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Autore: SagaFrirry    20/03/2015    1 recensioni
La Dea Atena risveglia i suoi cavalieri, condannati nella roccia dopo aver abbattuto il muro del pianto. Tutti gli Dei greci richiamano i loro sottoposti e creano alleanze. Perché? Non me ne vogliano i puritani della mitologia..in questa storia gli Dei greci lottano contro le divinità romane. L'Olimpo è troppo piccolo!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XIV

 

SCONTRO

 

“La pagheranno cara!” commentò Marte.

Al cospetto del padre degli Dèi romani Giove, il Dio della guerra aveva appena appreso la notizia della morte di Diana.

“Chi è stato? Chi ha osato?” continuò il guerriero  “Quali divinità devo  sterminare fra i greci?”.

“Ho bisogno di più informazioni..” ammise Giove, seduto sul suo trono.

“Posso fornirtele io, padre mio” commentò Minerva, facendo il suo ingresso con maestosità.

“Minerva! Figlia mia adorata! Dicci pure tutto quello che sai. Quali divinità greche hanno agito?”.

La Dea e Marte si osservarono con fastidio, senza salutarsi.

“In realtà..” iniziò a spiegare lei “..non è stato un Dio”.

“Allora un esercito!”.

“Nemmeno. È stato un uomo, un mortale”.

“Un mortale?! Uno soltanto?!”.

“Esattamente. Un figlio di Ares”.

“Ora comprendo la ferocia del  gesto. Ma è incredibile..” commentò Giove.

“Incredibile non credo. Si tratta di un cavaliere di Atena, che più volte ha mostrato di essere in grado di porre fine alla vita di una divinità”.

“Forse, poi..” si fece sentire Marte “..costui era anche mosso da odio nei nostri confronti, alimentato dal fatto che suo padre è stato uccido da noi”.

“Permettimi di dissentire, fratello” sorrise Minerva, sadicamente “Ares è vivo e vegeto”.

“Tu menti! L’ho trafitto con la mia spada!” protestò il Dio della guerra, irato.

“No, affatto! Sei stato vittima di un’illusione”.

“Stronzate!”.

“Ho le mie fonti fidate. Ares è solo ferito ma un’illusione ti ha fatto credere che fosse morto”.

“E chi sarebbe in grado di creare una cosa del genere? Tanto potente da poter ingannare me, Marte, e le altre divinità lì presenti?”.

“Ingannare te è semplice, sei un idiota!” sorrise ancora Minerva “Ma, comunque, è stato sempre lo stesso mortale”.

“Che dici?! Non è possibile!”.

“Non crederci, se non ne hai voglia. Ma è andata così”.

“Quindi immagino che anche Phobos e Deimos siano ancora in vita..”.

“Esatto! Sei stato gabbato, piccolo stolto! E adesso non sbarellare e cerchiamo di capire come agire in modo sensato”.

“Modo sensato?! Io, se prendo quel mortale, lo riduco in condizioni tali da renderlo irriconoscibile perfino dalla madre!”.

“Dubito abbia una madre..”.

“Fa lo stesso!”.

“Calmati, Marte” lo rabbon Giove “Piuttosto, raduna i tuoi Salii con i loro scudi sacri e preparati alla lotta al fianco di Minerva e le sue Saints”.

“Fuori discussione. Io questa con la fica atrofizzata non la voglio vicino!” si lagnò Marte “So cavarmela benissimo da solo”.

“Ed io non scendo in guerra con un simile burino pel di carota che rovinerebbe ogni mia strategia” ribatté Minerva.

“Ma se Ares non è morto..” interruppe Giove “..allora dov’è? Non avevamo controllato al suo tempio in Trancia?”.

“Sì, padre” annuì Minerva “Non è al suo tempio ma bensì a quello di Atena”.

“Atena? Sei assolutamente sicura?”.

“Fidatevi di me. Ho una fonte certa”.

“Ares ed Atena allo stesso tempio?” storse il naso Marte “Sarebbe come se io e te, sorella, stessimo nello stesso edificio. Che pensiero terribile”.

“Sì, il solo pensiero di dividere il tetto con te mi fa venire la nausea”.

“Come se tu fossi piacevole come vicina di casa, zitellona acida”.

