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Autore: 69Conigli    20/03/2015    2 recensioni
Non fatevi trarre in inganno dal titolo, può sembrare macabra ma non non lo è per nulla XD E' la prima storia che pubblico e non sono brava a scrivere introduzioni, come penso avrete già notato. Questa storia è ambientata dopo i fatti raccontati nel manga, Rukawa si troverà a fare i conti con nuove sensazioni ed una persona che sembrerà portarlo verso strade che rischieranno di distoglierlo dai suoi obbiettivi e mettere in discussione il suo futuro. Questa nuova presenza entrerà nella sua vita come una calamità, stravolgendo la sua quotidianità. Sembrerà sconvolgere tutti gli equilibri e, naturalmente, i suoi "amati" compagni di squadra non si esimeranno dal dire la loro =D
Dubito di aver destato qualunque tipo di curiosità in voi con questa orrificante introduzione, ma spero gli darete comunque un'occhiata, nonostante l'incompetenza della sottoscritta =D Buona lettura...
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
Reazioni Impreviste
 
 
 
 
Rivolgo un rapido sguardo alla mia immagine riflessa nella finestra e sistemo un’ultima volta i capelli, legati in una coda alta. Riprendo a comminare e mi trascino per il corridoio, sbuffando e con la vitalità di un cadavere. Il mio organismo comincia a bramare caffeina e mi impone di strascicare verso il distributore automatico nell’area ristoro. Ma il caffè, per quanto utile, non sarà mai un degno sostituto del letto.
 
Intenta a contare i centesimi a voce nemmeno troppo bassa, mi accorgo solo dopo aver finito, di un inquietante presenza alle mie spalle che torreggia sinistra. Mi volto lentamente e, sollevando la testa, mi ritrovo a fissare la solita espressione idiota di Rukawa.
 
- Ah, sei tu. -
- Hn. –
- Cos’è, sei caduto dal letto? – ridacchio, notando due ombre leggere sotto quegl’occhi cobalto. Gli donano persino le occhiaie al bastardo...
- Quanto rido... – mugugna ironico, sbadigliando indecentemente.
- Prendi qualcosa? – chiedo noncurante, giusto per fare conversazione... per quella che si può fare con la volpe in questo stato, del resto.
- Non ho soldi. -
- E allora cosa ci stai a fare qui, idiota? – scrolla le spalle, guardandomi come un’ebete.
 
Si strofina la testa, sbattendo le palpebre più volte. Cerco di trattenere una risata, ma quella faccia da rincoglionito è davvero troppo divertente e gli scoppio a ridere in faccia senza ritegno.
 
- Smettila sce-e-e-ma... – farfuglia, sbadigliando per la millesima volta. Asciugo una lacrima e sorrido sardonica.
- Hai la vitalità di un novantenne in punto di morte. – inserisco le monete nel distributore e seleziono due caffè. - Tieni. - cinguetto, piazzandogli il liquido fumante sotto al naso. Il volpastro sembra un attimo perplesso, tant’è che guarda prima il bicchiere, come se dovesse essere avvelenato e poi riprende a fissare me, inarcando un sopracciglio.
- Ti sei drogata, stamattina? – domanda, con inflessione lievemente preoccupata.
- Bevi imbecille, per una volta che sono gentile. Hai una faccia che fa spavento, sia mai dovessi riprenderti! – cinguetto sbrigativa, mollandogli il bicchierino bollente in mano.
- Sei sempre così simpatica o oggi sono solo fortunato? - asserisce, in tono chiaramente ironico.
- Sfacciatamente fortunato... – gli rivolgo uno sguardo che è una chiara provocazione.
 
Sbatto le ciglia, con fare volutamente provocante e lui, per un istante, sembra rispondere con la stessa intensità. Un brivido gelido mi attraversa la schiena e mi costringe a distogliere lo sguardo. Gli volto le spalle e lo oltrepasso, lasciandolo volutamente indietro. Mi segue senza dire una parola, mentre percorriamo il corridoio che conduce alle rampa di scale.
 
- Non dovresti tornartene in classe? - domando salendo, precedendolo di qualche gradino.
- Potrei farti la stessa domanda. – mpf, perspicace il volpastro.
- Mi stai seguendo, idiota?! – cinguetto, adocchiandolo di straforo mentre ciondola la testa da una parte all’altra.
- Vai nella mia stessa direzione. – mormora scaltro, lasciando persino intravedere un lievissimo barlume di materia neuronica.
 
