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Autore: A_Typing_Heart    20/03/2015    2 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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-Ahia!-
-Scusami, Mukuro.-
Mukuro avrebbe voluto che le mani di Hibari fossero delicate almeno la metà di quanto lo era il suo tono di voce, ma dato che faceva del suo meglio per fare un lavoro infame quale disinfettare le ferite su tutta la sua schiena, mettergli la polvere cicatrizzante e fasciarlo daccapo preferì non infierire e sopportare in silenzio, stritolandosi le ginocchia con le dita per non lamentarsi. Nessuna sorpresa comunque che Kusakabe facesse il medico e Hibari il poliziotto, era bravo a pestare più che in qualsiasi altra cosa.
-Ti sto facendo così male?-
-Non preoccuparti... solo... fai veloce, vorrei potermi stendere.-
Poteva percepire chiaramente la celata sofferenza di Kyoya. Era sicuro che l'idea di continuare a fargli male per curare le ferite che gli aveva inferto lui stesso fosse un grande dolore per lui. Si chiese come fosse stato dopo la sua esecuzione, che cosa avesse fatto e come avesse potuto sapere che era vivo e dove si trovava. Non aveva avuto modo di chiederglielo. E dire che avevano passato ore in silenzio a non guardarsi nemmeno...
-Vuoi sdraiarti mentre disinfetto? Ti alzi quando metto le bende.-
Non era una cattiva idea, quindi annuì e si sdraiò nello stesso letto in cui aveva dormito appena arrivato. Come la prima volta che ci si era sdraiato provò disagio pensando che l'uomo che ci aveva passato una parte della vita era ormai morto. Era rimasto sconvolto quando aveva scoperto che la casa in cui erano nascosti era appartenuta all'uomo che aveva ferito Tsunayoshi in quel tristemente famoso giorno al centro commerciale.
E dire che solo qualche settimana prima a fatica avrebbe potuto enumerare le cose che non avrebbe dato per poter essere da solo con Kyoya in una casa vuota e sentirlo sedersi su di lui. Solo che nei suoi film mentali lui non era coperto di ferite sulla schiena.
-... Sei diventato disinibito.- osservò, la voce soffocata per metà dal cuscino.
-Come?-
-Voglio dire... ti agitavi come una ragazzina se ti si apriva un bottone della camicia in mia presenza...-
-Perchè?- protestò Hibari, guardandosi. -Sono vestito!-
Già il fatto che Hibari ora considerasse indossare un paio di boxer e una canottiera come "essere vestito" la diceva lunga su come era cambiato negli ultimi anni, o forse solo negli ultimi mesi. Se avesse detto a Kyoya diciassettenne di sedersi su di lui, anche se completamente vestito, sarebbe arrivata una valanga di sberle da cambiargli i connotati. Doveva ammetterlo almeno con se stesso: gli rodeva da morire pensare che fosse tutto a causa di Tanaka Saeki. E poi per cosa? Perchè erano dalla stessa parte? Era stato un insieme di casualità? O semplicemente Saeki era il tipo di ragazzo che fisicamente attraeva Kyoya? Con aria vagamente depressa si prese un ciuffetto di capelli neri e lo guardò. Forse lui preferiva i capelli dorati che brillavano alla luce del sole...
-... Che stai facendo?-
-Niente.- si affrettò a dire, lasciando i capelli.
-Ti sono cresciuti tanto... vuoi tagliarli?- chiese Hibari, che finalmente aveva smesso di tartassargli le ferite con un disinfettante che bruciava come whisky. -Potrei tagliarteli, come li avevi da ragazzo...-
-Non voglio.-
-Ma non ti danno fastidio?-
-No, non li voglio tagliare per niente al mondo.-
-Perchè no?-
Mukuro non rispose. Ovviamente aveva un suo personale motivo per cui aveva smesso di tagliarsi i capelli. Aveva detto no anche alla più piccola spuntata quando aveva undici anni, paradossalmente subito dopo averli tagliati più corti che mai nella sua vita, quasi come li aveva sempre portati Takeshi Yamamoto. Appena dopo qualche giorno, al mare, aveva conosciuto un gruppetto di bambini, tra i quali Tsunayoshi, Takeshi, Hayato e anche Kyoya. Anche se Tsunayoshi era il più espansivo e quello che più gli parlava e che lo aveva invitato a giocare con loro in due squadre, quello che continuava ad attirare la sua attenzione era sempre Hibari, anche se non faceva niente per farsi guardare: restava sotto l'ombrellone, con la camicia a pesciolini, il naso bianco di crema solare e il cappello di paglia, a leggere libri da studenti delle scuole medie, senza badare a loro nemmeno un po', come se non esistessero. Da quel giorno coglieva ogni scusa per parlargli, per fargli una cortesia o anche solo per vederlo, e più veniva respinto più gli piaceva. Circa un anno dopo, a pochi giorni dal suo dodicesimo compleanno, si era reso conto che forse lo amava e aveva deciso di non tagliarsi più i capelli finchè Hibari Kyoya non gli avesse detto che lo ricambiava. Il che, ora che aveva ventiquattro anni, non era ancora successo.
