.

Quando vide i tre avvicinarsi, si ricompose, assumendo una posa meno sciatta.


“Ehi! Fermi, di qui non passa nessuno!”

La sua testa calva venne usata da Drake per sfondare l’ingresso, grazie ad una sonora manata.
 

Dove siete bastardi?!” La mora uscì con un salto, atterrando con l’aria più furiosa che potesse fare.

 




Risaliamo al perché di questa incursione.

Ore 12:40
 

Per la killer dei Vongola quelle assemblee erano veramente scoccianti.

Quando il Consiglio Studentesco e quello Disciplinare aprivano una riunione, durava anche mezz’ora, ma in fin dei conti senza dire niente di realmente utile.

Pieno di marmocchi di prima con tante cose su cui protestare e idioti delle terze che approfittavano di quegli eventi per saltarsi le difficili ore di lezione.
 
Akane spense il cellulare, nascosto sotto il grande tavolo, quando sentì che avevano finito. Sospirò mentalmente: ‘Che scocciatura queste scuole giapponesi!’

 Mentre faceva per andarsene, vide una ragazzina che la chiamava a parlare, da dietro la porta della stanza.
 
Per fortuna aveva parlato fino a poco fa, altrimenti non si sarebbe ricordata il suo nome.


Era Sakura Pinku, di terza B. Nonostante l’aspetto tradisse l’età, era molto apprezzata nella scuola. I capelli rosa, raccolti in due grosse code laterali e il volto angelico la facevano sembrare una bambina. Inoltre i grandi occhi color mandorla davano più colore alla pelle chiara, così come le guance rosee.
 
Sembrava stranamente preoccupata o timorosa,era solita essere allegra e solare, ma quando richiamò a se la ragazza lo fece con una certa timidezza.

“Tu sei Akane Mizuno di Terza C,vero?” la fissò con i grandi fari che aveva al posto delle iridi.

“Ehm…si, certo. Piacere” La mora provò a sorriderle, immaginando che la tipetta volesse chiederle un qualche favore. D’altronde era la più ‘tosta’ delle terze, nonostante si fosse trasferita da poco godeva di un certo rispetto, soprattutto dalle altre femmine che la adulavano come se fosse un’eroina.

“Sai … so che sei molto impegnata con gli studi, ma io … vorrei il tuo aiuto.”
 
Ahi! Quell’ultima parola, pronunciata a bassa voce faceva preoccupare. Altro che favore o cortesia, quella richiesta di aiuto era una cosa molto più seria.

“Credo che tu conosca Akira Shirogawara …”

“Si, è la presidentessa del Consiglio Studentesco. E credo anche del club di … scherma,forse.”
 
Akira Shirogawara era una ragazza molto famosa in quella scuola. Anche lei di terza B ,compagna di Sakura, era diventata in due anni il simbolo della legalità nel Consiglio.

A quanto pare gli scontri tra lei e Kevin, presidente del Comitato Disciplinare, venissero raccontati ancora, come se fossero battaglie epiche.

Unica difficoltà di quell’idolo era l’impossibilità di parlare, per via di un qualche intervento che l’italiana non conosceva.


“Due ore fa, la gang di Kevin le ha rubato il suo quaderno, quello dove scrive quello che non può dire.”

La rosata stava mantenendo un tono di voce molto basso, forse anche per non far udire la voce rotta dai singhiozzi.

“Da allora è sparita, non la trovavo più. Quando perde quel block notes è parecchio difficile cercare di calmarla. “

“Bastardi …” ringhiò Akane, stringendo il cellulare nel pugno, facendolo cigolare leggermente.

“Poi, prima dell’assemblea mi è arrivato questa e da allora non riesco più a trovarla.” Con la piccola mano mostrò un foglio di diario un po’ rovinato.

Sopra vi era scritto con un grosso pennarello nero:

‘Sul tetto. Alle 12:30. Da sola!’

“Se provo ad andare sul tetto, quelli della banda mi bloccano. Ti prego, Akane-chan. Salvala, ho paura per lei.” Stavolta le lacrime scesero, rigandole le guance di porcellana, attirando gli sguardi incuriositi di qualche inserviente o alunno.


La piccola smise solo quando sentì una carezza sul viso, che le asciugò le gocce.

Rimase stupita nel vedere come la mano di una persona tanto forte potesse essere così dolce.
 
Akane si girò, mettendo mano al telefonino. Con tono risoluto le disse solo tre parole, prima di sparire.

“Devo chiamare qualcuno.”
 



|||
 
12:30
 

“Eheheh.  Pensavo di essere stato chiaro:niente impiastri.”

Seduto su un silos, c’era il vice-capo della K-Gang, Karl. Era un ragazzo bocciato per tre volte di fila, infatti dimostrava già un pizzetto incolto, color carota come i capelli raccolti in trecce lunghe.

