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Autore: A Swiftie Life    20/03/2015    6 recensioni
Luke Hemmings era il ragazzo più antipatico e sfacciato che Charlie avesse mai conosciuto. Voleva credere che fossero talmente diversi da non trovare mai una tregua ai loro continui battibecchi. Ma infondo, Charlie sapeva che non erano proprio due mondi paralleli.
"Ogni estate Kate andava da suo padre a Miami per trascorrere del tempo con lui. In pratica, ospitava me, Emily e Mikey in un'enorme villa a tre piani per circa tre mesi."
"«Potrei avere dell'acqua?»
Ringraziando, afferrai il bicchiere per poi portarlo al tavolo. O almeno quella era l'intenzione. Non appena mi voltai una figura alta mi si parò davanti, facendomi fare un balzo all'indietro. Il bicchiere rimase arpionato alla mia mano, ma un po' di liquido finì sulla maglia nera del tipo.
«Cazzo!» pronunciò.
«Oh mio Dio, scusami tanto!» iniziai. «Beh, è solo acqua, quindi non dovrebb-» lasciai la frase in sospeso quando vidi per la prima volta il viso dello sconosciuto. Era... era... stupendo.
L'espressione leggermente confusa del ragazzo scomparve, lasciando spazio ad un ghigno divertito.
«Lo sospettavo; una ragazzina come te non avrebbe potuto di certo bere del whisky»"
Riuscirà Charlie a sopportare Luke e il suo ego per tre lunghissimi mesi?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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15° capitolo



With a smile on my lips.

UNA SETTIMANA DOPO.