 
 
Appoggiata di spalle alla ringhiera, accendo la sigaretta al mentolo e osservo apatica quell’imbecille poggiato di schiena al muro, col caffè ancora in mano. Mi guarda in modo strano ed ho la sgradevole sensazione che stia cercando di studiarmi.
 
- Perché mi fissi? – colto in flagrante. Si ritrae infastidito e butta giù a piombo il liquido ancora bollente, salvo poi risputarlo indecentemente un secondo dopo. Comincio a ridere come una iena, mentre quello sacramenta amenamente, fulminandomi con lo sguardo. Un trillo, poi, mi notifica l’arrivo di un messaggio di Faye.
 
«Il tuo professore di letteratura è venuto a cercarti nella mia classe. Rientra o ti becchi un’ammonizione!»
 
- Merda... - borbotto seccata ed improvvisamente vedo il cellulare sparirmi dalle mani. Che diavolo è successo? Dopo alcuni secondi rimetto in moto il cervello e mi accorgo che l’idiota mi ha fottuto il telefono con una rapidità tale da farmi seriamente dubitare dei miei riflessi! - Ehi, ridammelo! – strido, cercando di riprendermelo, ma lui indietreggia e protende una mano contro il mio viso, impedendomi di avanzare. Mi fermo stizzita, portandomi le mani sui fianchi. - Si può sapere che diavolo ti prende? -
 
Mi irrito non per il gesto in se, ma per la foto sfondo che Faye ha sostituito dieci minuti fa e che programmavo di togliere subito dopo il caffè, se non avessi incontrato quest’idiota universale. Sospiro seccata mentre il volpino alza un sopracciglio e inclina la testa da un lato. Quella fottuta foto me l’ha fatta negli spogliatoi durante Educazione fisica mentre ero in reggiseno ed in posa decisamente poco casta. Quella vipera... appena mi capiterà tra le mani, le farò rimpiangere di avermi conosciuta!
 
- Devi guardarla ancora per molto, idiota deficiente? - trasale e quasi si lascia scivolare il cellulare dalle mani. - Fa attenzione, mentecatto! -
- Non ho mica le mani di pastafrolla. – ribatte indignato, ma se mi avesse rotto l’iPhone quelle mani gliele avrei staccate a fatte ingoiare! - Posso? – chiede indolente, digitando un numero, senza nemmeno degnarsi di aspettare il mio consenso.
- Che cazzo lo chiedi a fare se poi fai comunque come ti pare?! –
 
Tento ancora di avvicinarmi, ma distende nuovamente il braccio verso di me, corruccia la fronte e mi ammonisce con un poco simpatico - Sta zitta -
E certo, ti pare che ora deve pure aver ragione lui? Qui il mondo gira al contrario! Lo fulmino, mentre si porta il cellulare all’orecchio e lo lascia squillare per un istante. Me lo restituisce e glielo strappo dalla mano, imprecando sommessamente.
 
- Tu hai la segatura nel cervello! – sbotto, controllando la cronologia delle chiamate. Mi soffermo sull’ultima e mi sollevo a guardarlo, perplessa. – È tuo? -
- No, del mio parrucchiere. – ironizza seccato, infilandosi le mani in tasca con irritante tranquillità.
- Tutto questo casino per prenderti il mio numero? Non era più semplice chiederlo? – domando contrariata, alzando un sopracciglio.
- Me l’avresti dato? – schiudo la bocca interdetta e dopo un momento di silenzio, mi da le spalle e se ne va.
 
 
Una strana sensazione si fa strada dentro di me, un’inquietudine che non avevo mai provato prima. Che diavolo sta succedendo a quell’idiota?
 
 
Two Days Later
 
 
Sciacquo le mani sotto il getto d’acqua e ravvivo un’ultima volta i lunghi capelli color fuoco. Esco dal bagno e quasi sobbalzo, quando mi trovo a fissare Kaede, appoggiato pigramente allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Mi trafigge con uno sguardo indefinibile.... ed ho la sgradevole sensazione di avere i brividi.
 