Il viso era squadrato, il corpo muscoloso e immenso, sembrava un gigante campione di body-building.

“Dove diavolo è il quaderno?” Chiese con fare spavaldo il biondo, che di queste cose era più esperto.

“Oh … forse intendi questo?”

Con la grossa mano teneva il block-notes sospeso nel vuoto, mentre con l’altra si rigirava fra le dita un accendino.

“Azzardati, brutto stronzo!” Akane, presa da un’irrefrenabile voglia di malmenarlo di brutto, si avvicino pericolosamente alla struttura su cui era appollaiato a gambe penzoloni.

“Piano,pupa. Se fate un solo passo di questi fogli rimarrà solo cenere.”

Ghignò il bestione, sentendo in pugno quei tre ragazzini.


“Facciamo così: voi fate quello che dico io e ve lo lascio. Poi, chi si è visto si è visto.”Schioccò le dita della mano con cui teneva l’accendisigari, richiamando un altro della banda, spuntato fuori da chissà dove.
 
Questo aveva un ciuffo a ‘banana’ tinto di blu e nelle mani stringeva una trave di legno.

Sorrideva maliziosamente, roteandola in aria con maestria.
“Uno di voi si deve far colpire per mezz’ora di fila da questo bel legnetto”  ghignarono i due teppisti.

Dopo qualche sguardo di preoccupazione, Drake sospirò facendo spallucce.

“A quanto pare vado io. Sono quello più resistente qui.” E con le mani in tasca si incamminò verso il tizio armato.

“Drake…” mormorò Akane, sperando in cuor suo che il biondo resistesse per trenta minuti.


“No! Vado io!” una vocina squillante li richiamò dalla rampa di scale.

Sakura stava correndo verso di loro, con le lacrime agli occhi.

“ Devo pagare per non essere stata una buona amica per Aki-chan!”

“Sakura, no!” gridò la mora, ma una decina di scagnozzi per ciascuno li immobilizzarono a terra.

“Non fare stronzate!” urlarono all’unisono i fratelli Schlmit.


Karl si avvicinò alla piccolina, strappando di mano all’amico il bastone.
 
“Dimmi un po’, perché la difendi?” le sussurrò a pochi centimetri dal suo viso.






 
Oltre la porta socchiusa che dava sul tetto, una ragazza era immobile, con la testa china verso il basso.

I lunghi capelli color ebano coprivano la pelle chiara, quasi lattea. Gli occhi, un tempo di un verde acceso, ora non brillavano più,spenti come erano.


Il fisico gracile, ma allo stesso tempo di media statura per i suoi sedici anni, la faceva sembrare un po’ mingherlina e debole.

Ma lei, debole si sentiva veramente.

Il suo nome è Akira Shirogawara.

La divisa della scuola, con la gonna più lunga di quella solita, non copriva totalmente un bendaggio sul collo, lungo fino alla gola.
 
Sentiva tutto da quella postazione, senza essere vista da occhi indiscreti.
 
“Idiota! Non capisci che ti ha mentito!?” urlava Karl, così vicino a Sakura da farla piangere solo per il tono incredibilmente alto.

“ Disprezza ogni essere vivente ad eccezione di se stessa! E lo fa solo perché è sostenuta dalla sua famiglia!”

Un ago nel cuore di Akira …

“Lei è la migliore! Chiunque altro è solo spazzatura!”

Un altro ago …

“Non ha occhio di  riguardo neppure per i professori! Non so in che rapporto tu sia con lei, ma ti recluterà comunque come un maiale nella catena alimentare!”

Questo peso era sempre più gravante …

“Potrebbe benissimo sparire da scuola per non tornare mai più! Perché non ce la vuole nessuno qui!”

Akira si sentiva di sprofondare nel pavimento. Forse … avevano ragione.
 
“NO!” Sakura ruppe le risate chiassose della K-Gang, stringendo i deboli pugni con una forza mai vista prima.

“Cosa ne sai tu?!”


I ragazzi rimasero stupiti nel vederla ribattere, lei, la tappetta più bersagliata dai bulli.


“Non ha chiesto lei di essere abbandonata dal mondo! Non è affatto cambiata, è cambiato solo il modo con cui la vede la gente!Quindi non ti azzardare mai più a parlare così di lei!”

L’eco delle sue urla rimase per parecchi secondi, risuonando nel silenzio tombale creatosi.


Karl stava tremando per la rabbia. La rabbia di essere stato umiliato pubblicamente davanti ai suoi picciotti.

 
Lanciò un ringhio furioso e disumano, alzando l’arma sopra la sua testa.

“Preparati!”

 
Ma quel momento non arrivò mai.

