XIV
SCONTRO
“La
pagheranno cara!” commentò Marte.
Al cospetto del
padre degli Dèi
romani Giove, il Dio della guerra aveva appena appreso la notizia della
morte
di Diana.
“Chi
è stato? Chi ha osato?” continuò
il guerriero “Quali
divinità devo sterminare
fra i greci?”.
“Ho
bisogno di più informazioni..”
ammise Giove, seduto sul suo trono.
“Posso
fornirtele io, padre mio”
commentò Minerva, facendo il suo ingresso con
maestosità.
“Minerva!
Figlia mia adorata! Dicci
pure tutto quello che sai. Quali divinità greche hanno
agito?”.
La Dea e Marte
si osservarono con
fastidio, senza salutarsi.
“In
realtà..” iniziò a spiegare lei
“..non è stato un Dio”.
“Allora
un esercito!”.
“Nemmeno.
È stato un uomo, un
mortale”.
“Un
mortale?! Uno soltanto?!”.
“Esattamente.
Un figlio di Ares”.
“Ora
comprendo la ferocia del gesto.
Ma è incredibile..” commentò Giove.
“Incredibile
non credo. Si tratta di
un cavaliere di Atena, che più volte ha mostrato di essere
in grado di porre
fine alla vita di una divinità”.
“Forse,
poi..” si fece sentire Marte
“..costui era anche mosso da odio nei nostri confronti,
alimentato dal fatto
che suo padre è stato uccido da noi”.
“Permettimi
di dissentire, fratello”
sorrise Minerva, sadicamente “Ares è vivo e
vegeto”.
“Tu
menti! L’ho trafitto con la mia
spada!” protestò il Dio della guerra, irato.
“No,
affatto! Sei stato vittima di
un’illusione”.
“Stronzate!”.
“Ho le
mie fonti fidate. Ares è solo
ferito ma un’illusione ti ha fatto credere che fosse
morto”.
“E chi
sarebbe in grado di creare una
cosa del genere? Tanto potente da poter ingannare me, Marte, e le altre
divinità lì presenti?”.
“Ingannare
te è semplice, sei un
idiota!” sorrise ancora Minerva “Ma, comunque,
è stato sempre lo stesso mortale”.
“Che
dici?! Non è possibile!”.
“Non
crederci, se non ne hai voglia.
Ma è andata così”.
“Quindi
immagino che anche Phobos e
Deimos siano ancora in vita..”.
“Esatto!
Sei stato gabbato, piccolo
stolto! E adesso non sbarellare e cerchiamo di capire come agire in
modo
sensato”.
“Modo
sensato?! Io, se prendo quel
mortale, lo riduco in condizioni tali da renderlo irriconoscibile
perfino dalla
madre!”.
“Dubito
abbia una madre..”.
“Fa lo
stesso!”.
“Calmati,
Marte” lo rabbon Giove
“Piuttosto, raduna i tuoi Salii con i loro scudi sacri e
preparati alla lotta
al fianco di Minerva e le sue Saints”.
“Fuori
discussione. Io questa con la
fica atrofizzata non la voglio vicino!” si lagnò
Marte “So cavarmela benissimo
da solo”.
“Ed io
non scendo in guerra con un
simile burino pel di carota che rovinerebbe ogni mia
strategia” ribatté
Minerva.
“Ma se
Ares non è morto..” interruppe
Giove “..allora dov’è? Non avevamo
controllato al suo tempio in Trancia?”.
“Sì,
padre” annuì Minerva “Non è
al
suo tempio ma bensì a quello di Atena”.
“Atena?
Sei assolutamente sicura?”.
“Fidatevi
di me. Ho una fonte certa”.
“Ares
ed Atena allo stesso tempio?”
storse il naso Marte “Sarebbe come se io e te, sorella,
stessimo nello stesso
edificio. Che pensiero terribile”.
“Sì,
il solo pensiero di dividere il
tetto con te mi fa venire la nausea”.
“Come
se tu fossi piacevole come
vicina di casa, zitellona acida”.
“Smettetela
di litigare!” sbottò
Giove “Mi state a sgrarà li cojoni!”.
Marte rise e
Minerva scosse la testa,
lievemente disgustata.
“Perdonatemi,
padre” si scusò la Dea
“Faremo meglio a pensare a cose serie, non ai problemi di
famiglia, che
risolveremo in seguito”.
“In
seguito?” ghignò Marte.