«Charlie! Il telefono!» sentii Kate urlare dal piano di sotto. Ero appena uscita dalla doccia, così presi un telo bianco dal ripiano vicino allo specchio e lo avvolsi intorno al mio corpo. Avevo tutti i capelli bagnati, già leggermente ondulati. Li tamponai un po’ prima di uscire dal bagno per poi scendere velocemente le scale. Vidi Emily seduta sul divano con Calum, ovvero praticamente stesa su di lui, guardare un orripilante documentario sulle mantidi religiose. Lui sembrava parecchio interessato al programma, mentre le accarezzava i capelli; lei invece giocava con l’orlo della maglietta del moro. Erano così carini. Mi fermai un secondo di più a guardarli, fino a quando sullo schermo piatto di tipo 89165 pollici comparve un’enorme mantide religiosa, con quegli orrendi occhi di fuori e quelle zampe terrificanti. Lanciai un urlo che fece sobbalzare i due sul posto e affacciare Michael dalla cucina con un’espressione preoccupata. Emily portò una mano sul cuore. «Charlotte! Cosa ti passa per la testa?!»
«Cosa passa a voi per la testa! Guardare questi programmi alle dieci di mattina è praticamente disumano e scandaloso!» strillai cercando di riaggiustare l’asciugamano che stava cadendo per terra. Sentii Calum ridacchiare per la mia reazione. Non era veramente possibile. Se ve lo state chiedendo, sì, avevo una paura pazzesca di quegli esseri demoniaci con due palline da biliardo al posto degli occhi. Da bambina erano sempre nei miei incubi più… incubosi. Sbuffai sommessamente e mi apprestai a raggiungere Kate nel secondo studio del signor Grey, dove c’era il telefono fisso. Quando entrai vidi la mora che teneva impazientemente in mano la cornetta del telefono. La afferrai senza tante cerimonie, meritandomi una scherzosa pacca sul sedere, a cui risposi con una linguaccia. Aspettai che avesse chiuso la porta in legno.
-Pronto?-
-Charlie?-
Aggrottai le sopracciglia. -Chi parla?-
-‘Sto cazzo-
-Luke- pronunciai a denti stretti. Avrei subito dovuto capire che quella voce nasale che aveva appena fatto era sua. Infatti sentii la sua allegra risata roca dall’altra parte della cornetta, trasmessa con qualche interferenza.
-Era tuo quell’urlo agghiacciante che si è sentito prima?- sbiancai. Che figuraccia.
-C’era una gigantesca mantide sullo schermo piatto di Kate, cos’altro avrei dovuto fare?- mi giustificai riferendomi a quella cosa verde che avevo visto due minuti fa. Credo che questa notte non dormirò. Scommetto che aveva scosso la testa, il bastardo.
-Perché hai chiamato sul fisso?- chiesi curiosa cambiando argomento.
-Ho provato sul tuo cellulare, undici volte. Ma non rispondevi, pensavo che stessi dormendo e non avessi sentito il telefono, cosa molto probabile conoscendoti, o ti avessero rapita i marziani- ah. Brutto infame. 
-Se permette, ero sotto la doccia. Per questo non ho sentito il cellulare- spiegai scocciata, sedendomi sulla grandissima poltrona dello studio e mettendo i piedi sulla scrivania. 
-Doccia?-
-Si, Lukey, la doccia. Sai, quel posto in cui c’è un soffione, dal quale esce l’acqua…- 
-So cos’è una doccia. Stavo solo immaginando te dentro, senza vestiti, senz- 
-LUKE!- tuonai.
Maledizione, quel ragazzo era più pervertito di quella pornostar che si faceva ehm… che faceva sesso con un cavallo. Com’era che si chiamava? Ah si, Cicciolina! Lo sentii ridere nuovamente, questa volta senza interferenze varie, permettendomi così di ascoltare il mio suono preferito. Suono preferito? Oh Dio Charlie, dov’è finita la tua dignità?
-Sto scherzando, permalosa- disse sempre ridacchiando, divertito dal mio imbarazzo. Come al solito. Mi sistemai meglio sulla poltrona, tirando giù i piedi dalla scrivania di mogano del padre di Kate. 
-Allora, come vanno le cose a Hollywood?- lo presi in giro sogghignando. Luke e la sua famiglia erano partiti per la California giusto ieri: quando me l’aveva detto ero rimasta almeno un quarto d’ora con la bocca aperta, poi Luke aveva fatto, divertito, una battutina decisamente sconcia e a dir poco volgare e l’avevo picchiato selvaggiamente. Comunque, dovevano passare l’intero weekend dai suoi nonni, che abitavano nel paesello più sperduto della California. In pratica, ogni estate era costretto dai suoi genitori a passare qualche giorno con loro nella città di non-mi-ricordo-il-nome. Era anche molto lontano dalla spiaggia, e Luke detestava stare lontano dalla sua amata sabbia. Per questo lo stavo prendendo in giro. Bando alle ciance, avevo cercato di non dare di matto appena saputo della sua partenza, almeno davanti a lui; poi arrivata a casa avevo imprecato e imprecato fino a ricevere una bella botta in testa dalla fanatica religiosa Santa Maria Vergine Emily. La parte peggiore è stata quando Kate continuava a ripetermi cose come “tornerà presto”, “ti terrò lontana da ogni coltello, finestra aperta o strapiombo finché non sarà di nuovo a Miami”, “Sheldon dice