-Mukuro, perchè no? Dai, dimmelo.- l'incalzò Hibari. -Non importa se è stupido, non rido.-
-Tu non ridi mai, Kyoya.-
-Appunto, allora di che hai paura? Dai, dimmelo.-
Mukuro ci rimuginò sopra qualche minuto, incerto se rivelare a qualcuno il suo segreto, soprattutto a lui. Un po' se ne vergognava, era una cosa così infantile... però lui ci teneva a mantenere quella promessa, perchè non aveva mai lasciato perdere, continuava a credere che prima o poi sarebbe stato ricambiato...
-Ho... promesso che non li avrei tagliati finchè non mi avessi detto che mi amavi.- sparò Mukuro più velocemente che potesse senza mordersi la lingua.
-... Finchè cosa?- fece Hibari, accigliato.
-... Finchè non mi avessi detto che mi amavi.- ripetè lui più piano, rimpiangendo già di averlo detto.
-E se lo dico ti fai tagliare i capelli?-
-No!- protestò Mukuro stringendosi la coda. -Dev'essere vero, non puoi dirlo a caso!-
-Ma tu lo sai che ti amo, che ti importa come...?-
-Non lo dire! Non... non puoi, io l'ho aspettato per troppo tempo! Esigo che mi sia detto con il giusto pathos, al momento giusto, non a caso mentre...-
-Oh, Mukuro, ma sei rincoglionito?- sbottò Hibari. -Che ti frega quando te lo dico e come, non è mica un romanzo questo!-
-Mi frega invece...- borbottò lui, continuando a stringersi i capelli. -Tutti vorrebbero sentirlo dire in un bel momento, come nella scena di un film...-
-Questo succede a passare la vita a farsi seghe mentali.-
-Non sono seghe mentali, sono... sogni.-
-E secondo i tuoi sogni da romanzo, cosa facciamo mentre ti dico che ti amo?-
Mukuro lo fissò e per la prima volta da molto tempo ebbe la certezza di essere arrossito. Poteva aver passato la vita ad applicare la logica e a sviluppare quasi esclusivamente conoscenze e capacità di genere legislativo e scientifico, ma il suo animo era, come diceva Nagi, "un nido di pensieri romantici". Gli riusciva facile parlare e toccare il cuore degli altri, bastava scegliere qualcosa che avrebbe toccato anche lui. In imbarazzo come mai si ricordava di essere stato in presenza di Kyoya, distolse lo sguardo giocherellando nervosamente con le punte dei capelli. Anche se non aveva risposto aveva la certezza che lui avrebbe indovinato comunque quello che aveva sognato.


-Devi per forza fumare a letto?-
-Ma fumi anche tu, che fastidio ti dà?-
-Stiamo in un letto con un rivestimento di tessuto acrilico, vuoi che andiamo a fuoco?-
Hibari sbuffò e prese il posacenere tenendoselo in grembo sotto la sigaretta accesa prima di scoccare a Mukuro un'occhiata irritata.
-Va bene adesso?-
-Non so nemmeno perchè fumi a letto, neanche avessimo fatto sesso.- borbottò lui, sprimacciandosi il cuscino prima di appoggiarcisi. -Sei nervoso, per caso?-
-No, ma lo diventerò mentre mi racconterai di Byakuran, e questo accadrà adesso.-
-Oh, no... dai, Kyoya, domani, mentre andiamo a Namimori...-
-Tu non ti schiodi da questo letto se non mi racconti vita, morte e miracoli di quello stronzo.- ribattè Hibari con un tono che non ammetteva repliche. -Altro che Namimori, non vedi nemmeno il gabinetto se non vuoti il sacco.-
-Ma Kyoya...-
-No, niente occhi cucciolosi, io non ci casco.-
-Hai proprio un cuore di pietra, cazzo.-
-Semplicemente a Chrome riesce meglio, e detto fra noi riesce bene anche a Tsuna, ma a te per niente.-
Mukuro sbuffò contrariato e assunse la posizione più comoda che riuscisse a trovare in accordo con la sua schiena martoriata sotto le bende appena messe. E dire che sia Nagi che Tsunayoshi riuscivano così bene a convincerlo a fare qualsiasi cosa volessero solo guardandolo come cagnolini bastonati...
