-Capitolo 14-
Kohaku, accettando di aiutare Reiko, aveva deciso di
chiedere qualche informazione agli abitanti del villaggio ma li aveva trovati tutti
piuttosto restii a far trapelare qualsiasi informazione.
Si limitavano a scuotere il capo, asserivano di non sapere
niente di fatti così lontani nel tempo e che li avevano segnati e altri ancora,
invece, avevano paura persino a pronunciare il nome di Keiko convinti che
avrebbero attirato altri demoni al villaggio.
Nessuno voleva aiutarlo.
Nessuno sembrava preoccupato per la sorte della ragazza
marchiata dai demoni.
Scosse il capo più volte cacciando i cattivi pensieri.
Non poteva arrendersi, aveva promesso a Reiko di aiutarla a
trovare una pista, un qualche indizio e non aveva certo intenzione di tirarsi
indietro proprio ora.
« Ehi … » una voce leggera, un mormorio trasportato dal
vento attirò la sua attenzione.
Accanto a una piccola casa sul confine del villaggio c’era
una bambina, era nascosta da una specie di mantello che copriva il suo corpo,
tendeva la piccola mano verso di lui e gli faceva cenno di avvicinarsi.
Si guardò attorno ancora un momento, assicurandosi che
nessuno stesse guardando nella sua direzione e l’avvicinò.
Era molto minuta e aveva le vesti logore, fu solamente dopo
che si era avvicinato che Kohaku poté notare qualcosa che prima, da troppo
distante, non aveva guardato: era la lunga coda morbida, come quella di un
animale.
“Questa bambina … “
« Seguimi … La nonna vuole vederti. » disse a bassa voce,
come se temesse di essere spiata e infatti, prima di allontanarsi dalla casa
dove si era appostata, controllò che non ci fosse nessuno.
Quella bambina era una mezzo demone, come Inuyasha.
Teneva sul capo una specie di mantello che la copriva,
proteggendola dal mondo esterno, guidano i passi del ragazzo fuori dal
villaggio e lungo un sentiero tracciato in tanti anni da uomini e animali.
Non gli piaceva l’idea di lasciare Reiko da sola, ma non
aveva altra scelta in quel momento.
Si ripeteva che sarebbe andato tutto bene, che Reiko non
correva pericoli, ma sapeva anche che il suo animo si sarebbe quietato
solamente quando l’avrebbe rivista.
Camminarono per almeno un’oretta buona distanziando di
molto il villaggio, allontanandosi dalla strada e inoltrandosi a fondo tra gli
alberi.
Era un labirinto, Kohaku faticava a memorizzare la strada
percorsa ma finalmente una piccola casa venne scorta.
Da una delle “finestre” fuoriusciva del fumo, trasportato dal vento.
La bambina si avvicinò saltellando quasi verso la porta,
scostò lentamente la stuoia di canne di riso che fungeva da porta ed entrò, si
annunciò con voce entusiasta mentre Kohaku la raggiungeva.
« Nonna, ho portato il ragazzo come mi avevi chiesto. »
Solo al sicuro di quelle mura si tolse il copricapo
rivelando una foltissima massa di capelli scuri scompigliati, gli occhi azzurri
come il cielo li aveva già notati prima, vero, ma nella penombra della casa
risaltavano ancora di più.
Seduta davanti a un fuoco scoppiettante stava un’anziana
donna, forse anche più avanti con gli anni di Kaede, pensò Kohaku mentre
osservava i suoi abiti vecchi e logori come quelli della ragazzina.
Quest’ultima sorrideva mentre andava a sedersi accanto alla
nonna che le sorrise di rimando carezzandole la nuca, la coda, nel frattempo,
aveva preso a muoversi delicatamente a destra e sinistra.
« Lei si chiama Sora … E’ la mia nipotina.» esordì la
donna, la sua voce era ruvida e bassa, continuando a carezzare la nuca della
nipote mentre lasciava entrare nella sua dimora Kohaku.
« La nonna si prende cura di me da quando i miei genitori
sono morti. » continuò la bambina, perfettamente a suo agio nonostante la
gravità della sua rivelazione.
Kohaku l’ascoltò attentamente, sedendosi dalla parte
opposta del fuoco mentre la donna, con un bastone di metallo sottile muovendo
la cenere all’interno del braciere.