“Me
te metto ‘n tasca e te meno quanno ciò tempo,
fratellino”.
“Basta,
ho detto! Se non volete
combattere assieme, sono cazzi vostri. Ma qualcuno deve verificare di
persona
le notizie appena apprese”.
“Lasciate
che me ne occupi io” si
propose Minerva “Io non sarò di certo vittima
delle illusioni di un mortale! Il
mio quoziente intellettivo è ben più alto di
quello di questo sfigato!”.
“Ma..”.
Marte
tentò di riaprire bocca ma
Giove lo zittì: “Se non riuscite a lavorare
assieme, a me non interessa. Vedete
di rimandare a più tardi i battibecchi fra di voi”.
“Giusto”
annuì Minerva “Andiamo,
Marte. Risolveremo la questione al ritorno”.
“Apparecchia
er culo, stronza!” ringhiò il Dio della
guerra, seguendo la sorella fuori dalla grande sala dove Giove li aveva
convocati.
“Con
che cosa stai giocando?” domandò
l’ancella, avvicinandosi alla bimba.
La piccola
romana sobbalzò e si voltò
di scatto. Ancora non era abituata al grande tempio ed i suoi abitanti.
Sorrise, riconoscendo la donna al servizio di Arles.
“Con
niente” rispose la bimba “Mi
annoio”.
“Mi
hanno detto che sei brava a fare
le trecce. Ne faresti una anche a me?”.
La piccola
sorrise.
Arles
uscì dalle sue stanze. Si stupì
nel vedere lì la sua ancella che, seduta fra le scalinate in
pietra, si stava
facendo fare la treccia. Si avvicinò ad entrambe, con i
lunghi capelli che
sfumavano dal nero al blu.
“Non
sei obbligata a stare qui.
Comprenderei, se te ne andassi” disse lui, rivolto alla donna
Lei rimase in
silenzio qualche
istante, mentre la bambina continuava ad intrecciargli la capigliatura
bionda.
Si voltò solo leggermente, incrociando lo sguardo del suo
signore.
“Puoi
lasciarci da soli un istante,
piccina?” mormorò l’ancella
“Dopo andiamo in paese a comprare tanti nastri
per capelli”.
La bambina
sorrise ed annuì,
allontanandosi. Lanciò solo un ultimo sguardo ai due e poi
sparì fra le
colonne, soddisfatta.
“Di
che parlate, signor Arles?”
riprese la donna, non appena la romana si fu allontanata.
“Mi
riferisco a quanto successo..”
rispose lui.
“E
questo dovrebbe allontanarmi da
qui?”.
“Non
è stato un atteggiamento
consono”.
“Siete
il mio signore”.
“Questo
non mi giustifica”.
“Non
è successo nulla di male..”.
“Ma..”.
“All’inizio..”
parlò lei, con calma,
alzandosi “..sì, mi avete spaventata. In voi
c’era odio, rabbia e ferocia. Ma
poi..tutto questo è svanito. Niente più odio,
rabbia e ferocia ma tanta tristezza,
angoscia e solitudine. Ho percepito in voi la sete ed il desiderio di
dissetarvi d’amore, ma io non sono la sorgente da cui anelate
bere”.
“Come
immagine è decisamente strana.
Però io non dovevo..”.
“Non
ne farò parola, state pure
tranquillo. Immagino che Atena non ne sarebbe soddisfatta..”.
“Che
state dicendo? Che importanza
ha?”.
“Non
temete..”.
“Cosa
ti costringe qui? Ti ho
stuprata e stai qui a parlare di Atena?”.
“È
stato sesso fra adulti. Niente
violenze o altro. E poi..cosa mi costringe qui? Nulla. Anzi..qualcosa
c’è. E
forse potrei raccontarvelo..”.
“Io
non capisco”.
“Io mi
chiamo Sarah. Sono nata in
Grecia, il dieci di agosto, la notte delle stelle cadenti, da genitori
inglesi.
Questo vi suona familiare?”.
Il sacerdote
guardò l’ancella, con occhi
tristi.
“Come..”
mormorò lui “..come
Eleonore?”.
“Sono
la sua gemella minore”.
“Non
sapevo che avesse una gemella!”.
“Abbiamo
passato brutti momenti, io e
lei. Io sono la minore e lei era molto protettiva nei miei confronti.