- Chi si vede... cos’è, mi segui? – chiedo ironica, nel tentativo di isolare la tensione dietro una tranquillità che in realtà non sto provando. Quegli occhi oggi mi turbano. – Perché mi guardi con quella fa... – non riesco nemmeno a finire la frase, ammutolita dall’impeto col quale mi spinge di nuovo all’interno del bagno, bloccandomi tra se e la parete. – Che... che stai facendo? – mormoro sconcertata, consapevole che ogni tentativo di liberarmi sarebbe inutile. Sento il suo respiro scivolare fra i capelli, il peso delle sue mani farsi più netto.


Devo appoggiare la schiena al muro per rimanere in piedi, avvelenata dalla sua vicinanza, dal quel profumo micidiale che non avevo mai avuto modo di percepire così nitidamente. I suoi occhi ardono di un fuoco che mi paralizza... ho i brividi, ma non devo cedere. Non posso dargliela vinta, in nessun modo. Torno ad essere più sicura di me. Più erotica.
 
Non sfidarmi Kaede... questo gioco lo conosco meglio di te e so essere molto più stronza di quanto credi. Sorrido lasciva e mi sollevo sulle punte, arrivando a lambirgli l’orecchio con le labbra.
 
- Cosa vuoi fare...? – sussurro, provocando l’immediata risposta del suo corpo. Artiglia i miei capelli con la mano e tira con forza la mia testa all’indietro, incastrando ancora i suoi occhi nei miei. Quell’espressione così accesa, ardente, dura... mi fa ardere di un voglia incontrollata, che cerco di frenare con tutta me stessa. Sorrido diabolica, arricciando il labbro superiore.
 
Insinuo lasciva una mano all’interno della sua camicia. Sussulta, non appena le mie dita sfiorano la sua pelle bollente, delineando le linee di una schiena perfetta. Cerca di non scomporsi, ma vuole solo sembrare più risoluto di quanto sia in realtà. Affondo le unghie nella carne, provocandogli una smorfia felina... mi sollevo ulteriormente, portando le labbra poco distanti dalle sue.
 
 
Cede subito, tentando di colmare quella distanza assassina. Con una risolutezza che non pensavo sarei stata in grado di avere, riesco a ritrarmi un’istante prima del contatto. Avverto confusione e sconcerto nella sua espressione. Sorrido compiaciuta e mi libero dalla sua stretta, allontanandomi da lui. Lo guardo gelida, sistemandomi i capelli.
 
- Sei un idiota. – riesco quasi a vederlo, il momento esatto in cui il suo muro di superbia e presunzione si incrina e si scheggia. La strafottenza che sto simulando gli fa stringere le mani in pugni tanto serrati da rendere visibili le nocche sotto il sottile strato di pelle. – Sei molto bello, ma non hai alcun effetto su di me. - concludo, uscendo dal bagno come se nulla fosse accaduto.
 
Mi allontano velocemente, raggiungendo un luogo isolato. Mi appoggio con la schiena al muro, le mani non hanno ancora smesso di tremare. Sento l’adrenalina vibrarmi nelle vene, mentre quel senso d’eccitazione mi punteggia di brividi colmi d’elettricità.
 
 
Accendo una sigaretta, aspirando avidamente. Mi stabilizzo gradualmente e l’euforia lascia lentamente il posto ad una senso di soddisfazione.
 

Stupido idiota... ti sta bene. Voglio solo vederti crollare da quel fottuto piedistallo sul quale ti sei elevato. E quando cadrai, dannato imbecille, quando le tue certezze crolleranno inesorabili una dopo l’altra, io sarò lì, e riderò... ah, eccome se riderò! Sì, crollerai Kaede, perché dovrai renderti conto a tue spese che non sei il centro dell’universo, ma solo un insignificante ed infinitesimale parte!
 
Comincio a ridere da sola, ma è una risata isterica la mia... quasi nervosa, tesa.
 
 
Eppure...
 
 
Ho il cuore che batte a mille, sembra che stia per esplodermi nel petto...
 
 

Three Weeks Later
 
 
Prima che me ne rendessi conto, erano già arrivate le vacanze invernali. Queste ultime settimane sono trascorse nell’assoluta frenesia degli esami del terzo trimestre, che ho prevalentemente passato a studiare. Esami che, tra l’altro, ho superato con il punteggio più alto della scuola. Ma anche in quel caso, l’opinione collettiva in merito ai risultati, era che io mi fossi scopata i professori. Tanto per dire.
 
