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Autore: nuvole_e_popcorn    20/03/2015    0 recensioni
"Non abbiamo avuto altra scelta"
"C'è sempre un'altra scelta"
DAL PROLOGO
"Guardami! - la pregò lui, e lei lo fece -andrà tutto bene. Troverò il modo di tornare da te" le promise. Che promessa stupida! Stavano per morire. Ma annuì comunque, mentre cominciava a sentire l'odore acre del gas entrarle nel naso e giù fino ai polmoni.
"Ti aspetterò"
"Lo so" Lo faceva sempre. Sentì gli occhi farsi pesanti.
DAL PRIMO CAPITOLO
"Datele una divisa da meccanico - ordinò -almeno per ora sarà utile" ordinò Alec. Mentre la donna la conduceva fuori la fermò per un braccio:
"Attenta a te, - la avvisò - ti tengo d'occhio"
"Mi stupirei se non lo facessi" e fu lei a stupire lui.
***
Era Adam.
"Hey Pulcino! - la apostrofò - ho saputo che farai parte dei meccanici e che hai un vero talento!" Rigel sorrise un po' imbarazzata. Tutti li stavano fissando. "Sì Adam - disse sorridendo -me la cavo abbastanza bene"
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HEY!!! :) Devo dire che è la prima volta che tento una fanfiction originale su questo genere e spero vi piaccia. Quindi niente, fatemi sapere, consigli, critiche (purché costruttive vanno bene anche quelle :)) e complimenti (ovviamente a chi non farebbe piacere riceverne?) Quindi recensite! Tanto per farmi sapere se vi piace, ovvio che magari non sarà un granché nè come storia né come stile di scrittura, altrimenti sarei già una scrittrice affermata... è scritta solo per il piacere di farlo... detto questo buona lettura spero che vi piaccia! 

 


Prologo 

Non sapeva più nulla. Non sapeva come sarebbe andata... non sapeva se l'avrebbe rivisto. Non sapeva se gli avrebbe potuto parlare ancora... quanto tempo perso a litigare per nascondere con odio e frecciatine acide quel legame... In vano. Certi sentimenti erano così. Non importa quanto tu tenti di nasconderli e di dimenticarli, hanno un modo tutto loro di venire a galla con prepotenza a volte, come in questo caso quando è troppo tardi.  

"Tocca a te, ragazzina" le disse maliziosamente una delle guardie, umettandosi le labbra e ammiccandole "E' giunta l'ora di far soffrire te" il sadismo. Quella era una parte della sua società che non sapeva esistesse. La strattonarono e lei cercò di liberarsi. 

"Non così in fretta signorinella" rispose la guardia schiaffeggiandola. Per poi trasportarla di peso in una stanza buia. La luce si accese e le guardie la lasciarono andare, sicuri che non sarebbe scappata e come avrebbe potuto con lui che stava lì? A pochi passi da lei? Senza pensarci corse a perdifiato per raggiungerlo. E quando oltrepassò il cerchio che avevano segnato, la cella cadde su di loro, una cella fatta di vetro e di luce. Ma non le importava. Ciò che importava era che lui era lì con lei. Si lanciò su di lui, ma non sentì le sue braccia ricambiare la stretta come facevano di solito. Si allontanò un poco per ispezionare il suo volto tumefatto. 

"Pulcino sei tu?" domandò quello da dietro gli occhi tumefatti e arrossati. Le veniva da piangere. Non poteva farne a meno. Lo avevano torturato, ma lui non l'avrebbe mai tradita e comunque non sapeva niente. Per sicurezza quelle informazioni aveva voluto che le sapesse solo lei. Avevano fatto un buco nell'acqua. Gli accarezzò il viso in modo frenetico, cercando di addolcire il suo dolore. Lui sorrise debolmente: "Non piangere, Pulcino" la pregò e lei tirò su col naso, affondano le proprie mani nei capelli corvini di lui. Cercano di bloccare i singhiozzi. 

"Mi dispiace così tanto..." cominciò mentre le nebbiolina; il gas che li avrebbe uccisi cominciava a riempire la loro prigione, ma non le importava.  

"Non è colpa tua" 

"Sì che lo è!" cominciò subito a ribattere lei, per accorgersi che anche nei loro ultimi minuti non potevano fare a meno di bisticciare.  