che, quando qualcuno è sconvolto, la procedura comune prevede che si offra una bevanda calda”. Infine, per completare il quadretto, arrivava Michael in uno dei tre salotti in cui eravamo spaparanzate (uno per ogni piano, sì…) ed esclamava “quando scoperete usate un preservativo perché non ho intenzione di fare da zio ad un poppante”. Così, avevo deciso di non pensarci, ma erano passate più o meno 18 ore e già volevo sotterrarmi e non riemergere più. Okay, forse stavo esagerando ma mi sentivo praticamente giù di morale senza il solito Luke Hemmings che mi ronzava intorno facendomi prendere quattro attacchi cardiaci, due ictus e una crisi isterica. Ovviamente “ronzare intorno” in senso buono, non volevo assolutamente far ricadere la frase nell’odiosissimo e banale “è carino ma fastidioso”. Insomma, come Lucas Robert (avevo scoperto il suo secondo nome il giorno dopo della serata al locale, quando ci conoscemmo, ed è davvero poco dire che gli scoppiai a ridere in faccia) Hemmings potrebbe essere definito solo carino? Fastidioso lo era, certo, ma avete presente quel fastidio piacevole? Ecco, era esattamente quello che mi mancava in quel momento. Da quando aveva tragicamente e misteriosamente scoperto che soffrivo troppo il solletico sulle gambe, si teneva in un inconsueto allenamento che riguardava il passarmi le punte delle dita sui polpacci, cosa che mi faceva sobbalzare. Quello era un esempio di piacevole fastidio. Rabbrividii al pensiero. 
Il suo sbuffo mi riportò alla realtà. -Voleva essere una battuta?-
-Voleva essere una presa per il culo-
-Touché- sorrisi istintivamente al suo commento fintamente offeso. Mi mancavano le sue smorfie quando non otteneva ciò che voleva o quando lo prendevo in giro. Mi mancava tutto, decisamente tutto di lui. Dai suoi capelli biondi ai suoi skinny jeans scuri. Mi consolavo con il solo pensiero che sarebbe tornato fra qualche giorno.
-Sul serio, come procede nella terra del vuoto assoluto?-
-Uhm, bene direi. A parte mio nonno malato di alzheimer che si era completamente dimenticato chi fossero le mie sorelle e da dove fossimo arrivati- scoccò la lingua al palato.
-Poveretto. Ma sono pronta a scommettere che il tuo faccino non l’ha dimenticato- commentai arricciando una ciocca di capelli attorno all’indice. Proprio come faceva sempre Luk- basta.
-Chi potrebbe dimenticare la mia faccia?- chiese altezzoso, marcando la parola ‘chi’. Ovviamente mi ero aspettata una risposta del genere da parte sua.
-Sei patetico Lukey, neanche io sono così sfacciata e narcisista- lo sentii ridere fragorosamente dall’altra parte della cornetta.
Seguirono delle leggere interferenze che interruppero per un secondo la chiamata, facendomi aggrottare le sopracciglia. 
-Devo andare bambola, mia madre vuole che porti Clary al parco e non ho altra scelta perché rimanere in casa sarebbe sinonimo di gettarsi dal quinto piano- mi avvertì facendomi ridere. Sistemai la cornetta dall’altro lato, incastrandola fra la spalla e il mio orecchio sinistro. Mi preparai psicologicamente a dover salutare al cellulare Luke Hemmings, e ad avere un’altra fucilata al cuore, come ogni volta che mi parlava. Per questo mi alzai dalla poltrona nera per appoggiarmi pesantemente alla scrivania. 
-Ti assicuro che la tua giornata non potrà essere peggiore della mia. Kate e gli altri hanno deciso di andare in barca per guardare le orche, che cosa disgustosa- commentai abbastanza schifata. Giustamente la mia migliore amica non sapeva dire di no al bel visino di Ashton quando la supplicava di fare cose stupide per lui. Tant’è vero che quando propose di lanciarci in questa spericolata scampagnata al largo, mi ero subito tirata indietro mandandoli felicemente a cagare. Al che Kate mi aveva supplicata per un giorno intero, ma le avevo risposto che sarei morta nel mio letto, al caldo, a cent’anni come Rose di Titanic, e non sbranata da un’abominevole orca per colpa di un batterista piagnucolone. Insomma, sarei rimasta a casa, piangendo la morte prematura dei miei amici davanti ad una vaschetta di gelato.
-Wow, perché non ci vai anche tu?-
-Scherzi? Ci tengo a non morire sedicenne- borbottai. Ancora una volta, ridacchiò alla mia affermazione.
-Sei suonata, Charlie- parlò il gentleman della situazione. 
-Saluta Clary da parte mia- ignorai il suo commento malefico, ricordandomi della piccola bambina bionda che aveva contribuito alla riuscita del primo bacio tra me e suo fratello dopo tredici maledettissimi capitoli.
-Ci si vede bambolina- e chiuse la telefonata. Agganciai anch’io, rimettendo la cornetta al suo posto con il sorriso sulle labbra. Attraversai il corridoio con il sorriso sulle labbra, salii le scale con il sorriso sulle labbra e mi gettai sul letto con il sorriso sulle labbra. Chissà perché da quando Luke Hemmings era entrato a far parte della mia vita facevo ogni cosa col sorriso sulle labbra.