 
Le vacanze di Natale, invece, le ho trascorse per conto mio, non essendo mai stata in buoni rapporti con la mia famiglia. Per i miei genitori sono solo una figlia scomoda, che ha creato loro problemi fin da quando ha iniziato a respirare. Spesso mi chiedo per quale motivo persone del genere mettano al mondo dei figli se poi non sono in grado di amarli, di saperli indirizzare, di dar loro l’affetto necessario per crescere, almeno con una parvenza di felicità.
 
Non riesco a ricordare neanche un gesto affettuoso da parte loro, sempre troppo impegnati a litigare, troppo impegnati col lavoro, con gli amici, con i rispettivi amanti... troppo impegnati con tutto, tranne che con me. Le voci che incessanti girano sul mio conto so perfettamente essere arrivate anche a loro, eppure non hanno mai battuto ciglio... per loro ero e continuo ad essere una causa persa, immeritevole delle loro attenzioni e del loro affetto.
 
Ma a me va bene così. A differenza di molti, considero la solitudine una condizione confortevole... quasi essenziale.
 
 
Sbadiglio con molta poca classe, allungando le braccia per stiracchiarmi. Stanotte ho passato Capodanno con Faye e delle vecchie conoscenze del Ryonan, nella baita di un tizio della mia classe. Sono ancora ubriaca da ieri, peraltro. Ricordo che c’era anche Sendo.
 
 
Siamo riusciti a ristabilire una parvenza di rapporto solo di recente, dopo mesi di totale silenzio. Per quanto lui giuri di non avercela più con me, di non portarmi rancore, so che in realtà non mi ha mai perdonata. D’altronde, a parti inverse, non l’avrei fatto nemmeno io.
 
Quando ero al Ryonan, era l’unico amico che avevo ed avevamo un rapporto quasi fraterno. Non avevo amici e non stavo simpatica a nessuno, lui invece vedeva in me una sorellina da salvare. Era il fratello che non avevo mai avuto e nonostante l’abbia continuamente negato, Akira ha sempre voluto proteggermi... dalla diffidenza della gente e soprattutto da me stessa. Lo ricordo ancora adesso, il momento esatto in cui il nostro rapporto si è spezzato.
 
 
Durante gli ultimi mesi al Ryonan ho avuto una relazione clandestina col mio supplente d’inglese, un ragazzo di 26 anni, sposato e con un figlio piccolo.
Akira non mi ha perdonata, perché l’ho sempre tenuto all’oscuro di tutto. Non mi ha perdonata, perché lo ha scoperto quando la notizia era già diventata scandalo. Non mi ha perdonata, perché si è sentito tradito. Non si è perdonato, perché in quell’occasione non è riuscito a... a salvarmi.
 
La storia diventò subito scandalo e fece il giro della prefettura. Lui, Naoki, venne radiato e cacciato, ed io costretta a lasciare la scuola.
 
 
Da quel giorno, non ho più avuto modo di parlare con Akira. Sebbene mi sentissi in colpa e mi mancasse, sapevo bene che qualunque confronto sarebbe stato inutile, qualsiasi parola non sarebbe servita, perché lui aveva cercato in tutti i modi di portarmi su una strada diversa, ma io sono sempre rimasta ancorata alla mia.
 
Diceva che ero come un gatto selvatico, senza regole e senza padroni. Ed è vero. Ho sempre seguito il mio istinto senza nessuna inibizione, libera da ogni pregiudizio e consapevole di ogni mezzo di cui dispongo. Odio relazioni e legami che implichino compromessi, non sopporto l’idea di appartenere a qualcuno e non tollero alcun tipo di imposizione che possa in qualche modo intralciare la mia libertà.
 
Sono tremendamente egoista, saccente, cattiva, capricciosa, arrogante, stronza, cinica, velenosa, irriverente, sacrilega, maligna...
 
E sì, troia.
 
Troia perché non mi sono mai neanche lontanamente rispecchiata nel classico stereotipo femminile, mi sono sempre tenuta a debita distanza da quella raccapricciante mentalità basata sul nulla. Non mi è mai importato niente dei giudizi della gente: le loro accuse, i loro insulti, il loro disgusto mi scivolano bellamente addosso, dandomi ancor più coscienza di me. E se avere un tale livello di consapevolezza significa essere troia, allora sì: sono la più grande troia mai vista.
 