Un tuono, seguito da una fragorosa scossa colpì l’edificio, facendo crepare muri e pavimentazione.

Da una massiccia nuvola di polvere e granelli di pietra, uscì nientepopodimeno che Tengoku.
 

Vestiva la divisa della scuola, ma la Fiamma del Coraggio di Morire brillava lo stesso sulla sua chioma.

Gli occhi erano calmi, ma incutevano un certo timore se fissati troppo a lungo.


“Lo ammetto, me la stavo facendo sotto fino a poco fa.”

La pupilla si sgranò rapidamente per poi ingrandirsi leggermente, come un obbiettivo di una macchina fotografica.


“Ma dopo quelle frasi … non potevo proprio mancare.”

 Si sgranchì il collo con le mani, mostrando un qualcosa di strano sul braccio destro.

 
Sembrava un guanto, ma era così sottile da parere una pellicola. Di color onice, presentava dei ricami in argento, con tre pezzi di metallo sul dorso. I primi formavano una ‘X’ ,mentre il terzo la tagliava con una linea verticale.
 
“Chi diavolo sei?! Iniziate a diventare troppi!!”

Karl, per niente scosso sull’arrivo del ragazzo, lo caricò con tutto la sua mole, infuriato come non mai.
 
“Sono uno che può fare … Questo.”

Con movimenti lenti e delicati, il bruno tese il braccio con il quale indossava lo strano guanto in avanti.

Aspettò fino all’ultimo, fino a quando poté toccare il bestione. Prima dell’urto gli appoggio la mano sul petto, bloccando meccanicamente la sua corsa.


Il rossiccio non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi, che un enorme calore si propagò dal suo torace a tutto il corpo.

Venne immediatamente sbalzato di diversi metri addietro, finendo contro il silos, che si piegò pericolosamente sotto il suo peso.

L’azione era stata compiuta in tre secondi, accompagnata da un suono secco, come di sparo e un forte odore di bruciato.

 
Il bruno vide appena la fiamma sulla sua fronte spegnersi, che venne attratto da numerose urla alle sue spalle.

Sorrise appena, vedendo come Drake,Akane e Azura stessero finendo tutti i membri della K-Gang … aiutati dal Consiglio Studentesco!
 
 Quegli studenti urlavano contro i teppisti, magari senza neanche contribuire molto all’offensiva, ma rimanevano comunque uniti.
 

Finita la rivolta, i suoi amici ebbero appena il tempo di sorridergli, prima di crollare a terra, sfiniti.
 
Tranne Sakura, che lo abbracciò teneramente, bagnandogli la camicia di lacrime.

“Grazie mille, Tengoku-kun.”

Il ragazzo, incredibilmente rosso in viso, cercò in tutti i modi di rasserenarla, ma quella continuava a piangere, scatenando le risate di Azura e Drake.
 
Poi, dall’affollamento .
Sbucò Akira.

La ragazza si fece strada tra gli sguardi felici e stupiti dei suoi colleghi, avvicinandosi a quello che aveva appena sconfitto il vice di Kevin.
Rimase impassibile davanti a lui, guardando prima lui, poi Sakura.

Infine, con un sorriso dolce sciolse quell’attesa.

Si inchinò, approfittandone anche per recuperare il tanto amato block-notes, per poi dileguarsi al suono della campanella.
 

Tengoku rimase basito per molto, restando in piedi come un’ebete con lo sguardo perso verso il nulla.
 

Si mosse solo quando sentì una vocetta nasale tanto conosciuta.

“Sembra che hai reagito bene al Proiettile della Ramanzina.”

Reborn, con la divisa della Nanimori (forse per non farsi riconoscere), lo aveva raggiunto, appollaiandosi sulla sua spalla.

“ Mi sento molto stanco.” Gli disse solo, il ragazzino.

“ Ci vuole tempo: la Mafia dei Vongola sviluppò questi proiettili per uomini preparati a tutto. Tu, che sei uno studente delle medie, sei fortunato solo ad aver ancora il cuore intatto per tutti gli sforzi che compi.”


Il sicario sembrava sempre più orgoglioso del suo protetto, certamente con tutte le punizioni corporali che gli infliggeva non lo dava a vedere, ma era così.


 
Purtroppo per loro, qualcuno era riuscito ad udire quest’ultima conversazione . Probabilmente i due rimpiangeranno di aver parlato tanto tranquillamente di una cosa così delicata.
 


 
 
 
 
Il mese dopo.
 
Russia. Prigione non identificata.
 

La macchina giapponese si fermò esattamente davanti al penitenziario.

Di notte quel luogo sembrava un laboratorio della NASA, con tutte quelle luci lampeggianti e fari nei dintorni.