Siamo
sempre state molto diverse, non solo d’aspetto, e
così, quando i nostri
genitori sono morti, lei si è unita alle schiere di Artemide
ed io non capii la
sua scelta. Tentai altre strade, ben meno prosaiche e sante. Lei, nel
frattempo, è diventata somma sacerdotessa. Il suo animo era
in pace, ed io la
invidiavo. Cambiavo lavoro continuamente, piangevo, mi sentivo
smarrita.
L’ultima volta in cui l’ho vista viva è
stato quando mi ha detto che aveva
intenzione di sposarsi. Sono impazzita. Ero gelosa e
l’accusavo di aver dimenticato
i nostri amati genitori. Non ci siamo più parlate. Poi lei
è morta, non serve
che ti racconti come”.
“Già..non
è necessario..”.
“Ammetto di averti odiato. Pensavo
fossi un
rammollito. Mi sono chiesta per quale motivo non avessi protetto mia
sorella,
ma poi ho visto quanto dolore avevate nel cuore per colpa di quella
perdita. E
probabilmente vi sentite ancora in colpa, dico bene?”.
“Sì.
Dici bene..”.
“Ho
deciso di seguirvi qui al tempio.
Non lo so perché. Forse ho sentito il desiderio di farmi
perdonare dalla mia
adorata sorella. Lo so, è assurdo quel che sto
dicendo..”.
“No,
affatto. Se Kanon dovesse morire,
e scoprissi che aveva una moglie, tenterei di aiutarla”.
“Qui
al tempio ho compreso perché
Eleonore si fosse innamorata di voi. E qui al tempio ho trovato la pace
nell’animo. Perciò, vi prego, non ditemi che devo
andare via”.
“Non
ti posso obbligare. Pensavo che
lo desiderassi”.
“Non
lo desidero. L’unica cosa che
voglio, è restare”.
“Perché
non mi hai detto di essere la
sorella di mia moglie?”.
“Perché
ho commesso tanti errori ed
un trattamento di favore non può mondarmi”.
“Ora,
però, mi sento ancora più in
colpa per quel che ho fatto”.
“Non
dovete. Non mi avete amata, non
mi amerete mai, questo lo so. Ma se aveste abusato con ferocia di me,
sarei
fuggita”.
“Quindi
sei qui solo perché ti senti
in debito con tua sorella?”.
“All’inizio
sì. Ora sono qui perché
so che è questo il mio posto. Spero che quanto successo non
cambi la
situazione”.
“Ma lo
sai che ora lei è la moglie di
Hades? Non dovresti raggiungerla?”.
“Lei
non mi ricorda. E non ha bisogno
di me. Voi invece..”.
“Io..?”.
“Mio
signore..” continuò lei,
avvicinandosi “..voi avete bisogno di qualcuno che vi ami. Ed
io veglierò su di
voi, fino a quando la vostra sete non troverà la giusta
sorgente”.
Detto questo,
l’ancella si congedò,
con un inchino. Arles non sapeva che altro dire. Era molto
più confuso di prima
ma non ebbe il tempo di riflettere molto, perché Atena lo
stava chiamando a
gran voce.
Mur
percepì qualche cosa. Alla prima
casa, l’Ariete stava modificando qualche armatura seguendo i
consigli di
Efesto. Uscendo allo scoperto, percepì che qualcosa non
andava.
“Kiki!”
chiamò “Va ad avvisare gli
altri. Ci sono dei nemici”.
“Chi?
Chi sono?” rispose Kiki,
mettendosi in allarme.
“Non
lo so. Ma sono in molti.
Corri!”.
Il giovane
annuì. Riuscì a scorgere
di sfuggita un nutrito gruppo di estranei comparire dinnanzi a Mur. Si
erano
nascosti con una barriera, ma l’Ariete li aveva individuati
facilmente con i
suoi poteri psichici. Kiki si allarmò, percependone la
notevole potenza.
“Fratello!”
chiamò.
“Corri,
Kiki! Li fermerò finché
posso” ordinò ancora Mur, infastidito dalla
titubanza del parente.
L’abitante
della prima casa creò il
suo Crystal Wall, che però si incrinò dopo solo
pochi colpi nemici. Mur non
indietreggiò, preparandosi ad attaccare.
“Non
siamo qui per te, mortale!”
parlò una voce da donna.
L’Ariete
la individuò . Fra i vari
avversari, era una donna con un grosso elmo in testa. In mano stringeva
una
lancia.
“Minerva?”
domandò Mur.
“Sono
io. E ti risparmierò la vita se
mi dirai dove trovare Ares ed i suoi piccoli marmocchi”.