"Sei perdonata, allora" cedette lui, poggiando la fronte alla sua. Ormai il gas le arrivava alle anche, ancora per poco avrebbe respirato il suo profumo, la sua acqua di colonia.  

"Guardami! - la pregò lui, e lei lo fece -andrà tutto bene. Troverò il modo di tornare da te" le promise. Che promessa stupida! Stavano per morire. Ma annuì comunque, mentre cominciava a sentire l'odore acre del gas entrarle nel naso e giù fino ai polmoni. 

"Ti aspetterò" 

"Lo so" Lo faceva sempre. Sentì gli occhi farsi pesanti. 

"Buonanotte Pulcino" le sembrò di sentirsi dire. Prima del buio. Prima del freddo. Prima della morte. 

 

"Mamma" cominciò una bambina, stringendo il suo orsacchiotto a sé "Chi è quella signorina?" 

"Quella signorina, Anna, è una persona molto speciale" le rispose invece suo padre, mentre sua madre gli lanciava un'occhiataccia. 

"Sembra che dorma... Come una principessa della fiabe" disse con innocenza. "Ma il suo principe dorme accanto a lei" commentò, indicando il ragazzo che anche nel sonno sembrava cercare di proteggere la signorina con i capelli castani.  

"Sì, tesoro." 

I 

Il risveglio non fu dei migliori. Non lo era mai. Si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse. Sentiva lo stomaco bruciare e l'intestino contorcersi. Era immersa in un liquido giallastro, dei sondini nel naso e una mascherina sulla bocca. Il liquido le dava fastidio agli occhi, ma ci si abituò piuttosto in fretta. Si sentiva intorpidita, tentò a muovere le dita di una mano e scoprì di riuscire a farlo con facilità. E almeno questo era già qualcosa. Aveva anche capito dove si trovava. Si trovava in una capsula di Sonno Indotto, quindi non poteva uscire da sola a meno che qualcun altro la liberasse o la capsula si aprisse con il pulsante di controllo, ma notò che sulla sua capsula era saltato quindi avrebbe dovuto attendere che qualcuno la venisse a salvare, anche perché, ragionò altrimenti avrebbe passato l'eternità in quella capsula che l'avrebbe tenuta in vita finché non l'avessero rotta. Fantastico. Davvero. Dover attendere qualcuno che non si sapeva neanche se esistesse. Non si ricordava bene come ci era arrivata in quella capsula del sonno indotto. Ricordava soltanto che sua madre quella mattina l'aveva svegliata con la cioccolata calda e che le aveva detto di seguirla non appena fosse stata pronta che voleva farle vedere qualcosa. Poi le aveva detto qualcosa circa la Terra. Avevano approntato varie stazioni spaziali nell'arco degli anni e si era creata una specie di non-esistente pace con coloro che erano rimasti a Terra. Erano diventati razze e popolazioni totalmente diversi. Da anni non venivano più usati i vecchi metodi per cercare un contatto con gli Abitanti della Terra. Immaginò che ce l'avessero spedita. Ne parlavano da un po' alla televisione, avrebbero mandato alcuni in ricognizione per firmare un trattato di pace e assicurarci che stessero bene e non avessero bisogno di cure o tecnologie più avanzate di quelle di cui potevano disporre sulla Terra.  

"Hey! Guardate qua!" sentì una voce esclamare. Un viso si fece spazio nella sua visuale. Era un ragazzo, con la tuta da Macchinista, aveva un faccia simpatica i lunghi capelli corvini ricadevano sulla fronte. 

"Pare che abbiamo una clandestina" lo sentì dire attraverso il liquido. Una clandestina? Sua madre l'aveva imbarcata come clandestina sulla navicella che sarebbe andata in missione di pace sulla Terra.  

"Hey adesso ti tiro fuori" le disse " Devi stare il più calma possibile - le suggerì - o il liquido verrà risucchiato nelle tue vie aeree e potresti finire strozzata. Sbatti le palpebre due volte se hai capito e poi di nuovo due quando sei pronta" lei lo fece e lo vide armeggiare con qualcosa sopra la capsula prima di sentire il risucchio del liquido sotto la propria schiena. Quando il livello si fu abbassato abbastanza, si alzò di colpo e con un singhiozzo riprese a respirare. Normalmente. O beh, più o meno. Aveva il fiatone, come quando bevi troppa acqua di fretta e rischi d strozzartici e quando te ne liberi sei in affanno. Sentiva i capelli castani appiccicati alla fronte e lo sconosciuto con una mano glieli spostò indietro mentre con l'altra le carezzava la schiena cercando di calmarla anche a parole. "Respira. Piano. Brava. Vedrai che adesso passa. Primo viaggio spaziale?" domandò e lei non riuscì a fare altro sennon annuire.  