« Posso sapere perché mi avete mandato a chiamare? »
domandò Kohaku in tono serio, osservando la bambina mezzo demone e spostando
poi lo sguardo verso la donna davanti a lei. Era molto in là con l’età e i suoi
lunghissimi capelli avevano ormai da tempo perso il loro colore originale
lasciando posto al grigio argento come la luna, la pelle scavata e le dita
nodose segnate dal duro lavoro nei campi e la schiena ricurva su stessa
sembrava doversi spezzare da un momento all’altro.
« Ho sentito da Sora che al villaggio è arrivato una
fanciulla con il marchio del drago. »
« Sì, è così. »
« Allora è bene che ripartiate subito. Non fermatevi a
lungo in questi luoghi, altrimenti la vita della ragazza sarà in grave
pericolo. »
Il tono della voce di lei non ammetteva repliche, era duro
e inflessibile come una roccia. Kohaku la guardava incuriosito senza capire la
ragione di tale monito.
« Perché dite questo? » domandò, sperando di ottenere una
spiegazione più che convincente.
La bambina, tenendo le gambe incrociate davanti a lei,
ascoltava con attenzione la storia mentre muoveva la coda sulle assi del
pavimento di legno.
« Il mio nome è Amane … » disse la donna, alzando il capo e
squadrando il giovane sterminatore di demoni con i suoi profondi occhi scuri
come l’ossidiana.
« Ho vissuto nel villaggio di quegli idioti per tutta la
mia vita, almeno una parte della mia vita, e quando ancora ero una bambina
conobbi Keiko. »
Gli occhi di Kohaku sembrarono sbarrarsi al sentire
nominare l’ultima ragazza marchiata dai draghi, la figlia del capo villaggio e
che era morta nel tentativo di proteggere tutti quanti.
Non disse nulla, non osò fiatare e lasciò alla donna il
compito di continuare il racconto.
« A quel tempo il villaggio non conosceva pace.
Gli attacchi dei demoni continuavano giorno e notte, senza
mai davvero fermarsi, e tutti pregavano la povera Keiko come se fosse una
divinità scesa in terra e la maledivano allo stesso tempo come causa di quella
sventura. » dalle labbra della donna sfuggì quella che doveva essere una
risata, annientata però da diversi colpi di tosse che sfiguravano il suo
sorriso sarcastico.
« Un giorno, quella stessa ragazza che molti consideravano
la causa delle sventure, mi salvò la vita rischiando la sua per proteggermi da
un demone. Questo mi diede modo di conoscerla meglio e di assistere impotente
alla sua fine. »
« Il capo villaggio ha detto … » disse infine Kohaku, intrufolandosi
nel discorso della donna. « … Che la morte di Keiko fu causata dal suo
desiderio di proteggere il villaggio dalla Bestia.
»
Le bacchette di metallo con le quali Amane stava rovistando
nel braciere s’infransero nella cenere, il viso si alzò velocemente e Kohaku
poté vedere il fuoco della rabbia che ardeva dentro di lei.
« Menzogne! Keiko non si è sacrificata, è stata venduta da
uno degli abitanti del villaggio! » sbottò con rabbia, ansimando per la fatica
che quelle parole costavano al suo corpo.
La nipote, Sora, si alzò immediatamente e corse a prendere
un po’ di acqua da una delle giare poste accanto alla porta.
In mano reggeva un piccolo mestolo di legno con dentro il
liquido cristallino che porse all’anziana donna, quest’ultima ringraziò con un
sorriso la nipote e prese piccoli sorsi prima di calmarsi e riprendere il suo
racconto.
« Immagino avrai sentito parlare della Bestia. »
« Sì, ma ancora non ho capito se sia o meno un
demone. »
« Un demone? Sarebbe molto più facile. »
commentò la donna in tono grave. « Quella creatura è oscurità pura e non ha
forma. Si nasconde nelle tenebre, ammalia gli uomini con le sue bugie e le sue
false promesse e se accetti un suo patto sei perduto per sempre. »
« Non comprendo … » disse Kohaku, mostrandosi
effettivamente confuso dall’argomento.
La donna sospirò come rassegnata, alzò il capo
e fece un cenno alla nipote che annuì appena con il capo e si volse verso di
lui per continuare la discussione.