“Ares?
Ares è morto” mentì l’Ariete.
“So
che non è così”.
“Hai
delle notizie sbagliate”.
La Dea si
accigliò. Afferrò Mur e lo
spinse contro il muro.
“Non
ho tempo da perdere!” continuò
lei “Dove sono Ares ed i suoi figli?”.
“Questo
è il tempio della mia signora
Atena. Di Ares ed i suoi figli non mi interessa”.
“Bugiardo!
Ti farò parlare!”.
“Lascialo
a me” la interruppe Marte
“Lo faccio parlare in massimo quattro secondi”.
“Lo
vuoi torturare? Va bene, ma non
ucciderlo”.
“Ci
starò attento”.
“Non
mi fai paura!” lo affrontò Mur,
mentre il Dio romano si avvicinava.
“Fai
male, anche se rispetto il tuo
coraggio”.
L’Ariete
non rispose. Continuò a
sostenere lo sguardo di Marte, anche quando questi iniziò a
colpirlo duramente.
Mur ribatté, cercando di reagire. Poi una forte luce quasi
lo accecò ed il Dio
mollo la presa.
“Anvedi
sto laziale!” sbottò,
infastidito, Marte.
“Laziale?
Io sono di Atene!” esclamò
Ioria, facendo il suo ingresso trionfale fra la polvere sollevata dal
suo
attacco.
“Ateniesi,
laziali..mi state sul
cazzo allo stesso modo!”.
“Allontanatevi!”
ringhiò il
cavaliere, mostrando il pugno “O assaggerete il colpo di
Ioria del Leone!”.
“Er
gatto di casa me minaccia. Sto a
tremà” ghignò il Dio, sarcastico.
“Smettila
di fare il deficiente!” lo
ammonì Minerva.
Il Leone non
attese e lanciò un
potentissimo Lightning Plasma, che colpì Marte in pieno.
“Visto?
Coglione..” lo rimproverò la
Dea “..non ti porto più in guerra, fai solo figure
di merda!”.
Minerva
ignorò il fratello e decise
di avanzare. Il Dio romano reagì e colpì i suoi
avversari, permettendo alla
sorella di andare oltre la prima casa. Ma la Dea non riuscì
ad avanzare di
molto assieme al suo esercito.
“Vai
da qualche parte?” si sentì
dire.
Kanon, con
indosso la Sea Dragon
alata, era pronto ad affrontarla.
“Cosa
ti è saltato in mente?!”
sbraitò la Dea, puntando il bastone contro Arles.
Il sacerdote
alzò le braccia
leggermente, cercando di capire a cosa esattamente si riferisse.
“Una
testa mozzata a casa mia?!”
continuò lei e lui si rilassò, comprendendo.
“Posso
spiegare..” iniziò a dire.
“Non
c’è niente da spiegare! Sei
disgustoso!”.
“Avete
ragione, chiedo scusa,
però..”.
“Però
che cosa?! Αηδία,
αηδία!! [schifo,
schifo!!]”
“Chiedo
perdono. Non pensavo che la
Dea della guerra reagisse in questo modo davanti ad una testa
mozzata”.
“Mi
prendi per il culo?!”.
“No!
Per carità, signora. Era una
faccenda fra me e mio padre”.
“Beh,
certe porcherie le andate a
fare a casa vostra, chiaro?! Non a casa mia!”.
“Ho
compreso”.
“Detto
questo..non è da te agire
senza riflettere in quel modo! Affrontare da solo una Dea è
da stupidi. Perché
lo hai fatto?”.
“Perché
dovevo. Io..”.
La conversazione
si interruppe. Un
forte boato e delle grida stavano scuotendo il tempio.
“Che
succede?” si allarmò Atena.
“Nemici!”.
“Presto,
mettetevi in salvo, mia
signora!” esclamò Aiolos, come sempre nei paraggi
della dimora divina, pronto
ad agire.
“Chi
sono? Chi ci attacca?” volle
sapere lei.
“Minerva
e Marte con i loro
eserciti”.
“Allora
io..non posso fuggire!”.
“Mia
signora!”.
“Taci!
E prepara il tuo arco”.
“Levati
di mezzo!” minacciò Minerva,
allungando la lancia verso Kanon.
“Tornatene
a casa, ti conviene!” le
rispose Kanon.
“Credi
di spaventarmi, mortale?”.
“No.