 

***


«Teen Wolf!»
«The Walking Dead!»
«Teen Wolf!»
«Ho detto The Walking Dead!»
«E io ho detto Teen Wolf, sturati le orecchie brutto psicolabile!»
«Cosa cosa cosa? Ascolta versione down di Mussolini, sono arrivato prima io, quindi decido io!»
«Scusa, puoi ricordarmi per favore di chi è questa casa e chi ti ci ha invitato?!»
«Uh guardate, c’è Grease su cielo!»
Kate e Michael girarono la testa contemporaneamente verso di me, in pieno stile esorcista. Probabilmente la mia esclamazione non aveva placato la loro ira funesta su quale maledetta serie tv guardare oggi, ma fatto sta che mi stavano guardando truci mentre ero seduta sul divano e avevo il telecomando puntato contro la televisione. Mi feci piccola piccola, cercando di sprofondare nei cuscini, ma loro continuarono felicemente a bisticciare fra di loro. Insomma, non volevo guardare quelle serie, preferivo di gran lunga andare al mare o fare un giro per i negozi. Il sottofondo MTV che rallegrava la casa come al solito cessò in un secondo, facendo zittire i due rincitrulliti che subito si voltarono. Emily aveva appena tolto la spina del televisore e ci stava guardando con disappunto. Affianco a lei, Calum ci stava guardando divertito.
«Avete finito di comportarvi come dei bambini, voi?» la sua voce, di solito dolce e calma, echeggiò nel salotto producendo un suono a dir poco inquietante e ambiguo. Feci un’espressione allibita per via del suo tono che mai avevo sentito. Lei lasciò cadere la spina per terra e si parò davanti allo schermo spento. 
«Invece di litigare, perché non venite a farvi un giro con me e Calum?» propose la bionda, tornando al suo solito umore solare. 
Kate alzò un sopracciglio. «Dove?»
«South Beach, se partiamo subito possiamo andare a prenderci un gelato e poi rimanere per cena. Che ne dite?»
Calum le sorrise e si avvicinò di più a lei; erano così carini insieme. A quanto avevo capito, si erano fidanzati; lui gliel’aveva chiesto sotto il gazebo della spiaggia che frequentavamo solitamente, ad una festa di amici dello stesso Calum. Così, da quel giorno la nostra cara vecchia Emily aveva sempre un sorriso da ebete stampato sul volto e un’espressione sognante. Anche Kate stava passando il suo, come dire, periodo rosa. Non avevamo ancora capito se Ashton era il suo ragazzo sul serio, ma la mia migliore amica se la passava molto bene ed eravamo tutti felicissimi per lei. Oddio, a parte quando talvolta volavano padelle e cucchiai di legno dalla cucina perché appunto stavano litigando, il che era oggettivamente preoccupante. Ma erano Ashton e Kate, per cui non c’era niente di strano. Comunque, tornando al precedente discorso e saltando la parte in cui mi ero persa nei miei pensieri da completa deviata, ora stavamo raggiungendo la porta d’ingresso: quindi potremmo dedurre che avevano tutti acconsentito. Calum non fece nemmeno in tempo ad afferrare la maniglia che il campanello trillò fastidiosamente, facendolo voltare di scatto verso Em. Aprì la porta, e quello che vedemmo ci lasciò un filino perplessi.
«Ciao ragazzi!» 
Decisamente perplessi.
«Edith… mh, ciao»