 
 
 
Sbadiglio di nuovo, mentre percorro indolente il lungo viale che attraversa il parco, delineato da alberi spogli e lampioni che baluginano tremolanti. Mi lascio cadere sulla prima panchina in ferro battuto e perdo lo sguardo verso il cielo, coperto da una fitta coltre di nubi bianche opalescenti. C’è odore di neve nell’aria...
 
Fa un freddo cane e l’abito striminzito che ho indossato stamattina di certo non mi scalda come vorrei. È un tubino nero molto particolare, senza spalline e con un succinto scollo a cuore. Le autoreggenti sono troppo leggere e le décolleté tacco 13 mi stanno distruggendo i piedi. Perlomeno il trench nero è abbastanza caldo da non farmi morire di freddo.
 
 
Mi arriva un messaggio di Hikari, in vacanza a New York.
 
«Ciao Mayu, auguri! Mi raccomando divertiti, non bere troppo e fa gli auguri a Kaede, oggi è il suo compleanno. Non vedo l’ora di rivederti, mi manchi da morire...» e non ha idea di quanto manchi lei a me... sorrido e le invio la risposta.
 
 
Il compleanno di Rukawa.
 
 
Chissà come se la starà passando, quell’idiota. Senza averne pienamente coscienza, scorro la rubrica fino a soffermarmi sul suo numero, salvato sotto la voce “Coglione”. Sospiro, fissando con insistenza il display retina, come se mi aspettassi di vederci comparire chissà quale esserino.
 
Distolgo lo sguardo infastidita, ma in quello stesso istante la notifica di un messaggio illumina lo schermo. Spalanco gli occhi, mentre i caratteri di quel kanji baluginano decisi e le mani riprendono nuovamente a tremare.
 
«Raggiungimi.»
 
Sbatto le palpebre più volte, finché non sono abbastanza sicura che quel messaggio non sia uno scherzo dei miei disturbi mentali. Spinta da un’inspiegabile curiosità, decido di rispondere, inconsapevole di aver appena dato il via ad una delle conversazioni più assurde che abbia mai intrapreso...
 
 
« Stupido imbecille, perché mai dovrei raggiungerti?»
« Fallo e basta.»
« Scordatelo, fuori si gela!»
« Muovi il culo.»
« E dove, sentiamo!?»
« A scuola. Spicciati.»
« Non darmi ordini, idiota! » pausa forzata «Dammi mezz’ora.»
 
 
La conversazione più illogica della storia. La rileggo più volte, sconvolta, chiedendomi come sia riuscito a convincermi, non scrivendo fondamentalmente un cazzo di sensato. Ma come diavolo ci riesce? Deglutisco aria, provando un fastidioso formicolio alla bocca dello stomaco. È una richiesta singolare la sua, che provoca in me un’insolita percezione di eccitazione misto ad ansia.
 
So bene che non dovrei andare, eppure......
 
 
 
 
 
Arrivo davanti scuola, imprecando neanche tanto sommessamente. Lo trovo appoggiato al muro di cinta, braccia incrociate e testa bassa. Mi avvicino in silenzio e gli picchietto con vigore un dito sullo zigomo.
 
- Svegliati. - gracchio e l’idiota si sveglia di soprassalto, provocandomi un principio d’infarto. Alza la testa e sbatte le ciglia, come se mi vedesse ora per la prima volta.
- Vuoi smetterla di piantarmi le dita in faccia? – ignoro le sue lagne e sorrido suadente.
- Che faccia... sembri appena uscito da Woodstock. – ridacchio divertita, ma lui sembra sfasato e si limita a guardarmi storto. – Come mai quest’insolita iniziativa? - chiedo seria. Si limita a scrollare le spalle e percepisco subito che oggi c’è qualcosa che stona, in lui. - Se mi hai fatto venire fin qui spero che quantomeno tu abbia un motivo. – sbotto, stringendomi nelle braccia. - Maledizione... sto congelando! -
- E ti stupisci? Guarda come sei vestita... – allude interdetto, squadrandomi da testa a piedi.
- D’improvviso sei diventato loquace, volpastro? -
- Tz... -
 
 
Il suo sguardo è strano, non è il solito di sempre. Non è freddo, né provocante. Oggi ha un’intensità diversa. Magnetica ed inquietante, eppure piena di contraddizioni. Quegli occhi sembrano plagiarmi... il blu pastoso delle iridi, le ciglia nere che li contornano, la luce intensa che li illumina. L’ombra della frangia corvina che li rende più profondi e intorno la pelle diafana, l'espressione truce ed altera.
 
