9.
Elijah
si portò il telefono all’orecchio senza staccare gli occhi da Allison. La
donna, che stava giocando con Hope seduta sul grande tappeto al centro del
salotto, aveva un’aria stremata e l’Originale non potè fare a meno di sentirsi
preoccupato.
Non
sapeva se gli incubi che quella notte l’avevano tormentata fossero un caso
isolato o se invece andassero avanti da un po’. Si trovava in Arkansas da
qualche giorno oramai e dubitava che Klaus avesse prestato attenzione a quello
che succedeva alla bella cacciatrice.
“Elijah, sono un po’
impegnato al momento, temo che dovrò richiamarti.”
La
voce di Niklaus arrivò calma ma allo stesso tempo alterata da qualcosa che
l’altro non sapeva.
“Niklaus,
che succede?” Elijah sospirò ma non distolse lo sguardo da Allison ed Hope. Non
aveva vissuto molto con la sua nipotina, ma poteva giurare che tra le due fosse
nato un amore quasi immediato visti i sorrisi della piccola.
“Nostro fratello Finn
ha piazzato una barriera che ci impedisce di uscire di casa. E la casa è piena
di vampiri e licantropi visto che proprio oggi si sta tenendo quella dannata
riunione per ridiscutere le nostre alleanze come tu avevi suggerito,”
spiegò velocemente Klaus. “E, prima che
tu dica che questa è l’ennesima occasione per provare che possiamo coesistere,
sappi che il nostro caro fratello ha lanciato un incantesimo sui vampiri
rendendoli affamati come se non si nutrissero da mesi. Kol è ferito e non so
per quanto ancora riusciremo a tenere la situazione sotto controllo.”
“Non
sembra una situazione piacevole.”
“È anche peggio di quel
che pensi,” rispose Klaus. “Io e Marcel stiamo facendo molta fatica a tenere a bada i suoi
vampiri. A quanto pare gli insegnamenti di Allison sull’auto controllo non
hanno giovato a molto. A tal proposito, perché non attivi il vivavoce, così
posso chiederle se ha qualche idea per tirarci fuori da questa situazione.”
“Va
bene,” Elijah si schiarì la voce mettendo la mano sinistra nella tasca dei
pantaloni. Si avvicinò ad Allison ed Hope e si mise a sedere sul divano poggiando
il cellulare sul tavolino. “Klaus, sei in vivavoce.”
Allison
corrugò la fronte e prese delicatamente Hope. La mise a sedere sulle sue gambe
e le diede un orsetto di peluche mentre scivolava sul pavimento per essere più
vicina al tavolino. “Manco da meno di ventiquattro ore e già hai bisogno di
qualcosa. Dio… sei messo peggio di quel che credevo.”
Dall’altra
parte del telefono Klaus rise. “Oh
dolcezza, non immagini quanto.”
Niklaus
le spiegò velocemente quello che stava accadendo mettendo in chiaro che la
situazione richiedeva un immediato intervento.
“Posso
provare a mandare qualcuno Klaus, quello di cui hai bisogno è una strega
abbastanza potente da spezzare l’incantesimo di Finn e far cadere la barriera
almeno per il tempo che serve ai vampiri o ai lupi per lasciare la casa.”
Allison scorse velocemente la rubrica del suo cellulare e si fermò su un nome
che non chiamava da tanto, ma che forse era l’unica scelta possibile.
“E cosa proponi di fare
nel frattempo?” Klaus sospirò e il rumore di qualcosa
che veniva scagliato contro il muro risuonò chiaro attraverso l’apparecchio.
Allison
chiuse per un attimo gli occhi mentre faceva partire una telefonata. “Spezza il
collo a tutti i vampiri. Dormiranno per almeno un’ora e nel frattempo
cercheremo di far crollare quella barriera.”
“Non credo che Marcel
sarà d’accordo.”
“Spezzalo
a lui per primo, così non sarà d’intralcio. Non hai altra scelta se non riesci
a tenerli a bada” propose lei ed Elijah non potè trattenere un sorriso
nonostante la situazione.