“Smettetela di litigare!” sbottò Giove “Mi state a sgrarà li cojoni!”.

Marte rise e Minerva scosse la testa, lievemente disgustata.

“Perdonatemi, padre” si scusò la Dea “Faremo meglio a pensare a cose serie, non ai problemi di famiglia, che risolveremo in seguito”.

“In seguito?” ghignò Marte.

Me te metto ‘n tasca e te meno quanno ciò tempo, fratellino”.

“Basta, ho detto! Se non volete combattere assieme, sono cazzi vostri. Ma qualcuno deve verificare di persona le notizie appena apprese”.

“Lasciate che me ne occupi io” si propose Minerva “Io non sarò di certo vittima delle illusioni di un mortale! Il mio quoziente intellettivo è ben più alto di quello di questo sfigato!”.

“Ma..”.

Marte tentò di riaprire bocca ma Giove lo zittì: “Se non riuscite a lavorare assieme, a me non interessa. Vedete di rimandare a più tardi i battibecchi fra di voi”.

“Giusto” annuì Minerva “Andiamo, Marte. Risolveremo la questione al ritorno”.

Apparecchia er culo, stronza!” ringhiò il Dio della guerra, seguendo la sorella fuori dalla grande sala dove Giove li aveva convocati.

 

“Con che cosa stai giocando?” domandò l’ancella, avvicinandosi alla bimba.

La piccola romana sobbalzò e si voltò di scatto. Ancora non era abituata al grande tempio ed i suoi abitanti. Sorrise, riconoscendo la donna al servizio di Arles.

“Con niente” rispose la bimba “Mi annoio”.

“Mi hanno detto che sei brava a fare le trecce. Ne faresti una anche a me?”.

La piccola sorrise.

 

Arles uscì dalle sue stanze. Si stupì nel vedere lì la sua ancella che, seduta fra le scalinate in pietra, si stava facendo fare la treccia. Si avvicinò ad entrambe, con i lunghi capelli che sfumavano dal nero al blu.

“Non sei obbligata a stare qui. Comprenderei, se te ne andassi” disse lui, rivolto alla donna

Lei rimase in silenzio qualche istante, mentre la bambina continuava ad intrecciargli la capigliatura bionda. Si voltò solo leggermente, incrociando lo sguardo del suo signore.

“Puoi lasciarci da soli un istante, piccina?” mormorò l’ancella “Dopo andiamo in paese a comprare tanti nastri per  capelli”.

La bambina sorrise ed annuì, allontanandosi. Lanciò solo un ultimo sguardo ai due e poi sparì fra le colonne, soddisfatta.

“Di che parlate, signor Arles?” riprese la donna, non appena la romana si fu allontanata.

“Mi riferisco a quanto successo..” rispose lui.

“E questo dovrebbe allontanarmi da qui?”.

“Non è stato un atteggiamento consono”.

“Siete il mio signore”.

“Questo non mi giustifica”.

“Non è successo nulla di male..”.

“Ma..”.

“All’inizio..” parlò lei, con calma, alzandosi “..sì, mi avete spaventata. In voi c’era odio, rabbia e ferocia. Ma poi..tutto questo è svanito. Niente più odio, rabbia e ferocia ma tanta tristezza, angoscia e solitudine. Ho percepito in voi la sete ed il desiderio di dissetarvi d’amore, ma io non sono la sorgente da cui anelate bere”.

“Come immagine è decisamente strana. Però io non dovevo..”.

“Non ne farò parola, state pure tranquillo. Immagino che Atena non ne sarebbe soddisfatta..”.

“Che state dicendo? Che importanza ha?”.

“Non temete..”.

“Cosa ti costringe qui? Ti ho stuprata e stai qui a parlare di Atena?”.

“È stato sesso fra adulti. Niente violenze o altro. E poi..cosa mi costringe qui? Nulla. Anzi..qualcosa c’è. E forse potrei raccontarvelo..”.

“Io non capisco”.

“Io mi chiamo Sarah. Sono nata in Grecia, il dieci di agosto, la notte delle stelle cadenti, da genitori inglesi. Questo vi suona familiare?”.

Il sacerdote guardò l’ancella, con occhi tristi.

“Come..” mormorò lui “..come Eleonore?”.

“Sono la sua gemella minore”.

“Non sapevo che avesse una gemella!”.