-Bene, dunque. Da dove vuoi che inizi?-
-Inizia dal tuo inizio.- rispose Hibari. -Da quando l'hai conosciuto.-
-Beh, l'ho incontrato il giorno del mio processo... lui sapeva la mia condanna quale sarebbe stata, quindi dev'essere stato poco dopo che il consiglio con il ministro delle punizioni è finito.- disse Mukuro, cercando di rievocare tutti i dettagli. -Sin dal primo istante ho capito che era una persona diversa dalle altre che ho incontrato... lui assomiglia a me, lui non è...-
Tacque quando si rese conto di stare di nuovo divagando in quel discorso che a Kyoya non era mai andato giù, sulla sua convinzione di aver vissuto altre vite oltre a quella, in posti irraggiungibili e inimmaginabili per gli esseri umani. Era intimamente convinto che Byakuran fosse un altro con lo stesso genere di esperienza, ma si trovò in imbarazzo all'idea di dirlo a Hibari. Sapeva che non avrebbe capito la sua "ostentata stravaganza" in quel frangente.
-Non è un uomo comune.- concluse Hibari per lui. -È stato dall'altra parte, vero?-
Mukuro alzò gli occhi blu per guardarlo sinceramente sorpreso. Non si aspettava una domanda simile da lui, o almeno non senza uno spiccato tono sarcastico, ma era serio e del tutto a suo agio, come se nel tempo in cui l'aveva lasciato non avesse fatto altro che parlare di argomenti correlati all'aldilà. Annuì per risposta alla sua domanda.
-Sì, ma penso... penso che lui abbia un potere più grande del mio.- ammise a malincuore. -Lui sapeva sempre che cosa pensavo, era capace di prevedermi... ma io non riesco a capire le sue intenzioni... persino quando spiegava una legge fisica sembrava che mentisse spudoratamente, e quando affermava di essere una mongolfiera rosa sembrava dire la verità, non riesco nemmeno a capire se è sincero oppure no.-
-Se avessi saputo capire chi mi mentiva e chi mi diceva il vero, a quest'ora non avrei un problema al mondo.-
-Ma tu non hai problemi, Kyoya.- disse Mukuro sorridendo e battendogli sul braccio con la mano. -Sei solo in fuga con l'invalido più ricercato della storia della nazione, che vuoi che sia.-
Hibari non riuscì a non fare una risatina che aveva molto dell'isterico e gli strinse la mano mentre prendeva un tiro di sigaretta. Era una bellissima sensazione essere in un posto isolato e silenzioso, in un letto morbido e caldo insieme a lui, vederlo sorridere e scoprire che non aveva vergogna di essere il primo a decidere di tenergli la mano. Era bellissimo dopo tanto tempo in cui aveva avuto paura di essere dimenticato scoprire di essere quello che Kyoya più voleva.
-Vai avanti... che cos'è successo quando sei arrivato?-
-Per dirti quanto è casto quell'uomo, gli si è drizzato mentre parlava di quanto a lungo mi avrebbero frustato sulla pubblica piazza... non mi sorprenderei se vedessi una ripresa della mia esecuzione e scoprissi che aveva le mani nelle mutande alle mie spalle.-
-Posso garantirti che le mani erano sul tavolo, è stato quasi sempre in piedi a fissarti.-
-Nemmeno questo mi sorprende.- risposte sentitamente lui. -Ho provato a mordermi la lingua ma lui mi ha letto il pensiero... lui lo sapeva e mi ha fermato... e poi è riuscito a fermarmi di nuovo quando volevo uccidermi per avvelenamento da acqua. Sai, bevendo un sacco di acqua senza fare pipì.-
-... Si può morire di questo?-
-Sì, e lui lo sapeva... non so come sia possibile... non so dire se avesse visto anche questo o se semplicemente sapesse che era una vera causa di morte, in ogni caso è riuscito di nuovo a salvarmi... sono finito subito dopo nella stanza bianca.-
-Che cos'è?-
-La nostra stanza... la mia e di Byakuran.- rispose lui, quasi senza accorgersi di quanto suonasse assurdo che prigioniero e carceriere avessero una loro stanza in una prigione. -Beh, sarebbe una cella di lusso per prigionieri eccezionali... che so, un ministro, o una personalità importante, ma non è mai stata usata finora... Byakuran l'ha... resa la nostra stanza... quando lui è a casa stiamo lì dentro.-
-A casa...?-
-... Lui chiama casa la prigione di Sekko... non ha un suo posto dove stare da quando è entrato nell'esercito.-
-Persino IO ho una casa, che problemi ha questo tizio?-
Mukuro sospirò senza trovare una pronta risposta. La verità era che Byakuran aveva molti più drammi di quanti lui e Hibari avessero passato, con una famiglia peggiore di quella di Kyoya e le condizioni di vita peggiori di quelle di Mukuro, con un isolamento sociale che nessuno dei due aveva mai sperimentato. La crudeltà di Byakuran non era gratuita, scaturiva unicamente dalle esperienze che aveva avuto, dalla contorta mentalità che aveva sviluppato in seguito, ma per riuscire a spiegare a Hibari che non odiava Byakuran nonostante tutto quello che gli aveva fatto doveva spiegargli tutto quello che sapeva sul carceriere.