 

***


«Non ho ancora capito perché sono qui» borbottai incrociando le braccia al petto. Eravamo nell’auto di Cal da più di mezz’ora, e francamente avrei preferito rimanere sul divano a sentire Kate e Michael bisticciare per quale cacchio di serie tv guardare. Detto fra noi, Edith non era così magrolina; le sue cosce mi stavano fracassando l’anca, non ero sicura che sarei riuscita a ritrovare la tasca del mio pantaloncino. Era seduta dietro, dalla parte dello sportello, io schiacciata dal suo peso e parzialmente da quello di mio fratello accanto a me, e Kate dalla parte dello sportello opposto. Avevamo deciso di piazzarla il più lontano possibile da Edith per evitare che la prendesse a capelli o peggio, che glieli infuocasse. Comunque, la parte più fastidiosa del viaggio non era (per quanto possa essere difficile da credere) l’attentato da parte della rossa ai miei poveri fianchi ma il fatto che il braccio di mio fratello si muovesse continuamente dietro la mia nuca per “giocherellare” con i capelli di quella squinternata, e la sua acutissima voce nel mio orecchio urlargli di piantarla. A mio avviso non ne era per niente infastidita, anzi. Potevo vedere le mani di Kate che nel frattempo erano serrate a pugno sulle sue gambe. Beh, alla fine mi era rimasto solo sperare che la macchina prendesse in pieno un semaforo e rotolasse giù dallo strapiombo sotto il ponte che stavamo percorrendo, oppure che sbucasse un Luke Hemmings con la sua macchina nera e mi portasse via. Ecco, lo stavo pensando di nuovo; nonostante fosse davvero difficile pensare a qualcosa di diverso dal peso di Edith. Ah, a proposito di questa qui, era piombata a casa di Kate alla ricerca disperata di mio fratello; non appena Calum aveva evasivamente cercato di mandarla via, liquidandola con la frase “stiamo uscendo”, lei aveva esclamato “non vi dispiace se mi unisco a voi, vero?”. No Edith, non ci dispiace per niente. E fu così che il drago rosso sputa fiamme alias ragazza seduta al mio fianco, si unì alla nostra combriccola. Kate aveva quasi avuto un attacco di sincope, ma si era ripresa grazie alla sua straordinaria carriera di attrice mancata e il suo “calo di zuccheri”. Mio fratello invece parve più che felice di vederla, ed ero sicura al cento per cento che non l’aveva appositamente invitata solo per la stabilità mentale della mia migliore amica. Calum ed Emily erano tranquilli nei posti anteriori, lui aveva la mano destra sulla gamba della bionda, che a sua volta stringeva la mano del moro, e la spostava solo per alzare il volume della radio o per cambiare marcia. Sospirando, cercai di immaginare come si sarebbe evoluta la giornata se qui ci fosse Luke: probabilmente avrebbe sbuffato, mi avrebbe tirato per un polso e avrebbe detto seccamente “prendiamo la mia macchina”. Al che io avrei annuito in modo ipnotico e avrei biascicato “si padrone”. Ora che ci penso, mi sa troppo di Cinquanta Sfumature; chissà se a Luke piace il sadomaso. Oh mio Dio, ma come mi fa la testa? Ero davvero una frustrata. Non era la prima volta che mi facevo pippe mentali su quella sottospecie di ragazzo, ma sicuramente non lo avevo mai immaginato con un frustino in mano e la stanza piena di manette o corde. Bleah.
«Allora, la nostra prima destinazione è la gelateria, poi andiamo a pranzo visto che sono già le 11» ci informò Emily, distraendomi dai miei pensieri. 
«Conosco una gelateria super fica di South Beach, potremmo andarci!» si intromise Edith, sporgendosi verso il sedile di Calum. E dire che mi era anche sembrata educata e perbene la prima volta. 
«Ehm, direi che va bene. Che ne dite?» ci fu un coro di ‘si’, e poi di nuovo il silenzio tombale, che durò per tutto il viaggio.
Prima di aprire lo sportello per scendere, sfilai repentinamente gli occhiali da sole di mio fratello dal suo viso per indossarli e fargli un sorrisone.
«Rassegnati, donano di più a me fratellino» mi fece una linguaccia vivace prima di rispondermi.
«Honey, anche i sacchi della spazzatura ti starebbero bene addosso» rimasi decisamente accigliata. Michael non mi avrebbe mai detto una cosa del genere, o almeno non davanti agli amici. Beh, grazie, pensai. Edith aprì lo sportello, e liberandomi dalla sua non indifferente presenza uscì. Calum girò le chiavi nella toppa per chiudere l’auto una volta che tutti fummo fuori, e poi diede un’occhiata al cellulare.