“Abbiamo passato brutti momenti, io e lei. Io sono la minore e lei era molto protettiva nei miei confronti. Siamo sempre state molto diverse, non solo d’aspetto, e così, quando i nostri genitori sono morti, lei si è unita alle schiere di Artemide ed io non capii la sua scelta. Tentai altre strade, ben meno prosaiche e sante. Lei, nel frattempo, è diventata somma sacerdotessa. Il suo animo era in pace, ed io la invidiavo. Cambiavo lavoro continuamente, piangevo, mi sentivo smarrita. L’ultima volta in cui l’ho vista viva è stato quando mi ha detto che aveva intenzione di sposarsi. Sono impazzita. Ero gelosa e l’accusavo di aver dimenticato i nostri amati genitori. Non ci siamo più parlate. Poi lei è morta, non serve che ti racconti come”.

“Già..non è necessario..”.

“Ammetto  di averti odiato. Pensavo fossi un rammollito. Mi sono chiesta per quale motivo non avessi protetto mia sorella, ma poi ho visto quanto dolore avevate nel cuore per colpa di quella perdita. E probabilmente vi sentite ancora in colpa, dico bene?”.

“Sì. Dici bene..”.

“Ho deciso di seguirvi qui al tempio. Non lo so perché. Forse ho sentito il desiderio di farmi perdonare dalla mia adorata sorella. Lo so, è assurdo quel che sto dicendo..”.

“No, affatto. Se Kanon dovesse morire, e scoprissi che aveva una moglie, tenterei di aiutarla”.

“Qui al tempio ho compreso perché Eleonore si fosse innamorata di voi. E qui al tempio ho trovato la pace nell’animo. Perciò, vi prego, non ditemi che devo andare via”.

“Non ti posso obbligare. Pensavo che lo desiderassi”.

“Non lo desidero. L’unica cosa che voglio, è restare”.

“Perché non mi hai detto di essere la sorella di mia moglie?”.

“Perché ho commesso tanti errori ed un trattamento di favore non può mondarmi”.

“Ora, però, mi sento ancora più in colpa per quel che ho fatto”.

“Non dovete. Non mi avete amata, non mi amerete mai, questo lo so. Ma se aveste abusato con ferocia di me, sarei fuggita”.

“Quindi sei qui solo perché ti senti in debito con tua sorella?”.

“All’inizio sì. Ora sono qui perché so che è questo il mio posto. Spero che quanto successo non cambi la situazione”.

“Ma lo sai che ora lei è la moglie di Hades? Non dovresti raggiungerla?”.

“Lei non mi ricorda. E non ha bisogno di me. Voi invece..”.

“Io..?”.

“Mio signore..” continuò lei, avvicinandosi “..voi avete bisogno di qualcuno che vi ami. Ed io veglierò su di voi, fino a quando la vostra sete non troverà la giusta sorgente”.

Detto questo, l’ancella si congedò, con un inchino. Arles non sapeva che altro dire. Era molto più confuso di prima ma non ebbe il tempo di riflettere molto, perché Atena lo stava chiamando a gran voce.

 

Mur percepì qualche cosa. Alla prima casa, l’Ariete stava modificando qualche armatura seguendo i consigli di Efesto. Uscendo allo scoperto, percepì che qualcosa non andava.

“Kiki!” chiamò “Va ad avvisare gli altri. Ci sono dei nemici”.

“Chi? Chi sono?” rispose Kiki, mettendosi in allarme.

“Non lo so. Ma sono in molti. Corri!”.

Il giovane annuì. Riuscì a scorgere di sfuggita un nutrito gruppo di estranei comparire dinnanzi a Mur. Si erano nascosti con una barriera, ma l’Ariete li aveva individuati facilmente con i suoi poteri psichici. Kiki si allarmò, percependone la notevole potenza.

“Fratello!” chiamò.

“Corri, Kiki! Li fermerò finché posso” ordinò ancora Mur, infastidito dalla titubanza del parente.

L’abitante della prima casa creò il suo Crystal Wall, che però si incrinò dopo solo pochi colpi nemici. Mur non indietreggiò, preparandosi ad attaccare.

“Non siamo qui per te, mortale!” parlò una voce da donna.