 
Con un cenno della testa mi invita a seguirlo, entriamo da un cancelletto laterale e percorriamo il lungo cortile della scuola. Mi stringo nel trench che non mi scalda abbastanza e impreco senza un particolare motivo.
 
- Razza di rincoglionito, è tutto chiuso! – prorompo acida.
- Lo vedo, non sono idiota. -
- Oh guarda, su questo permettimi di dissentire! -
 
Raggiungiamo l’ingresso della palestra che, peraltro, è blindato da un lucchetto di dimensioni titaniche. Lui guarda prima me, poi la porta... solleva un sopracciglio perplesso e con la solita espressione da spugna di mare si gratta la testa corvina. Mi trattengo dal fracassargli ferocemente la faccia contro il muro e lui, che deve aver tirato su parecchia droga stamattina, continua a guardarsi intorno con un’espressione da pesce palla.
 
- Altre idee brillanti, genio!? - sottolineo e lui risponde con una serie di incomprensibili mugugni. Dopo alcuni istanti di riflessione, si avvicina e comincia a fissarmi i capelli senza un’apparente motivo. - Che c’è? – sbotto infine.
- Dammi una forcina. - e con la delicatezza di un elefante me ne strappa una dalla testa, portandosi dietro anche un’inaccettabile quantità di capelli.
- Ma che modi, sei un buzzurro! - ruggisco, massaggiandomi la testa. Non si degna neanche di ascoltarmi e continua a trafficare con quell’aggeggio infernale.
- Pensi davvero di riuscirci, con quel microcervello che ti ritrovi? -
- Sta zitta. – asserisce, rimediando un’occhiataccia.
 
Contro ogni mia aspettativa, l’imbecille primordiale dalla dubbia materia cerebrale, riesce a forzare il lucchetto e finalmente riusciamo ad entrare. Tuttavia, all’interno, sembra essersi appena conclusa la terza guerra mondiale.
 
- Cos’è successo qui dentro? - chiedo, notando scatoloni accatastati ovunque, banchi, sedie, materassi ed altri assurdi e non identificati oggetti di dubbia provenienza.
- Sistemano per l’ultimo trimestre. – biascica, sbirciando in uno scatolone contenente coperte e materiali per l’infermeria.
- È un fottuto campo minato... non ci metto piede neanche morta. - decido saggiamente di non addentrarmi in quell’inferno mortale, a differenza dell’idiota che ci si fionda di gran carriera e già pregusto una sua morte prematura.
 
Fuori è già buio e i flebili bagliori dei lampioni illuminano i cortili di una luce pallida, diafana.
 
 
Nel frattempo, Kaede si fa largo in quell’infernale labirinto di morte tra ringhi ed abbondanti maledizioni, riuscendo infine ad accendere luci e riscaldamenti. Torna indietro, incazzato nero e devo quasi simulare un broncospasmo quando l’imbecille va a sfondarsi il piede contro lo spigolo di uno scatolone, tirando giù una serie di bestemmie di una creatività mai sentita. Ovviamente comincio a rivoltarmi dalle risate, mentre il poveraccio si abbandona dolorante sulla panca di un bilanciere, fulminandomi con uno sguardo di morte.
 
- La smetti di ridere? – sbotta, infastidito dai miei latrati degni di una iena morente. Comincio a singhiozzare, piangendo dalle risate, mentre lui rotea gli occhi al cielo con la netta intenzione di fulminarmi all’istante. - Le persone che ridono da sole sono pazze. - grugnisce acido. Rido tanto da rischiare la morte, poi finalmente riesco a respirare di nuovo normalmente.
- Mi stai per caso insultando? - annuisce e gli mostro il medio con molta classe. Mugugna qualcosa che interpreto come un - Idiota - e si lascia cadere all’indietro, distendendosi di schiena sulla panca nera. – Che diavolo volpe, non ti reggi in piedi! –
- Ormai è diventato noioso persino risponderti... – borbotta infine.
 