«Sei sicura che sia il posto giusto?» chiese alla rossa, che annuì. 
«Guardate, vedo già l’insegna» indicò un punto sfavillante in lontananza, e afferrò il polso di mio fratello per tirarlo con lei. 
Prevedo che questa giornata sarà un terribile fiasco. 
Kate non aveva detto una parola per tutto il tempo, il che era preoccupante. Stava armeggiando con il telefono quando mi avvicinai a lei per metterle un braccio sulle spalle. 
«Cosa dice Ashton?» scherzai alludendo al suo modo frenetico di premere i tasti sullo schermo. Mi rifilò un’occhiataccia. Non le era mai piaciuto parlare di ragazzi con gli altri, specialmente di quelli che le interessavano.
«E’ mia madre, impicciona» ficcò il suo iPhone nella tasca posteriore dei pantaloncini e ricambiò l’abbraccio. 
«Levami una curiosità, tu e Ash non vi sentite mai per telefono?» 
«E’ che oggi è andato in barca con suo padre e mi ha detto che nel pomeriggio mi avrebbe chiamata. Non mi piace sentirci per messaggi, è fastidioso» spiegò gesticolando.
«Anche io odio i messaggi» concordai in pieno. Era una delle tante cose su cui io e Kate eravamo d’accordo. 
Davanti a noi, Calum teneva la mano di Emily mentre camminavano e lui le parlava nell’orecchio facendola ridere. Erano così teneri insieme, formavano la coppia perfetta. Mi ricordavano me e Luke quando mi portò al ruscello, solo in uno scenario meno imbarazzante e senza le sue battutine sconce. Sorrisi da ebete al pensiero di quel giorno. Vidi mio fratello e quella testa rossa girare l’angolo e sparire dietro una grande porta in vetro colorato; quando li raggiungemmo notai con grande sorpresa che il posto di cui Edith parlava era pazzesco. Era un ambiente vivace e allegro, con un mucchio di tavolini disposti in modo disordinato ma carino. Dall’entrata si poteva intravedere una porta sul retro che dava dall’altra parte del negozio ed era una zona all’aria aperta. Con mio grande piacere notai che quella era la nostra meta, infatti Calum spinse la porta con il braccio e ci ritrovammo nuovamente fuori, dove c’erano altri tavoli. Non appena ci accomodammo una frizzantissima cameriera tutta lentiggini si catapultò al nostro tavolo sorridente.
«Salve, mi chiamo Nancy e sono la vostra cameriera per oggi. Cosa posso portarvi?» oh, che dolce. Aveva una erre moscia adorabile, doveva essere francese. Ci regalò un sorriso dopo aver preso le ordinazioni e volò via velocemente. Michael la guardò allontanarsi, poi tornò tranquillamente a parlare con Edith. Mentre aspettavamo il ritorno della cameriera, mi guardai un po’ intorno. La parte esterna del locale era quasi completamente piena, i piccoli tavoli erano occupati da ragazzi di tutte le età, persino da coppiette anziane. Mi soffermai di più su quella di fronte a noi. Avevo sempre creduto che non avrei mai potuto sopportare la stessa persona per anni, pensavo che sarebbe stato frustrante e noioso. Ero riluttante nei confronti delle relazioni, quelle che durano tanto tempo; per me erano inconcepibili. Non sapevo spiegarmi il perché, ma da quando avevo incontrato Luke quel presentimento di disgusto sembrava essersi affievolito. Forse, ero addirittura arrivata a pensare che più i giorni passavano, più lo volevo accanto a me. Avevo capito che non c’era niente da fare, che quel frustrato mi piaceva sul serio e che non avevo mai voluto che qualcuno mi ronzasse attorno come faceva Luke. Ma l’accettavo, ed era incredibile. 
«Ecco a voi ragazzi!» l’arrivo della cameriera mi distrasse dal mio flusso di pensieri da mentecatta su Luke Hemmings. Era impossibile che quel ragazzo mi annebbiasse la mente anche quando non c’era. Un enorme bicchiere di vetro con dentro del frappé mi si parò davanti e ringraziai la ragazza. Iniziai a ingurgitare a cucchiaiate la bevanda come se non mangiassi da mesi, meritandomi puntualmente occhiate stranite dai miei amici. Non ci feci troppo caso e continuai a ingozzarmi. Dopo qualche secondo mi arrivò un sonoro schiaffo sulla gamba da parte di non so chi che mi fece saltare sul posto. Mi trattenni dal lanciare un urlo e mollare un pugno a chiunque avesse osato fare una cosa del genere. Mi voltai furiosamente verso destra, notando che Kate aveva la mano leggermente sollevata sulla mia gamba e lo sguardo puntato verso un tavolo più lontano. Intuendo che fosse stata lei, scostai la sua mano e presi a massaggiarmi la gamba che nel frattempo aveva assunto un colorito più roseo del solito.