"Tieni" le porse una borraccia "Bevi. Starai meglio" Prese un sorso e quasi non lo sputò, era fortissimo! 

"Eh lo so... pare che alla nostra ospite non piaccia il liquore!" la prese in giro lui, scoppiando a ridere.  

"Adam!" sbottò qualcuno, una donna. Si voltarono entrambi. Indossa la divisa di IntroNauta e sbatteva un piede a terra con cipiglio adirato. 

"Hey Chantal! - la salutò lui -finalmente ti sei cambiata. No giuro sembravi una specie di mostro marino appena uscita dalla capsula" quella chiuse gli occhi frustata. 

"Chi è?" 

"Non ne ho idea" rispose Adam, scrollando le spalle "Chi sei?" domandò. 

"Mi chiamo Rigel" rispose lei portandosi una ciocca di capelli bagnati dietro un orecchio "Rigel Bennet" 

"La figlia di Anna Bennet? Quella Anna Bennet? La stramba che ha scritto quel romanzo per cui le hanno fatto pagare una multa salatissima?" domandò Chantal avvicinandosi. Rigel annuì osservandola con cattiveria: 

"Mia madre non è stramba, Signorina IntroNauta - la apostrofò - ha solo una fervida immaginazione e se l'hanno multata un motivo ci sarà no? Mai pensato che fosse vera la storia che ha scritto?" 

Chantal la osservò di malo modo, e sbuffò. Le due continuarono a fissarsi in cagnesco. 

"Questo è l'inizio di una splendida amicizia" fece Adam cercando di smorzare la tensione.  

"Tu - lo apostrofò invece Chantal - sei richiesto nella Sala Macchine da Tudor" 

"Aye Signor Capitano, vado! - la prese in giro mettendosi sull'attenti - te la affido. Trattala bene"  

La aiutò ad alzarsi. "Vieni con me - le ordinò - sono sicura che Alec non sarà contento di sapere che abbiamo un peso in più addosso" Rigel rabbrividì, ma seguì la IntroNauta senza fiatare il fatto che non le andasse a genio non significava che avrebbe fatto la stupida. Se questo Alec era il Capo forse sapeva come fare a mettersi in contatto con le stazioni e forse sarebbe potuta tornare a casa presto. La navicella non sembrava ridotta benissimo a occhi e croce, un sacco di persone si svegliavano ed erano già all'opera. La portò in quella che doveva essere la Cabina di Comando e quando le porte si aprirono Rigel poté constatare che la navicella era davvero messa male metà dei comandi  a pezzi l'altra metà impazzita. Un uomo e una donna parlottavano fra loro.   

"Alec" chiamò Chantal, e l'uomo pose verso di loro la sua attenzione e qualcosa semplicemente si posizionò. Aveva i capelli corvini tutti tirati indietro, la sua divisa da Capitano doveva essere la stessa che aveva indossato nella capsula perché si stava asciugando addosso a lui. Le analizzò con i suoi occhi scuri e quando posò il suo sguardo su di lei fu immobile per qualche secondo, come anche Rigel che cercava di capire perché quella strana sensazione si era impossessata di lei. 

"Avevo sentito dire di una clandestina" disse l'altra donna. "Sembri proprio un pulcino bagnato tesoro" le disse, con aria materna e Rigel pensò che sembrava essere sulla quarantina. "Chantal potevi almeno darle una coperta" sgridò la IntroNauta avvicinandosi e porgendole una coperta, che aiutò a posizionarsi sulle spalle. 

"Grazie"  

"Qual è il tuo nome?" domandò l'uomo, Alec.  

"Si chiama..." cominciò Chantal, solo per beccarsi un'occhiataccia dall'uomo: 

"Ho chiesto a lei, quindi, come ti chiami?" 