“Valerie,
sono Allison Morgan,” aggiunse quando dall’altra parte del telefono risposero.
“Ho bisogno del tuo aiuto” disse alzando lo sguardo su Elijah sperando che
capisse quanto chiedere quel favore le costasse.
Elijah
disattivò il vivavoce e si portò di nuovo il telefono all’orecchio
allontanandosi da Allison. “Klaus, quando questa storia sarà finita dovremmo
parlare di Allison. Credo che qualcosa non vada in lei.”
“Percepisco una forte
preoccupazione nella tua voce, fratello. Quindi suppongo che dovremo parlarne. Dì
ad Allison di fare in fretta, qualunque sia il suo piano. Ti telefono non
appena tutto è risolto.”
Klaus
riattaccò ed Elijah scambiò una veloce occhiata con Camille, appena tornata,
prima di voltarsi a guardare Allison con in braccio la piccola Hope stretta al
suo petto.
****
Klaus
scorse una donna avvicinarsi alla barriera messa in piedi dalla perversa
ossessione di Finn e si avvicinò con le mani incrociate dietro la schiena.
“Fossi
in te non andrei oltre, tesoro” le
disse abbozzando un sorriso. “Immagino che tu sia i rinforzi mandati da
Allison.”
“Sono
Valerie,” la donna alzò le mani e sfiorò la barriera. Una leggera scossa
elettrica le bruciò la mano e lei sospirò indietreggiando di qualche passo.
“Avete un bel problema qui.”
“Davvero?”
mormorò Klaus senza nascondere il suo sarcasmo. “Non l’avevo notato.”
La
donna sorrise appena e tirò fuori dalla tasca un gessetto rosso. “Devo la mia
vita ad Allison, e sei carino, quindi farò finta di non aver percepito
l’irritante sarcasmo nella tua voce. Allison dice che intrappolato dentro la
casa c’è uno stregone, avrò bisogno del suo aiuto.”
Klaus
annuì senza staccare gli occhi di dosso alla donna. Aveva un abbigliamento
strano, molto hippie – e lui di
hippie ne aveva conosciuti parecchi – ma era bella. Occhi verdi e penetranti ed
una carnagione olivastra che metteva in risalto la cascata di capelli neri che
le accarezzavano le spalle. Si disse che doveva essere difficile, per un uomo,
scegliere tra lei ed Allison. Provò ad immaginarsele, fianco a fianco; croce e
delizia di tutti gli uomini umani e non incrociati sul loro cammino.
Scosse
il capo per scacciare quei ridicoli pensieri e prese un grosso respiro. “Kol!”
urlò senza voltarsi. “Vieni quaggiù e rendi la tua inutile esistenza utile, per
una volta.”
Kol
scese lungo le scale trascinandosi, il collo sanguinava ancora, gli occhi dei
vampiri ancora in piedi iniettati di sangue mostravano una seta senza
controllo.
Valerie
fissò gli occhi sull’ultimo arrivato e sospirò ripassando ancora una volta il
gessetto su una linea trasversale che agli occhi di Klaus appariva come uno
scarabocchio senza senso.
“Non
ho mai sentito parlare di te, né ti ho mai vista prima” le disse Klaus mentre
Kol aspettava istruzioni. “Eppure, dalla velocità con cui sei arrivata direi che
non abiti lontano.”
“Abito
qui a New Orleans e se non hai mai sentito parlare di me è perché non mi piace
dare nell’occhio. Faccio l’insegnante di professione, non la strega. E sto alla
larga dal Quartiere Francese.”
Klaus
annuì sospirando e indietreggiò appena mentre Valerie faceva segno a Kol di
avvicinarsi. I due poggiarono una mano ognuno sul proprio lato del muro e la
donna iniziò a pronunciare alcune frasi in una lingua che probabilmente nessuno
dei presenti, a parte Kol, conosceva.