«Ma ti sei rincoglionita, brutta befana?» le sputai contro nella speranza che mi degnasse di un’occhiata. Mi lanciò un altro schiaffo, ma molto più leggero del precedente.
«Charlie, quella non è Laura?» sibilò non staccando gli occhi dal tavolo. Mi accigliai e mi voltai repentinamente, non capendo cosa volesse dire. Quando i miei occhi focalizzarono quella figura lontana, sbattei ripetutamente le palpebre per accertarmi che non fosse una delle solite trovate di Kate, con la sua vista molto funzionante. La osservai meglio.
«Laura? La biondina del nostro corso di inglese?» chiesi sporgendomi più in avanti. Emily, vedendo me e Kate in stile agenti segreti 007 fissare la ragazza, si voltò discretamente (al contrario di noi), facendo ondeggiare i boccoli. 
«E’ proprio lei!» sussurrò concitata una volta riportato lo sguardo su di noi. Nel frattempo che Kate aveva boccheggiato “non è possibile”, Michael, conosciuto anche come l’uomo più discreto e silenzioso del mondo, si era alzato in piedi e aveva urlato “Laura chi?!”. Ora, tralasciando che mezza sala aveva smesso di sorseggiare tranquillamente le proprie bevande per guardarci allibiti, aveva fatto in modo che la ragazza in questione si girasse verso di noi e ci riconoscesse subito. Spalancò gli occhi, stupita, e si alzò subito dal tavolo per raggiungere il nostro. 
«Kate, Charlie, Emily! Cosa ci fate qui?» esultò la biondina, spalancando le braccia per salutarci. Noi tre ci alzammo subito e la abbracciammo felici.
«Tu cosa ci fai qui! Non sapevo che fossi a Miami!» rispose Kate, entusiasta. Quando ci scollammo da Laura, ci concesse un altro sorrisone.
«I miei genitori hanno comprato una casa in questo quartiere qualche mese fa e abbiamo deciso di passare l’estate qui» spiegò lei. «E voi?»
«Mio padre vive a Miami Beach da otto anni, quindi passo ogni estate con lui. Charlie ed Emily sono mie ospiti per tre mesi» esclamò la mora, sfoggiando un sorriso vincitore e soddisfatto. Laura annuì sorridendo e poi si rivolse a me.
«Lottie, che bello rivedere te e la tua pelle sempre e comunque pallida!» commentò abbracciandomi ancora una volta. Risi per la sua battuta ironica. Laura era un vero personaggio: era simpaticissima e gentile, con dei lunghi capelli biondi e due grandi occhi azzurri. Era un vero schianto. Passavamo intere ore di inglese a parlare, scherzare, commentare gli assurdi outfit della prof e ridere, era bello quando di tanto in tanto si univa alla nostra combriccola di schizzate.
«Ti costringo a sederti con noi, e non ammetto repliche» ordinai con un finto tono di autorità, sbattendo il palmo della mano sulla sedia libera tra me e Michael. Lei ridacchiò e posò il suo frappé sul tavolo, sedendosi delicatamente. Mio fratello prese a squadrarla dalla testa ai piedi, né con sufficienza né con simpatia. Cosa gli prende ora? Per interrompere questo clima imbarazzante, Calum tossicchiò e allungò una mano verso di lei per presentarsi.
«Piacere, sono Calum»
«Laura» sorrise. 
Edith, che era rimasta tutto il tempo in silenzio, le lanciò un’occhiata per poi sfoggiare il sorriso più falso che io abbia mai visto (persino più falso di quello di Kate) ed esordire il suo nome in una sottospecie di presentazione. L’atmosfera si era fatta più densa e non capivo proprio il motivo. Guardai con disprezzo la rossa e mi focalizzai su mio fratello, che non aveva mosso un dito.
«Lui è Michael, mio fratello» feci allora io, scalciando ripetutamente sotto il tavolo in modo da beccare il ginocchio di quell’imbecille. Da quando era così scortese? Laura gli sorrise timidamente e gli tese la mano per stringerla, ma lui non si mosse. Continuò ad osservarla, poi un ghignò gli si formò in volto.
«Bel costume» disse prima di alzarsi e trascinare Edith con lui, verso non so quale posto. Gli lanciai uno sguardo pieno di ferocia, ma non l’aveva neppure notato dal momento che era di spalle e stava già camminando. Ma cosa diavolo gli è preso?! Kate era a bocca aperta per il suo comportamento, Calum aveva la mascella serrata, Emily gli stringeva il braccio. Laura era ancora accigliata mentre abbassava lo sguardo sul costume che era lasciato intravedere dalla canotta larga. La alzò per coprirlo e arrossì di botto. Lo vidi spingere con forza la grande porta di vetro per poi sparire dietro di essa.