Ma credo di confonderti
alquanto. Non è vero?” sorrise il custode della
terza casa “Non ti aspettavi
una cosa del genere. Un cavaliere di Atena con le vestigia sotto il
dominio di
Poseidone. Ammettilo che sei confusa..”.
Minerva non
rispose. Era confusa,
davvero, ma non poteva certo farlo capire a quel misero mortale!
Accigliandosi,
si preparò ad attaccare quell’impiccio in
armatura. Lanciò un grido, lo stesso
che si udì al momento della sua nascita, e corse verso
Kanon. Il cavaliere ghignò,
beffardo. Si abbassò solo leggermente e sferrò un
potente cazzotto in mezzo
alla faccia della Dea.
“Cosa
credevi?” la sfotté Kanon “Che
provassi un qualche tipo di pietà nei tuoi confronti, solo
perché sei una Dea?”.
Il Leone
colpì di nuovo ma stavolta
Marte riuscì a schivare. Il Dio non ci vedeva dalla rabbia e
fremeva all’idea
di vendicarsi per l’umiliazione subita.
“
Prima te massacro de botte” sibilò
il Dio "Poi rompo er culo a colui che me piglia pe’ li cojoni
co’ le illusioni.
Gli sfaccio la capoccia come ha fatto lui con mia sorella Diana".
“Anche
se sei un Dio, io non
arretrerò di un passo!” ringhiò Ioria
“Anche se con te hai tutti i tuoi
sottoposti, non farai tremare le zanne del leone”.
“Ma
che stai a dì?! Ao, parla come
magni! Nun
ch’o o fa ‘o
splendido,fatta ‘na
canna de lattuga, n’endovena
de camomilla e
vedi d’annattene!”.
“Senti,
romano..o parli in maniera
comprensibile o stai zitto. L’unica cosa che ho capito
è che vuoi che mi fumi
la lattuga! Ma io non sono tipo che si perde in chiacchiere e,
soprattutto, non
ascolto praticamente mai. Perciò borbotta pure cose
incomprensibili quanto ti
pare. Lightning Plasma!”.
Marte
saltò ma non riuscì a schivare
tutti i pugni alla velocità della luce del Leone. Doveva
ammetterlo, quel
mortale era forte. Ma non abbastanza! Si riprese e lanciò il
suo attacco: “Colpo
der vendicatore romano de Roma!”.
“Eh?!”
storse il naso Ioria, senza
capire e ritrovandosi con uno scudo d’oro contro la faccia.
Minerva,
colpita, si toccò il viso,
infuriata. Kanon sorrise.
“Ne
vuoi ancora?” sfidò lui “Non
andrai oltre, Dea!”.
“Vanum
est epinicion canere ante victoriam”
ribatté lei.
“Sarebbe
a dire? Io le lingue morte
non le parlo”.
“Significa
che non devi cantar
vittoria troppo presto, cavaliere! Ma piuttosto..presentati, come
è bene fare. Chi
sei?”.
“Sono
Kanon, il cavaliere che dimora
alla casa dei gemelli”.
“Oh,
Gemino..ab ovo!”.
“Ma
non lo hai ancora capito che il latino
mi fa proprio schifo?”.
“Era
una citazione di Orazio,
ignorante”.
“Se
vuoi io ti cito Clarabella”.
“Una
volta voi greci eravate la culla
della civiltà..”.
“Anche
voi eravate molte cose. Dove sta,
ora, l’impero romano?”.
“Non
infierire, ellenico!”.
“Preparati
a ricevere il mio colpo,
Minerva!”.
La Dea
afferrò il suo scudo, pronta a
parare. Con uno scatto della lancia, avanzò. Kanon
fermò l’alma ma era molto
affilata, e fu ferito di striscio. Questo lo fece infuriare e
tirò una poderosa
ginocchiata alla divinità, che non apprezzò per
niente il gesto. Poi una grande
luce li avvolse.
Il Leone
continuava a combattere.
Marte era ferocie e determinato, e così anche il suo
esercito, ma Ioria non si
voleva arrendere. Ed ecco che qualcuno giunse in suo soccorso. Una
freccia d’oro
quasi colpì il Dio che riuscì a schivarla per
pochissimo.
“Fratello!”
esclamò Aiolos “Tutto
bene?”.
“Certo.
Mandiamo all’altro mondo
questo Dio portatore di sangue e morte!”.
“Con
immenso piacere!”.