"Rigel - rispose lei, per nulla intimidita dal passo in più che aveva fatto verso di lei l'uomo - Rigel Bennet" Alec fermò per un attimo la sua camminata e la osservò: sembrava piccola e gracilina, tutta bagnata come un pulcino, era pallida, i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e i capelli erano appiccicati al capo, tirati un po' indietro un po' dietro un orecchio, ma quello che lo stupì fu che per quanto piccola e fragilina che sembrasse i suoi occhi contenevano una determinazione tale, quasi lo steste sfidando a dire qualcosa circa sua madre, perché una volta sentito il cognome, ovvio che non si poteva che non pensare a lei. La donna che era stata multata per quelle sue favole, che era arrivata a malapena quattro anni prima alla Nuova Stazione e ci si era stabilita pagando una multa capitale.  

"Che ci fai qui, Rigel Bennet?" le domandò. Il nome gli sembrava famigliare, ma non volle darci peso.  

"Non lo so" ammise con sincerità disarmante "Credo mi ci abbia messa mia madre in quella capsula, credo volesse che venissi sulla Terra con voi" Altri comandi impazzirono.  

"Posso? - domandò indicandoli - me la cavo abbastanza bene ad aggiustare le cose" spiegò.  

"No Alec! Non sappiamo neanche cosa voglia! Potrebbe mentire!" esclamò Chantal. Che si beccò un'occhiataccia dall'altra donna che si prese subito le sue difese: 

"E' solo una bambina, Chantal! E poi i comandi sono comunque impazziti non può fare più danni di quanti già ce ne siano" ma Rigel non aveva staccato il proprio sguardo da quello del Comandante che annuì lentamente. Così si avvicinò e cominciò a controllare. 

"I Comandi di campo sono andati e anche le comunicazione almeno per ora. Il sonar non individua niente, il che non è un bene... dove siamo atterrati?" 

"Forse vuoi sapere un po' troppo, non credi?" le domandò la donna. Ma smanettando uno dei display si accese per rivelare un ambiente ghiacciato intorno a loro. 

"Siamo finiti a uno dei Poli?" domandò stupefatta la ragazza voltandosi. 

"Come ha fatto?" domandò Alec a uno dei Meccanici che stava lì a guardarla a bocca spalancata "Non ne ho idea" rispose quello. Rigel sorrise soddisfatta: "Te l'ho detto, so il fatto mio sull'aggiustare le cose". 

"Datele una divisa da meccanico - ordinò -almeno per ora sarà utile" ordinò Alec. Mentre la donna la conduceva fuori la fermò per un braccio: 

"Attenta a te, - la avvisò - ti tengo d'occhio" 

"Mi stupirei se non lo facessi" e fu lei a stupire lui.  

*** 

Quando entrò in mensa fu accolta da un paio di braccia amiche che la strinsero in un abbraccio da spezzarle le ossa. Era Adam.  

"Hey Pulcino! - la apostrofò - ho saputo che farai parte dei meccanici e che hai un vero talento!" Rigel sorrise un po' imbarazzata. Tutti li stavano fissando. "Sì Adam - disse sorridendo -me la cavo abbastanza bene" 

"Ho sentito dire che hai resuscitato uno dei display esterni questo è più che cavarsela abbastanza bene" si complimentò lui "magari potresti insegnarmi qualcuno dei tuoi trucchi, io potrei insegnarti qualcuno dei miei" le sussurrò in un orecchio, ma qualcuno lo prese per un orecchio: 

"Ahi, ahi, ahi! - esclamò quello - Amanda!" 

"E' un cretino lascialo stare - disse la ragazza coi capelli scuri - ancora non capisco come facciamo a essere imparentati!" le tese la mano libera che Rigel prese con piacere "Sono Amanda, sua sorella"  

"Rigel, è un piacere" si presentò lei.  

"Dai vieniti a sedere con noi, sembri affamata" le disse. 

"Non sai quanto!?"  

Le presentò un ragazzo biondo e uno asiatico, che erano migliori amici e che si chiamavano Kevin e Jared, sembravano simpatici e una ragazza timida dai capelli biondi tagliati alla maschiaccio e gli occhi verdi di nome Syria.  Perché sua madre l'aveva mandata lì? Voleva scoprirlo a ogni costo. Ma prima avrebbe mangiato. Era troppo affamata.  


Eccoci qua! Allora che ne dite? Fatemi sapere ci tengo! Un bacio Giu.

  
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