 
Lo osservo assorta, mordendomi il labbro inferiore... quella posizione di resa, scatena in me inequivocabili reazioni. E' come un fuoco che arde, fiamme cremisi che bruciano e lambiscono ogni parte del mio corpo, inquinando ogni pensiero. È un misto di eccitazione, impazienza ed euforia. Quella che mi colpisce all’improvviso, è una voglia di lui che non riesco a controllare...
 
 
Scuoto la testa in modo quasi ridicolo, prendo un respiro e distolgo lo sguardo verso l’esterno. Oh...
 
- Nevica... guarda volpe, sta nevicando! - squittisco, osservando i candidi fiocchi di neve danzare come eterei cristalli. Disturbato dal fragore, si solleva sui gomiti e rivolge una rapida occhiata all’esterno.
- Hn. - asseconda il mio invito per un istante, ritornando a sdraiarsi subito dopo, senza aggiungere una parola.
- Che impeto, dovessi emozionarti troppo... – blatero rassegnata, tornando a guardare fuori.
 
 
 
Socchiudo gli occhi e mi soffermo ad inalare l'odore vivo della neve che cade. Sospiro, sospesa tra ricordi ormai sbiaditi che sembrano lontani anni luce, mentre quella magnifica pioggia di cristalli si posa sui tetti delle case, sugli alberi che delimitano il cortile antistante, sulle panchine, sui lampioni...
 
Non mi accorgo nemmeno che mi ha raggiunta. Sbatto le palpebre più volte e lui, appoggiato allo stipite della porta, sospira per la prima volta.
 
- Non mi piace la neve. - la sua voce è strana e quello sguardo, oggi, sembra più irrequieto del solito.
- A te non piace un cazzo, volpe. – ribatto saccente, rivolgendogli una rapida occhiata. - Ho sentito che oggi è il tuo compleanno. – chiedo infine.
- Hn. -
- Ma si può sapere che diavolo hai? Mi fai venire fin qui e poi te ne stai lì a lamentarti per ogni cosa? Possibile che tu non abbia di meglio da fare? - sbotto, forse in tono eccessivamente aggressivo.
 
Non batte ciglio. Resta immobile, impassibile, come se la mia affermazione gli fosse letteralmente scivolata addosso.
 
- Non mi andava di fare altro. – la sua voce non ha tono e i suoi occhi, fissi avanti a se, sembrano guardare tutto e niente.
- Mi dici una cosa, Rukawa? -
- Kaede. - mormora e non gli chiedo nemmeno perché mi permetta di chiamarlo per nome.
- Per quale motivo mi hai fatto venire? – il mio tono, ora, è meno duro.
- Non avevo voglia di stare a casa. – e per la prima volta, nella sua voce, c’è qualcosa che non riesco a cogliere. Lui, che non ha mai lasciato trapelare alcuna emozione, stavolta lascia percepire una nota stonata, incrinata da una singolare tensione, nella solita sinfonia dura e monotona della sua voce.
 
 
Comincio a provare una strana tensione... agitazione forse, che non mi fa stare tranquilla. Per niente.
 
- Perché hai chiamato me? - ho un brutto presentimento. Nei sui occhi comincia a brillare una luce che non gli ho mai visto prima....
 
Cos’hai in mente, Kaede....?

- Voglio capire che intenzioni hai. -
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
 
Eccomi qui, in ritardo di una settimana, maledizione! Questo capitolo è il preludio del prossimo, incentrato anch’esso unicamente su Kaede e Mayu - dal quarto prometto che ci sarà finalmente spazio anche per gli altri =) - Dal prossimo il raiting si alza, per ora mi mantengo sull’arancione, vedrò poi se mantenerlo o alzarlo.

Ringrazio come sempre l’adorabile Ice_DP per aver recensito - apprezzo moltissimo i tuoi pareri e sono lusingata, non ho avuto molto tempo in questi giorni e mi dispiace non aver risposto al tuo commento, ma prometto che lo farò appena mi sarò disincastrata dalla mole industriale di impegni di lavoro e famiglia. Ringrazio naturalmente anche i letteri silenziosi e coloro che hanno inserito la storia tra le seguite ed i preferiti. Vi ringrazio davvero molto =)
  
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