Aiolos
scoccò un’altra freccia. Marte
usò uno dei suoi scudi d’oro e la freccia non lo
colpì. Anche quel mortale era
notevole, non lo doveva sottovalutare.
“Stai
indietro, Kanon” parlò una voce
di donna.
Atena apparve,
avvolta da un alone di
luce.
“Sto
cazzo!” le rispose il cavaliere “La
voglio massacrare!”.
“Kanon!”.
“Atena!
Che onore” sorrise,
sarcastica, Minerva.
“Tornatene
da dove sei venuta!” la
minacciò la Dea greca “Se non vuoi che ti scateni
contro tutti i miei
cavalieri!”.
“Non
me ne andrò, fino a quando non
avrò la testa di colui che ha ucciso Diana ed imbrogliato
Marte”.
“Tutti
ingannano Marte. Vuoi decapitare
mezza umanità?”.
“Sai a
cosa mi riferisco! Ares è vivo
ed è qui”.
“Non
sono affari che ti riguardano. Ed
ora vattene!”.
“Quel
vigliacco di Ares si fa
difendere da una donna? Che patetico deucolo inutile!”.
“Almeno
lui non ruba le dimore ed i
ruoli altrui, romana!”.
Minerva
roteò la lancia e si apprestò
a colpire la sua avversaria. Kanon osservò la scena, vedendo
Atena chiaramente
trapassata dall’arma. Spalancò gli occhi ma solo
per un attimo.
“Mostrati,
creatore d’illusioni!”
comandò la Dea romana “So per certo che quel che
vedo non è reale. Fatti vedere,
vigliacco!”.
Kanon si
allarmò. Il fratello era
stato scoperto e non era certo un bene. Probabilmente ancora stanco
dopo lo
scontro contro Diana, non era stato in grado di creare una
manipolazione della
realtà tale da ingannare una Dea. Minerva lanciò
la sua lancia, che le indicò
la direzione da seguire. Saltò, pronta a lanciare il suo
colpo verso quella
direzione.
“Lascia
che i grandi si occupino di
queste cose” esclamò Ares, tirando per il braccio
il figlio giusto in tempo.
“Tu
non dovresti uscire allo scoperto”
ribatté Arles.
“Ormai
è tardi. Loro sanno che io
sono qui”.
“E
come?”.
“Non
lo so..”.
Senza aggiungere
altro, il Dio si
apprestò a colpire i nemici.
“Ανδρειφοντης
Μαλερός! [ANDREIPHONTES
MALEROS. assassino di uomini
brutale]” gridò.
Subito
dalle sue mani emersero lingue di cosmo rosso sangue che travolsero
come un’onda
gli eserciti. I due Dei romani si nascosero dietro i propri scudi.
Atena sobbalzò
e creò una sorta di barriera attorno ai suoi cavalieri, che
altrimenti
sarebbero stati gravemente feriti. Minerva, vedendo spazzati via i suoi
eserciti, capì che non era in grado di sostenere quello
scontro. In quel luogo,
vi erano troppi guerrieri potenti.
“Torneremo”
commentò “La vendetta sarà
nostra”.
Kanon
provò a seguirla ma Atena lo fermò, dicendogli
che non era il caso di andare
oltre. Afferrando il fratello minore per la collottola, la Dea romana
si
allontanò, svanendo nella luce.
Ci fu
qualche istante di silenzio, in cui tutti sorrisero. Li avevano
respinti! Poi,
di colpo, Atena si voltò. Con sguardo furioso,
fissò il fratello.
“Che
c’è?” si stupì Ares.
“Sei
un coglione! Adesso tutti sanno che sei qui!”
sbraitò, isterica, lei.
“Lo
sapevano già. E poi..hai visto? Sono stato bravo”.
La
Dea afferrò il suo scettro stretto fra le mani ed
iniziò a fendere l’aria, nel
tentativo di colpire il fratello, che ridendo si nascose dietro al
figlio.
“Scansati,
Arles!” ordinò lei.
“E
dove vuoi che vada?!” sbottò lui, mentre i due gli
giravano attorno.
“Se
ti prendo..” minacciava lei.
“È
quel
SE che ti frega, sorellona!”.
Un
grazie, a seguito di questo capitolo, va
sicuramente dato ad Antares 91, colei che ha creato i personaggi di
Sarah ed
Eleonore. Inoltre ringrazio Radha_wyvern per le frasi in romano. Chiedo
perdono
a quanti le troveranno un po’ fastidiose od eccessive.