“Ma
che diavolo di lingua è questa?” chiese proprio lui. Ma Valerie non rispose e
quando aprì gli occhi erano bianchi e vuoti, lente lacrime di sangue
scivolavano leggere sugli zigomi olivastri.
“Fai
uscire i tuoi vampiri, avete un solo minuto prima che la barriera si ripristini
e rimaniate di nuovo chiusi dentro fino a mezzanotte.” la donna parlò con una
voce che sembrava venire da lontano e Klaus fece cenno a Marcel che in fretta e
furia radunò il suo gruppo e lasciò la casa.
“Chiama
Allison, dille che la sua amica ce l’ha fatta,” gli disse Klaus mentre lui
sorreggeva Gia trascinandola fuori. “E tu,” disse ancora guardando Kol
“assicurati che la ragazza si riprenda.”
Dopodiché
corse via, veloce e senza aggiungere altro e Kol trascinò Valerie dentro prima
che la barriera invisibile tornasse con tutta la sua potenza.
****
“Sì,
va bene. Marcel, fai in modo che non uccidano nessuno nel tragitto verso casa.
Sarò lì tra due giorni e faremo in modo di intensificare il mio personalissimo
corso sull’autocontrollo. A dopo.”
Allison
riattaccò e tornò al suo posto sul divano accanto ad Elijah.
“La
barriera è caduta per un minuto. Marcel ha portato via i suoi vampiri e Kol ha
tirato dentro casa la mia amica. Rimarranno bloccati fino a mezzanotte, poi
saranno liberi.” la donna allungò le gambe fino a poggiarle sul tavolinetto e
chiuse gli occhi per un lungo minuto. Sentiva gli occhi di Elijah e Camille
addosso e sapeva che presto o tardi la domanda che Elijah moriva dalla voglia
di farle sarebbe arrivata.
“Sto
bene!” esclamò riaprendo gli occhi. “Prima che Cami me lo chieda fingendo che
non sia stato tu a chiederle di aprire questo argomento, sappi che sto bene,
Elijah.”
“Non
so di cosa tu stia parlando.” Elijah si mise più comodo sul divano e si lisciò
la cravatta scura.
“Okay,”
intervenne Camille. “Non voglio mentirti e offendere la tua intelligenza.
Elijah è preoccupato per te ma crede che gli diresti di farsi gli affari suoi
se dovesse chiederti cosa c’è che non va, quindi ha chiesto a me di indagare.
Sono una psicanalista, è il mio lavoro.”
“Psicanalista?”
chiese Allison sgranando gli occhi. “Tu vuoi psicanalizzarmi?”
“Vorrei
solo fare quattro chiacchiere con te. Parlare del lavoro che fai, di come ti fa
sentire.”
“Ah-Ah”
mormorò Allison. “Credimi, tu non vuoi saperne di più su di me. E in ogni caso
non potresti aiutarmi.”
“Mettimi
alla prova.”
Allison
annuì, si voltò per un attimo verso Elijah e scosse il capo mettendosi più
comoda prima di fissare lo sguardo su Cami.
“Avevo
due genitori perfetti. Mia madre era un’insegnante di musica e mio padre un
medico di grande successo. Si amavano e amavano me e mio fratello più di ogni
altra cosa al mondo. Il mio sogno era quello di fare l’insegnante di storia
oppure d’arte. Per i miei diciassette anni i miei genitori mi regalarono un viaggio
in Italia. Sarei dovuta partire subito dopo la fine della scuola e ritornare a
settembre” raccontò. “Ma un giorno, rientrando da un pomeriggio trascorso a
casa di un’amica mi accorsi che qualcosa non andava; era quasi ora di cena e la
casa era buia, silenziosa. Provai ad accendere la luce in corridoio ma non
funzionava così raggiunsi il salotto chiamando a gran voce mia madre. Scivolai
su qualcosa e sbattei la testa. Persi i sensi e quando riaprii gli occhi mi
resi conto che a farmi scivolare era stata la pozza di sangue sotto la sedia
alla quale era legato mio padre, agonizzante.”