L’Ariete la individuò . Fra i vari avversari, era una donna con un grosso elmo in testa. In mano stringeva una lancia.

“Minerva?” domandò Mur.

“Sono io. E ti risparmierò la vita se mi dirai dove trovare Ares ed i suoi piccoli marmocchi”.

“Ares? Ares è morto” mentì l’Ariete.

“So che non è così”.

“Hai delle notizie sbagliate”.

La Dea si accigliò. Afferrò Mur e lo spinse contro il muro.

“Non ho tempo da perdere!” continuò lei “Dove sono Ares ed i suoi figli?”.

“Questo è il tempio della mia signora Atena. Di Ares ed i suoi figli non mi interessa”.

“Bugiardo! Ti farò parlare!”.

“Lascialo a me” la interruppe Marte “Lo faccio parlare in massimo quattro secondi”.

“Lo vuoi torturare? Va bene, ma non ucciderlo”.

“Ci starò attento”.

“Non mi fai paura!” lo affrontò Mur, mentre il Dio romano si avvicinava.

“Fai male, anche se rispetto il tuo coraggio”.

L’Ariete non rispose. Continuò a sostenere lo sguardo di Marte, anche quando questi iniziò a colpirlo duramente. Mur ribatté, cercando di reagire. Poi una forte luce quasi lo accecò ed il Dio mollo la presa.

“Anvedi sto laziale!” sbottò, infastidito, Marte.

“Laziale? Io sono di Atene!” esclamò Ioria, facendo il suo ingresso trionfale fra la polvere sollevata dal suo attacco.

“Ateniesi, laziali..mi state sul cazzo allo stesso modo!”.

“Allontanatevi!” ringhiò il cavaliere, mostrando il pugno “O assaggerete il colpo di Ioria del Leone!”.

“Er gatto di casa me minaccia. Sto a tremà” ghignò il Dio, sarcastico.

“Smettila di fare il deficiente!” lo ammonì Minerva.

Il Leone non attese e lanciò un potentissimo Lightning Plasma, che colpì Marte in pieno.

“Visto? Coglione..” lo rimproverò la Dea “..non ti porto più in guerra, fai solo figure di merda!”.

Minerva ignorò il fratello e decise di avanzare. Il Dio romano reagì e colpì i suoi avversari, permettendo alla sorella di andare oltre la prima casa. Ma la Dea non riuscì ad avanzare di molto assieme al suo esercito.

“Vai da qualche parte?” si sentì dire.

Kanon, con indosso la Sea Dragon alata, era pronto ad affrontarla.

 

“Cosa ti è saltato in mente?!” sbraitò la Dea, puntando il bastone contro Arles.

Il sacerdote alzò le braccia leggermente, cercando di capire a cosa esattamente si riferisse.

“Una testa mozzata a casa mia?!” continuò lei e lui si rilassò, comprendendo.

“Posso spiegare..” iniziò a dire.

“Non c’è niente da spiegare! Sei disgustoso!”.

“Avete ragione, chiedo scusa, però..”.

“Però che cosa?! Αηδία, αηδία!! [schifo, schifo!!]”

“Chiedo perdono. Non pensavo che la Dea della guerra reagisse in questo modo davanti ad una testa mozzata”.

“Mi prendi per il culo?!”.

“No! Per carità, signora. Era una faccenda fra me e mio padre”.

“Beh, certe porcherie le andate a fare a casa vostra, chiaro?! Non a casa mia!”.

“Ho compreso”.

“Detto questo..non è da te agire senza riflettere in quel modo! Affrontare da solo una Dea è da stupidi. Perché lo hai fatto?”.

“Perché dovevo. Io..”.

La conversazione si interruppe. Un forte boato e delle grida stavano scuotendo il tempio.

“Che succede?” si allarmò Atena.

“Nemici!”.

“Presto, mettetevi in salvo, mia signora!” esclamò Aiolos, come sempre nei paraggi della dimora divina, pronto ad agire.

“Chi sono? Chi ci attacca?” volle sapere lei.

“Minerva e Marte con i loro eserciti”.

“Allora io..non posso fuggire!”.

“Mia signora!”.

“Taci! E prepara il tuo arco”.

 

“Levati di mezzo!” minacciò Minerva, allungando la lancia verso Kanon.

