In memoria di…
Take
San
Note: Riflettendo
per cercare di entrare con la mente in uno dei più grandi disastri di tutti i
tempi
Scorre…
Scorre
lenta…
Ormai
l’acqua… l’acqua non mi trasmette niente.
La
luce del sole non mi scalda più le ossa…
La
brezza mattutina non mi solletica più la pelle…
Anche
il dolore è sparito… o forse no…
Forse
è talmente grande da sovrastarmi… da inghiottirmi a tal punto che non riesco
più a percepirlo.
Le
lacrime hanno smesso di rigarmi il viso… forse perché non ne sono rimaste altre
dentro ai miei occhi.
Questi
occhi… occhi aridi e incapaci di vedere tutta la sofferenza intorno a me.
Non
so dove sono e sinceramente neanche mi interessa… perché alzare lo sguardo da
ciò che rimane dell’asfalto, un mucchio di detriti, terra e fango…
Ormai
tutti i sentieri sono uguali e io non sposterò lo sguardo per vedere un vecchio
che aiuta a camminare la sua anziana compagna che ha perso entrambe le gambe
sotto le macerie…
Non
cercherò di distogliere l’attenzione da una donna che si stringe al petto un
orsetto di peluche, probabilmente appartenuto alla figlia inghiottita dalle
acque…
Non
vedrò l’ennesimo bambino vestito di stracci che urla vanamente il nome dei
genitori addosso ad una montagna di macerie dove prima c’era forse una casa…
Non
intendo assistere a nessun altra manifestazione di vera disperazione… per cosa
poi?
Per
aggiungere nuova sofferenza a quella già presente? Per trovare un’altra ragione
a giustificare il mio dolore?
PERCHE’!?
Perché
ogni giorno sono costretto ad assistere a questo spettacolo di devastazione!?
Perché
non riesco a togliermi dalla testa le facce di tutta quella gente inghiottita
dalle acque!?
Perché…
perché… sono qui da solo a tormentarmi?
PERCHE’
SONO RIMASTO SOLO!?
Voglio
una risposta…
Voglio
una ragione…
Voglio…
qualsiasi cosa…
Perché…
solo io sono sempre qui…?
Non
potevo morire anch’io insieme a tutti loro…
Non
avrei certo sofferto così…
La
mia fortuna è la condanna…
La
mia vita, la pena…
Camminando
senza meta sono arrivato alla spiaggia…
O meglio,
ciò che ne rimane…
Auto
rovesciate… sedie… massi… recinzioni…
Un
disastro…
Scendo
lentamente la spiaggia e arrivo al bagnasciuga…
Un
tempo, un paradiso…
Gabbiani
e risacca…
Suoni
conosciuti…
Alzo
gli occhi e vedo l’acqua…
La
spuma creata dall’infrangersi dell’onda sulla spiaggia…
“PERCHE’
NON HAI PORTATO VIA ANCHE ME!?”
“Perché
sono qui!?”
La
risposta si perde in un gorgoglio, sussurrato lamento delle anime.
Quante
migliaia di vite spente dall’oceano in poco tempo.
Restare
lì non serve a niente…
Ma
in fondo perché continuare il mio cammino…
Mi
muovo… percorro il lungomare.
L’aria
di mare e il vento leggero…
Di
solito mi rilassa…
Abbassando
gli occhi vedo un camioncino giocattolo giallo con il rimorchio rosso…
Anche
mio figlio ne aveva uno uguale…
Come
mia moglie aveva quella collana…
Perle
bianche ed una conchiglia di ferro al centro.
Ricordi
di una vita felice…
Una
vita tranquilla… che non tornerà più.
Mi
volto verso l’oceano e vedo un uomo… all’incirca della mia età.
Sta
dando al mare una barchetta di legno e paglia.
Nella
barchetta una foto strappata di una donna con un ragazzo ed una bambina
piccola…
Significato
simbolico di tre vite prese dall’oceano…
Tre
gocce di esso…
Chiudo
gli occhi…
La
scogliera…
Un
salto senza fine verso l’abisso… il nulla assoluto…
La
fine di tutto… anche del dolore.
Forse
non è una cattiva idea.
Mi
siedo sul ciglio dello strapiombo e guardo il tramonto…
Quello
che ormai per me non è altro che un mare di sangue…
Neanche
il rosso del cielo si riflette più nei miei occhi…
Le
iridi, rese opache dal dolore, non riflettono più nulla…
Mi
frugo nelle tasche…
Trovo
le cicche, apro il pacchetto… l’ultima.
Niente
accendino…
Non
impreco più… ormai ho smesso di credere in qualsiasi dio.
Sento
un movimento alle mie spalle…
L’uomo
della barchetta si siede accanto a me e mi porge un accendino.
Dopo
averlo usato glielo restituisco e anche lui si accende una sigaretta.
Dovrei
ringraziarlo…?
Ormai
non mi sento neanche in dovere di provare gratitudine verso nessuno.
“Sembrerebbe
una buona idea vero?” mi dice
“Niente
dolore, niente sensi di colpa, niente solitudine…” chiude gli occhi “niente di
niente…”
Guarda
giù “Ci avevo pensato anche io…”
“Credevo
di essere troppo codardo per decidermi e non ci riuscivo mai…”
“Perché
mi dici questo?” gli chiedo
“Perché
ieri un volontario mi ha detto che qui ha perso tutta la sua famiglia…” mi
risponde “…e non è ancora tornato in patria per aiutarci”
“Sai
perché è qui?” mi chiede ed io rispondo di no
“Perché
non vuole che altri soffrano come lui…”
Non
so cosa rispondere
“Io
ho capito…” mi dice con gli occhi persi all’orizzonte “…che non serve coraggio
per morire, ma serve coraggio per vivere”
“Vedi
il sole che tramonta…?” chiede indicando l’imbrunire
“Proprio
come le nostre vite…” rispondo
“Già…
ma domani sorgerà di nuovo, giusto?”
Per
la seconda volta non riesco a rispondere…
Butto
via la cicca ormai terminata e guardo il sole scomparire all’orizzonte…
Ci
alziamo a ci incamminiamo verso la città…
Dopotutto
c’è un paese da ricostruire… sarà bene che tutti ci rimbocchiamo le maniche.
Fine
Note: In memorie delle vittime del maremoto nel sud-est asiatico, cercando di essere partecipe al dolore mondiale