Cami
si portò una mano sul petto, sentiva gli occhi pizzicarle di lacrime e guardò
Elijah che fissava Allison con uno sguardo perso.
“Accanto
a lui c’era mia madre, nelle stesse condizioni. Voglio risparmiarti i
particolari più cruenti Camille, quindi andrò dritta al punto in cui ti
confesso che ad uccidere i miei genitori fu un vampiro. Ma non un vampiro
qualsiasi bensì il mio fratello maggiore reso vampiro dalla sua stupidaggine e
da una donna che lo ha manipolato fino a convincerlo che la sete di sangue e
l’immortalità erano meglio di una vita felice e mortale.” continuò Allison.
“Tuo
fratello ha ucciso i tuoi genitori?” Camille si asciugò il viso bagnato di
lacrime e sospirò.
“Allison,
non sei costretta a parlarne” si intromise Elijah. La sua voce era incrinata
nonostante conoscesse già il passato della donna.
“Sì,
mio fratello ha ucciso i miei genitori e dopo anni io ho ucciso lui. E tu non
puoi aiutarmi Cami, perché il mio passato pesa come un macigno con cui dovrò
condividere per sempre, perché non c’è terapia che tenga quando tuo fratello ha
ucciso i tuoi genitori e tu sei stata costretta ad uccidere lui. Non puoi
aiutarmi perché tu chiami ciò che faccio lavoro,
ma quello che tu definisci tale è la mia vita. È quello che sono e ho imparato
a conviverci da molto tempo.” Allison si mise in piedi e prese un libro dalla
grande libreria dietro il divano. “Grazie per l’interessamento, ma trovati
qualcun altro da aiutare, io sto bene.”
Camille
non disse neppure una parola. La guardò allontanarsi e avviarsi verso il piano
di sopra mentre Elijah la seguiva con lo sguardo; il cuore colmo di tristezza
per quella donna a cui teneva più di quanto volesse ammettere.
****
Allison
si svegliò di soprassalto mentre le immagini confuse dell’ennesimo incubo le
scivolavano addosso facendola tremare. Si rese conto di non essere sola nel
letto e si girò lentamente fino a trovarsi faccia a faccia con Elijah.
Il
vampiro se ne stava sdraiato su un fianco, il braccio piegato sul cuscino gli
reggeva il capo. Allungò l’altra mano e la poggiò sulla fronte sudata di
Allison sentendo il corpo della donna rilassarsi all’istante.
“Hai
avuto un altro incubo,” le sussurrò facendo scivolare due dita sul suo viso,
disegnando i contorni della sua mascella.
“Sei
nel mio letto” rispose lei ignorando di proposito le sue parole.
“Tecnicamente”
Elijah si lascò scivolare fino a poggiare la testa sul cuscino, la mano che
prima gli sorreggeva la testa si tese fino ad Allison e si perse tra i suoi
capelli. “Questo letto è mio visto che è casa mia.”
Allison
abbozzò un sorriso. “Quindi essere il proprietario di casa ti dà il diritto di
piombare nella camera che occupo e nel letto in cui sto dormendo senza chiedere
il permesso?”
“Se
vuoi che me ne vada devi solo dirlo” sussurrò Elijah avvolgendole la vita con
un braccio e tirandola piano verso di sé.
Lei
sospirò piegando la testa fino a poggiare la fronte sul petto dell’uomo.
“Qualcosa di terribile sta per accadere, riesco a sentirlo.” Elijah non rispose
ed Allison si accorse di essere di nuovo sola nel grande letto. Solo che l’aria
era diversa, la temperatura, la luce… tutto era diverso.
“Ma
che diavolo…” mormorò scattando in piedi.
“Ho
pensato che fosse il momento di incontrarci,” disse una voce, ed Allison si
voltò per scoprire a chi apparteneva.
“Lasciami
indovinare,” gli disse. “Finn Mikaelson.”
“Perspicace”
Finn rise afferrando una sedia. “Credo sia il momento di fare quatto
chiacchiere.”