« Nel cuore di ognuno di noi vivono luce e
ombre, giusto? Ecco, la Bestia è
quell’oscurità dentro di noi. I suoi occhi sono in grado di vedere le tue
debolezze, ma è anche un qualcosa di reale e necessita di nutrimento ed è per
questo che cerca le ragazze marchiate. »
Quando Sora concluse la sua spiegazione si
volse verso la nonna, sorridendole e lasciandole nuovamente la parole.
In quel momento Kohaku si sentiva come lo
“stupido” di turno.
Sospirò appena e ascoltò con maggiore
attenzione il resto della storia, una volta alla fine, si disse, avrebbe fatto
alcune domande.
« Ti starai chiedendo come faccio a sapere
tutto queste cose, vero? » domandò retoricamente Amane, sorridendo in modo
strano e ambiguo.
Kohaku non rispose, non era necessario per quel
tipo di domanda almeno.
« Ero presente quando quello sciocco ha venduto
Keiko alla Bestia.
Alla fine, la ragazza marchiata morì e io lasciai quel villaggio di idioti per
vivere qui da sola. Beh, almeno fino all’arrivo di Sora. »
Il sorriso che rivolgeva alla nipote era
davvero molto dolce e affettuoso, quasi faticava a rivedere quell’occhiata di
fuoco, carica di rabbia e disgusto, che aveva animato poco prima il suo
sguardo.
« Chi è stato, e cosa ha chiesto in cambio? »
domandò Kohaku.
Il capo villaggio aveva detto che la Bestia aveva offerto loro qualcosa in
cambio di Keiko, quindi, se era vera la storia della donna, chi aveva tradito
doveva aver ottenuto qualcosa dal suo accordo.
Lo sguardo della donna tornò nuovamente serio
mentre rievocava quegli eventi del passato.
« A vendere Keiko non è stato altro che Rikuji,
allora bambino, desiderando solamente che i demoni smettessero di attaccare il
villaggio. Era piccolo, vero, ma quello sciocco non aveva capito niente. Viveva
nel terrore. »
Scosse più volte il capo e la mano andò a
sorreggere la fronte.
Kohaku rifletté un istante e ricordò di aver
sentito quel nome prima di entrare al villaggio, era uno degli uomini, quello
più spaventato da Reiko.
Stando al racconto della donna doveva essere molto giovane
quando accadde, forse un bambino per davvero, ma non riusciva comunque a giustificare
le sue azioni.
Improvvisamente un fulmine attraversò la sua mente e scattò
in piedi, gli occhi sbarrati dal terrore mentre la consapevolezza di quello che
poteva accadere cominciava a farsi strada dentro di lui.
« Ora hai capito ragazzo? Questo non è un luogo sicuro,
dovete andare via subito! » ripeté la donna, mentre anche la bambina mezzo
demone lo guardava preoccupata.
« Sora, riaccompagnalo al villaggio e poi torna subito qui.
»
« D’accordo! »
La bambina si alzò dal pavimento e saltellando andò a
riprendere il mantello che usò per coprirsi fino alla nuca, voltandosi poi
verso l’anziana donna e salutandola con un cenno veloce.
« Ragazzo … » disse la donna, fermando Kohaku che già aveva
messo una mano sulla stuoia di canne di riso. « Proteggi quella ragazza … E’
importante. »
Non rispose. Non era necessario.
Si limitò ad annuire e uscì da quella casa.
Doveva tornare in fretta da Reiko, voleva assicurarsi che
stesse bene e che nessuno le avesse fatto del male approfittando della sua
assenza. Sapeva difendersi, lo aveva visto dal modo in cui brandiva quell’arma
che si portava dietro, ma non voleva rischiare troppo.
« Sai … La nonna vive così isolata anche perché ha scelto
di prendersi cura di me … » esordì Sora,
piegando appena il capo indietro mentre camminava sorridendo malinconica per
poi tornare a guardare la strada.
« Non ho mai conosciuto mio padre e mia madre è morta
quando ero ancora piccola.
Così la nonna ha deciso di prendermi con se, nonostante
tutto, allontanandosi definitivamente da quel villaggio. La nonna ripete sempre
che l’ombra non si è mai allontanata da quel luogo. »
Kohaku la ascoltava mentre finalmente tornavano sul
sentiero per animali che riconduceva al villaggio.
Fu a quel punto che Sora lo lasciò, sorridendo e scusandosi
per il modo in cui si allontanava. Non voleva avvicinarsi ancora a quel
villaggio, non finché la persona che aveva fatto un patto con la Bestia era ancora lì.