Si guardò bene dal fare riferimento ai suoi sentimenti in proposito, ma spiegò tutta la vita di Byakuran, così come gli era stata raccontata per notti e giorni nella stanza bianca. Cominciò dalla sua nascita, avvenuta per un curioso gioco del destino nella città di mare dove il loro gruppo si era incontrato in vacanza, tempo dopo. 
La nascita di Byakuran doveva significare un nuovo inizio per la madre ancora adolescente dopo una giovinezza di sregolatezza, droghe, alcol e condotte inique e per qualche anno fu così. Poi sulla soglia dei quattro anni del figlio, il padre se ne andò portandosi via qualsiasi cosa di valore non fosse inchiodato a un muro, lasciandoli senza un soldo e senza una parola di scuse. La madre aveva allora iniziato a prostituirsi, a fare da magazzino di droga per gli spacciatori e a rubacchiare per avere i soldi per quello che desiderava, e secondariamente per sfamare quel bambino lamentoso che lasciava solo più spesso che poteva. Nonostante Byakuran fosse sano come un pesce, bellissimo e incredibilmente intelligente sua madre non faceva altro che rinfacciargli che era colpa sua se non poteva vivere una bella vita da donna ricca e trovarsi un marito. Quando Byakuran adulto seduto accanto a lui gli aveva raccontato che sua madre lo teneva solo per avere diritto alla casa senza pagarla aveva pianto. Anche ora che era a miglia di distanza da lui, gli si stringeva il cuore a ricordare il modo in cui aveva singhiozzato, ma non lo disse a Hibari.
-Bella merda d'infanzia.- convenne Hibari, giocherellando con una sigaretta ancora spenta. -Ma non lo autorizza a fare strage di tutto quello che gli passa fra le mani... non giustifica il suo sadismo.-
Mukuro non disse niente, perchè essendo al corrente del resto della storia pensava di aver capito che era proprio la sua travagliata vita a renderlo sadico, non perchè fosse crudele nel suo vero senso, ma perchè aveva una visuale distorta dell'espressione del dolore. Si prese qualche attimo in cui la memoria indugiò sulle ore nella stanza bianca prima di continuare da dove si era fermato.
Dopo quella tragica infanzia sembrò arrivare un po' di serenità e stabilità per Byakuran dopo essere stato fra i migliori agli esami delle scuole medie. Approdò in un ottimo liceo in virtù delle sue spiccate capacità informatiche, logiche, matematiche e tecnologiche, quasi nello stesso momento in cui sua madre trovava un altro uomo disposto a mantenerla e per un paio di anni l'unico disagio che ebbe fu di non riuscire a farsi amici. La sua intelligenza, il suo carattere instabile e la fama della madre tennero lontani gli altri. Byakuran quindi continuò a restare solo e il suo sogno iniziò a prendere forma in quel periodo: andare in America e studiare al MIT, il Massachusetts Institute of Technology; là dove nessuna voce sulla sua famiglia lo avrebbe seguito e dove avrebbe potuto dare il suo meglio per una nuova vita. Ma anche questo suo sogno venne stroncato dalla sua famiglia: sua madre si ammalò a causa dell'abuso di alcol e droghe e il patrigno era l'unico che potesse mantenerla, ma decise di farlo solo qualora Byakuran avesse deciso di lavorare per lui. Così fu e l'astro nascente del MIT si ritrovò a fare il meccanico in una lurida officina qualsiasi di una piccola città. 
Se per l'infanzia di Byakuran Hibari non si era scomposto, per la sua adolescenza aveva per lo meno acceso la sigaretta, fissando apparentemente un quadro astratto appeso nella parete di fronte al letto. Mukuro lo guardò tentando di capire che cosa pensasse, se cominciasse anche lui a vedere qualcosa di differente nel carceriere.