Un uomo scese, seguito da un ragazzino, evidentemente padre e figlio, avviandosi verso il posto di blocco che dava sull’ingresso.
 
La guardia chiese qualcosa in russo al più grande, che gli sorrise rispondendogli. Dopo poco entrarono nel salone , dove dovettero superare altri controlli di sicurezza.
 
Scesero le scale, dopo aver individuato il piano a cui erano interessati e, dopo diversi corridoi entrarono in un ufficio al chiuso.
 

“ Aaaallora, Luchas. Che te ne pare il lavoro di papà? Figo, eh.”
  L’uomo assomigliava molto al figlio, portava anche degli occhiali simili ai suoi, mentre l’altezza era troppo differente.
 

Il rosso si pulì le lenti con la maglietta, sbruffando nervosamente.
“Ehi.” Il padre gli appoggiò una mano sulla spalla.

“Ti giuro che è solo per stasera. Domani ritorni a casa. Io resterò qui in Russia solo per un’annetto.”

“Si, si. Va bene.”

Il genitore provava sempre una grande tristezza nel vedere il figlioletto tanto amato, odiarlo.

A casa non si parlavano molto, cosa che anche la madre notava con un po’ di preoccupazione.
Il suo unico amico era quel Raxas, un ragazzo pescato dai bassifondi della città, a cui era affezionato più di loro.

“Senti, io ho dimenticato una cosa in macchina. Tu non ti preoccupare, non toccare niente e aspettami.”

Ma forse quell’intuizione era stata geniale: poche ore prima si era fatto preparare da una delle migliori pasticcerie di Mosca, una torta alle fragole ricoperta di bignè. Almeno conosceva i gusti di Luchas, quindi sapeva che quel regalo avrebbe potuto andare bene.

Mark ,questo il suo nome, iniziò a giocherellare con le chiavi della macchina, trepidante di iniziare un dialogo con il figlio.
 


Purtroppo quel regalo non arrivò mai.
 
Il rosso, quando affermò che non ci fossero telecamere nei paraggi, iniziò ad armeggiare con il computer dell’ufficio.

Il lavoro di cui avrebbe dovuto esser fiero era guardia di sicurezza nell’ala nord del terzo seminterrato, considerato il piano pieno zeppo di criminali macchiati dei crimini più atroci.


Mentre entrava nel sito delle telecamere ,con le password rubate dalla valigia del genitore, istintamente fece partire dal suo cellulare, una registrazione che aveva ascoltato almeno una miriade di volte in quelle settimane.

La voce robotica ruppe il silenzio nel corridoio.

‘Ci vuole tempo: la Mafia dei Vongola sviluppò questi proiettili per uomini preparati a tutto...’
‘Ci vuole tempo. La Mafia dei Vongola…’
‘… Mafia dei Vongola …’


Con una frenetica gioia nel sentire quelle parole, iniziò a parlare da solo:

“ Visto? Lo sapevo che Tengoku era sospetto! Mafia Vongola, eh? Vediamo come te la cavi contro di me!”

Estrasse dalla tasca un foglio pieno di scritte e scarabocchi, guardandolo con un ghigno preoccupante.

“ O meglio, contro di loro!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
|||
Angolo autore
 

Welcome back!  Come va?

Bhe, bhe, bhe. Nonostante sia il mio compleanno ho deciso lo stesso di aggiornare! Lo so, sono troppo buono u.u
Cosa ve ne pare? Finale da brivido, vero?

Qualcuno già dallo scorso capitolo ha iniziato a prendere di mira Luchas, dicendo che era sospetto … bhe, allora l’ho reso ancora più sospetto! MWHUAHAHAHA! (non è vero, siete solo stati bravi ad anticipare il progetto che avevo per lui).

Comunque, vorrei dirvi una cosa seria:

Dato che oggi è il mio compleanno, mi fareste un regalo *^*?
E’ giusto un gioco che avevo in mente:

Nel capitolo è presente una citazione ad un manga che personalmente adoro. La parte in questione inizia da quando Karl inizia ad insultare Akira e finisce quando Sakura apre bocca.

Se qualcuno di voi riesce a dirmi di quale manga si tratti … vince un OC e la possibilità di creare una Famiglia intorno ad esso.
Non vi preoccupate: la frase è detta nel primo capitolo (nel caso del manga) e nel primo episodio (nell’anime), quindi non c’è bisogno che vi scervelliate troppo.

Purtroppo credo che rimangano in pochi a conoscere quel capolavoro, ma certamente per chi lo ha visto non può dimenticarsi quella scena  ^^!

Fatemi sapere e… stupitemi! Alla prossima X3

--- Per questo capitolo la Scheda misteriosa è: STATA GIA' PRESA---

P.S: Ignorate la stupida citazione al Team Rocket XD!
   
 
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