Non perse tempo, anche se era sicuro che le avrebbe riviste
molto presto: Reiko avrebbe voluto fargli delle domande, sicuramente.
Ora che il villaggio era più vicino accelerava il passo,
ansioso, passava attraverso le strette strade sterrate fino ad arrivare alla
dimora del capo villaggio.
Aveva sentito diversi sguardi su di se, alcune parole
sussurrate, ma non era importante. In quel momento voleva solo assicurarsi che
Reiko stesse bene.
Superò il lungo corridoio che dava sul giardino interno e finalmente
arrivava alla stanza della ragazza, fece scorrere la porte scorrevole in carta
di riso trovandola seduta con le bacchette in mano e una ciotola di riso nell’altro.
« Oh ciao … sei già tornato? » domandò lei, guardandolo
sorpresa e ugualmente felice che fosse già lì.
Quel luogo era davvero deprimente.
Aveva usato l’intero pomeriggio per cercare di venire a
capo del mistero dell’alabarda, ma niente. Non aveva ottenuto nemmeno il più
piccolo risultato.
Le persone in quella casa la trattavano come una sorta di
appestata, mormorando alle sue spalle; persino la donna che era venuta a portarle
la cena non aveva fatto altro.
Kohaku riprese fiato, sospirando appena e andandole
incontro a grandi falcate. Ebbe appena il tempo per posare sul piccolo vassoio
le bacchette e la ciotola di riso, le sue braccia la cinsero all’altezza del
collo attirandola contro di lui.
Arrossì sulle guance quasi immediatamente mentre tratteneva
il fiato, imbarazzata ed emozionata per quel gesto improvviso che non si
sarebbe mai aspettato dal giovane sterminatore di demoni.
« K-Kohaku … Cosa è successo? » domandò lei, deglutendo
pesantemente e cercando di calmare il proprio cuore che sembrava in procinto di
esplodere dal suo petto.
Lui non rispondeva, si limitava a stringerla.
Con la coda dell’occhio cerca di vedere la sua espressione,
ma era inutile poiché Kohaku, abbracciandola a quel modo, aveva affossato il
viso nello spazio tra volto e spalla impedendole di vedere la sua espressione.
« … Ho avuto paura … » mormorò solamente, voce bassa e l’espressione
tesa.
Cos’era accaduto?
Una mano istintivamente saliva alla schiena del ragazzo mentre quello strano
formicolio alla punta delle dita tornava a farsi sentire, usò tutta la sua
concentrazione per evitare di avere altre visioni del passato che non potevano
in alcun modo influenzare il futuro.
A quel gesto, la stretta attorno alle sue spalle aumentò
ancora.
« … Non lascerò che ti facciano del male … »
« Kohaku … cosa ti prende? » domandò di nuovo, stavolta con
un tono di voce più preoccupato mentre lui allentava la stretta per permetterle
di guardarlo in viso.
I suoi occhi nocciola erano velati da una profonda
malinconia e da una preoccupazione che non poteva nascondere, sembrava perso in
qualche ricordo di un passato che poteva solamente immaginare e questo,
naturalmente, influiva sui suoi gesti e le azioni. Non poteva, si ripeté
mentalmente, dare troppo peso a quell’abbraccio.
« Reiko, dobbiamo andarcene da questo villaggio. Subito. »
Nell’oscurità della foresta, dove nemmeno i pallidi raggi
del sole arrivavano, due figure osservavano con distacco la scena con i loro
occhi di cristallo e che potevano vedere molto lontano.
« Il cuore è ancora debole … » esordì una delle due figure.
« Mi chiedo, mi chiedo … cosa sceglierà di fare la ragazza
marchiata? »
« Salverà tutti, sacrificandosi per il villaggio … »
« … Oppure morirà difendendoli … »
Salve a tutti!
Premetto: non sono molto soddisfatta di questo capitolo, ma vi prometto
che nel prossimo torneremo al solito standard.
Ad ogni modo, nonostante tutto, spero di avervi chiarito alcuni dubbi in
caso vi allegherò un immagine che vi permetterà di vedere come realmente è la
Bestia. Ispirata, come dissi nel prologo, a una serie che raccomando vivamente
a tutti “Over the garden wall”.
Ringrazio ancora una volta tutti voi lettori, voi che recensite e che
avete deciso di seguirmi fino a questo momento.
A voi dico … Al prossimo aggiornamento.
Un abbraccio forte <3
Scheherazade