-In confronto alla sua, le nostre vite sono state bellissime.- osservò Mukuro. -Non credi?-
Raramente Mukuro si era sentito così depresso pur avendo accanto qualcuno che amava. Strisciò un po' più vicino a Hibari, quanto bastava per appoggiare la testa sulla sua gamba anzichè sul guanciale. Sperò con tutta la forza che aveva che non lo respingesse, perchè aveva bisogno della vicinanza di qualcuno. Passare ogni notte e tante altre ore con Byakuran gli aveva lasciato l'abitudine di non poter stare tranquillo se non sentiva un contatto fisico, come un bambino. Per sua fortuna, Hibari non lo respinse e anzi gli accarezzò la testa.
-Com'è arrivato Byakuran da quell'officina pulciosa ad essere capitano e capo del Sekko?-
-Lo dovresti sapere... quando l'Haido ha iniziato a reclutare militari prendeva praticamente tutti, a seconda della preparazione la gavetta era diversa... se non fossi stato all'accademia militare avresti iniziato anche tu dai bassifondi, dal servizio alle carceri.- disse Mukuro guardando la finestra. -Anche lui ha fatto così... era l'unico modo per staccarsi dalla sua famiglia e ha colto l'occasione... ora si sente soddisfatto, ha una casa che non è di sua madre, non deve sottostare a un patrigno che disprezza e nessuno lo prende in giro... lui è il re del suo piccolo regno, e pensa di stare bene così.-
-... Pensa?-
-Lui non sta bene, Kyoya... con il suo modo folle di reagire mette paura a tutti e nessuno gli dimostra affetto o amore, e lui ne ha un disperato bisogno... si sente così solo e così distante dagli altri che nella sua mente è costretto a interpretare anche la rabbia, il dolore e il sesso come forme d'amore, altrimenti impazzirebbe.-
-A me sembra già impazzito.-
-Quando è con me lui è quasi normale... ha sempre un modo di fare un po' perverso, ma è felice, per questo ha delle reazioni così violente quando ci interrompono.-
Hibari gli scoccò un'occhiata gelida e gli piantò la nocca del dito sulla testa.
-Ahia!-
-Interrompono COSA?-
-Ahia, Kyoya, mi fai male...-
-Interrompono che cosa?!-
-Qualsiasi cosa!- sbottò Mukuro, spingendogli via la mano e massaggiandosi la testa. -Non importa che cosa stiamo facendo, se stiamo solo dormendo, o parlando, o qualsiasi altra...-
-Qualsiasi altra cosa COSA?-
-... Non potevo dirgli di no.- fece lui con una vocetta bassa. -Non sono un suo amico che può dire sì o no, io ero suo prigioniero, ero incatenato da non potermi nemmeno muovere, come pensi che potessi dirgli di no?-
Hibari non rispose, ma la sua espressione si era incupita di colpo. Forse sospettava che fosse successo, ma averne la conferma era qualcosa di differente, qualcosa di definitivo e immutabile. Spense la sigaretta a metà e quando parlò fu solo per dire che sarebbero andati a Namimori verso sera, quando non ci sarebbero state altre vetture in giro o persone che potessero riconoscerli. Subito dopo scivolò sotto la trapunta e gli voltò le spalle, senza nemmeno dirgli buonanotte.
Mukuro si sentiva contaminato, come se fosse caduto in un pantano di fango melmoso e puzzolente e ne avesse ancora addosso. Restò qualche minuto combattuto fra quella sgradevole consapevolezza e la sensazione di abbandono che provava ad essere solo in quella metà di un letto troppo grande. Alla fine si decise ad allungare le braccia verso Kyoya e stringersi alla sua schiena, anche se con il mortale terrore che stavolta lo respingesse davvero. Non accadde anche se sentiva dal suo respiro che non stava ancora dormendo.
-In fondo a chi importa della prima volta?- domandò Mukuro a mezza voce nel buio, con le parole che tremavano. -È un casino... non si sa che cosa fare, magari fa anche male... a nessuno piace davvero ricordarsela, non ci si capisce niente...-
Hibari non rispose e forse scelse di non farlo perchè la risposta non gli sarebbe piaciuta. Almeno questo è quello che Mukuro pensò del suo silenzio. Lo strinse appena un po' di più ma non riuscì a trattenere le lacrime; le lasciò andare senza alcun rumore con la fronte appoggiata sulla canottiera a costine che Kyoya indossava. Pochi istanti dopo sentì la sua mano stringere una delle sue e lo sentì fare una risatina che non seppe spiegarsi.
-Fossi in te non piangerei, Mukuro... conoscendoci, sarebbe finita in una litigata pazzesca.-
   
 
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