“Tornatene a casa, ti conviene!” le rispose Kanon.

“Credi di spaventarmi, mortale?”.

“No. Ma credo di confonderti alquanto. Non è vero?” sorrise il custode della terza casa “Non ti aspettavi una cosa del genere. Un cavaliere di Atena con le vestigia sotto il dominio di Poseidone. Ammettilo che sei confusa..”.

Minerva non rispose. Era confusa, davvero, ma non poteva certo farlo capire a quel misero mortale! Accigliandosi, si preparò ad attaccare quell’impiccio in armatura. Lanciò un grido, lo stesso che si udì al momento della sua nascita, e corse verso Kanon. Il cavaliere ghignò, beffardo. Si abbassò solo leggermente e sferrò un potente cazzotto in mezzo alla faccia della Dea.

“Cosa credevi?” la sfotté Kanon “Che provassi un qualche tipo di pietà nei tuoi confronti, solo perché sei una Dea?”.

 

Il Leone colpì di nuovo ma stavolta Marte riuscì a schivare. Il Dio non ci vedeva dalla rabbia e fremeva all’idea di vendicarsi per l’umiliazione subita.

“ Prima te massacro de botte” sibilò il Dio "Poi rompo er culo a colui che me piglia pe’ li cojoni co’ le illusioni. Gli sfaccio la capoccia come ha fatto lui con mia sorella Diana".

“Anche se sei un Dio, io non arretrerò di un passo!” ringhiò Ioria “Anche se con te hai tutti i tuoi sottoposti, non farai tremare le zanne del leone”.

“Ma che stai a dì?! Ao, parla come magni! Nun ch’o o fa ‘o splendido,fatta ‘na canna de lattuga, n’endovena de camomilla e vedi d’annattene!”.

“Senti, romano..o parli in maniera comprensibile o stai zitto. L’unica cosa che ho capito è che vuoi che mi fumi la lattuga! Ma io non sono tipo che si perde in chiacchiere e, soprattutto, non ascolto praticamente mai. Perciò borbotta pure cose incomprensibili quanto ti pare. Lightning Plasma!”.

Marte saltò ma non riuscì a schivare tutti i pugni alla velocità della luce del Leone. Doveva ammetterlo, quel mortale era forte. Ma non abbastanza! Si riprese e lanciò il suo attacco: “Colpo der vendicatore romano de Roma!”.

“Eh?!” storse il naso Ioria, senza capire e ritrovandosi con uno scudo d’oro contro la faccia.

 

Minerva, colpita, si toccò il viso, infuriata. Kanon sorrise.

“Ne vuoi ancora?” sfidò lui “Non andrai oltre, Dea!”.

“Vanum est epinicion canere ante victoriam” ribatté lei.

“Sarebbe a dire? Io le lingue morte non le parlo”.

“Significa che non devi cantar vittoria troppo presto, cavaliere! Ma piuttosto..presentati, come è bene fare. Chi sei?”.

“Sono Kanon, il cavaliere che dimora alla casa dei gemelli”.

“Oh, Gemino..ab ovo!”.

“Ma non lo hai ancora capito che il latino mi fa proprio schifo?”.

“Era una citazione di Orazio, ignorante”.

“Se vuoi io ti cito Clarabella”.

“Una volta voi greci eravate la culla della civiltà..”.

“Anche voi eravate molte cose. Dove sta, ora, l’impero romano?”.

“Non infierire, ellenico!”.

“Preparati a ricevere il mio colpo, Minerva!”.

La Dea afferrò il suo scudo, pronta a parare. Con uno scatto della lancia, avanzò. Kanon fermò l’alma ma era molto affilata, e fu ferito di striscio. Questo lo fece infuriare e tirò una poderosa ginocchiata alla divinità, che non apprezzò per niente il gesto. Poi una grande luce li avvolse.

 

Il Leone continuava a combattere. Marte era ferocie e determinato, e così anche il suo esercito, ma Ioria non si voleva arrendere. Ed ecco che qualcuno giunse in suo soccorso. Una freccia d’oro quasi colpì il Dio che riuscì a schivarla per pochissimo.

“Fratello!” esclamò Aiolos “Tutto bene?”.

“Certo. Mandiamo all’altro mondo questo Dio portatore di sangue e morte!”.

“Con immenso piacere!”.