 

SIMMER DOWN! SIMMER DOWN!

I'm back, bitches.
Okay, allora scusatemi per il mostruoso quanto imperdonabile ritardo. Ormai sapete com'è, passo tutto il mio tempo libero a studiare e non ho più uno schifo di minuto per scrivere qualcosa di decente. Ho finito questo capitolo stamattina dato che sono due giorni che manco da scuola *balla la conga* e l'ho pubblicato in fretta e furia.
Allora, EDIIITH.
Brutta baldracca, è ritornata eh? Pensavate che fosse fuori gioco ma non è così! Potete immaginare che la sua "non indifferente presenza" (come ha detto Lottie) non porterà a niente di buono.
Abbiamo una new entry, eh? La mia bellissima Lau.
Colgo l'occasione per salutarla e mandarle un bacione. 
Michael è stato davvero uno stronzo, non trovate? A me francamente ricorda Luke con Charlie la prima volta che si sono conosciuti. Non sono djhgsj? 
Okay, io penso che sia meglio sloggiare prima che voi mi lanciate addosso pomodori, cucchiai e padelle addosso.
[parentesi: Luke versione 50 sfumature mlml] 
A proposito, l'avete visto? Io ero tipo *Q*
Va bene, va bene, me ne vado a fanculo.
Adieu.


Tanti baci,
Au.


 


 

  
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