Aiolos scoccò un’altra freccia. Marte usò uno dei suoi scudi d’oro e la freccia non lo colpì. Anche quel mortale era notevole, non lo doveva sottovalutare.

 

“Stai indietro, Kanon” parlò una voce di donna.

Atena apparve, avvolta da un alone di luce.

“Sto cazzo!” le rispose il cavaliere “La voglio massacrare!”.

“Kanon!”.

“Atena! Che onore” sorrise, sarcastica, Minerva.

“Tornatene da dove sei venuta!” la minacciò la Dea greca “Se non vuoi che ti scateni contro tutti i miei cavalieri!”.

“Non me ne andrò, fino a quando non avrò la testa di colui che ha ucciso Diana ed imbrogliato Marte”.

“Tutti ingannano Marte. Vuoi decapitare mezza umanità?”.

“Sai a cosa mi riferisco! Ares è vivo ed è qui”.

“Non sono affari che ti riguardano. Ed ora vattene!”.

“Quel vigliacco di Ares si fa difendere da una donna? Che patetico deucolo inutile!”.

“Almeno lui non ruba le dimore ed i ruoli altrui, romana!”.

Minerva roteò la lancia e si apprestò a colpire la sua avversaria. Kanon osservò la scena, vedendo Atena chiaramente trapassata dall’arma. Spalancò gli occhi ma solo per un attimo.

“Mostrati, creatore d’illusioni!” comandò la Dea romana “So per certo che quel che vedo non è reale. Fatti vedere, vigliacco!”.

Kanon si allarmò. Il fratello era stato scoperto e non era certo un bene. Probabilmente ancora stanco dopo lo scontro contro Diana, non era stato in grado di creare una manipolazione della realtà tale da ingannare una Dea. Minerva lanciò la sua lancia, che le indicò la direzione da seguire. Saltò, pronta a lanciare il suo colpo verso quella direzione.

“Lascia che i grandi si occupino di queste cose” esclamò Ares, tirando per il braccio il figlio giusto in tempo.

“Tu non dovresti uscire allo scoperto” ribatté Arles.

“Ormai è tardi. Loro sanno che io sono qui”.

“E come?”.

“Non lo so..”.

Senza aggiungere altro, il Dio si apprestò a colpire i nemici.

Ανδρειφοντης Μαλερός! [ANDREIPHONTES MALEROS. assassino di uomini brutale]” gridò.

Subito dalle sue mani emersero lingue di cosmo rosso sangue che travolsero come un’onda gli eserciti. I due Dei romani si nascosero dietro i propri scudi. Atena sobbalzò e creò una sorta di barriera attorno ai suoi cavalieri, che altrimenti sarebbero stati gravemente feriti. Minerva, vedendo spazzati via i suoi eserciti, capì che non era in grado di sostenere quello scontro. In quel luogo, vi erano troppi guerrieri potenti.

“Torneremo” commentò “La vendetta sarà nostra”.

Kanon provò a seguirla ma Atena lo fermò, dicendogli che non era il caso di andare oltre. Afferrando il fratello minore per la collottola, la Dea romana si allontanò, svanendo nella luce.

Ci fu qualche istante di silenzio, in cui tutti sorrisero. Li avevano respinti! Poi, di colpo, Atena si voltò. Con sguardo furioso, fissò il fratello.

“Che c’è?” si stupì Ares.

“Sei un coglione! Adesso tutti sanno che sei qui!” sbraitò, isterica, lei.

“Lo sapevano già. E poi..hai visto? Sono stato bravo”.

La Dea afferrò il suo scettro stretto fra le mani ed iniziò a fendere l’aria, nel tentativo di colpire il fratello, che ridendo si nascose dietro al figlio.

“Scansati, Arles!” ordinò lei.

“E dove vuoi che vada?!” sbottò lui, mentre i due gli giravano attorno.

“Se ti prendo..” minacciava lei.

“È quel SE che ti frega, sorellona!”.

 

 

Un grazie, a seguito di questo capitolo, va sicuramente dato ad Antares 91, colei che ha creato i personaggi di Sarah ed Eleonore. Inoltre ringrazio Radha_wyvern per le frasi in romano. Chiedo perdono a quanti le troveranno un po’ fastidiose od eccessive.

   
 
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